La Tradizione Esoterica — G. de Purucker

Capitolo 22

Le Scuole Esoteriche

La Fratellanza dei grandi veggenti e saggi, unita in un comune proposito e governata dagli ideali comuni e dalla conoscenza esoterica, è esistita come associazione di adepti elevati sotto l'ispirazione e la guida diretta del loro superiore, il mahāguru, per milioni di anni — sicuramente non meno di dodici milioni di anni; in altre parole, fin dall'apparizione sulla terra della razza radice che ha preceduto la nostra attuale quinta razza radice.

Gli individui della quarta razza radice sono tecnicamente chiamati gli "Atlantidei" — non che essi si chiamassero "Atlantidei," perché i vari ceppi sottorazziali si chiamarono con nomi che si sono perduti nella storia, tranne che in alcuni scritti della maggior parte delle antiche letterature che si riferiscono ad essi sotto appellativi che tutti i moderni studiosi accettano solo come personaggi famosi della mitologia.

Nel susseguirsi delle ere geologiche, i continenti emergono dalle acque in diverse parti del globo, e sono popolati per lunghi periodi di tempo da ceppi razziali immigrati da altre parti, e poi s'inabissano ancora negli oceani. Ciascuno di questi grandi sistemi continentali porta la sua serie di ceppi razziali e sottorazziali che, se considerati nel loro insieme come un aggregato o unità razziale, nella teosofia moderna sono chiamati una razza radice — e una tale unità sono gli Atlantidei o quarta razza radice. Il nome "Atlante" è dato all'immenso sistema continentale che con i suoi subcontinenti periferici ed isole una volta copriva più o meno la superficie del globo, ma con il suo centro principale che era situato dove ora c'è l'Oceano Atlantico. La parola "Atlantide" è presa dal Timeo di Platone, che, con altri scrittori greci, si riferiva vagamente ad un'isola estesa quasi come la moderna Irlanda, e che un tempo era esistita nell'Oceano Atlantico oltre le Colonne d'Ercole, lo Stretto di Gibilterra. Qualche altro scrittore greco chiamava quest'isola "Poseidone."

Quest'isola era semplicemente l'ultimo residuo sopravvissuto di notevole ampiezza che ancora esisteva nei lontani tempi in cui scriveva Platone, diciamo undicimila o dodicimila anni prima dell'era cristiana. L'Atlantide di Platone era la patria da cui emigrarono i coloni che popolarono il delta del Nilo, un processo di colonizzazione che continuò per migliaia di anni. Il primo ceppo egiziano derivò da questi primi coloni Atlantidei che fecero matrimoni misti con gli immigrati da quella che gli antichi greci chiamavano Etiopia, che era l'india meridionale di quel periodo così remoto. Questi immigrati indiani in Egitto a loro volta discendevano dagli Atlantidei Ārianizzati di una sottorazza Atlantidea che aveva colonizzato le terre ora largamente sommerse sotto le acque dell'Oceano Indiano e dell'Oceano Pacifico.

A questi Atlantidei Ārianizzati si fa riferimento nell'antica letteratura hindu, come nel Mahābhārata, sotto il termine Rākshasa. La moderna Ceylon, un residuo sopravvissuto dell'antica Laṅkā, era il promontorio settentrionale di una di queste masse di terra Pacifico-Atlantidee. Lì sopravvivono ancora i resti solitari di quel massiccio Atlantideo di terra una volta grande, le Azzorre, le Canarie, e le isole di Madeira — che un tempo erano tutte quante cime innevate di montagne dell'arcaico continente Atlantideo.

La razza Atlantidea raggiunse il massimo della sua fioritura di splendore materiale all'incirca quattro o cinque milioni di anni fa. Ogni razza radice è contrassegnata dalla propria evoluzione caratteristica a livello sia intellettuale che fisico, e la principale caratteristica di tutti i popoli Atlantidei era il materialismo. Erano più adorate le cose materiali che le cose dello spirito. Il materialismo — combinato a una deliberata pratica sia di magia materiale che psichica — era il credo professato e ideale di tutte le varie sottorazze dopo che era stato raggiunto il punto mediano della civiltà Atlantidea.

In quel periodo remoto l'intero globo era diventato talmente materialistico, non solo come prospettiva ma nella pratica, così sprofondato nella vita della materia, che i moniti del dio interiore non riuscivano più a raggiungere l'anima dell'uomo. Sebbene attraverso le lunghe ere che videro le ascese e le decadenze delle diverse civiltà Atlantidee vi fossero gruppi e individui che coltivavano la vita dello spirito, tuttavia le masse erano avide seguaci e spesso effettive adoratrici delle forze oscure che formano il lato buio della natura.

Immaginate un popolo notevolmente intelligente, molto più di quanto lo fossimo noi della quinta razza, ma di un'intelligenza di tipo completamente materiale e spesso votata al male. Quando raggiunsero il culmine dello splendore e della gloria, ma di tipo totalmente materiale, e molto più grande di qualsiasi cosa abbia finora ottenuto la nostra attuale quinta razza radice, gli Atlantidei furono salvati nella loro frenetica corsa verso la stregoneria universale solo dal lavoro incessante di certi esseri che potremmo definire come divinità incarnate. Furono questi grandi esseri e i loro discepoli che, per la salvezza dei molti e l'iniziazione dei pochi meritevoli, che infine, durante un periodo in cui dominavano la tendenza al male e la debolezza spirituale, fondarono le prime genuine scuole misteriche spirituali del globo. Ciò avvenne in tempo breve — geologicamente parlando — prima che la razza Atlantidea affondasse nella sua rovina razziale.

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Oltretutto, queste scuole furono fondate per continuare l'insegnamento della saggezza degli dèi tra la quinta razza radice, che è la nostra. Queste scuole misteriche erano protette con immensa cura contro il contagio spirituale e i membri indegni a un punto tale che in ere successive anche il tradimento inconsapevole degli insegnamenti impartiti nelle scuole misteriche era punito con la morte. Un tale metodo di proteggere le scuole misteriche era evidentemente sbagliato ma era tipicamente Atlantideo: rigido, impulsivamente crudele, potente nell'azione. Anche negli ultimi tempi era venerata la Forza, e tutte le cose che erano essenzialmente materiali erano ancora idolatrate.

Comunque, questo non va preso come un fatto applicabile universalmente a tutte le scuole misteriche. Alcune conservano qualcosa della loro spiritualità anche ai nostri giorni; altre, che erano degenerate già nelle prime epoche e i cui nomi sono stati dimenticati da lungo tempo, subirono la morte che era loro dovuta; altre prevalsero per un periodo per poi diventare non più centri di magia bianca ma scuole di magia nera, e vissero per il tempo che le leggi violate della natura potevano tollerarle. Tuttavia, alcune di queste scuole misteriche prevalsero di gran lunga nella quinta razza radice, ed una, la più grande di esse fin dall'inizio, vive ancora oggi — la Fratellanza dei mahātma.

La data della prima istituzione delle scuole misteriche sarebbe stata durante quei periodi della civiltà Atlantidea, quando la terrificante corsa verso la materia assoluta e le sue forze oscure e tetre avevano bisogno di essere frenate a beneficio dei molti che avevano in sé un bene sufficiente a giovarsi dello sforzo così fatto. Tuttavia questo riguarda l'effettiva istituzione degli antichi Misteri come scuole o collegi esoterici, ciascuno presieduto da una gerarchia di iniziati, in una regolare linea seriale di successione, e questo è il primo esempio di successione seriale nella storia del globo durante questa quarta ronda. Questo si riferisce a quella che in Sanscrito è definita come guruparamparā, la linea degli istruttori in successione — non una successione "apostolica" come ce l'ha la chiesa cristiana, come un'eco distorta della realtà originaria, ma come l'effettiva successione degli adepti iniziati.

Così erano le scuole misteriche quando furono istituite all'inizio. Tuttavia ciò non significa che fu solo nel periodo della degenerazione Atlantidea che gli istruttori spirituali e coloro che guidavano l'umanità cominciarono per la prima volta il loro sublime lavoro di raggruppare ed istruire le moltitudini degli uomini, perché questo lavoro era andato effettivamente avanti per milioni di anni, ma aveva a che fare piuttosto con gli individui che con la fondazione delle vere scuole di istruzione segreta e formale. In verità, la Gerarchia della Compassione si era impegnata in questo sublime lavoro ancora prima della lenta incarnazione dei mānasaputra, e quindi l'instaurazione di quest'opera si può far risalire al punto mediano della terza razza radice.

Ora, il Guardiano Silenzioso del globo, attraverso l'attrazione spirituale-magnetica del simile con il simile, era capace di attrarre verso il sentiero di luce, fin dai primi tempi della terza razza radice, alcuni individui umani inusuali, i primi precursori della "discesa" generale dei mānasaputra, e quindi formare con questi individui un centro focale di luce spirituale ed intellettuale sulla terra, non tanto nel senso di un'associazione o fratellanza, quanto di un'unità di fiamme umane spirituali ed intellettuali, per così dire, che allora rappresentava sulla terra il cuore della Gerarchia della Compassione. Durante le ere successive, la materializzazione della razza umana culminò nella viziosità e nelle pratiche illecite della posteriore quarta razza radice; e così avvenne che questo centro focale di fiamme viventi sfociò, a metà e nell'ultima fase della quarta razza radice, nelle prime vere e più sacre scuole misteriche che, quando le successive ere si susseguivano dal passato, diventarono razziali in centri focali inferiori che illuminavano, ciascuno a modo suo, le varie sottorazze della quarta razza radice.

Fu proprio questo centro focale originario di fiamme viventi che non degenerò mai né perse il suo alto livello di centro mistico sulla terra, attraverso cui si riversava la gloria superna della Gerarchia della Compassione, oggi rappresentata dalla Fratellanza dei māhatma, e quindi è così che la Grande Fratellanza traccia una discendenza ininterrotta dall'originario centro focale di luce della terza razza radice.

Così le scuole misteriche formali e regolarmente istituite sono esistite all'incirca per quattro o cinque milioni di anni, e si estesero nel mondo esterno come ramificazioni della Fratellanza, quando le menti e i cuori degli uomini mostrarono la loro ricettività ad impiantare i semi della verità. In altri tempi, quando quelli che Platone chiamava i periodi sterili si abbatterono sugli uomini, allora le scuole misteriche furono nascoste alla conoscenza del pubblico, diventando a volte completamente segrete, conosciute solo a coloro il cui sviluppo spirituale, intellettuale, e fisico, li attirava a queste scuole ed attiravano gli insegnanti di queste scuole verso questi individui inusuali.

Ma attraverso le ere, queste scuole mistiche, sia segrete che più o meno conosciute, erano le sorgenti da cui provennero agli uomini gli impulsi e la luce guida che costruirono le civiltà di popolazioni di epoche diverse. Da queste scuole scaturirono tutte le cose che erano di valore permanente: nelle diverse parti del globo vennero gli insegnamenti e gli uomini che incarnavano ed esemplificavano quegli insegnamenti, e così avvenne dalle epoche più remote dell'autocoscienza della razza umana fino ai periodi abbastanza recenti della storia dell'uomo.

Da queste scuole vennero tutte le cose che fecero Roma grande in materia di legge e ordine; che crearono tutte le cose splendide e raffinate delle civiltà di Babilonia, Egitto, Indostan, e anche degli antichi popoli del Nord Europa, e dell'antica Gallia e Britannia con la loro saggezza druidica.

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Queste divulgazioni della verità o nuove "rivelazioni" erano a volte diffuse estesamente e altre volte solo localmente, poiché dipendeva dal bisogno che sembrava prevalente. A volte anche singole città diventavano centri ricettivi. Efeso era una di tali centri. Menfi in Egitto ne era un altro e, in verità, un gran numero di altre località sul globo furono ugualmente benedette. Eleusi e la Samotracia erano contemporaneamente centri focali di luce e di apprendimento esoterico. Oggi queste istituzioni sono soltanto una memoria! Perché quella luce si spense? Tutte le istituzioni umane raggiungono il loro apice e poi decadono e muoiono; e le cause occasionali furono che i responsabili della luce si rivelarono indegni della fiducia. Nessun potere malefico su questa terra, umano o materiale, avrebbe mai potuto provocare o produrre la decadenza di queste scuole se fossero rimaste pure e sincere nel fondo del loro cuore, perché la potenza della Fratellanza — il fuoco spirituale solare — allora sarebbe stato dentro e dietro di esse.

Ad Eleusi, ad esempio, le cose erano arrivate a un punto tale che le iniziazioni e gli insegnamenti erano diventati semplici riti o vuote formalità, proprio come le cerimonie cristiane di oggi. Ma i Misteri di Eleusi durarono fino a tarda epoca anche nella Grecia degenerata. In verità, la scuola esoterica di Atene, che era uguale a quella di Eleusi, durò fino al tempo dell'imperatore Giustiniano, e fu chiusa da un decreto imperiale nel sesto secolo, probabilmente a causa di una petizione inviata a Costantinopoli dagli stessi custodi della scuola; e allora sette filosofi greci, uomini sinceri, coscienziosi, e buoni, e gli unici "degni di fede" di quel periodo, fuggirono presso Re Khosru di Persia, per proteggersi contro la tirannia della Roma imperiale. Il re persiano li ricevette ospitalmente; e poiché a quel tempo Roma era in guerra con la Persia, quando la Persia vinse, una delle condizioni di pace fu che a questi filosofi fosse permesso di ritornare nella loro patria e di insegnarvi in pace.

Tra gli imperatori romani, Adriano, Traiano, e Augusto, erano stati iniziati ad Eleusi, ma in un periodo in cui gli stessi Misteri Eleusini erano quasi morti, spiritualmente parlando. Questi imperatori avevano ricevuto l'iniziazione nelle forme e nei riti che ancora rimanevano in funzione, più o meno come un uomo può appartenere ad una chiesa ed essere confermato nel modo ortodosso, "ricevere l'imposizione delle mani" — un semplice gesto — e ricevere la comunione. Allora sarebbe stato definito "iniziato." Nondimeno, essi ricevevano qualcosa; per il tempo che durarono i Misteri, gli uomini che li dirigevano avevano ancora qualche tardiva scintilla delle antiche verità, ed erano in grado di rivestire le loro procedure e riti con almeno una sembianza del fuoco sacro dei tempi arcaici.

Giuliano "l'Apostata" — così chiamato perché non avrebbe voluto abbandonare la religione dei suoi avi — in verità aveva un insegnante che lo guidava; ma questo era un caso insolito. I Misteri, al suo tempo, si erano praticamente estinti. Il fatale errore che fece questo imperatore dal cuore nobile ma sfortunato, fu la sua inutile invasione della Persia; e qui s'inserisce un curioso racconto. Giuliano l'Iniziato deve aver percepito nel proprio cuore che la sua impresa contro i persiani era ingiustificabile ed esotericamente sbagliata; e tuttavia Giuliano l'Imperatore fu karmicamente trascinato verso la sua rovina; in un certo senso sembra che egli non abbia potuto aiutarsi completamente a questo riguardo. Il suo caso era uno degli esempi singolarmente patetici in cui un iniziale errore karmico di grandezza lo portò nella "morsa delle circostanze." Egli avrebbe potuto fare una delle due cose. Avrebbe potuto dire no ai suoi consiglieri e seguire la propria decisione; avrebbe potuto per il momento porre fine alla questione e non avrebbe quindi commesso un nuovo errore esoterico. Oppure avrebbe potuto dire di si, come fece, cedendo all'impellente, ma non coercitiva, catena degli eventi, e in questo modo risparmiare a se stesso l'accumulo di una riserva karmica che probabilmente richiederà molte epoche per esaurirsi. Egli fece ciò che in un certo senso sapeva che era sbagliato, e una parte del suo sfortunato karma cadde immediatamente su di lui. Fu ucciso da uno dei suoi soldati, un regicida cristiano.

L'evento, ricordato dagli storici ecclesiastici cristiani, è ben conosciuto, e sembra che Giuliano, dopo che la lancia gli aveva perforato il fianco, raccolse un po' del suo sangue nella mano e lo lanciò verso l'alto dicendo: "Galileo, tu hai vinto!" Se questo episodio fosse vero, non era però un riconoscimento che Gesù era quello che i cristiani posteriori dicevano che era, l'incarnazione umana di Dio, ma che l'influenza dogmatica religiosa, che era una distorsione dell'esempio e dell'insegnamento di Gesù, aveva conquistato quel periodo e i secoli successivi. Fu da parte di Giuliano una disperazione struggente del suo nobile e grande cuore: "Ho fatto del mio meglio ed ho perduto. Tu, la religione dogmatica, hai vinto." Ma il grido del suo cuore infranto era diretto al proprio Padre, che lo udiva, ed ora, dopo duemila anni di oscurantismo spirituale e di tenebre intellettuali, l'antica saggezza sta ritornando a se stessa. Un giorno Giuliano sarà vendicato, e ritenuto, nella storia esoterica, come uno dei martiri più sfortunati nei ranghi di coloro che lavoravano per l'antica saggezza.

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La causa della sparizione dei Misteri è sempre stata la degenerazione, la slealtà da parte degli allievi, e la loro mancanza di un imperativo e di un richiamo dal cuore verso la luce. Dove vi è un richiamo genuino, spirituale ed intellettuale, che sorge sia dalla mente che dal cuore, la risposta arriva invariabilmente tramite una nuova elargizione dell'insegnamento da parte della Fratellanza. Quando il desiderio della verità e di una luce più grande decresce, non arriva alcun insegnante — ma spesso vi appare un distruttore, che può oppure no essere un agente, forse inconsapevole, dei poteri spirituali che sostengono la salvezza spirituale ed intellettuale del globo nelle loro forti mani.

Quando la razza umana o anche un individuo fa un richiamo spirituale ed intellettuale in termini così forti, con un'energia spirituale così vibrante, con la loro vera fibra della vita interiore, raggiunge effettivamente il magnetismo spirituale di un insegnante, e il richiamo è udito invariabilmente nella Fratellanza. E nel mondo appare un inviato o messaggero come suo rappresentante.

Queste scuole misteriche dei tempi antichi erano veramente delle università per l'istruzione degli esseri umani riguardo la loro natura e le loro leggi, e quindi riguardo all'universo di cui sono la progenie. Nella loro origine, erano tutte molto sacre e su un piano superiore, e le condizioni d'ammissione erano severe e difficili. Derivavano, di fatto, dalla Fratellanza degli stessi grandi veggenti. In questa Fratellanza, anche oggi, esseri umani meritevoli trovati in tutte le parti del mondo si sottomettono all'istruzione e all'allenamento.

Inoltre, questi chela o discepoli sono istruiti su tutta la storia passata del nostro pianeta, e le vere e naturali funzioni della natura sul nostro piano fisico, come l'astronomia, la chimica, la meteorologia, la geologia, la botanica, e molte ancora, ma questi "corsi d'istruzione" sono considerati come linee collaterali di studio che danno luogo ad una crescente conoscenza della natura — la struttura, le leggi, e l'operato dell'universo e dei suoi componenti principi gerarchici. L'intero sistema in questa meravigliosa universalità dei "Figli della Bruma Ardente," come a volte sono chiamati i grandi veggenti, non è del tutto un semplice carico della mente-cervello con fatti più o meno utili, come accade nei centri ordinari dell'istruzione nei nostri paesi civilizzati, ma consiste nell'educare ed allenare la coscienza e la volontà dei discepoli, cosicché possano conoscere direttamente le realtà della natura inviando le loro coscienze nel cuore delle cose, e diventando, per così dire, temporaneamente queste cose, per conoscere istantaneamente ed esattamente cosa siano in realtà le cose, quale sia il loro passato e quale il loro futuro. Essi imparano come sviluppare l'occhio spirituale, chiamato negli scritti mistici dell'India l'occhio di Śiva, la cui vista lampeggiante penetra dietro tutti i veli della materia negli abissi più reconditi della vita universale.

In verità, le iniziazioni più elevate consistono quasi interamente in questa concrezione del neofito con gli esseri e le cose che egli deve conoscere pienamente per diventare sulla terra quello che il destino futuro della monade deve essere cosmicamente: un'identificazione autocosciente dell'essere fondamentale del discepolo con tutto ciò che esiste.

La procedura è modellata su quella della grande universalità cosmica, l'universo stesso, in cui sterminati eserciti di entità di tutti i gradi di sviluppo evolutivo sono come a scuola ed imparano le lezioni della vita universale — tramite il diventare. Non c'è altro modo con cui apprendere la realtà delle cose se non diventando esse stesse, nel senso di un'auto-identificazione temporanea con essa. Come possiamo realmente conoscere una cosa in se stessa, la sua realtà, se non diventando, per il tempo che dura, la cosa stessa? L'idea è semplice: noi diventiamo, almeno temporaneamente, qualsiasi cosa con cui la nostra coscienza vibra in sincronia; questo significa una fusione almeno temporanea delle identità e, per quanto possa sembrare paradossale, quest'identificazione o fusione dei principi e delle sostanze è il solo vero modo per ottenere la conoscenza completa e genuina della verità. Questo non è del tutto straordinario o sconosciuto anche per l'uomo comune, come, ad esempio, quando la sua coscienza si fonde temporaneamente con la coscienza di qualche altro essere o cosa; e noi chiamiamo "simpatia" queste manifestazioni usuali. È mediante l'auto-identificazione con gli esseri spirituali e gli ideali, che ci eleviamo verso le cose, ed equivalentemente mediante l'auto-identificazione con le cose al di sotto dello stato umano degeneriamo verso cose inferiori. Ogni tentativo di allenamento interiore è di ottenere l'auto-identificazione negli stadi progressivi e sempre più ampi con i grandi poteri spirituali sui quali lo stesso universo è costruito e con cui è modellato.

L'allenamento non può cominciare troppo presto, e questo è applicabile sia al bambino come pure all'allenamento per il chelaiato e le sue vite di preparazione. Come scrisse Jasper Niemand:

La battaglia per l'Eterno non è un atto di coraggio e nemmeno centinaia di essi. È un oblio tranquillo e ininterrotto del sé inferiore per tutto il tempo. Cominciatelo sul vostro piano attuale. Avete dentro di voi la stessa guida che possiedono i Maestri. Obbedendo ad Esso, sono diventati quello che sono. — The Path, Dicembre 1886, p. 268

Uno degli scopi principali di questo allenamento è la stimolazione del senso morale a diventare così forte nella vita del discepolo, che la voce della coscienza diviene il controllo immediato e relativamente infallibile che indica quale sentiero il discepolo deve seguire in ogni momento. In coincidenza con ciò vi è l'allenamento dell'intelletto a diventare acuto, pronto all'azione e, sotto la guida del senso morale, quasi infallibile nel giudizio.

È solo la mente-cervello, uno strumento eccellente ma un maestro molto povero, che è allenata da questioni prammatiche, e senza porsi obiezioni su questo purché un tale allenamento vada avanti; ma enfaticamente non è né l'allenamento del senso etico né del vero intelletto, la facoltà mānasica nella costituzione del discepolo in via di sviluppo. Ad esempio, questi studi, come la realtà e la filosofia delle ronde e delle razze, sono preziosi perché creano pensieri astratti, lontani dalle questioni prammatiche che solitamente si basano su considerazioni egoistiche. In verità, fin dall'inizio di questo allenamento, lo stesso discepolo è sollecitato a identificarsi sia nel pensiero che nei sentimenti simpatetici non solo con gli altri ma con l'universo. È notoriamente risaputo che ogni uomo che ha successo nella sua professione o nei suoi affari è un uomo che si identifica con essi e quindi diventa orgoglioso di questa produttività, mentre l'individuo che si considera uno schiavo di quelli che per lui sono lavori crudeli sia della coscienza che del dovere, è un uomo che si avvia direttamente al fallimento. Noi facciamo bene quello che amiamo al meglio, perché c'identifichiamo con quello che facciamo. Così tutta questa questione dell'allenamento nel chelaiato coinvolge una profonda lezione negli intrichi della psicologia umana.

È stato evidenziato che un messaggero o inviato è mandato nel mondo dalla Fratellanza, con lo scopo di far risuonare nuovamente una nota fondamentale della verità spirituale quando un richiamo sincero viene dal cuore dell'umanità; ma bisogna anche dire che, proprio come Krishna puntualizza nella Bhagavad-Gītā (4:7-8): un avatāra viene in periodi di grande aridità spirituale, quando le onde del materialismo si levano alte. Ma nei periodi in cui il vizio e la decadenza morale hanno la supremazia tra gli uomini, allora, anche se non appare un avatāra, la Fratellanza fa uno sforzo speciale per inaugurare almeno l'inizio di un periodo di fecondità spirituale.

Riguardo alla natura dei periodi ciclici quando i grandi istruttori appaiono di persona nel mondo degli uomini o mandano un messaggero, si può affermare che i più grandi istruttori vengono all'apertura o alla chiusura dei periodi ciclici più lunghi; i messaggeri o inviati sono mandati all'apertura o alla chiusura dei cicli più brevi, e gli istruttori o messaggeri di potere intermedio vengono all'inizio o alla fine dei periodi di tempo di lunghezza intermedia.

Così, ad esempio, ogni razza radice, delle quali ve ne sono sette durante un manvantara del globo, ha il proprio buddha razziale, e queste razze radici durano periodi di tempo computabili in milioni di anni. Come esempio dei periodi di tempo più brevi o intermedi, vi è la serie ricorrente dei cicli messianici, con ciascun ciclo che dura 2.160 anni. Anche per ogni ciclo precessionale o il grande anno dalla durata di 25.920 anni, vi sono dodici di questi cicli messianici; e il lettore noterà che un tale ciclo messianico di 2.160 anni è proprio la metà della sacra sequenza numerica 4320, queste cifre 432 seguite da uno o più zeri sono conosciute dagli studiosi delle antiche letterature come la sacra e segreta sequenza numerica conosciuta in Babilonia e in India. H. P. Blavatsky era un messaggero che apriva un tale ciclo messianico, e un precedente ciclo messianico era finito — cioè ne cominciava uno nuovo — all'incirca 2.160 anni fa con la vita e l'opera dell'avatāra Gesù il Cristo.

I membri della Fratellanza sono eternamente pronti e vigili, ed agiscono incessantemente come un Muro Guardiano (per adottare una frase di H. P. Blavatsky) intorno all'umanità, che la protegge contro i pericoli a carattere sia cosmico che terrestre. L'umanità sa quasi niente di quanto sia debitrice ai grandi saggi e veggenti. Inoltre, questi grandi veggenti sono i custodi dell'inesprimibile bellezza della formulazione degli insegnamenti, che nei tempi moderni è chiamata teosofia; e quando i tempi sono pienamente precipitosi o quando la razza ha bisogno di una nuova ispirazione, essi mandano un messaggero preso dalle loro file. Questi messaggeri o inviati non sempre sono membri della Fratellanza stessa, perché frequentemente sono i chela ad eseguire questo lavoro; e anche questi chela sono di differenti gradi di posizione.

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Di epoca in epoca questi messaggeri vengono quando il mondo ha bisogno di una corrente rigenerativa del sole spirituale interno che governa e guida i destini del nostro pianeta, e stabiliscono, potrebbe essere una nuova religione, una nuova filosofia, oppure entrambe, che imprimono un connotato fortemente scientifico che dura finché non subentra la sua degenerazione, quando la forza vitale che inizialmente fu emanata dal grande fondatore ha completato il suo corso. Allora sopraggiunge il momento per un altro risveglio.

Le antiche letterature contengono ancora delle tracce, anche se solo poche sono sopravvissute al logorio del tempo, dei genuini veggenti o profeti. Essi descrivono generalmente l'arrivo di un ciclo maggiore di degenerazione, ma c'è sempre la promessa di un successivo risveglio spirituale. Tre di queste profezie potrebbero essere interessanti, e sono riportate qui di seguito. La prima è dell'apostolo Pietro; la seconda è del Vishṇu-Purāṇa, che in India è una delle opere più popolari nel suo genere; e la terza appartiene a quella che è comunemente chiamata la letteratura Ermetica dell'Egitto:

La prima, dalla Seconda Epistola di Pietro:

Verranno negli ultimi giorni schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo le proprie passioni e diranno: Dov'è la prova della sua venuta? Dal giorno in cui i nostri padri chiusero gli occhi tutto rimane come al principio della creazione. Ma costoro dimenticano volontariamente che i cieli esistevano già da lungo tempo e che la terra era uscita dall'acqua e in mezzo all'acqua . . . e che per queste stesse cause il mondo di allora, sommerso dall'acqua, perì, ma i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco nel giorno del giudizio e della rovina degli empi.
. . . Ma il giorno dello spirito verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c'è in essa sarà distrutta . . . i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno . . . Ma noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la santità. — 3:3-13

Pietro qui ha confuso le varie dottrine dell'antica saggezza, come ciò che dovrà accadere quando l'attuale era evolutiva avrà completato il suo corso, e anche quando sarà arrivato il pralaya solare. Pietro confonde, ad esempio, la sommersione del continente Atlantideo con argomenti pertinenti sia all'apparizione primordiale che alla sparizione finale del sistema solare, eventi in cui la parola "acqua" è frequentemente usata come simbolo dei campi dello spazio — il Caos greco. Questo riferimento di Pietro ad eventi terrestri e cosmici, di cui si fa cenno nella filosofia greca, mostra sufficientemente l'origine Neopitagorica e Neoplatonica delle idee che questo apostolo incarnava nella sua piuttosto vaga profezia.

Il secondo esempio si riferisce al corso del kali-yuga o età oscura, che è cominciata venticinquemila anni fa, e le opere arcaiche stabiliscono che percorrerà 432.000 anni. Questo estratto dal Vishṇu-Purāṇa afferma fatti che in una certa misura sono applicabili alla nostra epoca e che dureranno migliaia di anni a partire da oggi:

Vi saranno allora monarchi contemporanei che governeranno la terra; re di animo grossolano, di temperamento violento, e sempre propensi alla menzogna e ad azioni malvagie. Infliggeranno la morte su donne, bambini, e mucche; toglieranno con rapacità i beni ai propri sudditi; possiederanno solo poteri limitati; né, come regola, regneranno a lungo ma rapidamente sorgeranno e cadranno: le loro saranno vite brevi, e le loro ambizioni insaziabili; né essi avranno molta pietà. Anche i popoli dei vari paesi che si mescoleranno con loro saranno corrotti; e uomini indegni avranno la protezione dei principi mentre i più nobili saranno trascurati, e la gente morirà. La saggezza e la pietà diminuiranno giorno per giorno, e alla fine l'intero periodo sarà corrotto. In quei giorni, solo i beni daranno prestigio; la ricchezza sarà il solo motivo di devozione; solo il romanticismo di natura passionale sarà il legame tra i sessi; la menzogna sarà il solo mezzo di successo nelle controversie; le donne diventeranno soltanto oggetti di attrazione sessuale. La terra sarà venerata unicamente per i suoi minerali preziosi; il semplice filo Brāhmanico sarà l'unico segno di un Brāhmaṇa;[1] l'esibizione esterna sarà l'unico distintivo dei vari ordini di uomini; la disonestà sarà il solo mezzo di sussistenza; la debolezza sarà causa di dipendenza; la minaccia e l'egoismo saranno i sostituti del vero sapere; la prepotenza sfacciata sarà considerata come devozione; i semplici lavaggi esterni saranno i sostituti della vera purificazione interna; il semplice consenso prenderà il posto del matrimonio; l'abbigliamento raffinato sarà la dignità; e l'acqua, solo alla lontana, sarà considerata come una sorgente sacra. Di tutti i ceti della vita, il più forte prenderà le redini del governo in un paese così degradato. La gente, oppressa dal pesante carico fiscale imposto da governanti avidi, fuggirà sulle valli montane e si ristorerà trovando come cibo miele selvatico, erbe, radici, frutta, foglie, fiori; il loro solo abbigliamento sarà la corteccia degli alberi, e saranno esposti a freddo, pioggia, vento e sole. Le vite degli uomini saranno abbreviate dai tre ai ventanni. Così, nel Kali-yuga, andrà a decrescere il processo di pace, finché il ceppo umano si avvicinerà all'estinzione.

Questa profezia, della quale si possono già percepire soltanto i molti segni della sua realtà, non continua in toni del tutto pessimistici:

Quando le pratiche insegnate dai Veda e dai Libri delle Leggi saranno quasi cessate, e la fine del Kali-yuga sarà vicina, una porzione della divinità che vive nella propria natura spirituale nello stato di Brahman, e che è il principio e la fine e che comprende ogni cosa, apparirà su questa Terra e nascerà nella famiglia di un eminente Brāhmaṇa del villaggio di Śambhala, e sarà chiamato Vishnu-Yaśas, come il Kalkin-avatāra che sarà dotato delle otto facoltà sovrumane. Con questo potere irresistibile egli abbatterà tutti i Mlechcha[2] e i ladri, e tutti coloro le cui menti sono versate nell'iniquità. Allora egli ristabilirà le giuste azioni sulla Terra; e le menti di coloro che vivono alla fine del Kali-yuga saranno trasparenti come cristallo. Gli uomini così cambiati dalle influenze di quel periodo eccezionale saranno i semi dei futuri esseri umani, e cresceranno in una razza che seguirà i doveri e le leggi del Kṛita-yuga [L'Età della Purezza]. — Libro IV, cap. xxiv

Sotto alcuni aspetti, la seguente profezia dall'antico libro Ermetico egiziano è l'esempio più interessante dei tre, per la ragione che ciò a cui allude profeticamente è diventato storia. Si suppone che sia la profezia di un antico saggio egiziano che previde quello che sarebbe stato l'Egitto dopo la sua decadenza. La maggior parte, se non tutti, dei cosiddetti scritti Ermetici comunemente attribuiti a fonti egiziane, sono considerati dagli studiosi odierni come l'opera di scrittori che vissero nell'epoca greco-romana. Ma anche se fosse vero che questi libri Ermetico-egiziani furono compilati da scribi alessandrini, greci o quasi greci, le idee contenute in essi si possono far risalire alla remota antichità egiziana:

Non sai, o Asclepio, che l'Egitto è l'immagine dei Cieli, o meglio, che è la proiezione qui in basso dell'ordine delle cose in alto? Si, a dire il vero, questa terra è un tempio dello schema cosmico. Comunque, c'è qualcosa che tu dovresti sapere, perché i saggi devono prevedere le cose: verrà il tempo in cui sembrerà che gli egiziani abbiano venerato invano la divinità così devotamente, e che tutte le loro sante invocazioni non abbiano prodotto alcun frutto e che siano rimaste inascoltate. La divinità allora lascerà la terra e tornerà nei Cieli, abbandonando l'Egitto, la sua antica patria, lasciando questa terra priva di religione, rimasta vedova della presenza degli dèi. Gli stranieri calpesteranno il suolo, e non solo imporranno che i soggetti sacri siano abbandonati ma, cosa ancora più terribile, la religione, la pietà, e il culto degli dèi, saranno proibiti e puniti dalla legge. Allora questa terra, resa sacra da così tanti templi e santuari, sarà coperta di tombe e riempita di morte. O Egitto! Egitto! Della religione rimarranno solo oscure leggende alle quali i posteri rifiuteranno di credere; rimarranno solo le frasi incise sulla pietra a testimoniare la devozione! Gli sciti, gli indiani, o qualche altro barbaro nelle vicinanze, governeranno l'Egitto. La divinità ritornerà nei Cieli, e gli uomini così abbandonati moriranno; l'Egitto sarà ugualmente abbandonato e deserto, abbandonato dagli uomini e dagli dèi!
Per te io piango, che sei il più sacro dei Fiumi; per te prevedo il futuro destino! . . . Il numero dei morti supererà quello dei vivi; e se rimarranno pochi abitanti su quella terra, gli egiziani di lingua, saranno di costumi forestieri. — Asclepio, o il Trattato dell'Iniziazione (Logos teleios), IX. 24-25

Questa profezia si è avverata in maniera notevole! Ma Ermes, il supposto interlocutore, nel continuare la sua profezia, prevede giorni più luminosi, quando la divinità tornerà nuovamente in Egitto. Così egli fa risuonare la stessa nota dominante di ottimismo e speranza per il ripristino di cose migliori e anche più grandi che in passato, proprio come il Vishṇu-Purāṇa profetizza.

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Questi grandi saggi o maestri non si sono mai scoraggiati, nel loro lavoro per l'umanità, per il fatto che il corpo delle verità che essi promulgano nuovamente ad intervalli ciclici sia sottoposto a periodi di degenerazione. Diretti da esseri spirituali ancora più grandi di loro, compiono questo sublime lavoro e senza interruzione attraverso i vorticosi cicli del tempo. Milioni e milioni di anime umane che soffrono hanno ricevuto aiuto e guida dal lavoro di questi insegnanti del mondo e, tutte le volte che essi o i loro messaggeri appaiono pubblicamente tra gli uomini, dalle loro nobili vite che si auto-sacrificano.

Tuttavia, è una delle realtà più tristi che tutti i grandi uomini all'inizio sono inevitabilmente fraintesi, spesso violentemente perseguitati, di solito derisi e disprezzati, e a volte resi anche vittime dell'odio per le innovazioni da parte del pubblico. Inoltre, questo stesso pubblico, dopo aver eliminato qualche grande uomo, come possiamo vedere da qualche esempio nella storia, dopo pochi anni comincia ad elevarlo al rango delle divinità, da venerare o da inchinarsi davanti a lui come davanti a un dio; così facendo, di solito perdono di vista il messaggio che egli ha portato al mondo. Tale è il fervore dell'adorazione personale, e in verità questo non è quello che i grandi insegnanti desiderano.

Nel caso del grande saggio siriano Gesù, i suoi devoti hanno trasformato il loro nobile maestro non solo in un dio, ma nell'effettiva seconda persona della loro Trinità; e nel caso di Gautama il Buddha, anche se non ha avuto luogo qualche apoteosi straordinaria, tuttavia anche lui è onorato, in molte parti del mondo, con un fervore devozionale che, pur nobilitando probabilmente l'oblio di sé che esso evoca, non è in nessun modo in linea con la sua sublime dottrina dell'autocontrollo, dovere e amore universale.

La semplice devozione personale e il fervore diretti ad una personalità umana, per quanto nobili e grandi, non sono ciò che si richiede. Come un cane seguirà il suo padrone in capo al mondo con un'auto-abnegazione che manca del divino solo perché è limitata ad uno scopo e non è universale, così gli uomini hanno un simile modo di dedicarsi solo ad uno dei maestri del mondo alla cui famiglia, per così dire, capita loro di appartenere.

È in questi fatti notoriamente risaputi che vediamo la ragione dell'avversione di un popolo, fra cui può apparire un messaggero, a ricevere il messaggio a loro indirizzato. La natura umana è una massa curiosa di contraddizioni. Invoca ardentemente una luce maggiore, ma la luce richiesta deve essere plasmata sul proprio modello, e il modello è nei loro pregiudizi e predilezioni. La natura umana chiede aiuto, ma insulta e respinge colui che, quando viene, porge aiuto, a meno che questo aiuto sia offerto secondo ciò che è considerato abituale.

Il progresso della civiltà non è che una serie di conquiste sugli ostacoli necessariamente posti sulla via dell'avanzamento umano. Non è che una successione di verità respinte quasi invariabilmente fin dal primo istante, e in seguito riscoperte ed amate.

I differenti messaggi portati all'umanità dagli istruttori di tutto il mondo, sia che appartengano al loro tempo o alla loro razza, oppure no, hanno un profondo significato anche per noi, perché questi messaggi hanno un valore universale, che sono nostri per diritto di nascita. Come può un individuo, le cui idee di religione e di fratellanza umana sono limitate da frontiere semplicemente artificiali, conoscere la potente ondata di simpatia, gli intensi godimenti intellettuali e il potenziamento della fibra morale, di cui usufruisce colui la cui mente raggiunge altre menti ed anime umane che ora vivono in altre parti del mondo?

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Sebbene i più grandi esseri tra gli istruttori e le guide dell'umanità abbiano già la luce per avvicinarsi alla divinità che risplende sulle loro fronti, nondimeno essi appartengono alla razza umana, e di conseguenza il loro destino è inseparabilmente legato al futuro dell'umanità.

L'antico saggio califfo mussulmano al-Mā'mūn, che visse nel nono secolo, sosteneva che i grandi insegnanti della saggezza, della cui esistenza egli aveva certamente qualche sentore,

sono gli eletti di Dio — i suoi migliori e più utili servitori — le cui vite sono votate al miglioramento delle loro facoltà razionali. . . . Gli insegnanti della saggezza sono i veri luminari e legislatori del mondo, che senza il loro aiuto sprofonderebbe ancora nell'ignoranza e nella barbarie.  — Abu al-Faraj

I saggi e i veggenti sono come il seminatore della parabola cristiana che sparge i semi della saggezza universale sulle ali del pensiero. Alcuni dei semi si perdono per strada; alcuni sono mangiati dagli uccelli; alcuni cadono in luoghi aridi e bruciati dal sole; ma altri cadono nel fertile suolo umano, emettono radici e crescono.

Questi mahātma o grandi saggi lavorano incessantemente tra gli uomini, sebbene solo a rari intervalli, quando i tempi sono maturi, essi possono mescolarsi pubblicamente alle masse. Sorvegliano sempre i movimenti interni e le produzioni esterne delle menti e dei cuori umani. Studiano le condizioni del mondo e fanno del loro meglio per migliorare le asperità della vita e proteggere l'umanità contro gli incombenti pericoli psichici e altrimenti. La loro posizione nell'evoluzione è così avanzata che possono vedere a colpo d'occhio, da una luce o un'aura intorno ad un essere umano, proprio qual è la sua condizione, e quindi sapere immediatamente se quell'essere umano è pronto per il loro incoraggiamento. Naturalmente, non possono dare aiuto se gli uomini, coscientemente o inconsapevolmente, rifiutano l'aiuto offerto. Tuttavia, senza alcun timore essi lavorano di era in era. Sono spesso presenti nei laboratori di studio dei seri ricercatori scientifici, invisibili e sconosciuti, seminando una fertile idea nelle loro menti, suggerendo un pensiero magnanimo a quella mente, ma solo quando il retroterra spirituale e psicologico di tali individui sia ricettivo a queste idee.

Così vi sono menti che guidano nel mondo degli uomini; ma anche questi grandi veggenti non lavorano mai contro la natura né, in verità, contro il volere dell'umanità, perché, se esercitassero i loro poteri spirituali, intellettuali o psichici, solo per forzare uomini e donne a seguire sentieri che essi stessi non hanno scelto, allora questi saggi non lavorerebbero in accordo con l'oscillante corrente dell'evoluzione ma sarebbero come conducenti di bestiame ottusamente guidato.

La natura non permette alcuna schiavitù né utilizza i semplici parassiti. Il suo scopo è di costruire gli uomini, e i grandi esseri lavorano in collaborazione con la grande madre per lo stesso scopo. Così guidano, sorvegliano, e proteggono di continuo, ma non rendono mai schiave le volontà degli uomini che evolvono. Non considerano alcun fallimento morale così grande come quello di piegare la coscienza in servitù morale ai comandi di un'altra coscienza, non importa quanto sia grande o saggia; una parte del loro sforzo è di rendere liberi gli uomini — agenti di libera volontà e collaboratori con se stessi.

Essi inviano idee nel mondo: idee che sono intrinsecamente più potenti di qualsiasi cosa conosciuta dalla civiltà, idee che, di fatto, costruiscono e ricostruiscono le civiltà, e che, se usate male dalle menti più ristrette, possono anche distruggerle. È contro questo cattivo uso che essi sono continuamente vigili. Non bisognerebbe mai pensare, comunque, che gli insegnanti mandino i loro messaggeri ad immischiarsi nel tumulto della politica o che siano coinvolti a dirigere scontri tramite mezzi che potrebbero portare allo spargimento di sangue umano o a spezzare i legami umani degli affetti e dell'amore, portando così ad infrangere i cuori. Se mai dovessero occuparsi dei tumulti politici di qualsiasi epoca, lo farebbero solo come artefici di pace.

Appartiene alla Tradizione Esoterica che un insegnante venga inviato dalla Fratellanza ogni volta che ci sia un numero sufficiente di cuori umani pronti, e in tali occasioni sono fondate società o associazioni per trasmettere all'umanità il grande corpo dell'insegnamento filosofico, religioso e scientifico basato sulla struttura segreta e le leggi dell'universo. Ma il primo insegnamento dato all'aspirante alla saggezza è sempre:Trova dentro di te quel prodigio che è ora, che è sempre, pronto e in attesa. Provaci! Questa è la Via. I principi etici aprono il cuore e la mente dell'uomo interiore: abbatti le porte della prigione in cui l'uomo interiore giace nelle catene di māyā. È la pratica di queste virtù e qualità spirituali che dona all'uomo la forza, che allena le facoltà supreme, e le porta quindi a funzionare attivamente nella sua vita quotidiana.

All'aspirante o candidato alla saggezza arcaica viene sempre detto: Vi è un modo per ottenere la verità. Ma ogni richiesta, tranne quella giusta, è inascoltata. La richiesta stessa è innanzitutto vivere la vita. Dobbiamo venire con la pace nel nostro cuore, e con un desiderio di luce così forte che nessun ostacolo intimidirà l'anima coraggiosa. Dobbiamo venire al portale esterno, già pronti ad affrontare il disprezzo del mondo, che deride e vilipende, perché non conosce di meglio, come i bambini ridono quando sentono una verità che non comprendono.

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È di grande consolazione che le scuole misteriche esistano ancora. I maestri non solo formano la stessa Fratellanza che è esistita sulla terra come associazione organica fin dalla metà della terza razza radice, ma molti di loro, quasi tutti, sono gli ego reincarnati dei grandi esseri della Fraternità che vissero in epoche precedenti, com'è ugualmente vero che di era in era i discepoli o chela si elevano al livello dei loro insegnanti e prendono il loro posto nella Grande Fratellanza.

Così la luce dei santi saggi è trasmessa di era in era, poiché i maestri si succedono l'un l'altro e formano il guruparamparā, la successione di insegnanti spirituali, le voci della cui esistenza hanno raggiunto le masse in ogni epoca. Questa successione dei grandi insegnanti lungo la linea esoterica inizia dai tempi degli Atlantidei, in realtà dai tempi della Lemuria fino ad oggi, ed è stata chiamata con diversi nomi: "La Catena d'Oro," o "La Catena Ermetica," ecc. Questa Catena Ermetica era considerata da alcuni mistici e poeti greci come derivante da Padre Zeus, attraverso una linea di esseri spirituali e quindi attraverso alcuni esseri umani eletti ed elevati, fino agli uomini comuni.

Gli antichi greci e romani usavano una bella similitudine presa da uno dei loro sport per esemplificare questo evento mistico. Nella corsa della torcia, il tedoforo correva da un posto all'altro. Raggiunta la tappa, egli consegnava la torcia accesa ad un altro che era lì ad aspettare, e che si metteva immediatamente a correre, e a sua volta la consegnava ad uno che lo stava aspettando. Questo esercizio dell'arena fu preso da molti scrittori greci e latini per simboleggiare la trasmissione della luce di era in era, e per indicare i tedofori che passavano la torcia della verità di mano in mano attraverso il tempo infinito.

Le antiche scuole misteriche di ogni paese e di qualsiasi epoca avevano ciascuna una successione di istruttori autorizzati, che erano allenati ad insegnare a loro volta; e fintanto che questa trasmissione della luce della verità risultava una realtà in ogni paese, era una vera istituzione spirituale che fece un bene immenso al mondo. Così, ci fu una successione di insegnanti nelle scuole misteriche anche greche e romane, anche se la degenerazione si manifestò dapprima in Samotracia, Eleusi, e in altre parti delle terre del Mediterraneo. Sugli stessi fatti esoterici poggia la famosa successione dei "Buddha Viventi" del Tibet, che è una realtà, ma di tipo alquanto speciale.

La trasmissione occulta dell'autorità e della luce da insegnante ad insegnante è un fatto spirituale che si basa sull'effettiva iniziazione ed allenamento degli insegnanti, e non su dei riti formali o convenzionali. Copie più o meno distorte di questa Catena Ermetica esistono in varie sette exoteriche come nella "successione apostolica" della Chiesa Cristiana. Naturalmente, quando questa successione apostolica diventa un vuoto formalismo, una semplice questione di elezione alla carica, allora quella che in origine era la luce divina è già sparita; e questa successione non è diventata altro che un sepolcro imbiancato che porta avanti qualche ideale di uomini morti da tempo.

Potremmo aggiungere che non vi sono solo messaggeri speciali dei maestri, che vengono in determinati intervalli ciclici della storia, ma che vi sono anche quelli che potremmo chiamare messaggeri minori — individui che sono più o meno inconsapevoli del lavoro da fare per cui sono stati inviati. Ve ne sono altri ma sono solo vagamente coscienti della loro ispirazione, e molti sono completamente inconsapevoli del fatto di essere strumenti dei grandi insegnanti. L'apparizione di questi leader spirituali ed intellettuali è ben nota ad ogni storico. Giordano Bruno, ad esempio, può essere chiamato uno di questi strumenti umani vagamente coscienti, il cui messaggio e il cui lavoro hanno influenzato profondamente il pensiero filosofico europeo.

Un messaggero dei maestri non deve essere compreso solo dal suo messaggio ma anche dal suo comportamento, perché per il diavolo è una delle cose più facili al mondo copiare le opere di Dio — usando un logoro detto cristiano. Mentre è del tutto possibile che un barile pregno di pesce in salamoia possa contenere un fragrante olio di rose, l'incontrario sarebbe raro! Un uomo è grande non solo perché ha pensieri elevati né perché è un predicatore di belle frasi. Un uomo è grande solo in proporzione a quanto questi pensieri e frasi si manifestano nella sua vita quotidiana. Un vero insegnante è tale con l' esempio come pure con i precetti. È un vaso vuoto che fa il maggior rumore; ma è il vaso pieno da cui sono tratti i flussi d'acqua che nutrono e rafforzano. Molti sono gli uomini e le donne attraverso le ere ad aver aspirato ad essere discepoli personali o scelti dei grandi esseri, ma di loro si può dire: "Molti sono chiamati ma pochi sono i prescelti." Il discepolato consiste nell'azione.

Ciò che gli insegnanti dell'umanità guardano, quando cercano tra gli uomini la stoffa di cui sono fatti i discepoli, è la rara combinazione delle qualità devozionali, del potere intellettuale, e della nascente visione spirituale; e quando queste qualità sono forti abbastanza in un individuo, attraggono con una specie di magnetismo spirituale l'attenzione personale di uno o più dei grandi veggenti. Ogni nuova nascita spirituale ha luogo attraverso le doglie di venire in un nuovo tipo di vita. Il discepolo è un precursore della razza, è il pioniere, e si fa strada attraverso la giungla della vita umana, creando una via non solo per sé, ma per coloro che verranno dopo di lui. Arriva il momento in cui egli può finalmente ottenere il grado di maestria spirituale, e allora diventa un maestro di vita e di saggezza. La gloria della Gerarchia della Compassione comincia a riversarsi attraverso di lui e si mostra anche nella sua corporazione, affinché la sua presenza concreta tra i suoi compagni sia come una benedizione.

Per ogni individuo normale verrà il momento in cui sentirà l'impulso a seguire il sentiero solitario ma splendido del chelaiato; tuttavia ogni vero discepolo realizza che il suo sentiero di relativa e temporanea solitudine è percorso soltanto fino al punto in cui il discepolo diventa un maestro di vita. Da quel momento in poi egli diventa senza sosta un attivo servitore della legge della compassione cosmica ed un servitore dell'umanità, nel senso che dedica l'intera sua vita e tutto quello che è in lui a risvegliare la coscienza spirituale ed intellettuale dei suoi simili.

Questo è stato l'insegnamento di tutte le grandi scuole misteriche; e mentre il loro numero oggi non è esteso come lo era in epoche più favorevoli, nondimeno esistono ancora in diversi paesi del globo come ramificazioni del principale centro focale di luce spirituale sulla nostra terra. Tutte queste scuole hanno il dovere della fedeltà e sono subordinate alla scuola-madre che dirige il suo operato in una delle parti più inaccessibili dell'Alto Tibet.

Ciascuna di queste scuole misteriche ha il suo lavoro speciale da compiere nella nazione di cui è effettivamente il cuore spirituale ed intellettuale, anche se completamente sconosciuta alle masse tra le quali è fondata. Luoghi di solitudine e di relativa inaccessibilità sono sempre scelti per queste scuole, perché sono soprattutto centri di luce spirituale, e possono non avere alcun edificio di qualche dimensione in cui sono tenuti gli incontri. Gli incontri possono tenersi sotto la faccia del Padre Sole, o possibilmente sotto la cupola violacea della notte. Potremmo incontrare un membro di una di queste scuole per le strade di una delle nostre grandi città, passargli accanto senza riconoscerlo né sapendo di quanto ci siamo avvicinati ad un uomo che è quasi un dio.

Tutti i discepoli di queste scuole sono in allenamento e questo allenamento è una forzatura — un'accelerazione o una "visione" — della crescita evolutiva. Il punto è che il discepolo, invece di essere soddisfatto di una crescita lenta che avviene nel susseguirsi delle ere, entra in un allenamento intensivo e stimolante, abbreviando grandemente il suo corso evolutivo.

Ad ogni passo in avanti diventiamo sempre più consapevoli di non essere soli su questo sentiero che porta agli dèi. Altri hanno percorso il sentiero prima di noi: una lunga processione degli spiriti e delle menti più grandi delle ere passate; ma essi sono ancora i nostri compagni, perché legati a noi da vincoli spirituali interiori. Ancora oggi essi ci sorvegliano. Nel seguire questo sentiero, sentiamo la strana e meravigliosa compagnia dell'anima con questi grandi uomini in cui il dio interiore illumina talmente le loro menti e tutta la loro natura, che l'universo è la loro sfera di coscienza e la loro patria.


Capitolo 23

La Dottrina Segreta di Gautama il Buddha

Parte 1

Buddhaṃ śaraṇaṃ gacchāmi
dharmaṃ śaraṇaṃ gacchāmi
saṃghaṃ śaraṇaṃ gacchāmi

"Io trovo rifugio nel Buddha; Io trovo rifugio nella luce dei suoi insegnamenti; Io trovo rifugio in compagnia dei Santi Esseri."

Questa parafrasi della "Confessione di Fede" in Sanscrito contiene il nucleo sostanziale del Buddhismo, una triplice formula che è anche conosciuta sotto il titolo Tri-ratna, le "Tre Gemme," e Tri-śaraṇaṃ, i "Tre Rifugi." Questa formula di devozione o obbedienza, accettata sia dalle scuole settentrionali che meridionali del Buddhismo, è universalmente adottata da quasi tutto il mondo buddhista in modo alquanto pragmatico, seguendo il significato letterale delle parole, vale a dire: "Io trovo rifugio nel Buddha; Io trovo rifugio nel Dharma o Legge; Io trovo rifugio nella Compagnia o Congregazione" — e il termine Congregazione si riferisce al sacerdozio buddhista o, in senso ancora più esteso, all'intero corpo dei buddhisti professanti. Ma questa non è che un'altra forma exoterica di quella formula come originariamente era intesa dagli iniziati esoterici che la elaborarono, perché ha subito lo stesso deterioramento nel suo significato, come è successo in tutte le grandi religioni: in origine le parole che avevano un alto significato filosofico e mistico alla fine lo persero, e sono prese solo nel loro significato di semplice facciata.

Il senso originale di questa formula allora era estremamente profonda e bella, ed implicava un triplice insegnamento: il Buddha si riferisce a Ādi-Buddha, il Primo Logos Immanifestato o lo Spirito Primordiale nell'universo, che si manifesta attraverso l'universo in una sublime gerarchia di esseri spirituali che emanano da se stessi, e si estendono dalle sfere superiori fino alle sfere umane — chiamata nella Filosofia Esoterica la Gerarchia della Compassione. È questa Gerarchia della Compassione o i Figli della Luce che la compongono, che variano dai dhyāni-buddha in giù, attraverso i gradi intermedi, fino ai mānushya-buddha, che formano la saṃgha o compagnia o congregazione, che è il terzo dei Rifugi. La saggezza da loro insegnata sui differenti piani dell'universo e nelle differenti gamme delle sfere del mondo, e misticamente e tradizionalmente tramandata dai dhyāni-buddha più elevati fino ai discepoli umani, è il secondo Rifugio, chiamato in questa formula il Dharma.

Abbiamo così uno schema del contesto strutturale di tutto l'insegnamento della saggezza degli dèi. Capitolando brevemente: abbiamo sotto il solo termine Buddha l'intera linea degli esseri spirituali che arrivano dallo Spirito Cosmico attraverso tutte le gamme intermedie dell'universo fino ai mānushya-buddha o buddha umani e i loro discepoli umani, che nel loro aggregato formano la cosiddetta Congregazione; e tutto l'insegnamento della saggezza divina scaturita in origine dagli stessi dèi supremi, e di cui ogni buddha sulla terra è un esponente.

In corrispondenza con la stessa triplice divisione dei buddha, della loro Legge e della loro gerarchia, abbiamo le tre forme di "rivestimenti" o apparenze in cui questa gerarchia di esseri si manifesta: il primo e più elevato rivestimento è il dharmakāya, quello degli spiriti cosmici supremi o dhyāni-buddha; il secondo, il sambhogakāya, è il rivestimento dei gradi intermedi di esseri spirituali in questa gerarchia; ed infine, i nirmāṇakāya, il rivestimento di quegli esseri spirituali e grandi adepti che sono i più vicini alla terra e quindi sono i guardiani dell'umanità e di tutti gli esseri.

Ancora in corrispondenza con questi tre rivestimenti abbiamo la terza divisione generale a cui abbiamo già fatto allusione: l'ārūpa-dhātu, o il cosiddetto mondo o mondi senza forma, la dimora mistica dei dhyāni-buddha o chohan, ecc.; seconda, il rūpa-dhātu, il cosiddetto "mondo della forma," il mondo manifestato o mondi, la sede degli esseri che vivono nel rivestimento o condizione sambhogakāya; e terza, il kāma-dhatu, il cosiddetto "mondo," o mondi, "del desiderio," dove dimorano gli esseri ancora pesantemente coinvolti nelle attrazioni e nelle condizioni dell'esistenza materiale.

Così, come insegna il Buddhismo mistico del nord, non solo in ciascun uomo ma anche negli dèi e negli esseri al di sotto degli uomini, c'è una triplice essenza — o, forse più precisamente, tre essenze intermescolate, che hanno tuttavia una sostanza identica in comune, che viene descritta come (a) un dhyāni-buddha celeste; (b) un bodhisattva, "figlio" del dhyāni-buddha celeste; e (c) un mānushya-buddha, cioè un buddha umano; e fu allo scopo di risvegliare questa triplice coscienza buddhica nella costituzione di ogni essere umano, che il Buddha insegnò la sua nobile Legge, che forse ha mantenuto in fede e devozione più menti umane rispetto a qualsiasi altro sistema filosofico-religioso conosciuto alla razza umana.

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A volte il Buddhismo è stato chiamato una religione pessimista, semplicemente perché le sue profonde portate intellettuali e la sua posizione dei valori del lato materiale della vita non sono state comprese. Insegnare che un uomo è un composto impermanente di elementi di varia eterealità, e che quando egli muore, questo composto si dissolve, e le parti componenti allora entrano nelle rispettive sfere della natura, per la mente occidentale significa che una tale dottrina insegna un totale annichilimento dell'entità composita in quanto entità; coscientemente o inconsapevolmente questi critici ignorano la radice unificante e vincolante che è propria di una tale entità, che rimette insieme ad intervalli periodici questo composto, con gli identici atomi di vita che lo componevano in esistenze anteriori. Ma questa radice o elemento o energia individualizzante che ha rimesso insieme questi saṃskāra — attributi fenomenici dell'uomo — è una forza psicomentale e quindi individualizzante che rimane dopo la dissoluzione del composto, e che ha anche la sua riserva cosmica, cioè il regno al quale ritorna.

Ci fu un tempo non tanto remoto in cui l'insegnamento del nirvāṇa era inteso dagli studiosi occidentali come un annichilimento assoluto e totale, e che era la fine di ogni essere vivente cosciente, quando quell'essere aveva raggiunto lo stadio della crescita interiore in cui entrava in questo stato nirvāṇico; ed evidenziavano, abbastanza naturale, il significato sanscrito di questa parola composita: nir, "fuori," e vāṇa, dalla radice , "spegnere." Di conseguenza, essi saggiamente e abbastanza logicamente, dicevano: Nirvāṇa significa "spegnersi," come la fiamma di una candela "è spenta" da un soffio! Così è. Ma cos'è quello che è "spento"? Cos'è che cessa di esistere? È la forza spirituale unificante che porta quest'entità composita nuovamente in esistenza, in una linea seriale di successione di cui non si conosce un inizio, e che l'insegnamento buddhista stesso definisce come qualcosa che si riproduce in questa serie di veicoli illusori, perché compositi. Questo è impossibile, perché, se una tale energia individualizzante o unificante fosse spenta, annientata, ovviamente non potrebbe continuare a riprodursi come energia animante di corpi nuovamente compositi. Ciò che si spegne sono i saṃskāra, i composti, che derivano o nascono o sono prodotti dal karma dell'individuo. Questo karma è l'individuo stesso, perché l'insegnamento buddhista è che ciò che è riprodotto è il karma dell'individuo precedente, che ogni entità composita cambia istante dopo istante, e che ad ogni nuovo istante il cambiamento è il risultato o l'effetto del precedente istante del cambiamento. Quindi, l'individuo è il proprio karma in ogni istante del tempo, perché quel karma è la somma di quello che egli stesso è. Quando le parti composite di un uomo sono "spente," "entrano nel nirvana," "si estinguono," allora tutto il resto dell'essere — quel centro immortale di forza spirituale unificante e individualizzante intorno al quale questi composti o saṃskāra si radunano periodicamente — vive come un buddha.

A tal riguardo, questo è esattamente l'insegnamento della Tradizione Esoterica. Tutte le nostre parti inferiori devono essere eliminate, o, se vogliamo, "annientate"; in altre parole, il karma che ha prodotto questi composti illusori deve essere indotto a cessare; e nuovi composti più nobili — i prodotti o gli effetti dei precedenti composti — uniti d'ora in poi all'essenza buddhica dell'essere, quella forza spirituale che è il buddha interiore, allora continueranno e vivranno sul proprio piano elevato, perché non sono più controllati dai veli di māyā, l'illusione, i mondi di composti strutturali impermanenti. Così l'essere diventa un buddha, perché si è liberato dei veli che lo avvolgevano ed ha ora raggiunto la condizione di passare oltre l'impermanenza di tutta l'esistenza manifestata, nella permanenza assoluta della Realtà cosmica.

Lontana dall'essere una religione pessimista, la religione del Buddha è di una speranza straordinaria. Il termine ottimismo qui non è usato, perché l'ottimismo irriflessivo, a modo suo, è insensato come è insensato il pessimismo. Nessuno dei due è saggio, perché ciascuno è un estremismo. L'insegnamento del Buddha mostrava agli uomini un sentiero che non andava né a destra né a sinistra, ma sceglieva la Via di Mezzo. Tutti gli estremismi sono irreali, non importa ciò che possano essere, perché sono antifilosofici; e sono le acute sottigliezze degli insegnamenti del Tathāgata che li hanno reso difficili da comprendere. Spesso si leggono articoli stampati da occidentali che sono diventati buddhisti. Le scritture sono state afferrate alla lettera, più o meno, ma lo spirito, il "cuore" del Buddha è raramente compreso. La dottrina dell'Occhio è capita fino ad un certo punto, ma la dottrina del Cuore, la parte esoterica, è afferrata intuitivamente solo in rarissimi momenti.

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Il grande riformatore ed iniziato, Gautama il Buddha, in verità aveva una dottrina segreta o esoterica, che egli impartì solo a coloro che erano qualificati a riceverla. Come scrive H. P. B. nella Dottrina Segreta:

In verità, le parti segrete del "Dan" o "Jan-na" ("Dhyan"), della Metafisica di Gautama, per quanto grandi possano apparire a chi non ha familiarità con le dottrine della Religione Saggezza dell'antichità, non costituiscono che una piccolissima parte dell'insieme. II Riformatore indù limitava i suoi insegnamenti pubblici all'aspetto puramente morale e fisiologico della Religione-Saggezza, solo all'etica ed all'uomo. Il grande Istruttore lasciò completamente da parte, nelle sue letture pubbliche, le cose "non viste ed incorporee", il Mistero . . . dell'Essere al di fuori della nostra sfera terrestre, riservando le verità celate ad un gruppo scelto dei suoi Arhat. . . . Non potendo, a causa dei suoi giuramenti, svelare tutta la conoscenza che gli era stata impartita, nonostante insegnasse una filosofia fondata sulle basi della vera conoscenza esoterica, il Buddha diede al mondo solo il suo corpo materiale esteriore, riservandone l'anima ai propri Eletti. — 1: xxi

Quando gli scettici studiosi europei si chiedono: Il Buddha ebbe una scuola esoterica, o la sua Legge contiene un insegnamento esoterico, invariabilmente essi si riferiscono ad un'affermazione dello stesso Buddha, da loro ritenuta come la prova che fu lo stesso Buddha a negarlo. Questo si trova nel Mahā-Parinibbāna-Sutta, l'insegnamento del "Grande Nirvāṇa Finale," detto anche il "Grande Passaggio":

Ora, subito dopo che il Benedetto cominciò a riprendersi, quando si era del tutto liberato della malattia, egli uscì dal monastero, e si sedette dietro al monastero su uno dei sedili sparsi là fuori. E il venerabile Ānanda [il suo discepolo favorito] si recò nel luogo dove stava il Benedetto e lo salutò, e prese un sedile rispettosamente su un lato, e si rivolse al Benedetto e disse: "Ho visto, o Signore, come il Benedetto era in salute, e ho visto come il Benedetto ha dovuto soffrire. E anche se alla vista della malattia del Benedetto il mio corpo divenne debole come un rampicante, e l'orizzonte per me divenne fioco, e le mie facoltà non erano più chiare, nonostante ciò mi consolai un po' al pensiero che il Benedetto non sarebbe uscito dall'esistenza finché non avesse almeno lasciato delle istruzioni riguardo all'ordine."
"Che cosa, allora, o Ānanda? Che cosa l'ordine si aspetta da me? Ho predicato la verità senza fare alcuna distinzione tra la dottrina exoterica e quella esoterica: perché, per quanto riguarda le verità, o Ānanda, il Tathāgata non ha cose come il pugno chiuso di un insegnante, che tiene segrete alcune cose. Sicuramente, o Ānanda, dovrebbe esserci qualcuno che nutra il pensiero: 'Sono io che guiderò la fratellanza,' o 'L'ordine dipende da me.' É lui che dovrebbe dare delle istruzioni in qualsiasi soggetto che abbia a che fare con l'ordine. Ora il Tathāgata, o Ānanda, non pensa di essere lui a guidare la fratellanza, o che l'ordine dipenda da lui. Allora, perché dovrebbe egli lasciare delle istruzioni su qualsiasi soggetto riguardante l'ordine? O Ānanda, ora io sono diventato troppo vecchio e carico di anni, il mio viaggio sta arrivando alla fine, ho raggiunto la somma dei miei giorni, sono arrivato ai miei ottant'anni di età; e proprio come un logoro carretto, o Ānanda, può essere rimesso in funzione con molta cura, così, a me pare, il corpo del Tathāgata può continuare a funzionare solo con molta più cura. . . .
Quindi, o Ānanda, sii tu la lampada per tutti voi: Sii un rifugio per tutti voi. Non affidatevi a nessun rifugio esterno. Tenetevi ben saldi alla verità come una lampada. Tenetevi ben saldi come un rifugio per la verità. . . . "
    — cap. ii, vv, 31-3, traduzione di Rhys Davids, Sacred Books of the East, Vol. XII

Alla prima lettura, sembrerebbe veramente come se il Signore Buddha dichiarasse ai suoi discepoli che egli non aveva alcuna Dottrina Segreta. Comunque, è questo ciò che egli effettivamente disse? Di sicuro non lo è. La richiesta di Ānanda era: "Lasciaci delle istruzioni, Signore, su come dirigere l'Ordine, prima che tu ci venga a mancare"; e il Buddha rifiutò, dicendo essenzialmente: "Vi ho detto tutto quello che è necessario per dirigere l'Ordine, e non ho omesso niente. Non sono come un insegnante che vi dice alcune cose riguardo al vostro comportamento e al comportamento della Fratellanza, e tiene segrete altre cose nel suo 'pugno chiuso.' Vi ho detto tutto quello che è necessario per il comportamento dell'Ordine, per riuscire a salvare gli uomini; ma se si presenta qualcuno dell'Ordine a puntualizzare cosa serve per la sua protezione e conduzione, allora è lui che dovrebbe elaborare le istruzioni in qualsiasi emergenza riguardante l'Ordine. Presto scoprirete, in questo caso, se è un vero oppure un falso insegnante; le regole che io stesso vi ho dato sono le regole fondamentali per la guida e la conduzione sia di voi stessi che dell'Ordine, e sono sufficienti. Ho terminato."

Vi sono non pochi passaggi nelle diverse scritture buddhiste delle due grandi scuole, che, sia per affermazione diretta o indiretta, dichiarano apertamente che il Buddha non ha rivelato tutte le verità che conosceva.

Due esempi, entrambi della scuola meridionale, basterebbero a confermarlo: Il primo afferma che Śākyamuni prese da terra una manciata delle foglie di Śinśapā e, indicandole a loro, spiegò che proprio come quelle foglie ammucchiate nella sua mano, così poche, non erano tutte dell'albero da cui erano state prese, così le verità che egli stesso aveva enunciato come insegnante non erano in alcun modo tutto quello che egli sapeva (Samyutta-Nikāya, vi, 31). Nell'altro esempio il grande insegnante spiega il suo rifiuto a descrivere se un buddha vive dopo la morte oppure no (Chula-Mālunkyaputta-Sutta, i, 426). Entrambi illustrano la riservatezza nell'insegnamento e la reticenza nel divulgarlo, che sono così universalmente le caratteristiche dei trasmettitori della Tradizione Esoterica.

Ritorniamo ad uno dei sūtra Mahāyāna della scuola del nord, il Saddharma-Puṇḍarīka (cap. v):

Ti stupisci, o Kāśyapa, di non poter scandagliare il mistero esposto dal Tathāgata. Questo avviene, o Kāśyapa, perché il mistero esposto dai Tathāgata, dagli Arhat, ecc., è difficile da comprendere.
E in quell'occasione, per spiegare più pienamente lo stesso soggetto, il Signore profferì queste strofe:
1. Io sono il Dharmarāja, nato nel mondo come il distruttore dell'esistenza. Dichiaro la legge a tutti gli esseri dopo aver ponderato [esaminato] le loro tendenze.
2. Gli uomini superiori di saggio intelletto custodiscono il mondo, custodiscono il mistero, e non lo rivelano agli esseri viventi.
3. Quella scienza è difficile da comprendere; il semplice, se l'ascolta improvvisamente, rimarrebbe perplesso; nella sua ignoranza andrebbe fuori strada e si svierebbe.
4. Io parlo secondo la loro a portata e la loro facoltà; tramite vari significati adatto il mio punto di vista (o la teoria).

Quest'insegnamento limitato non poteva sussistere né essere stato così ampiamente accettato se non fosse stato presente, attraverso tutto il Buddhismo del nord, un flusso di pensiero esoterico che risale anche ai giorni dello stesso Buddha. Altrimenti, la probabilità è che qualsiasi invenzione o speculazione mistica di un periodo successivo sarebbe stata giudicata del tutto inaccettabile, e sarebbe stata perentoriamente respinta, quando furono fatti i primi tentativi di divulgarla. La storia del pensiero mistico mostra abbastanza chiaramente che l'esoterismo dei rispettivi fondatori di ogni grande sistema si sfaldava dopo la loro morte, e il loro posto era rimpiazzato da una mera ortodossia, in cui le scritture tradizionali o redatte diventavano sacrosante, intoccabili, e spesso ammantate di un'atmosfera di santità che proibiva aggiunta o cambio sostanziale. Ciò è chiaramente evidente, ad esempio, nella letteratura e nella storia mistica del Cristianesimo.

Tutto quello che il Signore Buddha insegnò era vero nei suoi elementi essenziali, ma sicuramente non insegnava ogni cosa a tutti gli uomini. Egli insegnò tutto quello che era necessario per la divulgazione della dottrina filosofica e religiosa. L'intero sistema del Mahāyāna in tutte le sue varie scuole, ognuna delle quali insegnava una dottrina esoterica, fornisce la prova convincente che nel Buddhismo esisteva un esoterismo fin dai primi tempi, e con la logica della storia e con le ben note caratteristiche della natura umana, deve risalire al grande fondatore stesso.

Per paura di dedurre che il Buddha non avesse insegnato la necessità che altri insegnanti gli succedessero, l'esistenza dei legittimi successori che si susseguirono nei secoli seguenti era universalmente riconosciuta, anche se, naturalmente, nessuno era considerato uguale al grande maestro stesso. La sua posizione unica come insegnante in verità è uno degli insegnamenti fondamentali del Buddhismo, che afferma che i buddha appaiono solo a lunghi intervalli e in periodi governati dal tempo ciclico, riecheggiando così l'insegnamento Brahmanico di una successione di dottori della Legge ai quali allude Krishna nella Bhagavad-Gītā con le parole: "Ogni volta che vi è il declino della giustizia nel mondo . . . allora Io riproduco me stesso." (4:7)

Un esame dei fatti storici mostrerà che i saggi e i veggenti minori sono sorti di epoca in epoca nel Buddhismo, come Nāgārjuna e Āryāsanga, che fondarono scuole o le rilevarono dai loro predecessori; e ciascuno insegnò una nuova versione dell'antica saggezza buddhista, e tuttavia erano tutti fedeli seguaci del Signore Buddha; e qualunque possano essere state le loro differenze individuali, tutte queste varie scuole guardano al grande maestro come la sorgente delle loro rispettive e più o meno differenti saggezze. La maggior parte dei grandi uomini, se non tutti, che succedettero al Buddha come capi delle diverse scuole buddhiste erano iniziati genuini, uomini profondi, ponderati, e di mente elevata, che a causa del loro grado evolutivo spirituale, intellettuale e psichico, svilupparono nei loro rispettivi campi gli insegnamenti di Gautama il Buddha, trattando le diverse parti dell'estesa gamma inclusiva della filosofia buddhista.

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Parte 2

Nel Dhammapada, trattando in generale il soggetto del Sé, troviamo questi pensieri suggestivi:

Il Sé è il maestro di sé — perché chi altro potrebbe essere il suo signore? Con il sé [l'aggregato composito] completamente sotto controllo, l'uomo trova un Maestro tale come non può essere trovato altrove. — 12:160

Qui è puntualizzata un'affermazione dell'esistenza nella costituzione umana del Sé radicale che governa e controlla — l'ātman essenziale o il Sé fondamentale, che vive e manifesta i suoi poteri trascendenti attraverso il sé inferiore o anima, essendo quest'ultima soltanto "l'aggregato composito" degli elementi, che è l'uomo nel suo essere ordinario. Se ricordiamo che il Dhammapada è una delle scritture più autorevoli e rispettate della scuola meridionale, possiamo apprezzare la forza di quest'affermazione, tanto più che questa scuola è sempre citata, e a torto, come quella che insegna il nichilismo — così spesso menzionato contro il Buddhismo a sostegno del fatto che è un sistema pessimista senza base o significato spirituale.

Un esempio di più, questa volta tratto dal Mahāyāna, e dovuto a uno che nel Buddhismo è sempre stato riconosciuto come un bodhisattva — Nāgārjuna, uno dei più devoti seguaci posteriori di Gautama il Buddha. Nel suo commentario sul sūtra o scrittura della famosa opera Prajñāpāramitā, egli afferma quanto segue:

Qualche volta il Tathāgata insegnava che Ātman esiste veramente, e tuttavia altre volte egli insegnava che Ātman non esiste. — Recensione cinese di Yuan Chuang

Proprio così. Dobbiamo allora supporre che il Buddha insegnasse deliberatamente delle contraddizioni per confondere e disorientare i suoi uditori? Difficilmente, perché l'idea è ridicola. Quello che è stato già detto è che la costituzione composita dell'uomo attraverso cui il Sé eterno o ātman (in questo caso il dhyāni-buddha) agisce attraverso il suo ribelle sé inferiore, spiegherebbe che i vari significati del "sé" erano profondamente riconosciuti nell'antico pensiero buddhista, come lo sono oggi. Il significato del Buddha era ovviamente sufficiente, che l'ātman come il sé essenziale, o il dhyāni-buddha nella costituzione umana, esiste ed evolve perennemente, è sempiterno; ma che il sé inferiore o l'ipseità subordinata di un uomo è semplicemente il suo debole riflesso, l'anima, e quindi non esiste come un'entità permanente. Lo stesso gioco sulla parola "sé" (ātman) è distintamente percepibile nella precedente citazione dal Dhammapada, dove il Sé come maestro è il signore del sé inferiore come semplice uomo. Sebbene vi siano molti passaggi nelle scritture buddhiste inerenti alla non-esistenza dell'ātman come il sé umano o anima — la dottrina di anattā nelle scritture Pāli — la verità è che questi passaggi non possono essere considerati da soli e separati da altri insegnamenti che affermano distintamente che l'ātman è.

Probabilmente la ragione principale della diffusa cattiva interpretazione della natura essenziale dell'insegnamento buddistico come era stato impartito originariamente era che Gautama il Buddha aprì alcune delle porte della filosofia Brahmanica che fino a quel momento erano saldamente chiuse, e subito ottenne l'opposizione e il malanimo della maggior parte dei Brahmani del suo tempo. Agli occhi del Buddha, l'uomo è un pellegrino, figlio dell'universo, che a volte è accecato dalla mahāmāyā, la "grande illusione" dell'esistenza cosmica, e quindi ha bisogno che gli sia mostrata la Via o Legge chiamata il Dharma, evidenziando il fatto che solo con il divenire piuttosto che con il semplice essere, l'uomo potrebbe diventare l'uomo più grande che è nella sua costituzione essenziale.

L'onere sostanziale del messaggio del Buddha era l'enfasi posta sulla dottrina del divenire. Con il suo progresso di fase in fase nei cambiamenti evolutivi che sono continui ed ininterrotti, un uomo può elevarsi così in alto come gli dèi superiori, o può abbassarsi attraverso la sua volontà e le azioni ai bassi e temibili livelli degli esseri dei cosiddetti inferni dei quali si parla tanto nella letteratura buddhista.

In questo insegnamento del divenire troviamo la ragione di molte affermazioni nel Buddhismo e altrove: che ogni uomo ha questa possibilità in suo potere nel corso delle ere per diventare un Buddha. In passato hanno imperversato molte inutili controversie riguardo al fatto se il Buddhismo insegni oppure no l'annichilimento del composto umano alla morte. Sembra che la maggior parte degli studiosi buddhisti dei primi tempi abbiano considerato una prova del cosiddetto pessimismo del Buddhismo il fatto che insegnava che con la dissoluzione dell'entità composita alla morte, l'entità svaniva, era completamente annientata, a dispetto delle reiterate affermazioni che ciò che sopravviveva alla dissoluzione dell'entità composita era il suo karma, le conseguenze di ciò che la stessa entità composita era al momento della dissoluzione. Sembrerebbe evidente che la parola karma così usata deve avere un significato tecnico, perché è ovvio che i risultati o le conseguenze non possono sopravvivere alla morte del loro creatore, per la ragione che, se i risultati o le conseguenze non sono inerenti ad un'entità né sono sue parti, non hanno esistenza di per sé. Un "atto" non può sopravvivere né lo può una "conseguenza," tranne che nel moderno senso scientifico di impressioni fatte sulla sostanza circostante. Questo non è il significato dell'insegnamento del Buddha perché sia la scuola Mahāyāna che quelle meridionali sono piene di esempi di entità, "aggregati compositi," che tuttavia dopo la morte, e dopo un certo periodo di un'esistenza diversa in altri mondi, rinascono come uomini sulla terra.

Le storie sul Buddha sono illustrazioni luminose di ciò, come esemplificate nel famoso Jātaka Tales. Queste storie di 550 o più "Rinascite" descrivono le supposte ripetute reincarnazioni del Buddha, e lo mostrano che si eleva dagli stadi inferiori a quelli più elevati; e se "l'aggregato composito" è annientato alla sua morte, come può un'entità non-esistente rinascere in una serie infinita di riapparizioni del karma intrinseco a quest'entità? L'enigma si risolve ricordando l'insegnamento della teosofia, nel senso che quell'uomo, e anche ogni altra entità o cosa, è il proprio karma. Egli stesso è il suo karma, perché egli stesso è il risultato, il frutto, la produzione di ogni precedente pensiero, sentimento, emozione, o azione, nella serie effettivamente infinita di rinascite passate, e ciascuna di tali nascite si riproduce automaticamente, modificata dalla propria volontà e dal proprio agire — vale a dire che la coscienza agisce sull' "aggregato composito" producendo in questo modo karma, o modifiche nella sostanza dell'uomo stesso. Quindi, un uomo è veramente il proprio karma; egli è suo figlio, la progenie di ciò che antecedentemente ha voluto ed ha reso se stesso come è ora; proprio come al presente, nella sua attuale costituzione composita egli vuole e crea se stesso come diventerà in futuro, attraverso i risultati o le conseguenze prodotte sulla sua costituzione.

Dopotutto, una "persona" è soltanto una maschera, un veicolo, composto di elementi aggregati tratti dalla natura circostante, attraverso i quali elabora e vive la forza spirituale — il buddha interiore, il dhyāni-buddha, il dio interiore — che, come lo stesso Buddha insegnò, l'uomo potrebbe diventare nuovamente vivendo e sforzandosi di portarlo in un rapporto karmico, o esistenza, anche qui sulla terra.

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Domanda: Se non c'è un'entità che sopravvive, cos'è che è passato di nascita in nascita in quelle storie Jataka che, qualsiasi cosa possiamo pensarne, proclamano l'accettazione da parte delle masse buddhiste che vi sia qualche tipo di fattore x nel complesso di skandha che formano l'essere umano che passa di vita in vita? Oppure, che dire dei molti esempi nelle stesse scritture canoniche del Buddhismo, che fanno proclamare al grande maestro considerazioni, parabole e riferimenti alle precedenti rinascite di vari individui? Se il Buddhismo non avesse insegnato nessuna continuità attraverso ripetuti incorporamenti di qualcosa, perché tutte queste allusioni agli esseri reincarnanti?

Cos'è allora che passa dal più umile degli esseri attraverso i molti e vari gati[3] o "vie" dell'esistenza, mediante ripetute ed incessanti rinascite, finché questo qualcosa, questa quantità x, diventa un Buddha? Le scritture dell'Asia meridionale diranno che era il risultato, le conseguenze, il karma. Ma è pensabile che i più alti geni delle epoche storiche insegnassero che le nude conseguenze, tutti gli effetti, tecnicamente chiamati saṃskāra o semplici raccolte, possano passare, e lo fanno, in maniera entitativa, di vita in vita, e riadunarsi dopo essere stati dispersi di volta in volta come aggregati atomici nei vari regni della natura dai quali furono tratti in origine? La risposta dipende interamente dal significato che diamo al termine saṃskāra e al termine skandha. Se questi sono meri aggregati di atomi sul piano psico-emotivo come pure su quello fisico, e senza alcun legame interno di unione spirituale-psicologica, allora dovremmo dedurre che questo intelletto titanico insegnò un'impossibilità. Se, d'altro lato, diciamo che per i saṃskāra s'intendono gli aggregati psico-magnetici e materiali degli atomi di vita attratti reciprocamente a causa del loro intrinseco potere vitale e magnetico, e unificati e governati dall'azione ripetitiva delle forze spirituali ed intellettuali che precedentemente li avevano tenuti uniti come un veicolo aggregato, allora, in verità, abbiamo un insegnamento razionale e logico, coerente a ciò che noi stessi conosciamo del carattere intricato ed unitario e al tempo stesso composito, della nostra costituzione.

Mentre è perfettamente vero che le parti inferiori di un essere umano, ad esempio, formano un composto o un complesso, e di conseguenza sono mortali e perituri in quanto formano un tale composto, e nel Buddhismo sono chiamate saṃskāra, tuttavia vi un qualcosa di carattere spirituale, intellettuale e psicologico, un fattore x, intorno a cui questo composto aggregato si raduna ancora ad ogni nuova nascita. È mediante questo qualcosa che il composto si raduna nuovamente ed è tenuto insieme, durante la vita, come un'entità. Qui non c'è alcun insegnamento come quello dell'anima imperitura ed immortale nel senso cristiano, statica attraverso tutta l'eternità, con caratteristiche essenziali immutabili; perché quest'anima, per essere immortale, non può cambiare nella sua essenza, il che significherebbe che non può evolvere o svilupparsi, perché se fosse così allora non sarebbe più quella che era prima. Di conseguenza, questa quantità x, chiamatela karma se volete, è quel qualcosa di vitale e psico-magnetico che garantisce il riadunarsi dei saṃskāra per una nuova vita, riproducendo così il nuovo uomo come il frutto della sua vita passata e, in verità, di tutte le vite precedenti.

Illustriamo ora questa dottrina molto mistica: considerate un bambino — nato da un infinitesimale germe di vita umano, che tuttavia nel giro di pochi anni crescerà fino ad essere un uomo all'incirca sui due metri. Per diventare così, deve passare in molti e diversi stadi di crescita, di evoluzione. Primo, il germe microscopico si sviluppa in embrione, poi il bambino diventa un ragazzo, il ragazzo cambia in un giovane uomo, e alla fine l'uomo, dopo la maturità e la pienezza dei suoi poteri, entra nella fase della vecchiaia, della decrepitezza, e della morte. Ora, ognuna di queste fasi è un cambiamento da quella precedente, essendo ciascuna il karma della vicina fase precedente e di tutte le fasi precedenti. Ma l'uomo è lo stesso attraverso tutti i cambiamenti, sebbene l'uomo stesso cambi perché cresce allo stesso modo.

Il ragazzo di sei anni non è il ragazzo di dieci; il giovane venticinquenne non è l'uomo quarantenne; e l'uomo di ottant'anni, che si avvia al suo riposo e alla sua pace, non è il neonato — ma l'entità è la stessa dall'inizio della serie ciclica fino al suo termine, perché vi è una serie ininterrotta di stadi di cambiamento che significano crescita, evoluzione.

In questo esempio c'è la chiave del pensiero buddhista. Esattamente come per la nascita e lo sviluppo del bambino in adulto, così è per il passaggio del karma di un'entità di corpo in corpo attraverso le diverse fasi di rinascite in differenti epoche: il passaggio dal basso all'alto di quella quantità x che i teosofi chiamano l'ego reincarnante, e i mistici buddhisti definiscono come il raggio splendente del Buddha interiore, La scuola settentrionale lo chiama il "karma" dell'uomo che diventa continuamente più nobile, più grande e più evoluto, finché l'uomo, attraverso questi cambiamenti karmici, alla fine diviene un bodhisattva; allora il bodhisattva diventa un buddha, entrando infine nel nirvāṇa.

In teosofia, questo qualcosa, questo fattore x, è chiamato la monade che, imperitura in essenza, e la sorgente di tutta la coscienza e la volontà, passa di era in era attraverso tutto il manvantara, e si riproduce per mezzo di raggi provenienti dalla sua essenza nei reincorporamenti o reincarnazioni di cui è la causa. Nel Buddhismo mistico, specialmente quello settentrionale, questa monade è identica al dhyāni-buddha o il "buddha della meditazione," il buddha interiore spirituale, che è il cuore, il nucleo, di ogni essere reincorporante. Proprio come in teosofia ogni monade è un raggio proveniente dal mahābuddhi cosmico, così nel Buddhismo ogni dhyāni-buddha è un raggio di Amitābha-buddha, una forma, una manifestazione, di Alaya o Spirito Cosmico.

Così vi è un raggio del buddha celeste nell'entità composita chiamata uomo, costruito dai saṃskāra; ed è l'influenza di questo raggio che all'inizio raduna assieme questi saṃskāra, e questo raggio persiste attraverso tutte le ere riproducendo così, attraverso incorporamenti ripetitivi sulla terra, la stessa entità karmica che esisteva precedentemente. L'insegnamento del Buddhismo settentrionale è quindi vero quando afferma che ciò che rimane di un uomo dopo la sua morte è il suo karma, perché questo karma è l'uomo stesso.

Lo stesso termine "buddha" significa risvegliato, dalla radice verbale budh, che significa "osservare," "recuperare la coscienza," e quindi "risvegliare"; quindi, un buddha è uno che è pienamente sveglio ed attivo in tutti i campi della sua settuplice costituzione.

L'insegnamento teosofico esoterico è che il Buddha in verità "morì" a tutti gli affari umani all'età di ottant'anni, perché allora le sue parti superiori entrarono in nirvāṇa, e nessun uomo vivente può essere chiamato un nirvāṇi se non ha ottenuto il settimo grado della sua gamma di nirvāṇa come fece il Buddha. Ma l'insegnamento afferma anche che in tutto il resto della sua costituzione, in quelle sue parti al di sotto della gamma del dhyāni-buddha dentro di lui, egli rimase vivo sulla terra per più di vent'anni, insegnando in segreto agli arhat e ai discepoli scelti, dando loro le più nobili "dottrine del cuore"; e che alla fine, a cent'anni, Gautama-Śākyamuni, il Buddha, abbandonò il suo corpo fisico e da quel momento in poi ha vissuto nei regni interiori dell'essere come un nirmāṇakāya.

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Bisogna dire qualcosa in più su una fase dell'insegnamento del Buddha, del quale il Buddhismo exoterico, sia del nord che del sud, non parla apertamente. La saggezza segreta di Gautama il Buddha, il suo Dharma esoterico, è rintracciabile, anche se più o meno velatamente, nell'insegnamento delle grandi scuole Mahāyāna dell'Assia settentrionale e centrale. Tra le sue dottrine c'è l'affermazione che ogni uomo è una manifestazione su questa terra di un principio buddhico appartenente alla sua costituzione e che si manifesta in tre gradi o fasi: (a) come un dhyāni-Buddha celeste; (b) come un dhyāni-Bodhisattva; (c) come un mānushya-Buddha; e che tutte le facoltà umane e i poteri, come raggi provenienti da un sole spirituale, derivano da questa meravigliosa e composita entità buddhica interiore. È il cuore di tutto il nostro essere, e l'unione con essa è lo scopo di tutta l'iniziazione, perché è il divenire uno con il principio buddhico in noi, la sede del bodhi astratto; e quando quest'unione è raggiunta, allora un uomo diventa un buddha. Anche le ultimissime parole che la leggenda popolare attribuisce al maestro, "Cercate fuori dalla vostra perfezione," incarnano lo stesso pensiero fondamentale dell'essere umano come una manifestazione imperfetta del dhyāni-buddha celeste che è in lui.

Tutti grandi ed intellettuali titani umani, le cui ampie menti sono state i luminari della razza umana, furono esattamente coloro che avevano sviluppato più o meno questo principio buddhico in loro stessi; e il valore, filosofico, religioso ed etico, di quest'insegnamento nasce nel fatto che ogni essere umano può seguire lo stesso sentiero che hanno percorso questi grandi maestri, perché ogni essere umano ha nella sua costituzione gli stessi identici elementi cosmici che hanno i grandi.

Anche le scuole dell'Asia meridionale danno come indiscusso l'insegnamento del Tathāgata che un uomo può ottenere l'unione con Brahman, com'è evidenziato da un numero di passaggi nelle scritture Pāli. Qual è il sentiero con cui quest'unione può essere raggiunta? In risposta, considerate la seguente citazione tratta dal Tevijja-Sutta:

Il Bhikku[4] che è libero . . . dovrebbe, dopo la morte, quando il corpo è dissolto, unirsi a Brahmā, che è lo stesso — una tale condizione di cose è ad ogni modo possibile!"
" . . . Allora, in verità, . . . il Bhikku che è libero da collera, libero da malizia, puro di mente, e maestro di se stesso, dovrebbe, dopo la morte, quando il corpo è dissolto, unirsi a Brahmā, che è lo stesso — una tale condizione di cose è ad ogni modo possibile!" . . .
"Poiché Brahmā io conosco, . . . e il mondo di Brahmā e il sentiero che porta ad esso. Si, lo conosco anche come uno che è entrato nel mondo di Brahmā, ed è nato dentro di esso!" . . .
"Ed egli lascia che la sua mente pervada un quarto del mondo con pensieri d'amore . . . di pietà, simpatia, ed equanimità, e così il secondo, e così il terzo, e così il quarto. E quindi l'intero vasto mondo, sopra, sotto, intorno, e dappertutto, egli continua a pervadere con [cuore d'amore, con] cuore di pietà, simpatia, ed equanimità, di vasta portata, di grande crescita, ed oltre misura. . . .
"In verità, questo è il modo per stabilire l'unione con Brahmā."
    — iii, 7-8; i, 43; iii, i, 3, 4: (traduzione di Rhys Davids)

Si potrebbe fare un'affermazione più netta, dire che vi è un qualcosa di carattere spirituale-intellettuale che agisce attraverso l'aggregato composto degli skandha che formano il semplice uomo, e la cui sostanza spirituale o entità alla fine deve ottenere l'unione con lo Spirito Cosmico che qui è chiamato Brahmā — in altre parole, cos'è che la Tradizione Esoterica chiama il Terzo Logos "Creativo?" Qui abbiamo l'essenza in una formulazione quasi identica all'insegnamento del Vedānta in India: che la radice sostanziale di tutti gli esseri e cose è il Brahman o Spirito Cosmico, la riunione con il quale è, alla fine, nel lungo corso delle ere, inevitabile; e che esiste un Sentiero mediante il quale questa riunione può essere raggiunta e il vasto pellegrinaggio evolutivo di lunghi eoni può essere enormemente abbreviato.

Ora, dopo questi paragrafi conclusivi del Tevijja-Sutta, in cui la quantità x, quel qualcosa, qui è chiaramente affermato che è capace di ottenere "uno stato di unione con Brahmā," diventa necessario evidenziare uno degli insegnamenti più pregnanti ed importanti, che dimostra che Gautama il Buddha in nessun modo considerava questo stato di unione con Brahman come l'ultimo, o la fine dell'esistenza del fortunato jīvanmukta o monade liberata. In verità, il suo insegnamento va direttamente al contrario di quest'idea errata; perché, sia implicitamente che esplicitamente, come possiamo trovare nelle scritture delle scuole settentrionali e meridionali, vi è una ripetuta affermazione che anche oltre il "mondo di Brahmā" ci sono reami di coscienza e che sono ancora più elevati, in cui affondano le radici dell'albero cosmico, e quindi la radice di ogni essere umano, la progenie di questo mistico albero cosmico. Cos'è questa radice mistica — superiore persino a Brahmā? È l'Ādi-Buddha individualizzato, il Logos Cosmico "Creativo" di Ādi-Bodhi, o Alaya, l'origine cosmica; anche un mondo di Brahmā è un mondo manifestato; e quindi, per quanto elevato possa essere se lo raffrontiamo al nostro mondo materiale, è ancora una sfera relativamente imperfetta di vita e di vite.

Di conseguenza, l'insegnamento dice che superiore a Brahmā c'è qualcos'altro, la Radice senza radici, che raggiunge, cosmicamente parlando, l'Infinitudine parabrahmica. Chi è un buddha, uno che si è unito nella sua essenza più profonda al bodhi cosmico, può quindi entrare non solo nel mondo di Brahmā, ma può oltrepassarlo, ancora più in alto, verso quei campi cosmici di vita-coscienza-sostanza, ai quali l'immaginazione umana può aspirare, ma che non possiamo comprendere, a meno che siamo effettivamente diventati dei buddha — più o meno intimamente uniti autocoscientemente con il dhyāni-buddha.

Una Tradizione Esoterica preistorica è quindi vista come una parte componente — in verità la parte migliore a causa dell'intero sottofondo — dell'insegnamento del Buddha, un sottofondo al quale ognuno dei suoi insegnamenti pubblici si riferisce; e se considerata collettivamente piuttosto che distributivamente, se sintetizzata dopo un'analisi, lo studioso imparziale arriva alla conclusione che questa dottrina esoterica era, in verità, il "cuore" e il fondamento dell'insegnamento del grande maestro e del suo lavoro di vita.


Capitolo 24

Alcuni degli Insegnamenti Incompresi dei Misteri

Le antiche scuole misteriche e i riti d'iniziazione si fondavano sul fatto che l'universo è il simbolo esterno e vivente di verità interiori e spirituali. Proprio come l'universo esterno, il velo o il corpo dei mondi invisibili e delle gerarchie della coscienza, delinea i misteri più profondi del lato spirituale della natura, così le scuole misteriche tentavano di divenire il simbolo esterno della saggezza che tutto permea attraverso l'universo.

Queste scuole misteriche non erano istituzioni artificiose per lo scopo di insegnare semplicemente l'etica convenzionale ma erano effettivamente punti focali di luce spirituale. Così, le antiche cerimonie iniziatiche simboleggiavano realtà spirituali concrete, e nei loro gradi più alti erano, e in verità lo sono ancora, il portale aperto per il quale il neofito allenato poteva entrare temporaneamente nel cuore dell'universo, e conservare in sé una memoria ridotta di quello che la più grande delle avventure gli aveva insegnato.

In verità, il destino della terra e dell'uomo non sono separati dal resto dell'universo, ma ne fanno parte; e il destino di tutte le cose è scritto nelle stelle — poiché ogni cosa nell'universo agisce in un'armonia universale. Quindi, le mutevoli posizioni astronomiche dei pianeti, del sole e della luna, avvengono tutte secondo il funzionamento delle ruote del grande meccanismo cosmico intelligentemente guidato — perché, a dire il vero, vi sono esseri meccanici, divini, a guidare le operazioni meccaniche: queste operazioni sono le risposte automatiche della natura ai molteplici stimoli interiori che scaturiscono da queste gerarchie spirituali e divine di esseri, come impulsi interiori che si esprimono nell'azione.

Quindi, ogni cosa nell'universo si basa sull'intelligenza cosmica. Anche certe stagioni dell'anno sono più idonee di altre alle cerimonie iniziatiche. Una delle cerimonie maggiori nelle antiche scuole misteriche aveva luogo al tempo del solstizio d'inverno e si concludeva il giorno dopo il solstizio d'inverno, che nei periodi successivi i cristiani chiamarono l'Epifania. Secondo il calendario riformato di Giulio Cesare, e più o meno all'inizio dell'era cristiana, questa festa dell'Epifania sulla data del calendario cadeva il 6 gennaio; ma oggi, a causa della riforma Gregoriana del calendario, questa festa mistica cade il 4 gennaio, cioè quattordici giorni dopo il solstizio d'inverno, verso il 21-22 dicembre.

Questo giorno, il 4 gennaio, a causa di certi importanti eventi nella "nuova nascita" o iniziazione del neofito, segna una delle più grandi cerimonie degli antichi Misteri, quasi l'evento più importante nella vita di un chela che sta cercando la maestria. In questo giorno si manifestava, attraverso se stesso, il suo dio interiore; il dio interiore che in quel momento era attivo e presente in lui, rivestendolo di splendore solare, in modo che la sua divinità interiore risplendesse proprio attraverso il suo volto e il suo corpo, ed egli diventava, come suggeriscono le antiche parole: "rivestito di sole," risplendente della luce spirituale del sole. Vi sono, tecnicamente, autentiche espressioni che significano realtà effettive, perché le forze e le sostanze che compongono la costituzione dell'uomo hanno la loro sorgente fondamentale nel sole spirituale. La fase d'apertura di questo dramma vivente dell'iniziazione cadeva il giorno del solstizio d'inverno, quando il sole e la luna e almeno altri due pianeti erano più o meno in congiunzione. L'uomo è governato dalle stesse leggi come lo è l'universo, e le forze che si riversano attraverso l'uomo sono le stesse di quelle che prevalgono nella natura universale; ecco perché l'uomo è profondamente influenzato dagli eventi cosmici.

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Alcune delle scuole misteriche era funzioni nazionali ed erano attentamente sorvegliate dallo stato; Erano feste religiose nazionali o scuole di allenamento, in cui le spiegazioni dei segreti della natura si svolgevano in parte in forma drammatica, in quelli che allora erano chiamati Misteri Minori. In questi gradi minori dell'iniziazione erano insegnate molte branche della conoscenza che ora sarebbero chiamate scienze. Questo fatto è conosciuto da frammenti d'informazione che sono arrivati fino a noi di ciò che rimane delle opere letterarie degli scrittori greci e romani, e anche di altri popoli.

Ma c'erano i Misteri Maggiori, sui quali non era mai detto qualcosa apertamente. Sappiamo solo da vaghe illusioni che esistevano e che ricevevano il rispetto delle menti più grandi dell'antichità. Questi Misteri Maggiori erano intimamente connessi alla conoscenza segreta riguardante il sole, la luna, e i pianeti.

Gli iniziati dell'antichità erano coloro che erano passati attraverso vari corsi di purificazione sia interna che esterna e prove, eventi mistici simboleggiati nei Misteri dalle "dodici fatiche d'Ercole," e queste dodici fatiche si riferivano distintamente ai segreti inerenti ai dodici segni dello zodiaco. Per la stessa ragione erano anche simbolizzate dal corso annuale del sole durante i dodici mesi. La raffigurazione di Gesù come il "Cristo-Sole" e dei suoi dodici apostoli che rappresentavano i dodici segni dello zodiaco la possiamo vedere ancora oggi incisa sulle pietre di non poche chiese nell'Europa centrale e meridionale, e indicano una distinta connessione nel primo Cristianesimo con gli insegnamenti mistici delle scuole misteriche.

Così la storia di Gesù, l'iniziato siriano, è un autentico racconto misterico — il racconto dell'iniziazione di un grande saggio. Quest'affermazione non significa che non sia vissuto un tale personaggio come Gesù; al contrario, questa grande anima, che era realmente un avatarā, è vissuta, ma in un periodo alquanto precedente a quello che è stato accettato, fin dai tempi di Dionigi il Piccolo, come l'inizio dell'era cristiana.

Queste leggende mistiche non devono essere accettate nel loro senso di lettera morta perché sono, di fatto, un'allegoria di alcuni importanti eventi spirituali che avevano luogo nelle aule o cripte iniziatiche. Le effettive parabole incluse in questo sincretistico racconto misterico dei cristiani si riferiscono decisamente, anche se imperfettamente, ad alcuni fondamentali insegnamenti esoterici precedentemente dati ai neofiti che si preparavano per il loro "Giorno" e alle sue prove concomitanti. Come il ciclo iniziatico, nel caso di uomini individuali, copiava semplicemente la grande durata dell'esistenza cosmica, così i vangeli, nella loro allegoria simbolica e nel linguaggio, esponevano l'incorporamento dello spirito cosmico nella palude dell'esistenza materiale.

Può essere interessante alludere ad una raffigurazione a carattere allegorico degli eventi descritti nel Nuovo Testamento. Qui si afferma che Gesù venne a Gerusalemme cavalcando un asino e il puledro di un asino; e da quel momento iniziò per lui la missione della sua vita nella Gerusalemme terrena. Nell'Oriente Citeriore, il pianeta Saturno era frequentemente raffigurato sotto forma di un "asino," e il "puledro dell'asino" era la terra, perché gli antichi veggenti insegnavano che il nostro globo fisico era direttamente sotto l'influenza formativa del pianeta Saturno. Quest'idea si basava sugli antichi insegnamenti dei poteri e delle influenze interconnessi di tutti i corpi celesti che formano il sistema solare, essendo ciascun corpo intimamente coinvolto non solo nella vita e nell'evoluzione di qualsiasi altro corpo, ma aiutandolo nella sua formazione. Va anche ricordato che le peregrinazioni cicliche della monade dopo la morte hanno rigorosamente luogo secondo i sentieri psico-magnetici, chiamati le circolazioni dell'universo, e in connessione con il sole e tutta la sua famiglia di pianeti.

La "Gerusalemme terrena," secondo la mistica simbologia ebraica, era questa terra, come la "Gerusalemme celeste," secondo la simbologia cristiana, era la "Città di Dio" e la meta finale della conquista umana. L'anima spirituale, il cristo interiore, entra in "Gerusalemme" — l'esistenza materiale sulla terra — su un asino, che significa Saturno, e il puledro dell'asino, che si riferisce a questa terra; e la monade, lo spirito cristico, discendendo in questo modo nella materia, è crocifissa sulla croce della materia.

Sembrerebbe non esserci alcun dubbio che l'asino occupava qualche posizione esoterica per gli antichi ebrei e il loro culto religioso. È ugualmente significativo che l'asino era intimamente connesso alla cosiddetta divinità malvagia Tifone, che a volte in Egitto era chiamato Set o Seth, un fatto a cui si riferisce nel suo trattato mistico Su Iside ed Osiride (XXX-XXXI) dove egli ripete dei frammenti della vecchia leggenda egiziana. Plutarco afferma (XXXI) che Tifone o Set, dopo il corso di una lunga battaglia fuggirono su un asino verso la Palestina e lì fondarono "Hierosolymus" e "Judeaus" — evidentemente "Gerusalemme" e "l'Ebreo," un eponimo abbastanza chiaro del popolo ebraico.

Lo storico romano Tacito scrisse, nella sua Storia (Libro V, cap. IV) che la figura dell'asino era consacrata nel santuario del tempio ebraico a Gerusalemme. Se quest'affermazione è vera, e considerando la forte avversione dell'antico popolo ebraico per le immagini di qualsiasi tipo in un luogo di culto, indicherebbe un importante significato mistico-religioso. Era talmente risaputa questa straordinaria relazione tra il culto degli ebrei nel suo aspetto astrologico e l'asino, che l'ardente Tertulliano ne parla parecchie volte (Apologeticus, par. 16, Ad Nationes, sezione xi, xiv) in termini di indignato rifiuto, come se, in verità, egli fosse un apologista degli ebrei invece di essere un cristiano molto inconfutabile che frequentemente si opponeva al pensiero ebraico. Egli accusa Tacito di aver diffuso quest'idea nel mondo, ma ciò è ovviamente errato perché è già menzionato da uno scrittore antecedente a Tacito, cioè Plutarco; ed inoltre, una comune diceria diffusa nelle terre dei popoli mediterranei narrava all'incirca lo stesso fatto, e questo è continuato, apparentemente, per secoli.

Se ricordiamo che nella storia antica ognuno dei sette pianeti sacri aveva il proprio spirito astrale e l'emblema del suo animale rappresentativo sulla terra, e che l'asino era considerato come l'emblema del pianeta Saturno, e il puledro dell'asino rappresentava la terra, perché si riteneva che fosse il puledro del pianeta Saturno in congiunzione con le influenze lunari, cominciamo a capire perché il passo in Matteo che descrive l'entrata di Gesù in Gerusalemme dice che egli era seduto su un asino e sul puledro dell'asino.

Sia gli ebrei che i primi cristiani a Roma erano frequentemente relazionati all'asino, e il culto di qualche tipo che indubbiamente gli veniva reso è una figura-tipo di certi settari. Qualche tempo fa è stato scoperto un interessante graffito o incisione su uno dei muri della Domus Gelotiana, il Palazzo di Cesare. Questo graffito mostra un uomo con il braccio sinistro sollevato in un gesto familiare di adorazione conosciuto nell'iconografia cristiana come quello di una preghiera, e davanti a lui e sopra di lui sta una figura umana con le braccia distese, con la testa di un asino; sotto questo gruppo è scalfita la seguente incisione: "Alexamenos prega il [suo] dio." Da ciò, e da altri frammenti sparsi dell'antica diceria, è abbastanza evidente che verso l'inizio dell'era cristiana sia i romani che i greci connettevano in qualche maniera il culto di Jehovah, lo spirito astrale di Saturno, con gli ebrei e i cristiani, e che questo stesso culto includeva un riferimento a una figura-tipo zoologica e mitica dell'asino. Questa connessione dei vangeli con figure animali o quasi animali è ben illustrata dalla mistica attribuzione del toro, del leone, dell'aquila, e dell'uomo o angelo, con i quattro vangeli canonici, e questo risale ad un periodo molto remoto nell'iconografia cristiana.

Il passo che descrive il ritrovamento dell'asino e del suo puledro e l'entrata di Gesù, sedutovi sopra, in Gerusalemme, ritrae, alla maniera dei miti, la discesa dello spirito cristico in manifestazione, e la sua angelica missione di pietà e "salvezza"; lo spirito viene sulla scena delle sue fatiche cavalcando l'influenza combinata di Saturno, della Luna e della Terra, rappresentati dall'asino e dal suo puledro, ed entra in "Gerusalemme," il simbolo della vita tumultuosa e movimentata dell'esistenza terrena, e sulla via verso la sua "crocifissione" sulla croce della materia — più o meno come Platone descrive lo Spirito logoico crocifisso nell'universo sotto forma di una croce.

Il pensiero strettamente mistico incarnato in questa raffigurazione è un esempio del modo molto intricato in cui sono state scritte almeno delle parti delle scritture cristiane. Quindi, l'unica cosa da cui stare in guardia è di leggere ogni singolo rigo di queste scritture come se raccontassero un effettivo avvenimento fisico della storia. Ogni principale idea nelle scritture cristiane è allegorica e si riferisce direttamente al ciclo dell'iniziazione e ad alcuni insegnamenti dati durante le cerimonie iniziatiche. Ora, questo non significa che non vi sia alcun soggetto storico nelle pagine del Nuovo Testamento, perché i nomi delle città, i riferimenti all'Impero Romano, o ai distretti geografici, e ad altri soggetti, sono più o meno riportati correttamente.

Gesù è vissuto. Qualsiasi nome possa aver avuto, l'individuo conosciuto come Gesù era un uomo a tutti gli effetti, un grande saggio, un avatāra. È una questione alquanto dubbiosa se egli sia stato veramente crocifisso nel modo in cui i romani trattavano i criminali, e che sia morto di una morta fisica comune. La verità era che, quando il suo lavoro fu completato, egli scomparve: e intorno alla sua persona alla fine furono assemblati gli eventi del ciclo iniziatico dell'Oriente Citeriore.

Molte cose che potrebbero altrimenti apparire inspiegabili riguardo al fatto che la storia di Gesù il Cristo, come si trova nel Nuovo Testamento, non è che un'allegoria tratta dalle scuole misteriche, diventano chiare se si realizza che il Cristianesimo è un sistema completamente sincretico sintetizzato da vari insegnamenti e derivato da diverse fonti, come il Neoplatonismo, il Neopitagorismo, lo Gnosticismo, ecc., come pure da una dose non esigua del cosiddetto materiale pagano che scorreva nella sua raffigurazione spesso in una maniera veramente curiosa.

Il Cristianesimo era una religione che si sviluppò durante il periodo della decadenza e della successiva caduta dell'Impero Romano, quando c'era un vero crogiuolo di idee religiose e filosofiche come pure di concetti mistici, allegorie, e di assolute superstizioni.

Oltre al Giudaismo e ai suoi nomi presi dal primo Cristianesimo, esso è derivato da quattro fonti principali: il Mitraismo, presumibilmente un culto del sole che ebbe origine in Persia, ma che era realmente una filosofia religiosa basata sul sole interiore, un vortice del fuoco divino dell'universo. Seconda, la religione egiziana, centrata intorno al culto della dea Iside, la Madre Divina, la Vergine Immacolata, che partoriva un bambino-dio, una religione che si era diffusa interamente nell'Impero Romano ed era molto popolare all'incirca nel periodo dell'inizio della cosiddetta era cristiana, anche se questo culto era già diffuso da parecchie centinaia di anni, aveva continuato a diffondersi così estesamente, esattamente come faceva il Mitraismo. Fu dal Mitraismo e dal culto di Iside che il Cristianesimo derivò la maggior parte delle sue regole cerimoniali e ritualistiche.

Le parti più mistiche del Cristianesimo erano derivate dal Platonismo e dal Neopitagorismo, e in tempi successivi il flusso scaturì specialmente attraverso l'intermediazione degli scritti dello Pseudo- Dionigi, chiamato l'Areopagita. Così fu che da queste tre fonti provenne la maggior parte delle dottrine mistiche e teologiche che adottarono anche i primissimi cristiani.

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È curioso che nessuno conosca la data precisa di quando nacque Gesù. Anche nel terzo o quarto secolo, gli uomini più dotti della Chiesa Cristiana non sapevano niente della data della sua nascita fisica. Infatti, nei primi tempi del Cristianesimo, la sua nascita fu collocata in periodi diversi con tre diverse date. Fino al quinto e anche al sesto secolo, nella Chiesa Ortodossa Greca e nella Chiesa Orientale, la natività di Gesù era commemorata il 6 gennaio — l'anno di nascita era completamente sconosciuto — che all'inizio fu apparentemente accettata anche come la data della sua Epifania, cioè "l'apparizione" tra gli uomini in qualità di insegnante. In un altro periodo la sua nascita era celebrata durante la festa dell'equinozio di primavera; ma dal quinto secolo circa, divenne usanza comune tra i cristiani celebrare la nascita di Gesù il 25 dicembre — l'anno era ancora completamente sconosciuto.

Fu Dionigi il Piccolo, un monaco scita che visse in Occidente nel sesto secolo sotto gli imperatori Giustino e Giustiniano, che per primo cominciò a calcolare la cronologia in modo che fosse adottata universalmente. Questo ambizioso calcolatore non sapeva quando fosse nato Gesù, ma fece dei calcoli secondo il materiale letterario che aveva sottomano, e pose provvisoriamente la nascita del maestro cristiano all'incirca 525 anni prima della sua epoca. Ben presto questa data puramente ipotetica fu accettata come l'Anno 1 dell'era cristiana.

Gli annali esoterici affermano, comunque, che Gesù visse un centinaio di anni prima dell'epoca scelta da Dionigi il Piccolo. Questi annali si basano ampiamente sulla saggezza astronomica ed astrologica, poiché gli esseri saggi non vengono in modo irregolare o per caso. Vengono a periodi stabiliti, perché ogni cosa nell'universo si muove secondo un ordine e una legge; e per questo motivo coloro che sanno come calcolare non devono nemmeno consultare i corpi celesti. Essi sanno che in un certo periodo, dopo che una grande anima è apparsa tra gli uomini, un'altra grande anima verrà al momento giusto.

Gli ebrei hanno una tradizione molto antica, presente tra i rabbini — incorporata in un'opera conosciuta fin dal tempo dei Secoli Bui in Europa, e chiamata Sēfer Tōledoth Yeshua', la cui tradizione risale ad un periodo precedente i primi secoli dell'era cristiana — che Gesù visse ai tempi di Re Alexander Jannaeus, che regnò come re degli ebrei nel secondo secolo che precedette la supposta data dell'inizio dell'era cristiana. La tradizione ebraica era ben conosciuta dai primi Padri della Chiesa, che menzionano, più o meno vagamente, le circostanze narrate dai primi scrittori ebrei.

Giacobbe, vescovo di Edessa in Mesopotamia, che visse nel sesto secolo dell'era cristiana, è citato da Dionysius Bar-Salibi:

Nessuno sa esattamente il giorno della nascita del Signore; solo questo è certo, da quanto scrive Luca, che Egli nacque di notte. — Assemani, Bibl. Or., 2: 163

Naturalmente, perché in quasi tutte le antiche iniziazioni la "seconda nascita" del mistico avveniva di notte. Anche Luca dice che l'Epifania di Gesù, in altre parole la sua "manifestazione ai Gentili," come ritengono i cristiani, ebbe luogo quando egli stava iniziando il suo trentesimo anno — un numero mistico, ancora strettamente legato ai riti iniziatici com'erano praticati nelle scuole misteriche.

Il Maestro Gesù, come è conosciuto nella storia e nella leggenda, è un'idealizzazione mistica del grande saggio avatārico, ed è quindi una figura idealizzata. Tuttavia, com'è affermato, il grande saggio visse effettivamente; aveva i suoi discepoli e completò il lavoro per cui era venuto. Così è, in verità; e se dobbiamo accettare la testimonianza del Nuovo Testamento, Gesù l'avatāra venne solo per illuminare e salvare gli stessi ebrei; com'è inequivocabilmente affermato nel Vangelo secondo Matteo 15:24: "Ma egli rispose e disse: "Non sono mandato che alle pecore perdute della Casa d'Israele!" Se quest'affermazione fu ispirata dallo Spirito Santo, la Terza Persona della Trinità Cristiana, allora come spiegare ch egli fu rifiutato proprio dagli ebrei, e fu invece accettato da popoli

Per i quali è affermato che egli non venne? Non è evidente, se dobbiamo dare un certo peso a questo passo di Matteo, che un'influenza avatārica che discende nelle tenebre e nel fango degli affari terreni porta un messaggio a tutta l'umanità, e che "le pecore perdute di Israele" non vadano intese solo come ebrei, ma è un'espressione presa direttamente dai Misteri dell'Asia Citeriore, basata in quest'esempio sul pensiero ebraico, che "Israele" non significa solo gli ebrei ma i figli di Saturno e della Terra, e che l'influenza divina viene ad aiutare quei suoi "figli" che sono "perduti" e che hanno bisogno di una nuova ispirazione?

L'idea non è quindi identica a quella che viene messa in bocca a Kṛishṇa, l'avatāra hindu nella Bhagavad-Gītā, quando dice che viene di era in era per raddrizzare i torti, sconfiggere il male, animare il bene, e liberare gli oppressi, spiritualmente parlando? Il punto è che i vangeli possono essere appropriatamente interpretati solo alla luce dell'arcaico insegnamento dei Misteri

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Tra i primi cristiani l'evento nella vita del loro insegnante che ha riempito i loro cuori con la massima venerazione, è stato quello della trasfigurazione all'iniziazione, che essi chiamavano Epifania. Epifania è un composto greco formato da epi, "sopra," e phaino, che significa "risplendere," "far apparire," ed era comunemente usato nell'antico costume mistico come la parola che significava le apparizioni delle divinità ai loro adoratori. Nei Misteri la parola fu trasferita con un leggero spostamento del significato per intendere il manifestarsi sopra e dentro l'iniziando o neofito, del proprio dio interiore, il christos. Un termine simile, con qualche diverso significato esoterico, era theophania, che significa l'effettiva "apparizione di un dio" — un termine ugualmente preso dai Misteri greci e non raro nell'antica letteratura greca che trattava le apparizioni divine. I cristiani usarono queste due parole come sinonimi, anche se i significati non sono identici. Epifania significa l'apparizione di un dio attraverso il corpo di un postulante all'iniziazione quando egli ha superato con successo le prove, quando la divinità interiore risplende attraverso di lui, come dicevano i cristiani, come il "Cristo-sole." Ciò non significa esclusivamente che qualche divinità "esterna" al neofito-iniziando si manifesti attraverso di lui, ma piuttosto che il proprio dio interiore, esternato nell'apparizione attraverso lunghi mesi di purificazione ed allenamento, si manifestava nello splendore attraverso il corpo fisico del postulante. Ma l'epifania di solito era temporanea, mentre la teofania significa qualcosa di più completo, e quindi più permanente. In quest'ultimo caso, il neofito-iniziando è "rivestito di sole" o è risplendente di luce spirituale anche fisicamente, e questo per un periodo più o meno lungo. Egli era circondato da un nembo, una gloria. In altre parole, epifania significa la divinità interiore che risplende sull'iniziato che ha avuto successo, e lo illumina, solitamente per breve tempo; mentre teofania significa lo splendore luminoso del dio interiore dell'uomo, il suo sé superiore, e per un tempo più o meno lungo. Vi erano due gradi ulteriori di questa divina pienezza del candidato vittorioso negli antichi Misteri ed erano rispettivamente la teopneustia e la teopatia.

Nelle mistiche e pittoriche rappresentazioni cristiane delle loro "persone" di condizione divina o di santità si trovano frequentemente non solo le Persone della divinità trinitaria cristiana, ma anche Maria e i santi circondati da una nube luminosa o un alone. La nube luminosa che circondava tutta la persona era chiamata nembo, e quando solo la testa era circondata, era chiamata aureola; quando il nembo e l'aureola erano contenute insieme nelle raffigurazioni, l'unione era chiamata gloria. Queste raffigurazioni erano immagini simboliche di santità o di stato spirituale, e i primi cristiani le derivarono direttamente dall'usanza pagana.

Tra i greci e i romani a volte era abituale nella loro arte pittorica circondare le teste delle divinità con una simile luce splendente. Il dio Mercurio è frequentemente raffigurato così. Inoltre, questo circondare di luce i grandi dignitari spirituali, sia l'intero corpo o solo la testa, era, da tempi immemorabili, una forma comune dell'antica arte asiatica, sia in Cina che in Indostan. Queste rappresentazioni erano tentativi di dipingere in simboliche immagini artistiche l'una o l'altra del mistico flusso nell'iniziato.

Virgilio, nell'Eneide, parla della dea Giunone che discende avvolta in un nembo. Il termine nimbus in Latino significa una "nube," e l'uso che ne fa Virgilio significa una nube luminosa o gloria che circondava l'intera persona della divinità. Poiché gli iniziati greci e romani conoscevano bene il significato esoterico del nembo, adoperavano questo termine per indicare ciò che avveniva nelle aule iniziatiche.

Le rappresentazioni dell'aura o del nembo nell'uso dei cristiani sono un caso relativamente raro prima del quinto secolo, ma dopo diventò comune. Probabilmente la ragione di questo curioso fatto che nei secoli iniziali i primi cristiani erano contrari a copiare un metodo di rappresentazione simbolica che, anche se preso esclusivamente dalle aule dell'iniziazione, era destinato quasi esclusivamente a raffigurare le divinità greche e romane o l'apoteosi degli imperatori. Ma dopo il quinto secolo, quando il Cristianesimo cominciò rapidamente a svilupparsi con la decadenza dell'antica saggezza, probabilmente fu deciso che non era più necessario temere di confondersi con le idee pagane prevalenti; e così questo simbolo veramente bello perse il suo significato misterico e divenne soltanto il simbolo della luce spirituale.

Questo avvolgersi nella gloria, questo rivestirsi "di sole," può essere descritto in questo modo: la costituzione dell'uomo nella sua essenza è un composto di forze spirituali, intellettuali, ed altre, che operano come un'unità, e queste forze sono tutte luminose, potenti, penetranti. Ordinariamente non vediamo queste forze: tuttavia esse agiscono continuamente attraverso la costituzione umana, e permeano l'intero veicolo fisico e lo attraversano in un flusso continuo di energia che produce una nube o aura luminosa intorno al corpo. Sebbene quest'aura per noi di solito è invisibile, tuttavia gli animali sono spesso coscienti di questo flusso di luce proveniente dal corpo umano. I sensitivi la vedono facilmente. All'occhio dell'adepto, quest'aura luminosa è visibile in qualsiasi momento, sia che l'uomo dorma o sia sveglio; e una semplice occhiata dell'adepto lo rende immediatamente capace di accertare non solo lo stato di salute dell'essere umano, ma anche la sua condizione spirituale, intellettuale, psichica, ed emotiva, perché tutte queste condizioni sono manifestate nell'aura, che è estremamente sensibile ai rispettivi punti focali della coscienza che sono la sua fonte di radiosità.

Ora, quando l'essere umano è in uno stato d'intensa attività spirituale o intellettuale, psichica o emotiva, allora la sua aura riflette questi diversi stati di attività interiore e, al di fuori dell'incredibile gioco di colori luccicanti, ecc., può diventare talmente attiva da essere visibile anche al comune essere umano. Così, colui che, avendo completato con successo il "rito solare," è così pieno del potere del dio in lui, che il flusso esterno dell'aura avvolge anche il corpo fisico di luce che diventa percepibile alla comune visione umana. Ecco perché gli dèi, o gli esseri di elevata dignità spirituale erano forniti di un'aureola o di un nembo di gloria.

Vi è un mucchio di scemenze "occultistiche" scritte sulle "aure" nella letteratura semimistica, ma tutto questo può essere tralasciato perché del tutto privo di valore; tuttavia l'aura umana è un fatto molto reale, ed è la base fisica e psicologica dell'espressione popolare "sull' atmosfera" di un uomo o una donna. Quando sentiamo qualcuno dire: "la sua atmosfera per me è ripugnante," la spiegazione è che l'aura di questa persona, cioè la sua atmosfera psico-elettro-magnetica è repellente per questo qualcuno. Al contrario, certe aure umane sono in simpatia con qualche altra persona e sono subito percepite come "un'atmosfera amichevole."

Ogni uomo è circondato da un'aura, che è così individuale nelle caratteristiche come lo è l'uomo stesso; egli è rivestito di energia aurica, di ciò che possiamo chiamare potere eterico o elettromagnetico, per usare una terminologia scientifica; e questo è di origine psico-fisiologico, avendo una sorgente spirituale. Gli effluvi astrali-fisici o questo campo elettromagnetico che circonda il corpo di ciascun uomo è visibile a coloro che hanno gli occhi per vederlo, come un meraviglioso gioco di colori; perché l'aura cambia istantaneamente ad ogni fase passeggera del pensiero o emozione, e i suoi colori lampeggiano e scintillano, come qualcosa di soprannaturale ma a volte come un bellissimo "arcobaleno" o aurora. La deduzione più interessante è che l'uomo è continuamente radioattivo a seconda della sua tipologia — una radioattvità che varia ad ogni minuto e con una perfetta precisione secondo il mutare dei pensieri e degli stati d'animo dell'individuo. Anche la scienza comincia a pensare che non solo il radio e gli altri cosiddetti elementi chimici radioattivi, ma praticamente ogni cosa esistente è più o meno radioattiva.

La nube luminosa psico-astrale possiede una forma più o meno ovoidale, ed essendo sensibile ai mutamenti del pensiero e delle emozioni ad un livello incredibile, assume colori diversi corrispondenti agli organi del corpo che possono in qualsiasi momento essere più attivi, sia il cervello o il plesso solare, lo stomaco o il cuore, il fegato o la milza. Di conseguenza, quando un uomo è sotto un grande sforzo di attività o ispirazione spirituale, e le correnti d'energia della sua natura superiore funzionano fortemente, allora quest'aura che circonda il corpo di solito si rende visibile alla normale visione, come una gloria che circonda l'individuo. Se dovessimo osservare un uomo immerso in una profonda meditazione spirituale ed intellettuale, e avessimo il dono della "vista interiore," vedremmo la sua testa circondata dall'esplosione di una nube magnificamente luminosa di colori: una nube di luce dorata, striata di un gioco lampeggiante di indaco e di un intenso blu, mentre vedremmo il corpo risplendere più o meno degli stessi colori, adeguatamente modificato dai diversi effluvi che scaturiscono ciascuno dal suo organo, e quindi ciascuno possiede il suo colore subordinato.

Ora ritorniamo brevemente a uno dei fatti più appariscenti che accompagnano il riuscito completamento del rito solare. Durante il momento di quest'unione dell'ego autocosciente dell'uomo con il proprio dio interiore, il tremendo potere dell'entità divina nel cervello del cuore, o nel cuore del cervello dell'iniziando risplende in un effluvio di gloria, ed egli, per il tempo che dura, diventa un dio umano incarnato. L'uomo inferiore, l'ego umano, allora è temporaneamente unito, attraverso la sua natura divino-spirituale, con la propria sorgente cosmica, l'essenza spirituale dell'universo; e questo fatto, così brevemente accennato, nella teologia cristiana è il vero significato della "trasfigurazione" che ha luogo durante l'iniziazione.

Da tempo immemorabile ci sono stati sette gradi o fasi dell'iniziazione, corrispondenti ad un equivalente numero di possibilità diverse latenti nell'uomo comune, ma che diventano manifeste attraverso l'appropriato allenamento iniziatico e la crescita interiore spirituale, intellettuale e psichica; e nelle antiche scuole misteriche queste sette fasi del sentiero mistico non solo erano pienamente conosciute, ma erano effettivamente i sette "passi" da compiere, in una vita o attraverso una serie di vite, da parte di ogni neofito che elaborava il suo percorso verso l'alto, verso l'adeptato. Quando il settimo passo, il più elevato, era compiuto con successo, producendo la sublime epopteia o "visione," allora il dio interiore del postulante — il quale dio interiore è un raggio del sole divino del sistema solare — risplendeva almeno temporaneamente attraverso l'uomo di carne, ed egli diventava quindi un "tutt'uno" con la sua divinità interiore, ed anche il suo corpo era "ammantato di sole," il cuore dell'essere essenziale dell'uomo.

Così, quando il pellegrino vittorioso ottiene il settimo grado di questo viaggio iniziatico, egli raggiunge il completamento di tutta l'evoluzione interiore possibile da ottenere su questa terra durante questa quarta ronda; e nell'ottenere questo completamento del suo pellegrinaggio prima della fine del manvantara del globo, egli vive, se così vuole, come un uomo-dio sulla terra. Questa è l'iniziazione finale nel percorso terreno di ogni vero grande veggente e saggio. Questi pochi sono i fratelli maggiori della razza, i mediatori o i legami tra il principio superiore della Gerarchia della Luce e noi stessi, e questi mediatori sono riveriti in tutte le grandi religioni mondiali, e in alcuni casi ignorantemente adorati come i loro rispettivi "salvatori" e "redentori." Questo è stato il caso di Gesù, l'iniziato siriano e avatāra; e questo glorioso episodio era ricordato dai suoi seguaci dopo che egli era sparito alla vista degli uomini, e commemorato come l'Epifania o la "manifestazione" dell'uomo Gesù, rivestito della gloria del suo Padre interiore. È la più elevata "nuova nascita" spirituale dell'ego in un essere umano, e non significa, com'è stato comunemente supposto, un dio dal di fuori che s'incarna in un corpo di carne o in un semplice essere umano, ma la rinascita, la più elevata "nuova nascita" spirituale attraverso l'iniziazione, del dio nell'uomo stesso. Tuttavia quest'affermazione non esclude un altro fatto che si verifica più raramente. Quest'altro evento meraviglioso coinvolge l'effettivo incorporarsi di un altro potere spirituale o individuale "esterno" in un essere umano altamente sviluppato intellettualmente e psichicamente, il potere "esterno" o individuale che si fonde, per il tempo che dura, con l'adepto elevato selezionato per questo scopo.

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É stato affermato che il Cristianesimo è un sistema sincretico costruito da materiali raccolti largamente dalle cosiddette fonti pagane, tuttavia è una sfortuna che i primi cristiani abbiano perduto la vera chiave interiore della loro religione; e in coincidenza con questa perdita è scomparsa la profonda filosofia mistica che spiegava il vero significato del simbolismo religioso della fede cristiana. Questo portò alla perdita della comprensione e coinvolse le conseguenti e spesso amare dispute ecclesiastiche che, nelle loro forme più violente, screditarono anche il nome del Cristianesimo. La perdita della comprensione dei significati interiori della maggior parte delle preminenti dottrine cristiane portò a una grande confusione di idee. Un esempio di tale confusione è rintracciabile nel fatto che la nascita fisica di Gesù e della sua mistica "nuova nascita" iniziatica, posteriormente celebrata come l'Epifania, erano confusi in una sola invece di essere tenute in considerazione come due eventi distinti e separati nella vita del maestro cristiano.

Fin dai primi tempi i cristiani sono stati in dubbio su l'anno e il giorno della nascita di questo grande insegnante, ma col tempo il 25 dicembre fu accettato come il giorno della sua nascita fisica. L'Epifania o l'evento della sua "apparizione tra i Gentili," che è solo un modo ignorante di definire la sua apparizione come christos o adepto-avatāra pienamente iniziato, alla fine fu popolarmente accettata come data che aveva preso il posto del sei gennaio, anche se l'anno di questo evento era ancora sconosciuto fin dai primi tempi del Cristianesimo. Ora, il 25 dicembre era evidentemente inteso come la data del solstizio d'inverno, che ai nostri tempi capita suppergiù il 21-22 dicembre, e fin dai primi tempi della Roma Imperiale era considerato come il giorno della nuova nascita del Sol Invictus o Sole Invincibile, per indicare il corso più basso dell'orbita solare e l'inizio del suo ritorno in questo viaggio a settentrione.

Le antiche feste pagane che si svolgevano in molti paesi nel periodo del solstizio d'inverno sono state male interpretate dagli studiosi come semplici commemorazioni del ritorno del sole fisico nell'emisfero settentrionale; ma era la mistica nascita del "sole spirituale," la divinità nell'uomo che esse commemoravano. Molte delle antiche religioni, Il Mitraismo ad esempio, si basava sul "culto" non solo del sole fisico ma su una profonda filosofia mistica che aveva a che fare con il sole divino, del quale il globo esterno non era che il velo o il corpo. Questo divino luminare invisibile ha lo stesso lavoro da compiere nel sistema solare, che nell'uomo ha da compiere la sua trascendente monade divina; e questa monade divina, individuale per ciascun uomo, è un raggio del luminare divino.

Nel quinto secolo, troviamo che Papa Leone I scrive nel suo Sermone, XX, un'affermazione che incarna ciò che i capi della Chiesa Cristiana allora asserivano apertamente, vale a dire: quello che ha reso la festa di Natale degna di venerazione non era tanto la supposta nascita del bambino Gesù in quel particolare giorno dell'anno, ma il ritorno, com'era espresso, della "nuova nascita" del sole.

Inoltre, Cipriano ed Ambrogio, due teologi ortodossi che sono anche santi della Chiesa Cristiana, riferendosi alla mistica connessione di Cristo con il sole — un'idea diffusamente popolare nei primi secoli del Cristianesimo — così dicono: Cipriano chiama Cristo il Sol Verus o il "vero sole" (De Orat. Dom., iv, 35) mentre Ambrogio definisce Cristo il Sol Novus Noster, "il Nostro Vero Sole" (Sermone, VII, 13).

Tuttavia non dobbiamo supporre che i primi cristiani fossero adoratori dle sole né che lo fossero gli antichi persiani. Essi sapevano che il sole fisico è soltanto il veicolo dei poteri interiori spirituali e di altri, che fluiscono dall'interno all'esterno, e danno quindi vita e luce al sistema solare sul quale presiede il sole. Sapevano anche che dietro il sole fisico c'è lo spirito solare cosmico che agiva attraverso il sole fisico, proprio come lo spirito dell'uomo agisce attraverso di lui e dà luce non solo a se stesso ma anche agli altri. I primi cristiani avevano molti inni indirizzati allo spirito Cristico, al Logos o Verbo, e tutti questi termini erano presi dagli antichi Misteri greci; e sia lo spirito di questi inni, che le parole in cui erano espressi, potevano essere facilmente costruiti come inni al sole.

Ad esempio:

Verusque Sol, illabere
Micans nitore perpeti,
Jubarque Sancti Spiritus
Infunde nostris sensibus!
— Ambrogio (340-387)
    "Splendor paternae gloriae"
O Tu, Sole Vero, colmaci,
risplendendo di luce perpetua!
Splendore dello Spirito Santo
Pervadi le nostre menti!

Questo è un inno primitivo dedicato al Cristo-sole, usato fino al settimo secolo della nostra era; e in origine deve essere stato molto più antico per essere stato in auge come a quel tempo.

Come ogni studioso sa, vi è un numero di sette quasi religiose e quasi mistiche che fiorirono all'incirca al tempo del supposto inizio dell'era cristiana, che avevano più o meno lo stesso corpo di idee connesse al divino sole cosmico che sostenevano i seguaci di Mitra e i cristiani. I Manichei erano un'associazione di pensatori mistici, e in qualche modo anche esoterici, che si erano ampiamente diffusi nell'Impero Romano come pure nell'Oriente Citeriore. Avevano certe credenze che li connettevano alle idee più mistiche del Cristianesimo primitivo, e dicevano che il sole divino era la sorgente dello spirito Cristico individuale nell'uomo, che è un raggio del christos cosmico. I Padri cristiani Teodoreto e Cirillo di Gerusalemme attestano questo fatto della credenza dei Manichei; e Papa Leone I soprannominato il "Grande, " nel suo Sermone XXXIV sull'Epifania (IV) affermò che i Manichei collocavano il Christos degli uomini nella [luminosa sostanza dell'invisibile] sole. Queste significative idee erano ampiamente diffuse nel mondo al tempo in cui si formava la fede cristiana e il sistema ecclesiastico.

Naturalmente, questo punto di vista del sole divino non era solo cristiano. Questo meraviglioso concetto della divinità cosmica dimorante è antico quanto è universale, ed era la vera anima del significato interiore delle religioni e filosofie greche e latine, come pure persiane e mesopotamiche, egiziane e hindu. In un verso tratto da uno degli inni del Rig-Veda è chiamato il Sāvitrī o Gāyatrī:

Tat Savitur vareṇyam bhargo devasya dhīmahi;
Dhiyo yo naḥ prachodayāt!
Noi meditiamo su quello splendore più che eccellente del Sole divino:
Possa esso risvegliare le nostre menti!  — iii, 62, 10

Questo verso è considerato talmente sacro, perché incarna la vera essenza spirituale di tutti i Veda, che i puristi exoterici in India rifiutano anche di copiarlo trascrivendolo. Oggi, gli ortodossi hindu lo cantano in toni bassi sia al mattino che alla sera.

Molti dei Padri della Chiesa, tra cui il fiero Tertulliano, e il più moderato ma ugualmente dogmatico ed ignorante Girolamo, ci dicono che il 25 dicembre (il settimo giorno prima delle Calende di gennaio, secondo l'antico calcolo dei romani) molti "pagani" credevano che un'incarnazione di un raggio del Dio-Sole, come allora era chiamata la divinità solare, nascesse in forma umana in una caverna o grotta. In Siria e in Fenicia questo Dio-Sole era chiamato Adone, una parola che evidentemente aveva una radice semitica, perché Ādōn in Ebraico significa "Signore." In Persia la stessa incarnazione umana era chiamata Mitra. Il termine Mitra è etimologicamente interessante, perché, pur trovandosi nell'Avesta, una raccolta di libri che comprendono la religione degli antichi persiani, è anche conosciuto nella letteratura sanscrita dell'India sotto forma di Mithra. Il significato originario di questa parola è "amico," "compagno." Anche della divinità solare dei persiani, Mitra, si diceva che fosse nato in una caverna o grotta; e così come per Adone, il giorno di nascita di Mitra era celebrato il 25 dicembre, evidentemente inteso come la data astronomica dello stesso solstizio d'inverno. La festa, commemorata come il "giorno di nascita" di Mitra, era spesso chiamata la "Notte di Luce." Evidentemente l'idea era che quest'incarnazione fosse quella di un raggio del logos, o un intermediario spirituale tra il divino e l'uomo: e per questa ragione la divinità era chiamata amico, mediatore, e in seguito salvatore, redentore.

Il 25 dicembre in Italia era celebrata quella che era chiamata la "nuova nascita" del "Sole Vittorioso," il Sol Invictus, come si può vedere nei calendari romani che ci sono pervenuti. Anche a Mitra era dato questo appellativo di "Vittorioso"; e come scrisse Giustino Martire (Dialogo con Trifone, cap. lxx) — si diceva misticamente che Mitra era nato in una caverna o grotta, come fu anche per Gesù. Giustino aggiunge: "Egli nacque il giorno in cui il sole era nuovamente nato, nelle stalle di Augia."

Gli storici ci dicono che pure gli antichi druidi celebravano la notte del 24-25 dicembre con dei falò, accendendo i loro fuochi simbolici sulle cime di montagne e colline, e mettendo dei fari di luce sulle sommità delle loro torri druidiche, perché per loro era una vera festa mistica di luce o illuminazione, simbolizzata dalla "rinascita" del sole che si manifestava all'inizio del suo viaggio di ritorno alle latitudini settentrionali. Il ritorno, alla terra e agli uomini, della "luce" e della nuova "vita" era simbolico del corso ciclico dell'anima umana nel suo viaggio verso la perfezione.

Il venerabile Beda, un antico cronista inglese, che scrisse nel settimo secolo, ci dice che gli antichi anglosassoni "cominciavano l'anno il 25 dicembre, la stessa data in cui ora celebriamo la nascitta del Signore."

E la notte che per noi è così santa essi, nella propria lingua, la chiamavano Modranecht, il cui significato è "Notte delle Madri," per le cerimonie, crediamo, che essi svolgevano i quella lunga notte di vigilia. — De temporum ratione 15, ccl 123b: 330

È ovvio che il riferimento di Beda a questa festa di mezzo inverno era preso da qualche antico rituale non cristiano, basato sul fatto di una maternità divina che aveva il suo corrispondente in una mistica nascita umana. Va da sé che il simbolismo del sole che nasceva in una certa stagione dell'anno era strettamente coinvolto nell'idea della maternità — la Vergine Celeste che partorisce il più grande amico e illuminatore dell'uomo. Qualcuna di queste idee deve aver influenzato le menti dei primi cristiani nel fissare una festa pagana così ampiamente diffusa come la data commemorativa della nascita del loro salvatore umano, Gesù, dalla donna che essi chiamavano Maria la vergine.

Nella prima Chiesa Cristiana e anche in entrambe le più antiche ramificazioni di oggi, la Chiesa Ortodossa e la Chiesa di Roma, i titoli d'onore e il culto comunemente dati alla Vergine mistica sono: "Nostra Signora," "Stella del Mare," "Vergine Immacolata," "Madre di Dio," "Regina del Cielo," ecc. Tornando ora ai titoli d'onore e adorazione dati all'egiziana Iside, la Vergine Madre di Horus il sole, troviamo in questo culto di Iside, che si era così ampiamente diffuso nell'Impero Romano, i seguenti appellativi: "Nostra Signora," "Stella del Mare," "Rosa, Regina del Cielo," "Madre di Dio," "Mediatrice," "Vergine Immacolata," ed altri del genere.

Plutarco, nel suo trattato Su Iside ed Osiride (Sezione IX) c'informa che sul frontale del Tempio di Iside a Sais, in Egitto, era scolpita la seguente iscrizione: "Iside Io sono: tutto quello che è stato, che è, e che sarà; e nessun mortale ha mai sollevato il mio velo." Proclo, un filosofo Neoplatonico, aggiunge che la conclusione di quest'iscrizione aveva queste significative parole: "E il frutto che Io ho partorito divenne il Sole." La Vergine Immacolata, Madre dello Spazio, ha partorito il Logos o "Verbo," l'intermediario tra l'Ineffabile e tutti gli esseri coscienti, e questo Logos o intermediario è il Sole divino. Qui allora c'è veramente il germe dell'idea cristiana, di pensieri alquanto identici — la vergine madre cosmica e il dio fanciullo.

Si può vedere che l' "Immacolata Concezione" non si riferisce ad un qualsiasi evento fisico della storia, ma era in origine un insegnamento mistico e filosofico, che nel tempo divenne un dogma teologico e una leggenda. Si riferisce alla nascita del Cristo nell'uomo, da una parte verginea del proprio essere, cioè dalle porzioni spirituali della costituzione umana. Ed ha anche un significato cosmico — la vergine madre dello spazio che dà la nascita, attraverso suo figlio, al logos cosmico, e alla moltitudine dei suoi figli di vari tipi. Vi sono così due aspetti di questa mistica dottrina simbolica: primo, la vergine cosmica; e, secondo, la mistica "nascita verginea" di un iniziato — rinato, o, come si dice, "nato una seconda volta." Nell'iniziazione, il "nuovo uomo," il cristo-uomo, nasce da se stesso perché fa emergere in manifestazione attiva la divinità dentro di lui; e la sua "vergine madre" è la radice del proprio essere, l'anima spirituale nella sua purezza immacolata e senza macchia — da cui nasce il cristo umano o il buddha umano, senza altri mezzi che i desideri e le aspirazioni dell'uomo a diventare il dio interiore.

La Chiesa Cristiana ha interpretato queste dottrine fisicamente e quindi ha perduto il nobile e profondo simbolismo; ma lo stesso insegnamento mistico e la leggenda si trovano in altri paesi; ad esempio, in India c'è Kṛishṇa che nacque da una vergine, e in Egitto abbiamo Horus nato dalla vergine madre Iside.

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Una branca dei cristiani dice che la "Dodicesima Notte," come la chiamano gli inglesi — in altre parole, la data dell'Epifania, il 6 gennaio — fu stabilita dalla Chiesa per commemorare il "manifestarsi" di Gesù bambino ai "Tre Magi," che, secondo la bella leggenda nei vangeli cristiani, "videro la sua stella in Oriente," e lo cercarono e lo trovarono nella "mangiatoia" a Betlemme, su cui si fermò la stella.

Ora, tutto questo è misticamente descrittivo ed è completamente allegorico e simbolico; ma i primi cristiani (probabilmente non i diretti discepoli dell'iniziato Gesù, ma i cristiani di un centinaio di anni dopo all'incirca) presero queste tradizioni e queste memorie più o meno vaghe che non erano ancora state incorporate nei vangeli del Nuovo Testamento come fossero fatti reali e ci credettero alla lettera. La pia immaginazione infiorettò questa tradizioni fino a quando non si venne a credere che questi tre Uomini Saggi erano Magi venuti dalla Persia per adorare il nuovo "Figlio di Dio," la cui "stella essi avevano visto." Allora, qualche tempo dopo, questi tre Magi furono trasformati nei Tre "Re." Nessuno sa con precisazione come, ma questo è ciò che avvenne nella Chiesa occidentale; e di conseguenza l'Epifania è comunemente chiamata la "manifestazione di Nostro Signore Gesù ai Tre Re."

Ora, qual è il significato di quest'allegoria? Per gli antichi, i pianeti erano chiamati kosmokratores, un composto greco che significa "reggitori del mondo" o "costruttori del mondo": e questo concetto si poggiava sul fatto che il sole, la luna, e i pianeti, erano strumenti fondamentali nel costruire l'origine, ed influenzare fortemente, il destino della nostra terra, che a sua volta sarebbe uno dei kosmokratores o "costruttori" per certi altri pianeti del nostro sistema solare. Questi kosmokratores o poteri regnanti erano quindi definiti misticamente come "re," ed erano spesso concepiti come possessori di potenti poteri, come se portassero corone di gloria e detenessero lo scettro del dominio. Queste idee, confuse com'erano, a quei tempi ricorrevano nel mondo greco come leggende; e così c'è poco da meravigliarsi che la gente credesse, a torto, che le rappresentazioni simboliche dei pianeti erano "re" di effettive personalità umane regali, invece di essere i possenti poteri spirituali o le forze di vita individualizzate di ogni corpo celeste.

A questi tre "Magi" vennero dati i nomi di Melchiorre, Gaspare, e Baldassarre. Ora, Melchiorre è ovviamente ebreo, e significa "re di luce," ed è il nome che indubbiamente veniva dato al pianeta Venere per via dello splendore di quel corpo celeste, che i greci chiamavano anche Phosphoros, e i romani Lucifero: "Conduttore di Luce" o "Portatore di Luce" — un appellativo, tra l'altro, che era applicato da alcune delle prime sette cristiane allo stesso Gesù, che era chiamato Lucifero, il Portatore di Luce.

Gaspare è più difficile da interpretare, perché le parole semitiche non hanno una precisa traslitterazione nell'alfabeto romano. Comunque, Gaspare potrebbe essere tradotto come una derivazione dall'Ebraico: "simile ad un amanuense," o "uno scriba"; ed Ermes, Mercurio, che gli egiziani chiamavano Tehutī e i greci traslitteravano come Thoth, nella leggenda era il sacro amanuense, e quindi l'interprete. Quindi, Gaspare forse stava per il pianeta Mercurio, o per il dio chiamato Ermes dai greci, e Mercurio dai latini.

Il terzo nome, Baldassarre, è ancora più difficoltoso. Possiamo avventurarci solo a supporre che per il significato di tale parola sia intesa la Luna. Bal è semplicemente una traduzione del semitico Ba 'al, volte scritto Bel; e il significato dell'intero nome può essere reso come "signore delle ricchezze," o forse "signore dei prigionieri."

È molto curioso che questi tre nomi o appellativi siano mistici; nomi o appellativi con questo significato vengono dati ai tre corpi celesti per l'appunto chiamati così. Per quali motivi questi tre corpi celesti furono scelti in connessione alle idee mistiche delle cerimonie iniziatiche?

Natale o la festa del solstizio d'inverno, era celebrato nel suo massimo splendore — con la cooperazione più significativa delle influenze cosmiche di questi tre corpi celesti, quando il Sole, Mercurio, Venere, e la nostra Terra, erano in congiunzione; in altre parole, più o meno in una linea retta che connette la Terra e il Sole. Questa congiunzione è un evento raro. Quindi, al tempo del solstizio d'inverno, la Luna, seguendo l'insegnamento dell'antica saggezza, deve trovarsi in una linea retta, che connette la Terra e il Sole, e deve essere nuova; e per fare la congiunzione appropriata, la Luna deve essere ancora in linea diretta con la Terra, il pianeta Venere, il pianeta Mercurio, e il Sole. Esotericamente, Mercurio, Venere, e la Luna, negli antichi riti cerimoniali erano rappresentati da tre iniziatori. Con tali corpi celesti del nostro sistema solare in questa congiunzione, questa potente influenza, astronomicamente parlando, agiva con il massimo vantaggio nell'influenzare la nostra Terra e tutti i suoi esseri; e così, per lo stesso motivo, influenzavano potentemente il postulante alla speciale iniziazione che aveva luogo in quei rari momenti.

Ora, i tre "Magi" o maghi spirituali, o maestri iniziatori, erano presenti alla trasfigurazione di colui che essi, con l'insegnamento e l'allenamento, avevano portato con successo alla mistica "nuova nascita," e la cerimonia cominciava al solstizio d'inverno e si concludeva due settimane dopo, quando la luna era piena. La "nuova nascita" mistica era la "nascita" del christos interiore, e durante questa nascita l'intero essere dell'iniziando era trasfigurato e, per usare la frase della bibbia ebraica, "il suo volto risplendeva come il sole."

È stato tentato brevemente di delineare qualcuna delle chiavi in rapporto alla festa del solstizio d'inverno: la rinascita del sole astronomico, in realtà del "Cristo-Sole" del nostro sistema solare, e la "nuova nascita" mistica del "Cristo-Sole" nel postulante stesso — essendo quest'espressione "Cristo-Sole" l'appellativo dato a Gesù il Christos dai suoi seguaci originali. Un tale uomo così trasfigurato o glorificato diventava, almeno per il tempo che durava, un sole umano spirituale tra i suoi seguaci, il "Logos" o "Verbo," l'interprete, per loro, del suo dio interiore; quindi, un vero legislatore, un capo spirituale ed un insegnante del suo prossimo.

Questa divina comunione di esseri umani con i loro invisibili progenitori non è svanita dalla faccia della nostra terra, perché continua ancora, in una linea ininterrotta, la successione spirituale dei grandi insegnanti, che rappresentano, nella nostra quinta razza radice, i loro predecessori ed antenati spirituali. Questa sublime istituzione di allenamento ed iniziazione vive ancora e riceve i suoi candidati che sono ritenuti meritevoli e ben qualificati; e se hanno successo, essi assumono il loro posto nei ranghi della Grande Fratellanza come custodi dell'antica saggezza degli dèi.

In qualche periodo del futuro questa scuola suprema sulla nostra terra avrà le sue branche, ugualmente grandi, in diverse parti del globo, compiendo il lavoro che i loro predecessori delle ere arcaiche fecero, e in quei giorni futuri, l'uomo ancora una volta converserà con gli invisibili poteri spirituali, e allora la terra vedrà le moltitudini umane governate ed istruite dagli ierofanti, i re iniziati.


[1] Il Punanul è il sacro cordone di filo di cotone che il Brāhmaṇa porta per traverso. - n. d. t.

[2] Mlechcha significa "non Vedico," o "non-Ariano," "Barbaro," "Straniero." - n. d. t.

[3] Le sei (esotericamente sette) condizioni di esistenza senziente. Sono divise in due gruppi: i tre superiori ed i tre sentieri inferiori . . . (dal Glossario Teosofico di H.P.B.) — n. d. t.

[4] Il monaco buddhista. — n. d. t.



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