NOTE DELL'AUTRICE
Tra i Discorsi e le storie dell'Edda il posto d'onore spetta indubbiamente alla Völuspá. È la parte più comprensibile e al tempo stesso più enigmatica delle scritture norrene. In essa sono delineati le maestose manifestazioni dei mondi in formazione, gli attributi dell'Albero cosmico della Vita, la sua decadenza e morte, e i susseguenti rinnovamenti e rinascite. Per seguire la progressione degli eventi raccontati dalla sibilla dobbiamo spesso ricorrere ad altri Discorsi e sagor[1] che sono più espliciti, perché nella Völuspá vediamo il lavoro delle eternità compresso in un battito di ciglia, la vastità di un universo in un granello di sabbia.
La vala o völva, la sibilla che scandisce il poema, rappresenta l'indelebile archivio del tempo, perché da un passato senza inizio gli eventi procedono verso un futuro senza fine con gli universi che si succedono l'un l'altro in turbolente onde di vita. La vala personifica la registrazione del passato: la sua memoria, risalendo al "tempo passato," evoca nove primordiali alberi del mondo, dissolti da lungo tempo e che ora rivivono. La Völuspá è anche la risposta della sibilla a Odino nella sua ricerca della saggezza. L'archivio cosmico è consultato dal Padre di Tutto — l'intelligenza divina, cosciente, che periodicamente si manifesta come un universo, stimolato dall'impulso di fare esperienza. Egli è la radice di tutte le vite che lo compongono, immanente in ogni porzione dei suoi mondi, e tuttavia supremo. Quando la vala si rivolge a Odino come "o tu che sei consanguineo a tutti," questo non solo mostra l'intima relazione che lega tutti gli esseri, ma li identifica pure con il dio che ricerca. Il già citato desiderio di Odino di apprendere "l'origine, la vita, e la fine dei mondi" è un espediente per ottenere quest'informazione a nome di tutti i "figli maggiori e minori di Heimdal (1)[2] — tutte le forme di vita esistenti in questo sistema solare, il dominio di Heimdal — e, occasionalmente, del pubblico che ascolta.
A chi dipinge la divinità come una persona perfetta, onnisciente, onnipresente e immutabile, può sembrare strano trovare un dio che chiede informazioni su qualcosa, specialmente nei mondi inferiori alla sua sfera divina. Ma nei miti le divinità non sono statiche, congelate nella perfezione divina, esse crescono, imparano i vari livelli delle intelligenze. La Völuspá usa uno stratagemma poetico per suggerire che la coscienza penetra nei mondi della materia per imparare, crescere, ed evolvere una comprensione maggiore, ispirando, per associazione, la materia attraverso la quale opera.
La vala "ricorda i giganti nati in principio" — mondi ora morti, le cui coscienze energizzanti li hanno abbandonati da lungo tempo, dopo di che le materie prive di ispirazione tornarono all'entropia e al caos. La vala ricorda "nove alberi della vita prima che l'albero di questo mondo crescesse dal suolo" (2). Altrove si menziona Heimdal, che fu "generato da nove vergini"; e anche la veglia di Odino quando è appeso all'Albero della Vita e lasciato per "nove notti intere" (Havamal 137). Tutto questo concorre a suggerire che la nostra terra è la decima di una serie, e segue il gigante di brina Ymer, quando non c'erano "né sabbia né mare né onde" (3).
Ogni albero del mondo è una manifestazione delle coscienze divine che organizzano forme appropriate in cui vivere e ottenere "l'idromele" dell'esperienza. Quando al momento giusto si ritirano, tutto ciò che non può progredire o trarre profitto dall'associazione con gli dèi, per così dire, qualsiasi cosa sia assolutamente materiale, diventa il gigante di brina.
La saggia sibilla che ha domato i lupi, analogamente alla vala cosmica, sembra rappresentare la saggezza nascosta, la vista occulta. (È da considerare che il termine "occulto" significa qualcosa di nascosto o oscurato, proprio come una stella è occultata quando è nascosta alla nostra vista dalla luna o da qualsiasi altro corpo. Il semplice sillabario è occulto fino a quando è incompreso.) La vala, Heid, è quella conoscenza che esercita un fascino sull'egoista, quindi "è sempre ricercata dalle persone cattive," sebbene possa essere acquisita innocuamente da chi è saggio e "doma i lupi," che ha il controllo sulla natura umana e che, con l'auto-disciplina e il merito, ottiene l'accesso agli arcani della natura. La distinzione tra le due sibille è chiaramente fatta nel poema: "Lei molto vede; io vedo di più" (45). Una si riferisce agli interessi sulla terra, l'altra rappresenta una visione degli archivi cosmici.
Gli skald, i poeti, distinguevano tre diversi tipi di magia: la sejd o profezia è la facoltà di prevedere avvenimenti futuri come naturale conseguenza di quelli del passato. Nella maggior parte dei paesi c'erano, fino a qualche tempo fa, molte "donne sagge" che continuavano la pratica di quest'arte, di solito per argomenti banali. Queste chiromanti sono ancora reperibili; molte di loro speculano sulla credulità pubblica e profetizzano più o meno "fortune" spurie in cambio di soldi. Un secondo tipo di magia è il galder — una formula d'incantesimo che pretende di piegare il futuro ai desideri personali. Questi sortilegi, se in qualche misura hanno successo, sono spesso stregoneria, sia che vengano fatti in buona fede o ignoranza, oppure, più pericolosamente, con l'impatto della conoscenza e con la volontà e la determinazione sottostanti. Inevitabilmente le loro ripercussioni completano il circuito e influenzano negativamente chi le ha provocate come pure gli associati che potrebbero essere innocentemente e ignorantemente coinvolti.
Una terza forma di magia è "leggere le rune" — studiando attentamente il libro della natura dei simboli e acquisendo una saggezza progressiva. Questo è lo studio dello stesso Odino, quando è appeso all'Albero della Vita (Hivamál 137-38): "Cercavo gli abissi, ho trovato le rune della saggezza, le sollevai con il canto, e ancora una volta sono caduto da lì" — dall'albero.
La vala parla della fine dell'età d'oro dell'innocenza e della morte del dio sole Balder per mano di suo fratello Höder — ignoranza e tenebre — istigato da Loki, l'elfo maligno dell'intelligenza umana. Come in molti altri racconti della perdita dell'innocenza dei primi umani, colui che ci diede la conoscenza del bene e del male e il potere di scegliere, ha dovuto sopportare il biasimo per tutti i mali che sono scaturiti nel mondo. Il biblico Lucifero, il portatore di luce, la "stella luminosa del mattino" è stato trasformato in un diavolo; il greco Prometeo che donò all'umanità il fuoco della mente fu incatenato a una roccia per tutta la durata del mondo e sarà liberato solo quando Ercole, l'anima umana, avrà ottenuto la perfezione alla fine delle sue fatiche. Ugualmente, Loki fu legato alle porte inferiori del mondo sotterraneo per essere tormentato fino alla chiusura del ciclo. In ogni caso, il sacrificio portò a noi umani la luce interiore necessaria a illuminare il nostro sentiero verso la divinità, che sarà ottenuta attraverso lo sforzo cosciente e la rigenerazione autocosciente nella riunione finale con la nostra sorgente divina.
La Völuspá dà una vivida descrizione del Ragnarök. Il termine è stato tradotto come "l'età del fuoco e del fumo," probabilmente perché in Svedese rök significa fumo, e gli studiosi di mitologia lo hanno considerato come una caratteristica del supposto temperamento triste dei norvegesi, che vedono tutto nero. Ma c'è un'interpretazione migliore del termine: ragna, plurale dell'Islandese regin (dio, governatore) + rök (base, causa, origine) è il tempo in cui, alla fine del mondo, gli dèi che governano ritornano alla loro radice, alla loro base. Gli orrori raffigurati che accompagnano la partenza degli dèi sono raccapriccianti, puntualizzati dagli ululati dei lupi di Hel; comunque, questa non è la fine. Dopo il rovesciamento dell'albero del mondo, il poema continua a descrivere la nascita di un nuovo mondo e termina con una nota di serena gioia all'alba di una nuova età dell'oro. Molti sono ignari di questa gioia e, avendo qualche familiarità con "l'Anello dei Nibelunghi" di Wagner ignorano tacitamente le implicazioni di una rinascita cosmica. Tuttavia, il modello si conforma molto più strettamente al tenore degli altri profondi sistemi di pensiero che danno l'idea di una fine definitiva. Questa irreversibile finalità non si trova nei miti; al contrario, sappiamo che il flusso incessante della natura nell'essere e infine nella sorgente sconosciuta, è inevitabilmente seguito da una nuova manifestazione — un modello che meglio riflette tutto ciò che conosciamo della natura, ed evoca una visione molto più ampia dell'impulso eterno della vita che batte attraverso l'infinitudine illimitata e la durata senza fine.
1. Chiedo ascolto a voi, sacre stirpi umane,[3]
Figli maggiori e minori di Heimdal!
Tu vuoi che io narri i vecchi racconti,
O Padre dei veggenti, i più antichi che conosco.
2. Ricordo i giganti nati nei primordi,
Che in quel tempo remoto mi allevarono;
Nove mondi ricordo, nove alberi della vita,
Prima che quest'albero del mondo crescesse dal suolo.
3. Questo fu il primo degli eoni, quando Ymer iniziò a costruire.
Non c'era sabbia né mare né onde;
Non esistevano né terra né cielo;
Solo l'abisso si spalancava: niente cresceva.
4. Finché un giorno i figli di Bur innalzarono le tavole,
Essi che avevano il potere di plasmare Midgárd.
Dal sud il sole risplendette sulle pietre della corte;
Allora germogliò l'erba verde nel fertile suolo.
5. Il sole si estese dal sud insieme con la luna,
nella cui mano destra c'era la porta del cielo.
Il sole non sapeva in quale dimora lei stesse;
Le stelle ancora non sapevano dove fossero le loro posizioni.
La luna era ignara del suo potere.
6. I potenti andarono ai loro troni di giudizio,
Tutti i santi dèi, per tenervi assemblea;
Diedero un nome alla notte e alle fasi della luna,
Separarono il mattino e il mezzogiorno,
Il crepuscolo e la sera, per contare gli anni.
7. Gli Aesir s'incontrarono sul tappeto erboso dell'Ida,
Innalzarono corti elevate e altari;
Trovarono fucine, fusero l'oro,
Forgiarono tenaglie e altri utensili.
8. Fecero gioiosamente una tavola d'oro nella corte;
Non avevano penuria d'oro;
Finché dalla casa dei giganti
Vennero tre smisurate figlie di giganti.
9. Allora i potenti andarono ai loro troni di giustizia,
Tutti i santi dèi, per tenervi assemblea:
Chi doveva creare un esercito di nani
Dal sangue di Brimer e dalle braccia e dalle gambe del morto?
10. C'era il succhiatore di Forza, maestro dei nani,
Come Durin sa;
Furono forgiati molti nani umanoidi dalla terra,
Come Durin disse.
11. Luna crescente e calante, Nord e Sud,
Oriente e Occidente, il Ladro, Coma,
Bifur, Bafur,[4]
Bömbur, Nöre.
12. Án, Ánar, Ai, il testimone dell'Idromele,
Il Sentiero, il Mago, l'Elfo del Vento, Thráin,
La Bramosia, il Desiderio, la Saggezza, il Colore,
Il Cadavere e il Nuovo Consiglio.
13. Il Taglio e il Cuneo, la Scoperta, Nale,
La Speranza e la Volontà, il Gallo, Sviur,
La Velocità, le Corna ramificate,
La Fama, e il Solitario.
14. È il momento di rivelare i nomi
Della stirpe di Dvalin, fino all'abile Lofar:
Quelli che hanno combattuto
dalla pietra di fondazione della sala
fino ai bastioni.
15. Il Chiarificatore, il Corridore, il Rasoio, il Canale,
Il Santuario della giovinezza e il Portatore dello scudo di rovere,
Il Fuggitivo, la Brina, e il Cercatore e l'Illusione.
16. Nel susseguirsi delle ere
Sarà ricordata a lungo
La lista degli antenati di Lofar.
17. Da una simile stirpe vennero
Tre Aesir, potenti, compassionevoli,
E dove si stabilirono
trovarono sulla terra il frassino e l'ontano,
indeboliti e senza destino.
18. Odino alitò in essi lo spirito,
Höner il discernimento,
Lodur diede loro il sangue
E la luce divina.
19. So che s'innalza un albero chiamato Yggdrasil;
Un albero alto quotidianamente lambito
Da bianche stalattiti di ghiaccio;
Di là viene la rugiada che cade nelle valli,
Esso s'innalza sempre verde sulla fonte di Urd.
20. Da lì vennero tre fanciulle molto sagge,
Da quella sala sotto l'albero;
Una si chiamava Origine, la seconda Divenire.
Queste due crearono la terza, chiamata Debito.
21. Stabilirono la legge,
Scelsero le vite per i figli delle ere,
E i destini degli uomini.
22. Lei ricorda il primo omicidio nel mondo,
Quando Gullveig[5] fu issata su una lancia;
Tre volte fu bruciata e tre volte rinacque,
Ripetutamente, e ancora lei vive.
23. Heid era il suo nome
E in qualsiasi casa andasse
Profetizzava il vero, era pratica d'incantesimi,
Ed era molto ricercata dalle persone cattive.
24. Allora i potenti andarono ai loro troni di giustizia,
Tutti i santi dèi, per tenervi assemblea;
Soltanto gli Aesir avrebbero pagato un tributo,
O tutti gli dèi avrebbero ricevuto un risarcimento?
25. Odino scagliò la sua lancia contro quella moltitudine.
Questa fu la prima guerra nel mondo.
I bastioni furono presi nella roccaforte degli Aesir;
Vittoriosi, i Vaner s'incamminarono nel campo.
26. I potenti andarono ai loro troni di giustizia,
Tutti i santi dèi, per tenervi assemblea:
Chi aveva mescolato l'aria con il male?
Chi aveva dato la sposa di Od alla razza dei giganti?
27. Thor colpì con furore possente;
Incollerito da quanto aveva appreso;
I giuramenti, parole e promesse, erano stati infranti.
I poderosi patti erano stati violati.
28. Lei sa dov'è nascosto il corno di Heimdal
Sotto il sacro albero inondato dal sole;
E vede un ruscello mescolato al torrente di ghiaccio
Scrosciare dal pegno del Padre di Tutto.
Volete saperne ancora?[6]
29. Lei sedeva fuori da sola quando venne il Vecchio;
il terribile Áse la guardò negli occhi: "Cosa vuoi da me? Perché mi tenti?
Io so tutto, Odino, so anche dove hai nascosto il tuo occhio.
30. "Nella temibile fonte di Mimer.
Mimer tracanna ogni mattino l'idromele
Per il pegno del Padre di Tutto."
Volete saperne ancora?
31. Il Padre degli Eserciti le donò anelli
E gemme per ottenere da lei
Saggezza e amore.
E lei scrutò ogni parte dei mondi.
32. Lei vide le Valchirie pronte a cavalcare: Debito calibrò la corazza.
Così fecero anche Guerra, Battaglia, e Ferita dalla Lancia.
Così sono chiamate le fanciulle dell'Eroe,
Le Valchirie montarono a cavallo per viaggiare sulla terra.
33. Io vidi il fato a cui era predestinato Balder,
Il dio gentile, figlio di Odino.
Alto sul campo cresceva,
Esile e bello, un ramo di vischio.
34. Il ramoscello che io vidi sarebbe diventato
Una minacciosa lancia di sofferenza scagliata da Höder.
Fratello di Balder, nato precocemente,
Ma pur avendo una sola notte d'età,
il figlio di Odino guidò la battaglia.
35. Non si lavò le mani né si pettinò la chioma
Finché non trafisse il nemico di Balder sulla pira funebre.
Frigga pianse nel suo palazzo d'acqua il dolore del Valhalla.
E tu, ne sai forse di più?
36. Ella vide un uomo legato sotto la corte
Dove è tenuto il calderone.
Lo sfortunato somiglia a Loki.
L'infelice Sigyn rimane accanto al suo sposo.
E tu, ne sai forse di più?
37. Un torrente di spade e pugnali
Scorre da Oriente
Attraverso valli di veleno.
Il suo nome è Scabbard.
38. Sui bassi prati settentrionali sorgeva una sala d'oro
Che apparteneva alla stirpe di Sindre.
Un'altra sala si trovava sull'Oceano non ghiacciato,
La sala da birra del gigante Brimer.
39. Una sala lei vede che è lontana dal sole
Sulle rive della morte, con la sua porta rivolta a nord.
Gocce di veleno cadono attraverso il tetto
Perché quella sala è intrecciata di serpenti.
40. Lì vide guadare contro la corrente
Spergiuri, assassini, adulteri,
Lì Nidhög[7] succhia i cadaveri,
I lupi sbranano gli uomini.
E tu, ne sai forse di più?
41. A Oriente, nella foresta di Ferro,
Sedeva la Vecchia allevando la progenie di Fenrer.
Fra tutti quei lupi, uno di loro, sotto forma di un troll,
Verrà a distruggere la luna.
42. Si nutre della vita di coloro che muoiono,
E insozza le dimore divine di sangue scarlatto.
Il sole diverrà scuro nelle estati che verranno,
Tutti i venti saranno ripugnanti.
E tu, ne sai forse di più?
43. Lì nel campo, suonando l'arpa,
Siede il lieto Egter, che sorveglia le vergini armate;
Lì canta per lui nel mondo umano
Fjalar, il fiero gallo rosso di primavera.
44. Canta per gli Aesir il gallo dalla cresta d'oro
Che risveglia i guerrieri nella sala del Padre degli eserciti;
Ma un altro gallo rosso fuliggine
Canta sotto terra nelle sale di Hel.
45. L'infernale mastino Garm Ulula nella cavità del Gnipa di Hel.
I lacci si spezzano e Freke, il lupo, corre libero.
Lei vede molto, io vedo di più: al Ragnarök, la battaglia finale,
gli dèi della Vittoria combatteranno strenuamente contro la morte.
46. I fratelli lotteranno e si uccideranno l'un l'altro.
I legami di parentela saranno dimenticati.
Crudele è il mondo. Prevarrà la fornicazione,
Che attirerà all'adulterio le spose degli altri.
47. Tempo di asce e di spade, gli scudi saranno frantumati;
Tempo di vento, tempo di lupi,
Prima che il mondo svanisca.
Un rumore assordante invaderà i campi,
i troll spiccheranno il volo;
Nessun uomo risparmierà l'altro.
48. I figli di Mimer si agitano.
L'albero del mondo sta morendo, avvampa
Al suono stridulo della tromba del destino.
Loud soffia Heimdal, il corno tenuto alto.
Odino dialoga con la testa di Mimer.
49. Con un ruggito nell'antico albero
Il gigante è sciolto.
Il frassino, Yggdrasil, vacilla
Fin dalle radici.
50. Garm latra nella cavità del Gnipa di Hel.
I lacci si spezzano, e Freke corre libero.
51. Il gigante Rymer si dirige verso occidente,
L'albero si è ribaltato;
Con furia titanica Jörmungandr[8] s'attorciglia,
Flagellando le onde con la schiuma.
52. A voce alta l'aquila strilla;
Bleknäbb[9] dilania i cadaveri.
Nagelfar[10] salpa.
53. Una nave arriva da oriente. Dalle onde
Viene il popolo di Muspell con Loki al timone.
I mostri avanzano con Freke.
Questo è il corteo del fratello di Blyeist.[11]
54. Cosa fanno gli dèi? Cosa fanno gli elfi?
Il mondo dei giganti è in trambusto;
gli Aesir tengono assemblea.
I nani si lamentano davanti ai loro portali di pietra,
Padroni delle montagne.
E tu, ne sai forse di più?
55. Il fuoco divampa da sud con fiamme balenanti.
Il sole si riverbera sulle spade degli dèi assediati.
Le montagne ardono spaccandosi.
Le streghe si allontanano in fretta.
Gli uomini s'incamminano sulla strada di Hel;
I cieli si squarciano.
56. Allora nella vita di Lin[12] sopraggiunge un secondo dolore
Quando Odino va a combattere con il lupo.
Il flagello di Bele[13] lampeggia contro il Fuoco:
Cade così l'eroe di Frigga.
57. Vidar il possente, figlio del padre della vittoria,
Viene a combattere contro la belva della morte.
Il Figlio della Perfezione immerge
La spada dalla sua bocca al cuore. Il padre è vendicato.
58. Si avvicina il luminoso discendente della Terra:
Il figlio di Odino affronta il lupo.
Furioso d'ira uccide il dolore del Midgárd.
Allora tutti gli uomini ritornano verso casa.
59. A soli nove passi dal mostro
Crolla il figlio della Terra.
Il sole si offusca; la terra è sommersa dalle acque;
Le stelle scintillanti cadono dal firmamento.
Il fuoco avvolge il sostenitore della Vita;[14]
Il calore sale alto verso i cieli.
60. Garm ulula nella cavità del Gnipa di Hel.
I lacci si allentano e Freke corre libero.
. . . . .
61. Lei vede emergere dal mare un'altra terra,
Che ancora una volta ritorna lussureggiante di verde.
Scrosciano i torrenti, l'aquila vola
Dalle montagne a caccia di pesci.
62. Gli Aesir s'incontrano sul tappeto erboso dell'Ida
Per giudicare il potente fecondatore del Suolo;[15]
Per rievocare le precedenti imprese
E le rune di Fimbultyr.[16]
63. Vengono ritrovate nell'erba
Le portentose tavole d'oro
Che nei tempi passati
Erano proprietà delle razze.
64. Le messi cresceranno Sui terreni non seminati
Tutti i torti saranno riparati, e Balder tornerà.
Con lui Höder ripristinerà
Sul sacro suolo di Ropt
Gli dèi gentili dell'Eletto.
E tu, ne sai forse di più?
65. Allora Höner può liberamente seguire il suo destino,
Scuotere la verga divina,
Leggere gli auspici;
E i due fratelli costruiranno la loro dimora
Nella selvaggia Casa del Vento.
E tu, ne sai forse di più?
66. Lei vede una sala più luminosa del sole,
Dorata, che splende su Gimle.[17]
Lì abiteranno serenamente i virtuosi eserciti
E la Gioia, per lunghe ere.
67. Allora dal basso delle montagne della notte
Viene in volo il possente drago delle tenebre,
E si libra sui campi sotto forma di una piuma.
NOTE DELL'AUTRICE
Il titolo di questo racconto, Gylfaginning, di solito è tradotto come "L'Inganno di Gylfe" perché il verbo ginna in Islandese significa beffare o ingannare. Comunque, questo può essere un altro esempio di travisamento semantico, come quello che raffigura i nani come un popolo piccolo di statura invece che come anime non evolute. In Islandese, il sostantivo ginn ha veramente un significato molto elevato. È un termine che designa l'inesprimibile principio divino, o essenza, che è oltre gli Aesir, oltre i Vaner, oltre ogni possibile manifestazione, per quanto eccelsa possa essere. Corrisponde molto da vicino al Sanscrito tat, che significa semplicemente "quello" — un'astrazione troppo sacra per essere sminuita nominandola. È l'uno — l'Onnipotente — il vuoto auto-esistente che è pienezza completa, non percepibile dalla mente finita, ed è il concetto espresso dal termine Ginnungagap — "gli abissi di ginn."
Allora la storia diventa di per sé consistente e può essere interpretata. L'Ásgárd del racconto è stato evidentemente raffigurato come una località terrestre che ospita esseri progrediti, anche se umani, e tuttavia appare distante ed è situato in una sala così alta che si può a malapena vedere il tetto. Possiamo supporre che il giocoliere all'entrata della sala rappresenti una fase di competenza nella magia — un elemento che non manca mai di fare impressione ma al quale qui è data poca importanza: il giocoliere esibisce le sue meraviglie fuori dai recinti. Egli mostra al re che fa visita al santuario il luogo dove si trovano i troni dei tre ierofanti. I loro nomi, o la mancanza di nomi, pongono in se stessi un interessante enigma, suggerendo che, mentre vi sono differenze nella loro posizione, non c'è differenza nel rango.
Non appena il neofito è entrato, la porta si chiude dietro di lui — un dettaglio rivelatore e fedele alla realtà. A quel punto, egli è trattato a lungo nel poema Hávamál che, come vedremo, è diretto a tre fasi di crescita spirituale.
Avendo ottenuto dalla triade dei re divini tutta la saggezza possibile, il Re Gylfe "ritornò al suo paese e narrò le cose che aveva udite e viste," adempiendo così al destino di un vero insegnante-studente.
Re Gylfe era un uomo saggio ed esperto. Si meravigliava che il popolo degli Ása avesse una conoscenza tale, per cui tutto avveniva secondo i loro desideri. Riteneva che ciò accadesse sia per la loro natura o fosse opera degli dèi ai quali sacrificavano. Decise di andare a fondo e si preparò ad andare ad Ásgárd in tutta segretezza, travestito da vecchio. Ma il popolo degli Ása era saggio. Intuirono il suo viaggio prima che egli venisse e fecero in modo che Gylfe fosse circondato da illusioni. Quando arrivò a corte, vide una sala così alta che poteva a stento scorgerne il tetto. Il tetto era coperto da scudi d'oro, come altri tetti potrebbero essere coperti da ghiaia.
All'entrata della sala vide immediatamente un uomo che giocava con sette piccole spade contemporaneamente. A Gylfe fu chiesto il suo nome ed egli rispose di chiamarsi Gángläre (apprendista errante), e di essere venuto per via acqua (per mare) e che cercava alloggio lì. Allora chiese di chi fosse la sala. Il giocoliere rispose che apparteneva al re, "e ti condurrò da lui," disse, "così tu stesso potrai chiedergli il suo nome."
L'uomo s'incamminò nella sala, e Gylfe lo seguì. Subito la porta si chiuse dietro di lui. Vide molte stanze e molte persone, alcune che giocavano, altre che bevevano, altre che duellavano. Vide tre alte sedie, una sull'altra, con tre personaggi seduti, ognuno su una sedia. Chiese che nomi avessero questi condottieri e il suo accompagnatore replicò: colui che sedeva sulla sedia inferiore era un re chiamato l'Eccelso, quello sopra di lui si chiamava As l'Alto, e quello più elevato era chiamato Terzo.
L'Eccelso chiese allo straniero quale fosse lo scopo del suo viaggio, e misero a sua disposizione, come pure per tutti quelli che erano nella sala dell'Eccelso, cibo e bevande.
Gylfe disse che prima voleva sapere se si poteva trovare qualche uomo saggio. L'Eccelso rispose che non avrebbe lasciato quel luogo se non avesse dimostrato di essere lui stesso il saggio, e cominciò a interrogarlo:
Fatti avanti per domandare.
Quello seduto ti risponderà.
[Qui segue il poema Hávamál, in cui al postulante è insegnata l'antica saggezza. La conclusione del Gylfaginning si trova nell' Hávamál. Vedi il prossimo capitolo.]
NOTE DELL'AUTRICE
Il Canto dell'Eccelso è alquanto enigmatico. Ha tre stili completamente distinti e molto diversi, ciascuno con un suo carattere internamente consistente. Gli studiosi sono rimasti comprensibilmente perplessi dall'incongrua sovrapposizione delle parti di questo lungo poema.
La prima porzione, la più lunga, appare come un libro di galateo elementare, una sorta di rustica Emily Post.[19] Impone regole precise per i rapporti e il mantenimento dell'amicizia; spiega i doveri di un anfitrione e di un ospite nei banchetti festivi; delinea alcuni semplici rimedi casalinghi con gli alimenti comuni, prescrive appropriate regole del bere per mantenere un aspetto sano e modico (ed evitare una sbronza) e dà altri consigli di ordine mondano e di saggezza pratica formulati per adattare una popolazione semibarbarica che deve imparare a vivere in comune.
La seconda divisione, formalmente introdotta nel verso 111, è diretta al nano Loddfáfner. Qui l'accento è posto sull'azione onorevole e giusta, sulla considerazione per gli altri e su un comportamento corretto. Loddfáfner è chiaramente un passo avanti rispetto alla popolazione che ha bisogno di direttive per preservare le comodità più piacevoli, ma egli è ancora un nano perché come anima ancora non ha sviluppato la sua umanità in qualche misura considerevole. Questa sezione si applica a ciascuno di noi e Loddfáfner, a questo stadio, può essere considerato alla stregua di qualsiasi uomo. Gradualmente, seguendo i precetti del dio, la natura del nano può sbocciare in un'umanità completa. Come un'anima che si è risvegliata a un certo livello e si sforza di perfezionare la sua condizione, Loddfáfner alla fine è definito un allievo o discepolo, nella terza sezione finale che è di un tenore del tutto diverso. Il suo simbolismo sfugge a ogni analisi mentre orienta l'occhio interiore a visioni di inesprimibile grandiosità. I brevi, laconici versi accennano a concetti così luminosi e a intuizioni così ampie, che possono giustamente essere il soggetto su cui l'eletto medita nella ricerca della saggezza divina.
È evidente che il Canto dell'Eccelso si rivolge a tre tipi di pubblico molto diversi: la prima parte è per un pubblico di persone grossolane che ascoltano solo i consigli più semplici da applicare alle loro azioni quotidiane; la seconda verte sull'etica comune a qualsiasi scuola esoterica o chiesa, pratiche collettive per vivere decentemente. La terza è un'invocazione mistica dell'anima vincente in un discepolo che ha dedicato la sua vita a servire il proposito divino; è diretta a tutti quegli individui che sono capaci di emulare l'impegno di dio e che prestano la loro forza e determinazione al lavoro divino di "innalzare le rune" (138) fatto da Odino, il dio interiore di tutti.
Le stesse tre divisioni naturali possono essere rintracciate in qualsiasi sistema di pensiero o di religione. C'è sempre un gran numero di individui che sono poco ispirati, contenti di sfruttare al meglio le loro condizioni e godersi la vita. In genere, questi individui aderiscono alle norme convenzionali, che richiedono e presentano un'apparente rispettabilità. Vi è un secondo gruppo abbastanza numeroso che prova piacere a speculare sulle cause invisibili dei fenomeni osservati e che possono sguazzare in una varietà di pratiche superstiziose. Tra di loro vi sono molti che anelano a una coscienza più grande e riconoscono che l'universo poggia su misteri ancora da scoprire, ma spesso sono privi dell'intuizione e della perseveranza che è invece ottenuta dall'autodisciplina.
Il terzo gruppo ha un richiamo poco popolare. È composto da quelli che sono penetrati nel santuario della loro anima e hanno verificato direttamente alcune porzioni della verità. Questi sono gli eletti, i pochi che lavorano per la natura spirituale, indifferenti alle lodi o al disprezzo, e senza mirare ai loro scopi, sapendo che questi sono legati al destino più vasto e universale. Non assecondano mai il soddisfacimento personale sebbene, paradossalmente, il loro altruismo formi la spina dorsale e la resistenza dell'impulso evolutivo umano per tutta l'umanità, il cui avanzamento deve portare al più grande soddisfacimento di tutti.
Per gli insegnanti della saggezza è sempre stato necessario fare una distinzione tra i loro discepoli: quelli che sono irrevocabilmente dediti al nobile lavoro degli dèi ricevono una maggiore quota di conoscenza e, con essa, una responsabilità notevolmente più onerosa. Gesù disse ai suoi discepoli: "A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio: ma a quelli che sono fuori, tutte queste cose sono date in parabole." (Marco, 4: 11). Anche Gautama il Buddha aveva una scuola esoterica dove agli Arhat meritevoli erano impartiti le istruzioni e l'allenamento; così fece Pitagora e numerose altre guide e precettori spirituali attraverso le ere.
Il Canto dell'Eccelso mostra platee diverse alle quali è diretto sia nel modo di rivolgersi e, anche di più, nella sua tematica. La parte che l'insegnante sta divulgando a un pubblico in generale termina con una parabola che ci racconta la prima ricerca della saggezza da parte di Odino. I versi 104-110 narrano in un linguaggio alquanto oscuro come, con l'aiuto dello scoiattolo Rate (che può significare anche un trapano), Odino fece un buco nella montagna del gigante e vi entrò camuffato da serpente. Persuase la figlia del gigante a dargli un sorso d'acqua dalla fonte della saggezza custodita dal gigante. Attraverso la storia vi sono numerosi simboli ingarbugliati, ciascuno con parecchi significati — un esempio tipico del metodo usato nei miti per raccontare le verità. Rate, il trapano o il roditore, come lo scoiattolo nell'Albero della Vita, rappresenta la coscienza che dà accesso alle profondità del mondo della materia dove Odino apprende la saggezza, come pure ai vertici della sua corona. Gunnlöd, la figlia del gigante — incapace di ascendere alle vette della divinità, fu abbandonata in lacrime, anche se il "prezioso idromele di Odraerir" — vaso d'ispirazione — fu trasportato verso l'alto ad un passo dalla scala dell'esistenza, elevato "all'antico santuario" della nostra terra. I giganti di brina domandarono se il dio era emerso vittorioso o era stato sconfitto dal gigante Suttung (il precedente incorporamento della terra): Odino fu in grado di assicurare che egli, in verità, era ritornato incolume al regno degli dèi.
Gunnlöd, "la buona donna," personifica un'epoca in cui, tra l'enorme materialismo di suo padre — il ciclo maggiore — almeno una sua parte accolse la divinità e fu in grado di fornire un sorso di saggezza. È suggestivo anche che "Odraerir ora è venuto qui al santuario della terra" alla luce dell'insegnamento teosofico che il nostro pianeta (che fornisce il sacro idromele) è progredito in una fase verso l'alto fin dal precedente incorporamento su un livello inferiore, più materiale, e che quello che prima era il modello astrale della luna è ora il nostro attuale satellite solido e fisico. Ciò implica naturalmente che l'umanità ha fatto progressi verso l'alto ad ogni fase. "L'antico santuario" si riferisce a una fase ancora precedente, "sull'arco discendente" verso la materia.
Tra gli istruttori divini dell'umanità molti sono quelli che hanno lasciato un segno del loro passaggio; sembrerebbe che Odino sia stato uno di questi, perché nella Dottrina Segreta, H. P. Blavatsky afferma che
Non è molto lontano il tempo in cui buona parte, se non tutta, di quello che è fornito ora dagli archivi arcaici, sarà trovata corretta. Allora il moderno simbolista acquisirà la certezza che anche Odino . . . è uno di questi trentacinque Buddha; uno dei più antichi, in verità, perché il continente al quale appartenevano lui e la sua razza, è anche uno dei primi. — II, 423.
Se la parte finale dell'Hávamál è stata conservata fin da un'antichità remota o se fu rielaborata e divulgata nell'attuale forma da insegnanti posteriori è impossibile da stabilire. Possiamo riconoscere in questi versi la vera essenza della cosmogonia esoterica e sentire un profondo rispetto e gratitudine quando contempliamo il sacrificio divino dello spirito cosmico insito nell'Albero della Vita. Questo incorporamento divino avviene attraverso l'esistenza di qualsiasi mondo, perché l'energia cosmica stimola il mondo futuro, e la coscienza energizzante assorbe il suo nutrimento dalla fonte della saggezza custodita dal gigante Mimer, la materia dalla quale sono formati i mondi.
I versi 137-42 danno un'esposizione notevolmente concisa delle dottrine fondamentali dell'antica saggezza, e spiegano la periodicità della vita manifestata e l'azione karmica che ad ogni livello d'esistenza guida ciascun evento, mondo, e azione, verso quelli successivi. Il diciassettesimo galder (sortilegio) racconta anche che queste istruzioni sono impartite sotto il sigillo della segretezza, mentre il verso finale mostra chiaramente perché dev'essere così: non è possibile afferrare il significato degli insegnamenti se la natura non è sufficientemente matura per comprendere. Essi sono "utili ai figli degli uomini, ma inutili ai figli dei giganti" (163): solo l'intelligenza spirituale è capace di ricevere il messaggio interiore; non lo è la natura del gigante, temporanea, non ispirata, perché è priva dell'intuito del discernimento. Per questa ragione ben poco si sa delle scuole Misteriche del mondo antico — o, per quel che importa, di quelle moderne — oltre il semplice fatto della loro esistenza da tempi molto remoti. La conoscenza che esse impartivano non poteva essere divulgata a persone non qualificate, non per un'effettiva proibizione ma, più realisticamente, per la necessità di una facoltà sviluppata della comprensione; questa comprensione (la parola letteralmente significa abbracciare) nella propria sfera di simpatia e amore dev'essere naturalmente attiva prima di poter ricevere gli insegnamenti più profondi. Ne segue che svelare i Misteri a qualche livello significativo sarebbe impossibile come spiegare la matematica avanzata a uno scarafaggio. Tuttavia, una violazione della fede è un grave difetto in colui che commette l'infrazione e aggiunge un karma avverso alla razza. Ancora, tutto quanto può essere compreso è "riportato" dal saggio illuminato e condiviso con quelli che sono capaci di trarre vantaggio da ciò che egli deve dare. Re Gylfe sotto l'aspetto di Gángläre, aderì a questo compito, raccontando le cose che aveva appreso, che successivamente erano passate dall'uno all'altro (la conclusione di Gylfaginning, dopo l'ultimo verso 163).
Noterete che, come gli altri poemi mistici, l'Hávamál assume in parte la forma di un lungo canto, che ricorda il Rubayat, il Canto di Salomone, forse perché questa forma è l'espressione più vicina che l'uomo possa elaborare per l'estasi intensa dell'unione con il sé divino, il dio interiore, perché nell'esistenza materiale non c'è niente di paragonabile. La piena e intima espansione della coscienza umana appartiene naturalmente solo a quelli la cui intera natura è assoggettata al dio interiore, e lo riflette, cioè ai falchi dell'Uno di Odino, così chiamati perché hanno il controllo totale dell' "uno," il proprio ego personale.
1. Controllate ogni entrata prima di passare;
Non sappiamo dove possano annidarsi i nemici.
2. Salute, o generosi! È arrivato un ospite. Mostrategli una sedia.
Ha premura chi deve ritemprarsi vicino al fuoco.
3. Ci vuole calore per uno che viene dal freddo;
Ha bisogno di cibo e bevande l'uomo che viene dalle montagne.
4. Ha bisogno d'acqua chi è ospite, di un tovagliolo e di saluti.
Ci vuole una buona accoglienza
Per chi cerca conversazione e parole amichevoli.
5. Ha bisogno di buonumore chi viaggia in terre lontane.
A casa tutto è facile.
Non vantatevi delle vostre azioni tra coloro che sono saggi.
6. Abbiate cura di non ostentare il vostro intelletto;
L'uomo saggio sta in silenzio
Per quel che riguarda gli altri,
Così non provoca collera.
Nessun uomo ha un Amico migliore del buonsenso.
7. L'ospite prudente che si trova a banchettare
è silenzioso quando si parla sottovoce;
Aguzza le orecchie, osserva con gli occhi;
Così l'uomo saggio si scruta attorno.
8. Felice l'uomo che ottiene lodi e stima;
Ma incerto è quello che un altro pensa nel suo cuore.
9. Felice è colui che possiede in sé il buonsenso e la saggezza di vita;
I consigli di un altro sono spesso cattivi consigli.
10. Il miglior bagaglio che un uomo possa portare
È l'accortezza e le buone maniere,
Sono più utili dell'oro
E sono un forte supporto in caso di bisogno.
11. Il miglior bagaglio che un uomo possa portare
È l'accortezza e le buona maniere;
Mentre non c'è peggiore provvista di un eccesso di birra.
12. La birra non è così buona, come dicono, per la razza umana;
Più un uomo beve, meno sa come controllare la sua ragione.
13. Chi riempie la sua coppa è in uno stato di delirante alterazione.
Ha i sensi rapiti.
Dalle piume di quell'uccello io fui incatenato alla corte di Gunnlöd.
14. Ebbro diventai, ebbro e privo di sensi, nella sala del pacifico Fjalar.
Meglio è quel festino a base di birra
Quando l'uomo se ne va conservando sensi e ragione.
15. Gradevole e allegro sarà un figlio dell'uomo,
E valoroso in battaglia;
Di buon carattere e amichevole
Sarà un uomo quando su di lui incombe la sventura.
16. Un codardo pensa di poter vivere per sempre se evita le battaglie;
Ma la vecchiaia non lo risparmierà,
Anche se lui si è salvato dalle lance.
17. Lo sciocco siede a un banchetto, stralunato e borbottando tra sé e sé;
Ma se beve qualcosa rivela tutto il suo carattere.
18. Uno che ha ben viaggiato
Esprime con dovizia ogni suo pensiero.
19. Non prendere il boccale di birra più grosso,[20]
Bevi con moderazione,
Parla sensatamente o taci;
Nessuno ti riterrà incivile se ti ritiri presto a dormire.
20. Un uomo ingordo senza buone maniere si ammalerà;
Lo stomaco di un cafone diventa bersaglio di scherzi
Da parte di buontemponi.
21. Le greggi sanno quando devono abbandonare i pascoli e tornare a casa;
Ma un insensato non conosce la capienza del suo stomaco.
22. Lo sciagurato di carattere meschino deride ogni cosa:
Ignora, come dovrebbe, che egli stesso non è privo di difetti.
23. Lo stolto sta sveglio tutte le notti preoccupandosi di tante cose;
Così quando viene il mattino egli è sfinito,
E i problemi restano uguali a prima.
24. Lo stolto crede che tutti quelli che gli sorridono siano suoi amici;
E non sa quel che dicono di lui.
25. Lo stolto crede che tutti quelli che gli sorridono siano suoi amici;
Ma lo scopre solo in assemblea, quando pochi parlano a suo favore.
26. Lo stolto pensa di essere molto saggio in un angolo appartato;
Però non sa cosa rispondere quando è interrogato da uomini validi.
27. Lo stolto, quand'è tra gli anziani, dovrebbe tacere;
Però nessuno sa quanto sia in grado di comprendere
Se mantiene il suo silenzio.
28. Sembra saggio chi fa domande e risposte;
Ma nessun errore può essere nascosto sulla terra.
29. Chi parla molto parla a vanvera;
Una lingua senza freni annuncia la propria rovina.
30. Non prenderti gioco di un altro che viene nella tua famiglia;
Molti si credono saggi sulla propria montagna.
31. Si ritiene intelligente quando evita gli scherzi
Che un ospite fa ad un altro;
Chi prende in giro durante una tavolata
Non vede la collera che suscita.
32. Spesso gli amici litigano e s'adirano al banchetto;
Questo può far nascere delle risse tra ospite e ospite.
33. Uno dovrebbe già aver mangiato al momento giusto
E non andarsene da ospite affamato;
Oppure dovrebbe sedere abbuffandosi, evitando di fare domande.
34. Una strada assai tortuosa porta a un amico sleale,
Anche se abita lungo la via.
Ma per un buon amico, per quanto lontano, vi sono molte scorciatoie.
35. Un ospite deve andarsene per tempo e non stare troppo a lungo;
Chi è gradito diventa noioso se indugia troppo a lungo al banchetto di un altro.
36. Meglio la tua piccola casa dove ciascuno è padrone di se stesso;
Due capre e un tetto di paglia sono meglio che elemosinare fuori.
37. Meglio la tua piccola casa dove ciascuno è padrone di sé;
Sanguina il cuore di chi deve elemosinare il cibo ad ogni momento.
38. L'uomo non dovrebbe mai lasciare di un passo
Le armi in un campo incustodito;
Perché non si sa se prima o poi egli avrà bisogno della propria lancia.
39. Non ho mai visto qualcuno così generoso
Da rifiutare ciò che gli veniva offerto;
Né qualcuno così munifico
Da rifiutare una ricompensa, sia pure guadagnata.
40. Chi ha soldi non soffre il bisogno;
Ma risparmiare è una virtù che può far cadere in errore.
41. Con le armi e i vestiti gli amici si compiacciono reciprocamente;
Doni da entrambe le parti aiutano a far durare un'amicizia.
42. Con chi ti è amico sii amico, e ricambia i suoi doni;
Gli scherzi devono essere ricambiati con scherzi,
L'ipocrisia con l'ipocrisia.
43. Con chi ti è amico sii amico, e ricambia i suoi doni;
Ma nessun uomo deve stringere amicizia con l'amico del suo nemico.
44. Se sai che ti è amico, credi in lui e desidera la sua amicizia,
Condividi i suoi gusti, e ricambia i doni; devi andare spesso a cercarlo.
45. -Se conosci chi pensa male ma tu vuoi la sua amicizia,
Parlagli lealmente anche se sai che è falso; ripaga le sue bugie con astuzia.
46. Questo vale anche per uno che tu non stimi, la cui mente è dubbiosa;
Quando lo incontri sorridigli, scegli con cura le tue parole;
Ricambiagli sempre i doni.
47. Quand'ero giovane viaggiavo da solo e mi smarrivo per le strade;
Mi ritenevo ricco se incontravo un uomo,
Perché un uomo è una buona compagnia.
48. Gli uomini nobili e coraggiosi vivono meglio;
Raramente sono prede del dolore.
Un uomo sciocco ha paura di molte cose e lesina i doni.
49. Diedi i miei vestiti a due uomini impacciati in un campo;
Si sentirono in forma smagliante vestiti di stracci;
Nudo, un uomo si vergogna.
50. L'abete deperisce su una collinetta arida
Senza la protezione della corteccia e delle foglie;
Così è l'uomo che nessuno ama;
Perché dovrebbe vivere a lungo?
51. L'affetto di un uomo pacifico verso l'amico sleale
Può durare più ardente del fuoco per cinque giorni;
Ma al sesto la sua amicizia si spegne.
52. A un uomo non è necessario dare troppe cose,
Spesso si ottiene la lode con poco;
Con un mezzo pane, con un boccale inclinato,
Ho trovato un compagno fedele.
53. Piccoli mucchi di sabbia e piccoli corsi d'acqua,
Piccole sono le menti degli uomini;
Non tutti sono ugualmente forti nella saggezza;
Ogni età è di due tipi.
54. Ciascuno dovrebbe essere moderatamente saggio — non altrimenti;
La vita sorride più bella a chi sa quel che sa.
55. Ciascuno dovrebbe essere moderatamente saggio — non altrimenti;
Perché il cuore dell'uomo saggio non è felice
Se quest'uomo pensa di essere un sapiente.
56. Ciascuno dovrebbe essere moderatamente saggio — non altrimenti;
Nessuno conosce in anticipo il suo futuro;
Così l'anima è priva di preoccupazioni.
57. L'incendio divampa dal fuoco finché si spegne,
E la fiamma s'accende dalla fiamma;
L'uomo conosce l'uomo dal suo linguaggio, il muto dal suo silenzio.
58. Si alza di buon'ora chi cerca da vivere o le ricchezze di un altro;
Il lupo che dorme raramente trova un osso,
O un uomo che dorme trova la vittoria.
59. Si alza di buon'ora chi ha pochi braccianti e va egli stesso a lavorare;
Molte cose spreca chi dorme fino a tardi; chi è solerte è mezzo ricco.
60. Un uomo sa la misura delle fascine e della corteccia
Necessarie a riempire un tetto;
E quanta legna da fuoco sia sufficiente per una o mezza stagione.
61. Pulito e nutrito, anche se poveramente vestito,
Egli andrà a cavallo alla Ting;[21]
Nessuno deve vergognarsi dei rattoppi sulle scarpe
Né della cavalcatura povera.
62. Domande e risposte vanno fatte con accortezza
Da chi vorrebbe essere chiamato saggio:
Entra in confidenza solo con uno; ciò che sanno in tre lo sa anche il mondo.
63. L'aquila dalla coda bianca ghermisce e si abbassa sull'antico mare;
Così fa l'uomo che si trova tra la folla dove pochi parlano a suo favore.
64. Un uomo saggio esercita prudentemente il suo diritto e la sua autorità;
Nell'affluire dei guerrieri egli non troverà nessuno che sia il più valoroso.
65. Per ogni parola che dice
Un uomo ripagherà in gentilezza.
66. In molti posti sono venuto troppo presto, in altri troppo tardi;
La birra era stata bevuta, a volte non ancora fermentata;
L'ospite sgradito viene al momento sbagliato.
67. Avrei voluto essere invitato ad alcuni banchetti
Pur non avendo bisogno di mangiare
Se due prosciutti fossero rimasti appesi
Dopo che ne avevo appena mangiato uno.
68. Per i figli degli uomini il fuoco è ottimo come il sole splendente,
Se l'uomo può avere il dono della salute e vivere senza vizi.
69. Nessun uomo è completamente infelice anche se ha poca salute.
Uno è benedetto con i figli, un altro con gli amici,
Un terzo con i granai pieni, Un quarto con le buone azioni.
70. Meglio vivere, e vivere felicemente;
Un uomo buono può ottenere una vacca;
Ho visto il fuoco spegnersi nella casa di un uomo ricco;
La morte stava fuori la sua porta.
71. Uno zoppo può montare a cavallo;
Un monco può guidare il gregge,
Un sordo può essere un valido guerriero;
Essere cieco è meglio che essere arso sulla pira;
Nessuno ha bisogno di un cadavere.
72. Un figlio è meglio anche nato postumo, dopo che il padre è morto;
Perché le lapidi sono innalzate solo dai congiunti.
73. Due sono più temibili di uno;
Ma la lingua è il veleno della mente;
Sotto ogni mantello mi aspetto un pugno.
74. Di notte puoi contare sul tuo foraggio
Ma corti sono i pennoni della nave,
E instabili sono le notti autunnali.
Il tempo cambia nel corso di cinque giorni,
Molto di più in un mese.
75. Non sa, chi poco sa, che molti sono considerati sciocchi dagli altri;
Uno può essere ricco, un altro povero.
Non c'è vergogna per questo.
76. Le mandrie muoiono; muoiono i parenti; anche tu dovrai morire;
Ma la fama onorevole non muore mai per chi si è fatta una buona nomea.
77. Le mandrie muoiono; muoiono i parenti; anche tu dovrai morire;
So che una sola cosa non morirà mai: la buona nomea di un morto.
78. Vidi pieni gli ovili dei figli di un uomo ricco; ora essi portano il-
Bastone del mendicante;
Le ricchezze sono come un battito di ciglia, i più incostanti degli.
79. Quando lo stolto gode dei beni o dei favori di una donna,
Il suo orgoglio cresce ma non il suo buonsenso.
Egli s'incammina nella cecità di un folle.
80. Questo è quindi risaputo: quando consulti
Le rune conosciute soltanto dai poteri divini,
È meglio che tu taccia su quelle che
Furono incise dal bardo della saggezza segreta.
81. Di notte dobbiamo lodare il giorno, una donna sulla sua pira,
L'elsa della spada quand'è sfoderata; la fanciulla quando va sposa,
Il ghiaccio quando è attraversato,
La birra quand'è stata bevuta.
82. Gli alberi dovrebbero essere abbattuti quando soffia il vento,
Bisogna salpare quando la brezza è sufficiente;
Parlare sempre nel buio con una ragazza:
Durante il giorno molti occhi scrutano;
Tu hai bisogno di una nave per viaggiare,
Di uno scudo per proteggerti,
Di una spada per colpire, del bacio di una ragazza.
83. Vicino al fuoco bevi la birra, sul ghiaccio pattina,
Compra un cavallo quand'è magro,
E una spada quand'è arrugginita .
Il cavallo lo metti all'ingrasso e il cane da caccia lo addestri.
84. Non credere alle parole di una ragazza né a quelle di una moglie;
Sulla ruota [del vasaio]che gira sono stati plasmati i loro cuori
E la mutevolezza fissata nel petto.
85. Non fidarti di un arco che cigola, di una fiamma avvampante,Di un lupo che spalanca le fauci, di un corvo che stride,
Di un cinghiale che grugnisce,
Di un salice senza radici, dell'onda che si alza, del calderone che bolle.
86. Non fidarti di una freccia che vola, di un'onda che irrompe,
Del vecchio ghiaccio notturno, di un serpente attorcigliato,
Delle parole di una sposa quando siete a letto,
di una spada spezzata o di un orso giocoso,
Non fidarti del figlio di un re.
87. Non fidarti di un vitello malato, di un servo intraprendente,
Delle belle parole di una Sibilla, di una balena appena uccisa,[22]
Nessun uomo deve fidarsi delle apparenze.
88. Non confidare su un campo appena seminato,
Né troppo presto di un figlio;
Né della sventura di un fratello,
nemmeno se lo incontri su un'ampia strada.
89. Non fidarti di una casa mezza bruciata,
Di un cavallo che corre come il vento
(Diventerebbe inutile se si rompesse una gamba);
Nessun uomo è così fiducioso da credere in queste cose.
90. Così è l'amore delle donne, è volubile,
È come andare sul ghiaccio scivoloso
Con un irruente cavallo di due anni non ferrato,
Male addestrato,
O navigare senza timone durante una violenta tempesta,
O come un zoppo che cerca di catturare una renna
Sulla nuda roccia scivolosa.
91. Parlo apertamente, perché conosco entrambi,
Quanto sia insidiosa per le donne la mente dell'uomo.
Quanto più dolcemente parliamo, tanto più pensiamo il falso;
Ciò inganna anche chi è scaltro.
92. Tu devi parlare con dolcezza e offrile doni
Se vuoi l'amore di una ragazza;
Loda devotamente la bellezza del suo aspetto,
E il giovane corteggiatore appagherà il suo desiderio.
93. Per amor suo nessun uomo biasimerà un altro!
Spesso un uomo saggio, non un folle,
È ingannato da un viso grazioso.
94. Né un uomo dovrà biasimare un altro uomo
Per ciò che succede a molta gente;
Un saggio è spesso reso folle da un desiderio travolgente.
95. Solo la mente sa quel che giace nel cuore,
Solo la mente vede le profondità dell'anima;
Non c'è malattia peggiore di quella che assale il saggio
Che vive senza pace interiore.
96. Questo ho appreso, seduto tra le canne, aspettando il mio amore,
Il mio corpo e la mia anima mi sembravano saggi,
Ma io non la possiedo ancora.
97. La figlia di Billing[23] io trovai addormentata, bianca come il sole;
Tutto quello che è principesco mi sembrava niente
Se non vivevo con la sua bellezza.
98. "Verso sera, Odino, verrai, se vuoi conquistare la ragazza;
Sarebbe sconveniente, se non fossimo i soli a saperlo."
99. Tornai indietro e mi ritenevo fortunato,
Avevo appreso il consiglio di un saggio.
Avevo sperato di ottenere le tenerezze e la gioia della ragazza.
100. Quando ritornai, tutta la banda dei guerrieri era sveglia;
Con torce abbaglianti, e luci diffuse,
La strada per me era pericolosa.
101. Ritornai al mattino, i servi dormivano;
Trovai un cane legato al letto della santa donna.
102. Gran parte delle dolci ragazze,
Se proprio volete saperlo, sono infedeli.
Questo ho imparato quando la furba fanciulla
Che avevo sperato di adescare
Con astuzia si è beffata di me.
Non ho ottenuto l'amabile sposa.
103. Un uomo felice a casa sua, amabile tra gli ospiti,
Avrà sempre una posizione da saggio;
Deve avere buona memoria e un linguaggio comprensibile,
Se vuole essere saggio e parlare saggiamente;
Un idiota non ha niente da dire,
E questo è il segno di uno sciocco.
104. Ho cercato l'antico gigante, ora sono tornato;
Poco ottenni lì con il silenzio;
Molte parole mi hanno dato il successo nelle sale di Suttung.
105. Gunnlöd sul trono d'oro mi ha dato un sorso del prezioso idromele;
Le diedi in cambio una cattiva ricompensa per le sue premure.
106. Il morso del trapano lasciai che mi facesse spazio, perforando la roccia;
Sopra e sotto di me correvano le vie del gigante. Grande era il mio pericolo.
107. Mi godetti un sorso ben guadagnato; il saggio si accontenta di poco;
Odraerir ora è giunto fin qui all'antica stirpe della terra.
108. Dubitavo che sarei tornato dalla dimora del gigante
Se non avessi avuto Gunnlöd, la brava donna, stretta tra le mie braccia.
109. Il giorno dopo vennero i giganti di brina per ascoltare
Il parere di Odino nella Sala Alta;
Chiesero di Bölverk, se egli avesse implorato la sua libertà,
Se fosse stato conquistato da Suttung. Odino, mi ricordo,
Giurò sul sacro anello che aveva vinto.
110. Ma chi poteva credergli?
Suttung privò del suo idromele Gunnlöd in lacrime!
. . . . .
111. È tempo di parlare
Dalla sedia dell'oratore
Dalla fonte di Urd;
Io vidi e stetti in silenzio,
Scrutavo e pensavo,
Ascoltavo cosa veniva detto;
Udii discutere delle rune,
Non c'era alcuna mancanza di conoscenza
Nella Sala Alta.
Nella Sala Alta ascoltai quello che si diceva.
112. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Se lo ascolti, ne trarrai beneficio nel seguirlo.
Non alzarti di notte se proprio non è necessario
O se devi andare alla latrina.
113. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non dormire abbracciato a una strega;
Lei può escogitare che tu non vada alla Ting, all'assemblea,
Che tu perda il gusto del cibo
E della compagnia umana,
E che vada a dormire pieno di crucci.
114. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non sedurre la moglie di un altro con blande parole.
115. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Se t'aspetti un possibile pericolo sulle montagne o nei fiordi,
Rifornisciti di provviste.
116. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non raccontare i tuoi guai a un uomo malvagio;
Da un uomo di cattiva volontà non riceverai mai dei ringraziamenti
Per la tua fiducia.
117. Vidi un uomo ferito dalle infide parole di una donna;
La sua lingua velenosa lo ferì a morte e ingiustamente.
118. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Se hai un amico nel quale riponi fiducia
Vai a trovarlo spesso perché i rovi e l'erba crescono
Alti sui sentieri che nessuno percorre.
119. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Attira uomini dall'indole buona con rune benefiche,
Canta canzoni di gioia mentre vivi.
120. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non affrettarti a spezzare il vincolo d'amore per il tuo amico;
Il dolore ti roderà il cuore
Se non puoi aprire tutti i tuoi pensieri a un altro.
121. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non scambiare parole con uno sciocco.
122. Da un uomo che è stolto di mente non riceverai niente di buono,
Ma un uomo nobile può onorarti con la sua dignità.
123. Un'amicizia è salda se uno può aprire la sua mente all'altro;
Rompere i legami è la cosa peggiore; non è un amico chi lusinga.
124. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non sprecare nemmeno una parola a litigare con un villano:
Spesso l'uomo migliore è sconfitto quando combatte il peggiore.
125. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Fatti da solo le tue scarpe e l'asta della lancia .
Una scarpa può essere fatta male,
Una lancia può essere distorta
Se chi l'ha fatta vuole il tuo male.
126. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Quando hai ricevuto un'offesa, afferma che è un'offesa.
Non dare tregua al tuo nemico.
127. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non gioire mai del male, ma gioisci sempre del bene.
128. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non guardare mai in alto durante la battaglia –
Gli umani camminano come cinghiali –
Affinché non si perda il tuo acume.
129. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Se vuoi sposare una brava donna e ottenerne i favori,
Falle generose promesse e mantieni l'impegno;
Nessuna si stanca di un bel dono.
130. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Ti invito a essere cauto; stai molto attento con la birra,
Con la moglie di un altro e, terzo, stai in guardia contro i ladri.
131. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non deridere mai un vagabondo o un ospite.
132. Spesso chi sta a casa non sa che tipo d'uomo entri;
Nessuno è così buono da non avere difetti, nessuno così
Meschino da non avere qualche virtù.
133. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non ridere mai del cantastorie dai capelli grigi;
Spesso è valido quel che raccontano i vecchi;
Spesso le labbra rugose di chi ha la testa curva,
La cui pelle è raggrinzita
E che zoppica tra le canne, possono fare discorsi eccellenti.
134. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Non maltrattare l'ospite, non cacciarlo via;
Accogli benevolmente i poveri.
135. Ci vuole una forte spranga per aprire la porta a tutti;
Ma elargisci elemosine
Se non vuoi che qualcuno ti maledica.
136. Ti chiedo, Loddfáfner, di accettare il consiglio:
Quando bevi birra, invoca l'aiuto della forza della terra,
Perché la terra neutralizza la birra,
Come il fuoco neutralizza la malattia;
La quercia è purgativa, i cereali proteggono contro la stregoneria
La casa protegge contro le liti familiari,
La luna contrasta l'odio,
Un taglio aiuta contro il morso del serpente,
Le rune contro i cattivi propositi,
Un campo di sporcizia contro le inondazioni.
. . . . .
137. Lo so, fui appeso all'albero sferzato dal vento
Per nove notti intere, trafitto dalla lancia,
Consacrato a Odino,
Io stesso al mio Sé superiore sull'albero,
La cui radice nessuno sa da dove nasca.
138. Nessuno mi portò pane, nessuno mi diede da bere;
Cercavo gli abissi,
Trovai le rune della saggezza;
Le innalzai con il canto, e ancora una volta caddi là.
139. Nove potenti canti io imparai
Dal saggio figlio di Böltorn, il padre di Bestla;
Un sorso bevvi del prezioso idromele
Servito da Odraerir.[24]
140. Cominciai a riprendermi e a diventare saggio,
A crescere sempre di più, e gioire;
Le parole portavano a nuove parole,
Le azioni a nuove azioni.
141. Conoscerai le rune e leggerai con esattezza i suoi segni,
Segni molto grandi, segni potenti,
Disegnati dal possente che parla,
Creati dal saggio Vaner, incisi dai supremi legislatori.
142. Odino fra gli Aesir, Dvalin[25] tra gli elfi,
Dáin [26] tra i nani,
Colui che tutto critica[27] tra i giganti.
Io stesso ne ho inciso qualcuno.
143. Tu sai come scrivere? Tu sai come interpretare?
Tu sai come comprendere? Tu sai come provare?
Tu sia come pregare? Tu sai come sacrificare?
Tu sai come trasmettere? Tu sai come espiare?
144. Meglio non pregare che sacrificare in eccesso,
Spesso un dono è per un compenso:
Meglio non fare offerte che farne troppe.
Così scrisse Tund[28] per il trascorrere degli anni,
Quando egli nacque, quando egli ritornò.
145. Conosco dei canti che non conosce nemmeno la moglie del re
O qualche altro figlio dell'uomo;
Il primo si chiama Aiuto, e può aiutarti
Nella tristezza e nel dolore e nelle prove difficili.
146. Conosco un secondo canto che dovrebbe essere necessario
A chi vuole essere un guaritore.
147. Ne conosco un terzo, se c'è bisogno,
Che può incatenare qualsiasi nemico.
Posso spuntare le loro lame in modo che la spada
O l'insidia non facciano danni.
148. Un quarto conosco: se i guerrieri mi bloccano
Mani e piedi con lacci e catene,
Io posso cantare un incantesimo che mi renderà libero.
Le catene cadono dai miei piedi e il laccio dalle mie mani.
149. Ne conosco un quinto: se vedo delle frecce scagliate
Contro le mie orde, per quanto rapido sia il loro volo,
Io le fermo nell'aria se le intercetto chiaramente.
150. Un sesto incantesimo io canto: se un uomo mi ferisce
Con le radici di erbacce selvatiche
O un uomo infernale mi odia, egli danneggia se stesso, non me.
151. Il settimo io canto: se un terribile incendio divampa
Nella sala dove siedono i guerrieri,
E se non brucia con tale ardore
Ch'io non possa salvarla,
Allora posso cantare quest'incantesimo.
152. L'ottavo io canto per ognuno,
La tradizione più fortunata che egli possa apprendere;
Quando l'odio è radicato nei figli dei capi,
Lo posso lestamente guarire.
153. Il nono che io conosco, se ho difficoltà
A salvare la mia nave dai flutti,
Posso calmare il vento sulle onde
E anche il mare più burrascoso.
154. Un decimo canto conosco, quando le streghe volano in alto nell'aria;
Le posso portare fuori strada, fuori dalle loro forme,
Fuori dalle loro menti.
155. Un undicesimo canto conosco; se devo condurre in battaglia
I vecchi amici, io canto sotto gli scudi affinché essi
Possano gettarsi nella mischia con tutta la loro forza,
Fuori dalla mischia, salvi, dovunque vadano.
156. Il dodicesimo io canto, se vedo un albero
Con un uomo impiccato che oscilla dall'alto,
Posso incidere e tracciare le rune, in modo che l'impiccato
S'affretti a parlarmi.
157. Un tredicesimo canto conosco,
Se vogliono che io spruzzi con acqua
Il figlio di un cittadino,
Egli non cadrà, per quanto sia numericamente inferiore,
Non soccomberà a una spada.
158. Il quattordicesimo canto:
Posso richiamare sull'orda dei guerrieri
I nomi degli déi benevoli,
Gli Aesir e gli elfi, io posso distinguerli tutti
Mentre un uomo poco saggio non può farlo.
159. Questo è il quindicesimo canto: quello che cantò il nano
Alle porte dell'Alba;
Egli cantò il potere agli Aesir, il progresso agli elfi,
La forza mentale al sovrano degli dèi.
160. Il sedicesimo io posso cantare se desidero le gioie e i favori
Di una ragazza accorta,
L'amore di una donna dalle candide braccia io posso conquistare,
E far rivolgere a me la sua mente.
161. Il diciassettesimo canto, affinché la fanciulla amata
Non se ne vada via troppo presto.
Per lungo, lungo tempo, Lodfáfner, ti mancheranno
Questi discorsi.
Sarebbe bene che tu li tenessi nascosti,
E se sei fortunato a impararli, sarebbe utile trarne profitto.
162. Il diciottesimo io canto perché non l'ho mai cantato
A una fanciulla né all'amante di qualche uomo.
Quello che è meglio lo sa soltanto una,
Colei che mi abbracciò come una sorella.
Questa è la fine del canto.
163. Ora è cantato l'incantesimo dell'Eccelso nella Sala dell'Eccelso:
Utile ai figli degli uomini; inutile ai figli dei giganti.
Salute a Lui che cantò! Salute a Colui che sa!
Felice chi lo ascolta!
(conclusione del Gylfaginning)
[Re Gylfe, che si era presentato come Gangläre, udì tutte queste cose]
A lungo parlò l'Eccelso: "Se tu vuoi chiedere ancora, non so da dove vengano le domande, perché io non ho mai udito trattare con maggiore competenza i destini delle ere. Quindi, sii contento di ciò che hai imparato."
Gangläre allora sentì un possente tuono da tutti i lati e guardò fuori attraverso la porta; e quando si girò intorno si ritrovò su un semplice piano: la corte e la sala erano sparite alla sua vista.
Così tornò al suo paese e raccontò le cose che aveva visto e udito. E dopo di lui, questi racconti furono tramandati per generazioni.
Questo è uno dei numerosi Poemi che trattano della natura illusoria dei mondi della materia dove la coscienza è ingannata. Vaftrudnir significa "colui che si avvolge negli enigmi." È un soggetto che tratta l'inganno delle nostre sensazioni percettive. Anche le scritture hindu evidenziano la natura illusoria della materia. In Sanscrito l'illusione è chiamata māyā, un termine derivante da mā, che significa misurare, per cui si riferisce a qualsiasi cosa grande o piccola che sia limitata, che possa essere misurata. Questo si applica sia allo spazio che al tempo e a tutte le cose esistenti nello spazio-tempo. Solo lo spazio infinito nella sua eterna durata, senza principio né fine, illimitato e inconcepibile, può essere veramente chiamato Realtà. L'apparente dualità di spazio-tempo è di per sé illusoria — un inevitabile fenomeno che appartiene all'esistenza finita, per quanto di vasta portata, e per quanto noi cerchiamo di andare oltre di esso nella coscienza. È importante realizzare che illusione non significa non-esistenza. L'illusione esiste; siamo circondati dalle illusioni e, in verità, siamo una parte preminente dell'universo illusorio. Siamo talmente abituati a scambiare per realtà certi errori, che difficilmente ne prendiamo coscienza. Ad esempio, la scienza ci dice che la materia è fatta per lo più di buchi — minuscole particelle che si muovono rapidamente in dimensioni proporzionalmente estese dello spazio apparentemente vuoto. I nostri sensi non concordano con questa conoscenza, come un dito schiacciato del piede può subito confermarlo, tuttavia non dubitiamo che la struttura della materia sia costituita da atomi che non abbiamo mai visto. Ammiriamo un bel tramonto e attendiamo che il globo di luce rosso dorata sparisca sotto l'orizzonte, anche se sappiamo che è già sparito otto minuti prima, perché la luce che vediamo ha impiegato otto minuti per raggiungerci attraverso 93 milioni di miglia all'incirca. Vediamo un fiore rosso perché assorbe tutto tranne i raggi di luce; quelli che vediamo sono i colori che i petali hanno respinto. Percepiamo anche cose da punti diversi l'uno dall'altro. Poiché i sensi sono pertinenti alla mente e alle sensazioni di una personalità, il loro rapporto dipende in gran parte dalle attitudini, i modi, l'intelletto, e l'esperienza pianificante dell'individuo. A causa delle nostre differenze di prospettive, qualcuno che è più esperto di noi — uno specialista in qualche campo a noi poco familiare — sembra compiere prodezze magiche.
Nondimeno, la verità esiste: l'universo esiste, quindi esiste anche la conoscenza che ne abbiamo. Nel Poema dell'Illusione, il sé divino, Odino, il ricercatore, la coscienza che sonda, entra nei mondi della materia, discendendo attraverso i livelli cosmici dell'esistenza sostanziale per affrontare il gigante Vaftrudnir e "vedere come sia attrezzata la sua sala," perché è attraversando le sfere della materia che la coscienza divina si guadagna l'idromele della saggezza che nutre gli dèi. Ma Odino rifiuta di fermarsi nella sala dell'Illusione. La coscienza non si trova a casa sua in questa sfera.
Durante la prima metà del racconto (11-19) è il gigante Vaftrudnir che interroga il dio: è la materia informata, animata, sviluppata e istruita dalla coscienza entrante, Odino, che qui chiama se stesso Gagnrád (consiglio retribuito). Nell'ultima parte è Odino ad apprendere, facendo domande al gigante finché, nello scioglimento finale, il visitatore si rivela come il Padre di Tutto. Questo è il corso essenziale degli eventi raccontato in molte scritture: primo, lo spirituale che dà le sue energie e impulsi alla materia, organizzando e costruendo forme per la sua abitazione e incorporandosi in queste forme. Da quel momento in poi, la materia è attratta verso l'interno, per così dire, prestando la sua sostanza alla crescita, al perfezionamento e all'ampliamento della natura spirituale. Così i due lati dell'esistenza sono connessi e associati per sempre, e tendono a essere prima in un modo, poi nell'altro. La coscienza che è entrata nel regno del gigante, anche se può essere temporaneamente catturata dalle reti dell'illusione, "nel pieno delle ere . . . ritornerà a casa con la saggezza del dolore" (39), come dice Njörd. Così saremo tutti.
A Vaftrudnir è insegnato, ci viene ricordato, che i terreni degli dèi e quelli dei giganti sono separati solo dal flusso incessante chiamato Dubbio, sul quale nessun ponte di ghiaccio può mai formarsi; e anche che l'eterno campo di battaglia (la vita), dove le forze benefiche e quelle distruttive si danno battaglia nell'uomo e nella natura, esiste proprio per quello scopo. Il dio qui indica il corso dell'evoluzione degli esseri per cui il lato materiale dell'esistenza può meritarsi l'accesso al "campo degli dèi benevoli."
Da allora in poi, il mondo del gigante cede la sua saggezza poiché Odino chiede al suo ospite la storia della passata creazione. Nel verso 23 Mundilföre è definito come il genitore del sole e della luna e indica il loro impiego come una misura degli anni. Mundilföre è la "leva" o l'asse che fa girare la sfera galattica, il potere centrale che trasmette il movimento alla nostra Via Lattea. Nella successiva risposta, nel verso 25, si parla non solo del giorno e della notte terrestre ma anche delle fasi della luna, che sono nominate anche nella Völuspá. È un piccolo accenno ma possiamo presumere senza indebita temerarietà che i bardi possedevano qualche conoscenza d'astronomia e degli eventi stagionali, sufficientemente importanti da essere inclusi nella capsula del tempo dei miti. Il verso 42 è marcatamente rivelatore, se consideriamo che questa è la risposta del gigante: egli è la materia di nove mondi, che scaturisce dagli "inferni sotto Niflhel" — la radice senza radice della materia.
In contrasto, l'elemento spirituale umano "Vita e Sopravvivenza . . . è nascosto nel tesoro della memoria del sole" durante il lungo il freddo inverno d'inattività quando la vita, insieme agli dèi, si è allontanata (44) dal nostro ecosistema. Essi si nutriranno con la rugiada mattutina e daranno vita alle ere future. Qui vediamo ancora una nuova vita che segue la morte dell'attuale sistema dei mondi. A quelli che ora sono gli Aesir succederanno i loro figli, un nuovo Thor e un nuovo Odino (in suo figlio Vidar) che "vendicherà la morte" del Padre delle Ere.
Alla fine Odino rivela la sua identità facendo l'irrefutabile domanda — irrefutabile da chiunque ma non dalla stessa divinità: Cosa ha sussurrato Odino all'orecchio del dio sole morto? Potremmo meravigliarci che il segreto fosse perpetuato oltre il regno della morte dal Padre Onnipotente dei mondi passati e futuri.
1. ODINO: Consigliami, Frigg, perché voglio andare
Da Vaftrudnir, l'enigmista,[29] nella sua sala!
Desidero sondare l'antica saggezza
Di lui, il sapiente titano.
2. FRIGG: A casa volentieri ti tratterrei o Padre degli eserciti,
Nelle corti degli dèi,
Ma nessun altro gigante
Ha lo stesso potere di Valftrudnir.
3. ODINO: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze.
Ora, nella sala di Valftrudnir,
Esaminerò di quali poteri sia egli dotato.
4. FRIGG: La fortuna sia con te, e poi, al tuo ritorno,
Possa la felicità trovarsi sulle strade che percorri!
Non sprecare il tuo ingegno, o Padre delle Ere,
Quando t'impegnerai nella discussione con Valftrudnir.
5. Quindi, Odino si mise in viaggio per provare con i discorsi
La saggezza e lo spirito del titano che tutto conosce:
Arrivato alla sala del padre di Im,
Immediatamente il Pensatore entrò.
6. ODINO: Salute a te, Vaftrudnir, sono venuto
Nella tua sala per vederti.
Per prima cosa vorrei chiedere:
Sei tu il saggio gigante che tutto conosce?
7. VAFTRUDNIR: Chi è quest'uomo, che nella mia sala
Mi lancia queste parole?
Non lascerai questo palazzo
Se non risulterai tu il più sapiente.
8. ODINO: Gagnrád[30] è il mio nome. Son venuto a piedi
E assetato alla tua sala;
ho vagato lontano e desidero la tua accoglienza
E la tua ospitalità, gigante.
9. VAFTRUDNIR: Perché allora te ne stai a parlare dall'ingresso, Gagnrád?
Vieni avanti e siediti nella sala.
Allora esamineremo quello che sai,
Straniero o vecchio bardo che tu sia.
10. GAGNÁRD: Un pover'uomo che arriva nella casa di un ricco
Dovrebbe stare in silenzio o parlare saggiamente;
Le chiacchiere inutili sono dannose
Per chi viene presso un ospite maldisposto.[31]
11. VAFTRUDNIR: Dimmi, Gagnrád, poiché dall'ingresso dove sei
Vuoi provare la tua sapienza:
Come si chiama il destriero che porta il giorno
Ai figli delle ere?
12. GAGNÁRD: Criniera luminosa si chiama; ha sfumature rosate il destriero
Che porta il giorno ai figli delle ere
E dai popoli è stimato il più eccellente;
la sua criniera irradia sempre la luce del sole.
13. VATFRUDNIR: Dimmi, allora, Gagnrád, se dall'ingresso dove sei
Vuoi provare la tua sapienza:
Come si chiama quel destriero che da oriente porta
La notte alle potenze propizie?
14. GAGNÁRD: Criniera di brina è il destriero che porta nello spazio
Ciascuna notte alle potenze:
Ogni mattina la schiuma cade dalle sue briglie,
Per cui la rugiada scende nelle valli.
15. VAFTRUDNIR: Dimmi, Gagnrád, se dall'ingresso dove sei
Vuoi provare la tua sapienza:
Come si chiama quel fiume che divide
Le terre degli dèi da quelle dei titani?
16. GAGNÁRD: Il nome del fiume che divide le terre degli dèi
Da quelle dei titani è Dubbio;
Scorrerà libero e aperto per sempre;
Nessun ghiaccio si formerà mai su quel fiume.
17. VAFTRUDNIR: Dimmi, Gagnrád, se dall'ingresso dove sei
Vuoi provare la tua sapienza:
Qual è il nome di quel campo dove si combatte
La battaglia tra Surt e gli dèi benevoli?
18. GAGNÁRD: Vigrid è il campo dove si combatte
La battaglia tra Surt e gli dèi benevoli.
Cento giorni di viaggio misura ogni lato
Di quel campo creato per loro.
19. VAFTRUDNIR: Sei saggio, ospite. Vai alla tua panca
E parliamo seduti insieme.
Scommettiamo le nostre teste qui nella sala
Sulla nostra saggezza e arguzia, ospite.
CAPITULUM
20. GAGNÁRD: Per prima cosa, o Vaftdrudnir,
Se hai sufficiente saggezza, sai dirmi
Da dove viene la terra o il cielo sopra di essa,
O gigante che tutto conosci!
21. VAFTRUDNIR: La terra fu formata dalla carne di Ymer,
Le montagne innalzate dalle sue ossa;
Dal cranio del freddo gigante di brina
Fu formato il cielo,
E i mari fluttuanti dal suo sangue.
22. GAGNÁRD: Per seconda cosa, Vaftrudmir,
Se hai sufficiente saggezza, sai dirmi
Da dove viene la luna che erra sugli uomini,
E, ugualmente, da dove viene il sole?
23. VAFTRUDNIR: Mundilföre è il padre della luna
E, ugualmente, del sole;
Entrambi nascono attraverso il cielo ogni giorno
Per misurare gli anni per l'uomo.
24. GAGNÁRD: Per terza cosa, o Vaftrudnir,
Poiché sei chiamato il conoscitore,
Sai dirmi da dove viene il giorno che si muove sugli uomini
E la notte che cala con la sua oscurità?
25. VAFTRUDNIR: L'Alba è quella che concepisce il Giorno,
Mentre la Notte è figlia di Dusk.
Le potenze principali crearono
La luna crescente e la luna calante
Per misurare le ere degli uomini.
26. GAGNÁRD: Come quarta cosa, o Vaftrudnir,
Poiché tutti ti reputano un sapiente,
Sai dirmi da dove vengono l'inverno o la calda estate
Alle sapienti potenze principali?
27. VAFTRUDNIR: Vento freddo è chiamato il padre dell'Inverno
Ma Mild è il signore dell'estate:[32]
28. GAGNÁRD: Come quinta cosa, o Vaftrudnir,
Tu che sei chiamato il conoscitore del passato,
Sai dirmi chi per primo tra gli Aesir o tra i consanguinei di Ymer
Nacque nei tempi antichi?
29. VAFTRUDNIR: Innumerevoli inverni prima che la terra fosse formata
Nacque Bärgälmer.
Suo padre, si dice, era Trudgälmer,
E Örgälmer il sovrano di suo padre.
30. GAGNÁRD: Come sesta cosa, poiché sei famoso come colui che conosce,
O Vaftrudnir, sai dirmi
Da dove venne la prima volta Örgälmer tra i figli del gigante
All'alba del tempo, o saggio gigante?
31. VAFTRUDNIR: Da Elivágor[33] scaturirono gocce di veleno,
Fino a diventare un gigante.[34]
32. GAGNÁRD: Come settima cosa, o Vaftrudnir,
Poiché sei considerato esperto,
Dimmi come fece a generare figli l'ardito gigante,
Se non aveva conosciuto alcuna gigantessa!
33. VAFTRUDNIR: Per gradi, dalla parola del gigante di brina
Si svilupparono insieme l'uomo e la donna;
Accoppiando piede con piede il gigante generò
Un figlio dalle molte teste.
34. GAGNÁRD: Come ottava cosa, o Vaftrudnir,
Tu che sei considerato l'esperto del passato,
Dimmi chi ricordi che fosse il primo o il primordiale,
Tu che sei un gigante sapiente!
35. VAFTRUDNIR: Innumerevoli inverni prima che la terra fosse formata,
Nacque Bärgälmer,
Il primo che io ricordi, il gigante primordiale,
Fu posto in una madia.[35]
36. GAGNÁRD: Come nona cosa, o Vaftrudnir, tu che sei reputato intelligente,
Dimmi da dove viene il vento che soffia sull'onda,
Anche se è invisibile?
37. VAFTRUDNIR: Räsvälg è arroccato alla fine dei cieli,
Un gigante sotto forma d'aquila,
Dalle sue ali sono soffiati i venti erranti
Che urlano sugli uomini.
38. GAGNÁRD: Come decima cosa, o Vaftrudnir,
Poiché conosci perfettamente i destini degli dèi,
Dimmi da dove è venuto Njörd presso i figli di Vaftrudnir.
Egli regna sulle corti e sui santuari,
Generato dalla stirpe di Ása!
39. VAFTRUDNIR: Nella casa dei Vaner lo crearono le saggie potenze
E lo mandarono come ostaggio agli dèi;
Alla fine dei tempi egli ritornerà
Nella casa con la saggezza del dolore.
40. GAGNÁRD: Dimmi l'undicesima cosa: dov'è che gli eroi
Si uccidono l'un l'altro ogni giorno?
VAFTRUDNIR: Essi scelgono gli Eletti, cavalcano via dalla battaglia,
E insieme siedono, riconciliandosi.
41. GAGNÁRD: Come dodicesima cosa, o Vaftrudnir, dimmi come
Fai a conoscere gli scopi infiniti del destino degli dèi.
Delle rune degli eoni e degli dèi
Tu conosci tutto quello che è vero, o saggio gigante!
42. VAFTRUDNIR: Io dico il vero delle rune dei giganti
Come pure degli dèi! Poiché sono venuto nei nove mondi,
Dagli inferni sotto gli abissi di Nifhlel.
43. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Quali umani vivranno quando per l'uomo sarà scaduto
Il temibile inverno di Fimbul?
44. VAFTRUDNIR: Vita e Sopravvivenza giacciono nascosti
Nel tesoro della memoria del sole.
La rugiada mattutina è il loro nutrimento,
E da esse nasceranno le ere future.
45. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Da dove verrà il sole nel cielo senza sentieri
Quando Fenris lo avrà divorato?
46. VAFTRUDNIR: Una sola figlia la ruota dell'Elfo genererà
Prima che Fenris la raggiunga;
La radiosa fanciulla cavalcherà a cavallo
Per le strade di sua madre
Quando gli dèì si saranno ritirati.
47. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Quali sono le fanciulle che nelle distese d'acqua
Infallibilmente troveranno la via?
48. VAFTRUDNIR: Tre possenti fiumi scaturiscono attraverso le terre
Delle fanciulle del genero ricercatore;[36]
Esse sono hamingja per diritto
Anche se allevate da giganti.
49. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Quali degli Aesir rimarranno quando
Le fiamme di Surt si saranno estinte?
50. VAFTRUDNIR: Vidar e Vale dimoreranno nei santuari degli dèi
Quando le fiamme di Surt si saranno estinte.
Mode e Magne allora avranno il Mjölnir
E faranno il lavoro di Vingner.[37]
51. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Che ne sarà del vecchio Odino
Quando il regno dei governanti andrà in frantumi?
52. VAFTRUDNIR: Il lupo divorerà il Padre delle Ere,
Ma Vidal lo vendicherà;
Vidal attaccherà le mascelle gelate
Con l'arma sacra di Vingner.[38]
53. GAGNÁRD: Molto ho viaggiato, molto ho sperimentato,
Molto ho appreso dalle varie potenze:
Cosa sussurrò Odino all'orecchio di suo figlio,[39]
Quando quest'ultimo fu portato sulla pira?
54. VAFTRUDNIR: Nessuno sa quello che tu hai detto in quel momento
Sulla pira all'orecchio di tuo figlio.
Con le labbra di un morto ho narrato il mio racconto:
Le rune antiche e il Ragnarök.
NOTE DELL'AUTRICE
Questo piacevole episodio ha fatto divertire molto un pubblico di persone semplici. Apparentemente è un fatto avvenuto nella storia del nostro globo, quando i venti ghiacciati accompagnavano l'abbassamento del livello dell'acqua al tempo in cui le calotte polari si svilupparono sui continenti, assorbendo una maggiore quantità d'acqua. Al tempo stesso, c'era uno spostamento della posizione del serpente Midgárd — l'equatore, o forse l'arco della Via Lattea. Non c'è dubbio che questi avvenimenti denotino un periodo di glaciazione, ma sull'era del ghiaccio la questione è aperta.
Questo Discorso ricorda strettamente, in un particolare, la ricerca da parte degli dèi del calderone di cui si parla nel Discorso di Hymer (che lo segue). In entrambi i racconti Loki istiga un'azione proibita che suscita l'ira di Thor sullo sfortunato colpevole, ma qui è il figlio del contadino — un ciclo minore — che frantuma le ossa.
Come nel Vaftrudnismál (Il Poema dell'Illusione), la visita di Thor e di Loki al mondo del gigante raffigura le percezioni errate alle quali è soggetta la coscienza nei mondi dei giganti. Noi non percepiamo le cose come sono realmente, e anche gli dèi, sembra, sono circondati dall'illusione che segna l'esistenza nella materia.
Un tempo l'era del ghiaccio prevaleva sulla terra, distruggendo le coltivazioni e uccidendo uomini e bestie. Thor, accompagnato da Loki, s'incamminò per protestare con il gigante Ränsvälg che, sotto forma di aquila, alimentava i venti ghiacciati su Midgárd. Naturalmente dovevano prendere una strada indiretta, come abbiamo accennato prima, perché il carro di Thor non poteva attraversare il ponte dell'arcobaleno che unisce i mondi degli uomini e quelli degli dèi: i suoi fulmini avrebbero incendiato il ponte. Così guadarono il fiume Ifing (dubbio) che segna il confine tra questi mondi.
A Midgárd furono ospitati da un povero contadino che aveva due figli, Tjalfe e Röskva. Per integrare lo scarso cibo, Thor macellò le due capre che trainavano il suo carro, Tandgniostr e Tandgrisnir (dente che digrigna e dente spezzato). Egli istruì i suoi compagni a mettere attentamente le ossa intatte nelle loro pelli. Durante il banchetto, Loki sussurrò al figlio del contadino di assaggiare il midollo che, egli disse, aveva proprietà magiche, e il ragazzo così fece spaccando un osso. Al mattino, Thor rianimò gli animali con un colpo del suo martello su ciascuna delle pelli, ma trovò che una delle sue capre era zoppa. Incollerito al massimo, il Tonante minacciò di distruggere il contadino e tutta la sua famiglia, ma il vecchio placò il dio offrendogli come servi i suoi due figli. Da quel momento, Tjalfe (velocità) si unì agli dèi nella loro escursione, mentre Röska (lavoro) stette ad aspettare il loro ritorno.
Una notte, durante il viaggio, si ripararono in un edificio dalla forma curiosa, che conteneva due stanze, una molto larga, l'altra piccola. Disturbati e messi in allarme da un lungo rombo, i viaggiatori si nascosero nella più piccola delle due stanze. Al mattino, uscendo, nelle vicinanze trovarono un mostruoso gigante addormentato: la casa era il suo guanto, i rombi erano i suoi russamenti. Accanto, c'era il suo sacco di foraggio. Essendo affamati, i due dèi tentarono di aprire la borsa ma nemmeno Thor fu capace di sciogliere i nodi, così tentò di svegliare il gigante. Tre volte il suo martello colpì la testa del gigante, per cui l'addormentato si agitò e borbottò qualcosa sulle mosche, ma non si svegliò. Gli dèi erano arrabbiati. Comunque, a tutt'oggi ci sono tre valli che circondano la montagna dove il gigante dormiva.
Alla fine, i due Aesir e Tjalfe raggiunsero la casa del re dei giganti, il cui nome, Urgárdaloki, significa Loki-della-corte-estrema. Qui gli dèi furono sfidati in una serie di competizioni. Primo, Tjalfe gareggiò nella corsa contro il campione dei giganti ma fu vergognosamente distanziato. Poi Loki, che in quel momento era voracemente affamato, propose a un gigante una gara di velocità nel consumare i cibi. Fallì ancora perché, sebbene i due avessero finito insieme, il gigante aveva consumato i vassoi come pure il cibo. Thor propose allora di scolarsi qualche corno pieno da bere, ma quando gli fu consegnato un recipiente enorme, ne abbassò di poco il livello. Gli fu chiesto di sollevare il gatto del gigante. Mortificato da un compito così semplice, fu tuttavia capace solo di sollevare una delle sue zampe. Da quel momento venne invitato a lottare contro qualsiasi gigante, e fu ridendo che la nutrice più anziana dei giganti lo affrontò, e facilmente depose il Tonante su un ginocchio.
Dopo queste indegne sconfitte gli dèi partirono per tornare alla propria sfera, accompagnati per una parte del viaggio dal loro ospite, che — una volta fuori dalla casa — cominciò a spiegare le illusioni di cui erano stati preda. Sebbene Tjalfe avesse la velocità del fulmine, il suo contendente nella gara era Pensiero, che facilmente lo aveva distanziato. Il contendente di Loki era Logi (fiamma), che aveva consumato non solo tutto il cibo ma anche il vassoio di legno. Il corno che Thor non era riuscito a svuotare aveva la sua punta negli abissi oceanici; tutto il mondo dei giganti aveva starnazzato con paura perché il livello delle acque si era notevolmente abbassato. Il gatto era realmente il serpente di Midgárd, Iörmungandr, che Thor non era riuscito a smuovere. Riguardo alla nutrice più anziana dei giganti, Elli, in realtà era vecchia, e al momento giusto abbatteva chiunque, anche gli dèi.
Quando Thor, in un momento di grande collera, sollevò il suo martello per vendicare queste sconfitte ricevute con l'inganno, scomparvero il suo ospite e qualsiasi città sulla pianura che si estendeva senza fine in tutte le direzioni.
NOTE DELL'AUTRICE
Il nostro sistema solare ha la sua dimora in una parte dello spazio da cui vediamo certe configurazioni di stelle. La nostra terra ruota sul proprio asse in modo che per metà del tempo ciascun lato è illuminato dai raggi solari ed è in ombra per l'altra metà del tempo poiché viaggiamo lungo il sentiero quasi circolare della sua orbita. Le stelle che vediamo sono quelle che si trovano sul lato oscuro del nostro pianeta, cioè quelle esterne al sistema solare nella direzione in cui guardiamo di notte. Questa direzione, naturalmente, cambia con le stagioni, per cui nel corso di un anno, una rivoluzione intorno al sole, di notte abbiamo guardato tutte le stelle che ci circondano nella nostra zona. Quelle stelle che sono quasi a livello con la nostra orbita, chiamata il piano dell'eclittica, sono state raggruppate in 30 archi di grado, e questi gruppi sono denominati le dodici costellazioni dello zodiaco. Insieme, fanno un cerchio completo (360 gradi). Il nostro sole, che è situato in un braccio della galassia a spirale che chiamiamo la Via Lattea, è circondato dai dodici "animali" (cioè esseri animati) dello "zoo" celeste.
Abbiamo bisogno di avere un quadro preciso di questo scenario per capire che il racconto del gigante Hymer suggerisce il preludio a un nuovo incorporamento, probabilmente del nostro sole, forse di un pianeta come la terra. Secondo gli insegnamenti teosofici, un pianeta vive un numero di vite con intervalli di riposo paragonabili alla morte, durante il periodo vitale del sole. È anche sottoposto a periodi più brevi di riposo paragonabili al sonno, durante il proprio periodo di vita. Il modello è analogo a quello dei tipi umani di vita e altrimenti, che includono sonno e veglia come pure morte e nascita.
Hymer è evidentemente una fase preliminare nella formazione di un corpo celeste. Le sue nove figlie, o eoni, sono le nove madri del dio Heimdal, il dio degli inizi, che, come abbiamo visto, è una divinità solare. Egli ha un'affinità particolare con la costellazione di Aries, l'ariete, il creatore degli inizi: dell'anno all'equinozio d'inverno, dell'anno zodiacale (25.920 anni terrestri), e di ciascun periodo di vita del nostro pianeta. Egli è personificato nel vento che, come l'ariete con la sua testa, urta, soffia, o spinge. Come genitore delle nove madri di Heimdal, apparentemente Hymer rappresenta l'inizio dell'attuale incorporamento del nostro sistema solare nello schema comprensivo di stelle in cui il sole ha il suo habitat. Alla fine della vita egli è chiamato Rymer. Entrambi i nomi evocano Ymer, un concetto universale che in questo caso è applicato a un caso particolare.
Qui possiamo quindi citare un particolare spiraglio di luce: nella storia biblica, in Genesi 17, avviene una trasformazione aggiungendo la lettera H, aspirata, che simbolizza il respiro, lo spirito, il principio di vita: Abram diventa Abraham, e sua moglie Sarai diventa Sarah. È possibile che i Nordici abbiano usato la stessa convenzione per indicare l'inspirazione della vita nella materia quando Ymer diventa Hymer con l'inspirazione del potere divino che dà la vita al nostro mondo.
Nel racconto di Hymer, gli dèi hanno appreso per divinazione che il titano Äger — lo spazio — poteva fornire l'idromele dell'esperienza con cui essi si nutrono, poiché egli "possedeva in abbondanza quest'idromele ." Ma quando Thor ordinò ad Äger di allestire un banchetto per gli dèi, egli rispose: "Portami prima un calderone per versarlo. Allora farò un banchetto per gli dèi."
Poiché non c'era un recipiente abbastanza grande da contenere l'idromele, gli dèi rimasero senza, finché Tyr[41] si ricordò che il suo parente Hymed possedeva un tale calderone. Thor e Tyr si misero in viaggio per trovare Hymer e comprare il calderone, "con l'astuzia, se necessario." Sul loro cammino attraverso Midgárd incontrarono Egil, il "montanaro, figlio di Tjasse dagli occhi offuscati" — cioè il precedente periodo evolutivo. Egil fu incaricato di badare alle due capre che trascinavano il carro del Tonante, e gli dèi procedettero a piedi.
Alla casa del gigante furono salutati dalla moglie che li avvisò di nascondersi prima che Hymer arrivasse con il suo solito cattivo umore. A tarda sera il "deforme e aspro Hymer" arrivò a casa dopo la caccia; qui c'è una deliziosa metafora poetica che descrive come "i pezzi di ghiaccio crepitavano quando egli entrò, perché la foresta della sua faccia era gelata" (10). La moglie cercò di addolcire il suo umore in formandolo che il loro giovane parente Tyr era arrivato nella sala portando con sé "un nobile avversario chiamato Vior."[42] Questo prova la riluttanza del gigante della materia a trattenere l'energia del dio in un modo che richiama la prima legge del movimento di Newton: "Un corpo rimane in riposo o continua a muoversi alla stessa velocità nella stessa direzione, a meno che non sia attaccato da una forza definita.
Allo sguardo feroce del gigante l'asta si spezzò in due e otto caldaie caddero a terra, e solo una rimase intatto. Con la consueta ospitalità (obbligatoria) Hymer ordinò che fossero macellati tre torelli per la cena. Thor ne divorò due, cosicché il mattino dopo il gigante e il Tonante si trovarono nella necessità di dover prendere del pesce per mangiare. Vior si offrì di remare se il gigante avesse provveduto all'esca, per cui Hymer, ironicamente, invitò Thor a pigliare uno dei buoi della sua mandria, sapendo che questa era un'impresa del tutto impossibile. Thor, comunque, riuscì a farlo senza difficoltà. Sul mare "Hymer richiamò a bordo due balene insieme" (21). Thor prese all'amo Iörmungand, il serpente di Midgárd con il risultato che gli iceberg si scossero, i vulcani eruttarono, e tutto il mondo tremò, finché Thor restituì il mostro all'abisso.
In questa storia si sovrappongono parecchie interpretazioni, e le descrizioni possono applicarsi ad eventi terrestri, al sistema solare o cosmico. Il serpente di Midgárd che conosciamo rappresenta l'equatore, che si è spostato più e più volte nella storia della terra; può anche indicare il piano dell'eclittica che è l'apparente sentiero del sole attraverso il cielo; o può essere la Via Lattea che si contorce intorno al cielo con le stagioni, come un'immensa fettuccia immersa nelle "acque" dello spazio. Il serpente è uno dei tre temibili figli di Loki; gli altri due sono Fenris, il lupo che divorerà il sole alla fine del suo periodo di vita, ed Hel, la fredda regina mezza blu dei regni della morte.
Hymer era scontento per il successo del dio; per molto tempo non disse una parola ma "girò il timone nella direzione sbagliata" (25). Questo può indicare un cambiamento nella configurazione delle stelle osservate, causato sia dall'introduzione di un nuovo corpo o dalla distruzione di un pianeta precedente; potrebbe anche significare semplicemente un cambiamento dell'inclinazione dell'asse polare della terra — l'allineamento magnetico delle rocce. Non c'è menzione di un nuovo cambiamento di direzione, ma l'imbarcazione approdò in breve tempo. Hymer richiese al dio di riportare a casa le balene al villaggio, e legare subito la capra acquatica a riva." (26).
Così la nostra attenzione si è soffermata su una curiosa sequenza di oggetti: vediamo una "capra acquatica," un rematore, un pesce, l'ariete, il bue o il toro, e le "due balene insieme." Trasportati nelle antiche e consuete descrizioni delle costellazioni zodiacali, riconosciamo in essi rispettivamente il Capricorno, l'Acquario, i Pesci, l'Ariete, il Toro e i Gemelli, tutti congiunti con lo sconquassamento del serpente di Midgárd. L'implicazione è inequivocabile se realizziamo che queste sei costellazioni consecutive coprono 180 gradi di cielo, cioè un mezzo cerchio, o quanto poteva essere visto contemporaneamente. Può essere una semplice coincidenza?
Ritornato a casa del gigante, Thor fu sfidato a rompere un recipiente per bere ma, per quanto lo sbattesse con tutta la sua forza contro una colonna, il calice rimase intatto, mentre la colonna si spezzò in due. Quando la moglie del gigante sussurrò a Thor di infrangere il calice contro il cranio dell'ospite, perché non esisteva una sostanza più dura, l'Áse così fece con il risultato che "il supporto dell'elmetto rimase intatto mentre l'orlo del calice si spezzò in due" (31). Da quel momento gli dèi furono liberi di portare fuori il calderone, ma non senza aver prima sconfitto l'orda dei giganti che li inseguivano. Questo, naturalmente, fu fatto da Mjölnir, il martello di Thor.
Quando raggiunsero il luogo dove l'innocente Egil stava badando alle capre di Thor, uno degli animali si era azzoppato, proprio come nel racconto precedente, quando Loki aveva persuaso il contadino a spezzare un osso di midollo. Qui la collera del Tonante si era placata solo quando Egil aveva offerto i suoi due figli come servi di Thor. Da allora in poi, in qualsiasi luogo della terra si trovi Lorride, l'aspetto terrestre di Thor, egli è accompagnato da Tjalfe (velocità) e Röskva, i figli di Egil, "l'innocente montanaro," che lo servono come agenti elementali dell'elettricità vitale.
La ricerca del calderone di Hymer, con tutti i suoi dettagli e apparenti banalità, è un Discorso che può essere letto e riletto senza che "suoni il campanello" della comprensione, almeno se non applichiamo la chiave delle cosmogonie senza tempo per discernere quale possa essere stato un metodo per trasmettere l'idea che gli dèi stanno cercando il luogo appropriato per una stella o un pianeta che devono reincorporarsi. Il calderone sembra rappresentare un volume specifico dello spazio che soddisfa certe richieste. Una coscienza solare o planetaria che sta per entrare nella vita deve trovare il suo luogo appropriato, e questo è definito come il luogo da cui le stelle circostanti presentano un determinato aspetto. Vi è, quando pensiamo a ciò, solo un modo per definire una particolare posizione nello spazio, ed è quello che deve descrivere i suoi dintorni. Il calderone di Hymer qui è localizzato nominando sei costellazioni consecutive dello zodiaco, che attraversano un emisfero o mezzo del cielo, come appare dal nostro sistema solare.
Così il Discorso di Hymer ci parla di un essere celeste che si prepara ad entrare in una nuova manifestazione: cerca, per desiderio di vita (Tyr) e forza di vita elettromagnetica (Thor), il suo antico habitat (il calderone). Questo espediente molto ingegnoso ben dimostra, ancora una volta, la tecnica usata dai saggi per perpetuare la loro conoscenza con i mezzi della tradizione. I popoli stessi erano del tutto incapaci di afferrare anche il più semplice dei racconti, così potevano essere usati come trasmettitori inconsapevoli di realtà scientifiche. La rottura della trave di colmo allo sguardo feroce del gigante e la distruzione di tutte le caldaie, tranne una, sospesa da quel polo, senza dubbio molti lo ritengono un aneddoto divertente, ma nello scherzo può essere assicurata la memoria di un evento astronomico dalle proporzioni stupefacenti, quando l'asse polare di rotazione di un sistema globale o universale si ribaltò, lasciando intatta solo una "caldaia" o recipiente: la località dove un globo rinasce nello spazio che aveva precedentemente occupato. La cattura e la liberazione del serpente di Midgár da parte di Thor conferma lo stesso modello degli eventi.
In Ásgard gli dèi aspettavano l'ampio recipiente "quando alla Ting degli dèi arrivò il vittorioso Thor portando con sé il calderone di Hymer." Ora gli dèi bevono abbondantemente con Äger ad ogni autunno "quando il grano d'oro è immagazzinato," com'è tradotto in alcune versioni, senza dire che il raccolto è l'apice di ogni periodo d'attività, che sia un giorno, un anno, una vita, o un eone. È allora che gli dèi assorbono l'idromele mistico che è stato infuso nello spazio dove un mondo è vissuto ed è morto.
1. Gli Dèi della Scelta[43] avevano fatto una buona caccia
Ma prima di rimpinzarsi avevano molta sete;
Scossero le verghe della divinazione, studiarono i segni,
Ma trovarono che Äger aveva un prezzo troppo alto.
2. Il montanaro sedeva fuori, felice come un bambino,
Il montanaro, figlio di Tjasse dagli occhi offuscati;
Il figlio di Ygg (Thor) lo guardò negli occhi:
"Allestirai spesso un banchetto per gli Aesir."
3. Alle decise parole del guerriero,
L'ansia s'impadronì del gigante,
Tramò la vendetta contro gli dèi;
Chiese al marito di Sif [44] di portargli il calderone:
"Allora sarò io a fabbricare la vostra birra."
4. Ma da nessuna parte i nobili dèi
O i saggi Vaner sapevano qualcosa;
A lungo, il fedele Tyr diede a Lorride (Thor)
Quest'amichevole consiglio:
5."A oriente delle onde di Eli vive
Il molto saggio Hymer, alla fine del cielo:
Mio padre, amante delle battaglie,
Possiede questa caldaia,
Un recipiente capace, profondo per miglia."
6. "Pensi di poter prendere quel recipiente?"
"Se usiamo l'astuzia."
7. Viaggiarono a lungo per tutto il giorno
Da Asgárd per raggiungere Egil;
Egli stava custodendo le capre cornute
Quando arrivarono davanti alla sala di Hymer.
8. Il figlio[45] trovò sua nonna,
Una ripugnante vecchia con 900 teste;
Ma venne fuori un'altra donna adorna d'oro
Con belle sopracciglia per portare a suo figlio l'idromele.
9. La moglie: "Progenie dei Titani, o voi nobili,
Io vi nasconderò sotto un calderone;
Spesso mio marito è burbero nei riguardi degli ospiti
Ed è di cattivo umore.
10. Prima che si facesse sera, il deforme e crudele Hymer
Ritornò dalla caccia;
Quando entrò i pezzi di ghiaccio crepitarono,
Perché la foresta della faccia dell'uomo era ghiacciata.
11. Salve, Hymer, abbi pensieri miti!
Il rampollo è venuto alle tue sale,
Colui che aspettavamo da tanto lontano;
Con lui è venuto un nobile avversario, amico dei guerrieri,
Si chiama Vior.[46]
12. "Vedi, si sono riparati sotto il fastigio,
Impauriti, dietro il paletto."
Allo sguardo furioso del gigante, la colonna si spezzò
E il colmo del tetto si frantumò in due.
13. Otto caldaie caddero giù dalla trave di colmo;
solo una, temperata saldamente, rimase intatta.z
Gli ospiti si fecero avanti quando il truce vecchio gigante
Con sguardo furente seguì il suo nemico.
14. Non prometteva niente di buono
Quando sul pavimento vide
Il terrore dei giganti.
Egli ordinò di prendere tre torelli e di cuocerli.
15. Ciascuno dei tre aveva una testa più corta
E destinati ad essere grigliati; solo il marito di Sif
Mangiò prima di andare a dormire,
Con l'aggiunta di due buoi.
16. L'antico congiunto[47] di Rungner pensò
All'abbondante pranzo che Lorride aveva consumato.
"Credo che domani noi tre dobbiamo pescare del pesce da mangiare."
17. Vior avrebbe remato sull'onda
Se il baldo gigante avesse provveduto all'esca.
"Vai alla mia mandria a prendere l'esca, se hai coraggio,
baldo Gigante frantumatore di montagne!
Ti aspetto anche se non trovi che sia un compito facile
Prendere come esca un mio bove."
18. Il dio si affrettò allegramente verso la foresta,
Dove stavano i buoi tutti neri;
Il flagello dei giganti[48]
Spezzò entrambe le corna del toro.
19. Disse Hymer: "Tu, carro maestro, sei terribile
Anche se te ne stai quieto,
ei ancora peggio quando sei in azione."
20. Il lampeggiante maestro della capra comandò
Al parente della scimmia di remare lontano,
Ma il gigante non aveva alcuna voglia
Di remare lontano.
21. Il possente Hymer issò a bordo dell'imbarcazione-
Un paio di balene insieme,
Ma a poppa, Vior, consorte di Sif,
Approntò astutamente uno stratagemma.
22. Il salvatore dei popoli, il flagello del serpente,
Ora sollevò la testa del bue sull'arpione:
E guardò la bocca aperta di quello che gli dèi odiano,
Quello che è arrotolato
Negli abissi intorno a tutte le terre. [49]
23. Allora il baldo Thor coraggiosamente trascinò
Il velenoso serpente sull'imbarcazione:
Colpì pesantemente con il suo martello
La sommità della testa del fratello caduto del lupo.[50]
24. Le montagne rumoreggiarono,
I campi gridavano ad alta voce;
Così collassò il mondo antecedente;
Il viscido serpente sprofondò nel mare.
25. Infelice era Hymer
Quando remava verso casa.
Per lungo tempo non disse una parola;
Girò il timone in direzione sbagliata.
26. Hymer parlò: "Tu dividi equamente
Il lavoro con me: portati a casa le balene,
Al villaggio, e lega la capra acquatica a riva."
27. Lorride[51] afferrò la poppa
E trascinò il cavalluccio marino[52] a riva;
Con spirito, con i remi e con la sassola;
Il cinghiale del gigante[53] tra i flutti egli portò al villaggio
Attraverso i sentieri della foresta nera.
28. Ma ancora il gigante dal carattere ostinato
Rivaleggiò con il dio;
Disse che l'uomo non era forte,
Pur essendo un rematore,
Se non avesse infranto un recipiente per bere.
29. Lorride subito scagliò il calice,
La colonna di pietra si spezzò
Ma il calice rimase sano:
Sedutosi, egli lo gettò contro le colonne della sala,
Ma il calice che gli aveva dato il suo ospite rimase intatto.
30. A lungo la concubina del gigante, una donna affabile,
Diede questo consiglio,
Tutto quello di cui era a conoscenza:
"Colpisci la testa di Hymer con il calice,
È più dura di qualsiasi calice.
31. Thor si alzò, s'invigorì,-
Raccolse le sue forze di Ása:
Il supporto dell'elmetto rimase intatto
Mentre l'orlo del calice si spezzò in due.
32. Disse allora Hymer: "Ho perduto il prezioso tesoro,
Vedendo il calice infranto,
Caduto dal mio grembo;
Non posso più ritrattare la mia parola, questo gioco
Era troppo amaro.
33. "Sei libero di portar via il calderone
Dalla nostra corte, se ci riesci."
Due volte Tyr tentò di rimuoverlo,
Ma il calderone rimaneva fermo e saldo.
34. Il padre di Mode[54] afferrò l'orlo
Con una forza tale che il suo piede bucò il pavimento;
Il marito di Sif lo sollevò sulla sua testa:
Le maniglie tintinnavano contro i suoi talloni.
35. Non erano andati lontano
Quando il figlio di Odino guardò indietro;
Vide le orde di Hymer che si avvicinavano
Dalle valli orientali, a centinaia.
36. Abbassò la caldaia, la mise giù,
E si volse contro quella moltitudine assassina
Con il Mjölnir,
Abbattendo le terribili balene di pietra
Che si affrettavano dietro di lui con Hymer.
37. Non viaggiarono a lungo perché la capra di Lorride
Barcollò e cadde tramortita davanti a loro;
La saltellante bestia aveva una gamba zoppa;
E questo era stato causato da Loki.
38. Ma voi avete udito, chiunque sia istruito
Negli incantesimi di dio, e potete rapidamente vedere
Il salario che egli si guadagnò dall'agricoltore,
Che cedette come servi entrambi i suoi figli.
39. Alla Ting degli dèi venne il provocatorio Thor,
E portò con sé il calderone di Hymer;
Ora gli dèi bevono abbondantemente con Äger ad ogni autunno,
Quando il grano d'oro è immagazzinato.
NOTE DELL'AUTRICE
Questo Discorso si potrebbe considerare l'istruzione più esplicitamente esoterica riguardo alla composizione dei mondi, che si trova in qualsiasi mitologia esistente. È paragonabile alle descrizioni della natura interna del nostro universo che troviamo in altre fonti, come la Qabbalāh e le scritture persiane e hindu; in verità, se prendiamo la Dottrina Segreta come pietra di paragone, l'insegnamento di Grimner è sorprendentemente esplicito.
Odino, sotto un altro aspetto (Grimner significa incappucciato, camuffato), spiega al suo discepolo Agnar la costruzione del nostro universo dai livelli più alti della divinità fino ai mondi di materia più bassa, completando lo schema abbozzato nella Völuspá riguardo ai processi creativi e distruttivi che s'alternano in un universo. L'astrologia dei miti non si riferisce ai temi natali e alle previsioni personali. Tratta le proprietà dei mondi viventi, con il carattere e le funzioni delle loro divinità planetarie e le interrelazioni e le forze vitali che circolano attraverso i corpi celesti.
Nel Grimnismál troviamo le due prime razze della terra che si sviluppano sotto la diretta supervisione divina: Agnar, la più vecchia, istruita da Frigga, madre degli Aesir, e Geirröd, la più giovane, da Odino. Il Padre di Tutto induce Geirröd a usurpare la posizione di Agnar — la seconda umanità che soppianta la prima. C'è un preciso parallelo nel Vecchio Testamento quando a Rebecca è detto: "due nazioni sono nel tuo grembo e due stirpi di popoli . . . un popolo sarà più forte dell'altro popolo; e il popolo più vecchio servirà quello più giovane" (Genesi, 25:23). Segue poi la storia ben nota di Esau che vendette la sua primogenitura al gemello più giovane.
La terza umanità è simbolizzata dal figlio di Geirröd, chiamato anche lui Agnar, che è istruito da Grimmer, ora chiamato Väratyr (Il Dio dell'Essere o il Dio-che-è). Al ragazzo, essendosi guadagnato questo privilegio con un atto di gentilezza, è insegnata la formazione e la composizione del sistema solare: i suoi "livelli" di sostanze, i "piani" visibili e invisibili della letteratura teosofica — e le corti, le sale, o i palazzi che sono le dimore dei loro rispettivi dèi. Le caratteristiche di questi palazzi di potenze divine sono indicate molto ingegnosamente, anche se nessuna parola potrebbe dare un'adeguata comprensione delle loro proprietà: semplicemente perché la consapevolezza umana non include i tassi di vibrazione che cadono, sia vicino che lontano, fuori dalla gamma delle nostre percezioni sensoriali. Fino a quando non avremo sviluppato i sensi appropriati a riconoscere queste sostanze, dobbiamo accontentarci di considerare le sfere come case adatte alle potenze che le usano.
Il primo mondo nominato è Trudhein — "Una terra sacra, vicina agli Aesir e agli elfi" (4). Il suo dio, Trudgälmer, è quell'aspetto della divinità trina che corrisponde a Vishnu, il potere che sostiene della trimurti hindu[55] o la triade divina. Gli altri due mondi sono Örgalmer che, come il Brahmā hindu, è la forza effusiva e in espansione, il "creatore," mentre il terzo, Bärgälmer, il frutto di una vita, paragonabile a Śiva, il distruttore-rigeneratore. I tre mondi sono chiaramente i tre aspetti della forza motrice, sia in un universo che in qualsiasi altra entità, che si esprime come un cambiamento costante. Le descrizioni delle dodici case degli dèi sono soggette a molte interpretazioni: si possono applicare alle dodici direzioni nello spazio, che sono più comunemente denominate come influenze zodiacali, e anche ai poteri planetari, attraverso i cui caratteri modificanti queste influenze sono filtrate prima che le riceviamo; possono anche riferirsi alle caratteristiche invisibili della nostra divinità terrestre, che corrispondono a quelle superiori, e sono modificate da esse. L'analogia è una valida guida per comprendere i miti, purché non vengano distorti e portati agli estremi. Poiché le dodici divinità nominate in Grimnismal variano molto nei loro attributi, non c'è da sorprendersi di trovare inclusi dei caratteri diversi come Ull e Trym, rispettivamente la sfera più alta e spirituale della vita nel nostro sistema terrestre, e quella più profondamente immersa nella materia, il globo che attualmente abitiamo.
È bene ricordarci che stiamo trattando con forze qualitative che hanno caratteristiche infinitamente diverse, non personaggi, per quanto esagerati siano. Forse, se potessimo studiare i processi cosmici e i loro poteri dinamici ai loro stessi livelli, potremmo percepirli, ma dal nostro microscopico punto di vista umano li possiamo solo debolmente immaginare come principi che appartengono all'universo solare. I personaggi nei miti sono antropomorfizzati — anche se sono soltanto nominati — e possono darci solo una vaga idea approssimata delle loro reali caratteristiche e funzioni. Proprio così la simbologia zodiacale fornisce solo le indicazioni più deboli riguardo i vari campi d'influenza che dominano le diverse direzioni nello spazio. È semplicemente che non siamo in grado di distinguerli.
I Discorsi non sono sempre sequenzialmente chiari, e ci ritroviamo immediatamente immersi in una citazione appena abbozzata del Valhalla in cui i guerrieri di Odino si nutrono dei tre cinghiali — i risultati delle loro conquiste sulla terra che, come abbiamo visto, sono simbolizzate da un cinghiale nelle mitologie norrene e in altre. I loro nomi, Andrimner, Sarimner, e Eldrimmner, rispettivamente respiro (aria, spirito), mare (acqua, mente), e fuoco (calore, desiderio e volontà), costituiscono un simbolo dentro un simbolo quando queste caratteristiche si applicano alla composizione sia della natura sia dell'uomo. Quando il verso 18 è parafrasato: "lo spirito lascia che la mente sia immersa nel desiderio e nella libera volontà; pochi conoscono di cosa si nutrono i guerrieri dell'Uno," ne deduciamo che i conquistatori del sé si nutrono di una sublimazione progressiva e determinata dei desideri e della volontà. Questa è psicologia di ordine elevato. Dà sostanza e scopo all'evoluzione umana come un cambiamento progressivo, e offre all'anima umana un potente incentivo di crescita. Ben oltre l'idea che l'evoluzione appartenga semplicemente ai corpi, qui realizziamo che ciò che evolve è la coscienza degli esseri, e che nel regno umano la libera volontà ricopre una parte significativa in questo processo. L'istruzione e l'allenamento di Agnar ha, come sua applicazione pratica, l' avanzamento di una comprensione del ruolo che l'anima umana deve ricoprire nel dramma cosmico.
Odino descrive i suoi due cani, Gere e Freke (19), i suoi fedeli compagni. Egli li nutre, Ingordigia e Golosità, sebbene egli stesso viva solo di vino; il vino e l'idromele sono usati per indicare la saggezza. Così il dio sostiene e usa la natura animale, sebbene egli stesso sia sostenuto solo dalla saggezza. Il Nuovo Testamento offre un parallelo nella nota storia delle nozze di Cana, dove Gesù trasformò l'acqua (le regole del rituale) in vino (l'insegnamento spirituale). Anche i corvi di Odino, Hugin e Munin, descrivono gli aspetti della coscienza necessari a ottenere l'esperienza. Hugin significa la mente in tutte le molteplici connotazioni in cui questo termine è usato: può anche essere usato per proposito, intento, stato d'animo, attitudine, disposizione — applicabili tutti a Hugin. Anche Munin ha molti significati, con la memoria al primo posto. Senza memoria non vi sarebbe alcuna modificazione della mente. È su questa modificazione causata dall'esperienza accumulata che l'intelligenza si alimenta ed è ottenuta l'abilità, il carattere si modifica, e l'evoluzione procede. Noi costruiamo incessantemente sulla consapevolezza che gli eventi sono passati. Ma c'è ancora di più: Munin determina anche la motivazione, il fattore primario nel dirigere la mente e la successiva azione. È Hugin che rischia di rimanere intrappolato nelle sue escursioni, ma la paura per Munin è eterna.
Il Padre di Tutto parla di Tund, il fiume del tempo, che forma il fossato che circonda Valhalla. Lì guizza il pesce di Tjodvitner — l'umanità. Tjodvitner è uno dei nomi di Fenris, il lupo generato da Loki, tutta la bruta progenie della mente indisciplinata. È il licantropo che pesca per sempre le anime umane da attirare fuori strada. Quelli che attraversano il fiume devono affrontare il "Cancello della Scelta" o "Cancello della Morte," il cui chiavistello può essere aperto da pochi, e che, come abbiamo visto, porta alla Sala dell'Eletto — Valhalla.
Grimner poi spiega al suo discepolo come sia costituito l'Albero della Vita, e i pericoli ai quali è soggetto. Non c'è stato alcun tentativo di tradurre i nomi di tutti i fiumi di vite. È sufficiente che tra essi vi siano appellativi come Saggezza e Guerra (in parecchie forme), che suggeriscono le caratteristiche dei vari regni degli esseri e la loro posizione sulla scala evolutiva. Sono proposti solo pochi dei significati più chiari. I nomi non tradotti, tranne quelli spiegati altrove, sono messi in corsivo. Seguono poi i nomi dei destrieri degli dèi.
Per ultima, la "benedizione di Ull su colui che per primo tocca il fuoco" implica una promessa del perfezionamento umano. Ci ricorda che il mondo immanifestato di Ull — l'apice della divinità nel sistema al quale appartiene la nostra terra — è accessibile. Il "fuoco" di questo mondo "freddo" increato, di pura coscienza, può difficilmente essere spiegato in termini che sarebbero comprensibili nella nostra esistenza, ma le parole ci danno un accenno delle vastità che il nostro sé essenziale potrebbe raggiungere.
I versi finali del Grimnismal non hanno bisogno di spiegazione. In essi, il padre degli dèi rivela i suoi molti nomi, e culmina pronunciando le parole: "Colui che Apre e Colui che Chiude, tutti sono uno in me."
Re Rödung aveva due figli: uno si chiamava Agnar, l'altro Geirröd. Agnar a quel tempo aveva dieci inverni, Geirröd ne aveva otto. Entrambi remavano in una barca e pescavano, ma il vento li sospinse al largo. Nel buio della notte toccarono terra, scesero e incontrarono un povero contadino che li alloggiò per l'inverno. La moglie si prese cura di Agnar, e l'uomo di Geirröd. Arrivata la primavera, l'uomo diede loro un'imbarcazione, ma quando lui e la moglie li portarono alla spiaggia, l'uomo parlò privatamente a Geirröd.
Avevano avuto un vento favorevole e presto arrivarono alle terre del loro padre. Geirröd era a prua; saltò a terra ma spinse via l'imbarcazione con a bordo Agnar, dicendo: "Vai dove i troll possano prenderti!" L'imbarcazione scivolò sul mare. Geirröd divenne re in sua vece e fu un uomo famoso.
Odino e Frigga si posero a sedere in Lidskjälf, [56] e di lì scrutarono tutti i mondi. Odino disse: "Guarda Agnar, il tuo figlio adottivo, che genera figli con la gigantessa in una caverna! Invece Geirröd, il mio figlio adottivo, è un re e governa sulle terre." Frigga replicò: "Egli è così avaro, fa morire di fame i suoi ospiti se sono troppo numerosi." Odino disse che era una grande bugia; fecero una scommessa sulla questione. Frigga inviò la sua ancella Fulla[57] da Geirröd per avvisarlo che di notte sarebbe arrivato uno stregone che sarebbe stato la sua rovina, e accennò che nessun cane, per quanto feroce, avrebbe attaccato quell'uomo. Fu la calunnia più grande dire che Re Geirröd mancava di ospitalità, ma egli fece in modo che l'uomo, su cui i cani non avevano alcun potere, fosse preso prigioniero L'uomo era vestito con un mantello blu di pelliccia e disse di chiamarsi Grimner.[58] Non avrebbe voluto dire di più su di sé per quanto Re Geirröd gli ponesse delle domande. Il re lo fece torturare e legare tra due fuochi. Lì egli rimase per otto notti.
Re Geirröd aveva un figlio, di dieci inverni, che aveva chiamato Agnar come suo fratello. Il ragazzo andò da Grimner, gli diede un corno pieno da bere e disse che il padre aveva sbagliato a torturare un uomo innocente. Grimner si scolò il corno. Ormai il suo mantello aveva preso fuoco. Disse:
1. "Caldo sei tu, Fuoco, e troppo ardente!
Allontanati da me, Fiamma!
Sebbene io abbia sollevato il mantello,
Il rivestimento di pelliccia
Comincia a bruciare.
2. Da otto notti sono legato qui tra i fuochi
E nessuno mi ha portato cibo;
Solo Agnar, il figlio di Geirröd,
Solo lui regnerà sulla terra dei Goti.
3. Salute a te, Agnar; Varatyr[59] ti augura
Che tu sia fortunato in tutte le cose!
Solo perché mi hai dato da bere
Riceverai una grande ricompensa.
4. Una sacra terra io vedo che si trova
Vicino agli Aesir, vicino agli elfi;
Ma in Trudheim dimorerà Thor
Finché il regno dei sovrani sarà preso.
5. Chiamano quelle conche le Valli della pioggia
Dove Ull[60] ha sistemato la sua sala:
Gli dèi diedero a Frey la casa dell'elfo
Come dono quando gli spuntò il primo dentino
All'alba del tempo.
6. Vi è una terza dimora dove le nobili potenze
Coprirono la sala con argento;
Il ripiano del Prescelto fu costruito per se stesso
All'alba del tempo dal saggio Áse.
7. Il Fiume Profondo è la quarta dimora
Dove si sollevano gelide onde
Dove Odino e Saga bevono dai calici dorati.
8. La quinta dimora è la Casa della Gioia
Dove risplende d'oro la Sala del Prescelto
Dove Odino, il Diffamato, ogni giorno incorona
Quelli che sono stati uccisi in battaglia.
9. Riconoscibile chiaramente da quelli che vengono
Da Odino in questa sala
È la struttura del tetto, costruito da lance e scudi,
Mentre le panche sono cosparse di corazze.
10. Riconoscibile chiaramente da quelli che vengono
Da Odino in questa sala
Il lupo appeso sulla porta occidentale,
Con sopra un'aquila grondante di sangue.
11. La sesta è Trymheim dove viveva Tjasse,
Il possente gigante del tempo passato;
Ora Skade, la snella sposa del dio,
Costruisce sui terreni antichi di suo padre.
12. La settima è l'Ampia Vista, dove Balder
Dispose le sue sale;
Su quella terra so che ci sono pochissime rune funeste.
13. L'ottava è La Montagna del Cielo,
Dove si dice che Heimdal
Governi i santuari;
Il guardiano degli dèi con gioia
Beve abbondante idromele in questa casa felice.
14. La nona è Folkvang. Lì governa Freya,
Assegnando i seggi nella sala;
Ogni giorno saluta la metà dei prescelti.
Odino rende omaggio agli altri.
15. La decima è la Risplendente,
Sostenuta da pilastri dorati
E con il tetto d'argento.
Lì Forsete vive le sue giornate
E saggiamente giudica le contese.
16. L'undicesima è Il Porto delle Navi,
Dove Njörd ha arredato la sua sala;
Il mite sovrano degli uomini,
Regna sui sacri templi boscosi.
17. Nascosta dai cespugli e dalle alte canne
È la vasta terra di Vidar;
Lì scenderà mio figlio
Per vendicare suo padre.
18. Andrimner lascia che Särimner
Sia rafforzato in Eldrimner[61]
Dal migliore dei cibi!
Pochi sanno ciò che mangiano i falchi dell'Uno!
19. Gere e Freke sono nutriti
Dal padre degli eserciti avvezzo alla guerra,
Ma Odino, ornato di armi
Vive sempre di solo vino.
20. Hugin e Munin volano ogni giorno
Sui campi di battaglia della terra.
Temo che Hugin non ritorni
Ma ho più paura per Munin.
21. Tund[62] ulula e il pesce di Tjodvitner[63] -
Guizza nel ruscello;
Il fiume che scorre sembra troppo grosso
Per chi passa a guado.
22. Il Cancello della Scelta è nella muraglia,
Sacro, davanti alle porte sacre;
Sottile è quel cancello, e soltanto pochi
Sanno come può essere sbloccato.
23. Cinquecento sale e ancora quaranta
Si trovano lì, in Bilskirner;
Di tutte le sale con i tetti mi sembra
che la più ampia sia quella di mio figlio.
24. Cinquecento porte e ancora quaranta
So che ci sono a Valhall;
Ottocento falchi dell'Uno emergono all'improvviso
Da ciascuna porta, quando vanno a testimoniare.[64]
25. Heidrun è la capra nella sala del Padre degli Eserciti,
Che bruca le fronde del Donatore d'Ombra.
Riempie fino all'orlo la coppa della creazione con un buon idromele;
Un liquore che non può mai mancare.
26. Eiktyrner è il cervo nella sala del Padre degli Eserciti,
Che bruca le foglie del Donatore d'Ombra.
Dalle sue corna le gocce si riversano su Hvergälmer,
Da dove scaturiscono tutte le acque.[65]
27. Sid e Vid, Sakin, Ăkin, Sval e Gunntro,[66]
Fjörm e Fimbultul;
Rin e Rinnande, Gipul, Göpul,Gammal,
E Geirvimmel,
Il vento intorno alle dimore degli dèi;
Tyn e Vin, Töll e Höll, Grat e Gunntorin.
28. Vina è uno, un altro è Vägsvin, un terzo è Tjodnuma.
Nyt e Nöt, Nönn e Rönn, Slid e Rid,Sylg e Ylg, Vid e Vand, e Strand,
Göll e Leiptr, che scorrono vicino all'umanità
E fluiscono giù fino all'Hel sotterraneo.
29. Körmt e Örmt e i due Karlögar, dove
Thor guada ogni giorno quando si reca in consiglio
Sotto il frassino Yggdrasil; altrimenti il ponte
Degli Aesir brucerebbe nelle fiamme
E le sacre acque ribollirebbero.
30. Glad e Gyller, Gler e Skidhrimer,
Silvertopp e Siner, Gisl e Falhofner,
Gultopp e Lättfot; questi destrieri gli dèi elevati
Cavalcano ogni giorno quando si recano al consiglio
Sotto il frassino Yggdrasil.[67]
31. Tre sono le radici che si estendono in tre direzioni
Sotto il frassino Yggdrasil:
Una ospita Hel, sotto un'altra ci sono i giganti di brina;
E sotto la terza, gli esseri umani.
32. Ratatosk è lo scoiattolo che corre sul frassino Yggdrasil:
Le parole dell'aquila in alto, sulla cima,-
Egli riporta al Roditore in basso.
33. Quattro sono i cervi che tendono graziosamente i colli,
Che rosicchiano i ramoscelli in alto.
Dáin e Dvalin,
Dunör e Duratror.
34. Sotto l'albero Yggdrasil ci sono più serpenti
Di quanti ne possa immaginare una stupida scimmia;
Goin e Noin, i figli del testimone della tomba,
il dragone dal Dorso Grigio, lo Spettro;
Colui che Apre e Colui che Chiude,
E credo che strappino i ramoscelli dell'albero.
35. Il frassino Yggdrasil deve durare
Più di quanto possano prevedere gli umani;
Il cervo rosicchia sopra il marciume del suo tronco,
E sotto rosicchia il serpente Nidhögg.
36. Rist e Mist mi portano il corno, Skäggjöl e Skogul,
Hild e Trud,
Löck e Härfjätter, Göll e Geirönul,
Randgrid, Rádgrid, e Reginleif,
Questi portano l'idromele dei vincitori dell'Uno.
37. Árvak e Allsvinn dovranno trascinare il sole,
Ma sotto i loro fianchi le potenze misericordiose
Hanno nascosto il freddo Ferro.
38. Svalin[68] è quello che si staglia davanti,
Schermando il flessuoso sole;
Le montagne e i marosi brucerebbero
Se da lì egli cadesse.
39. Sköll è il lupo che insegue il dio lucente
Al riparo nei boschi;
L'altro, Hate, figlio di Rodvitnir,[69]
Precede la sposa del cielo.
40. "Della carne di Ymer era formata la terra,
Dei fluttuanti mari il suo sangue,
Dalle sue ossa le montagne, dai suoi capelli le boscaglie,
E dal suo cranio il cielo.
41. Con le sue sopracciglia le potenze benefiche
Inclusero Midgárd per i figli dell'uomo;
Ma dal suo cervello sicuramente
Furono creati tutti i cieli scuri."
42. La benedizione di Ull e di tutti gli dèi
È chi per primo tocca il fuoco;
Poiché i mondi si aprono intorno
Ai figli degli Aesir
Quando i calderoni sono tolti dal cuore.
43. In passato vennero i figli di Ivalde
Per costruire Skidbladnir.
Le migliori navi per il gentile Frey
Il figlio benevolo di Njörd.
44. Il frassino Yggdrasil è il più nobile degli alberi,
Skidbladnir è la migliore nave,
Odino il migliore degli Aesir,
E Sleipnir è il migliore dei destrieri,
Bilrast[70] è il migliore dei ponti,
Brage il migliore dei bardi,
Hábrok il migliore dei falchi,
E Garm il migliore dei cani.
45. Ora ho mostrato la mia faccia agli dèi vittoriosi
Per destare la buona volontà;
Tutti gli Aesir sono convocati ai loro crudeli seggi,
Il crudele banchetto di ciascuno.
46. Mi chiamai Grimne, mi chiamai Glángäre,
Härjan e Hjälmbäre,[71]
Tack e Terzo, Tunn e Unn,
Helblind e Hár.
47. Sann e Svipal, e Sangetal Io sono,
Härteit e Nikar,
Bilögd, Bálögd, Bölverg, Fjölnir,
Grim e Grimne, Glapsvinn, e Fjösvinn.
48. Falda Larga, e Barba Folta, Padre della Vittoria,
Nikud, il Padre di Tutto, Padre della morte;
Atrid e Farmatyr. Non mi chiamo mai
Due volte con lo stesso nome
Quando viaggio tra le genti.
49. Grimne ero Io per Geirröd, ma Jalk per Ăsmund,
E Kjalar quando guidavo una slitta,[72]
Tro alla Ting, Oske e Ome, Jafnhár e Bäflinde,
Göndle e Hárbard tra gli dèi.
50. Svidur e Svidrer Io ero quando con l'inganno aizzai
Il vecchio gigante;
Quando divenni l'unica sventura
Del figlio di Midvitner.
51. Ebbro sei, Geirröd, e fuori di senno;
Di molto sei rimasto privo
Quando hai perduto i cani dell'Uno,
E il favore di Odino.
52. Ti ho parlato inutilmente, perché non ricordi niente;
Gli amici t'ingannano e ti truffano,
Vedo la spada del mio amico
Grondare di sangue.
53. Ygg ha ottenuto la tua caduta, la tua vita è finita;
I protettori sono in collera;
Qui tu vedi Odino, avvicinati se puoi!
54. Odino io sono ora, mentre prima ero Ygg,
E prima ancora ero Tund;
Vak e Skilfing, Vafud e Roptatyr,
Colui che Apre e Colui che Chiude:
tutti sono uno in me.
Re Geirröd stava seduto con la sua spada tra le ginocchia, sguainata a metà, e quando udì che Odino era venuto, si alzò andando verso di lui per spostarlo[Grimner: Odino] dai due fuochi. La spada gli cadde dalle mani e scivolò dal fodero, e la spada si rivoltò contro di lui trafiggendolo. Incontrò la sua rovina. Allora Odino scomparve. Da quel momento Agnar fu re per un lungo periodo.
NOTE DELL'AUTRICE
Tanto tempo fa, prima che l'umanità diventasse pensante e responsabile, il martello di Thor fu rubato dal gigante Trym. Il martello di Thor rappresenta non solo il potere distruttivo ma anche quello creativo, incluso il potere di generare: quindi Mjölnir è il simbolo del matrimonio. Loki, rappresentante degli dèi e portavoce presso i giganti, è inviato da Thor per trovare il martello e immediatamente prende in prestito "il travestimento piumato"[73] di Freya e s'incammina per ritrovare l'insostituibile emblema della creazione. Egli ritorna con la notizia che Trym ha veramente rubato il martello di Thor e lo ha nascosto nelle profondità della terra. In cambio della sua restituzione il gigante della materia chiede che Freya diventi sua moglie. Freya, oltre ad essere lo spirito dimorante di Venere e sorella di Frey, la divinità terrestre, rappresenta, come abbiamo visto, l'intelligenza superiore della nostra umanità; guida e protegge la nostra razza umana, che è il suo gioiello-Brisinga.
Ascoltando l'oltraggiosa richiesta di Trym, la dea s'infuriò con una veemenza tale che la preziosa gemma andò in pezzi. In verità, tutti gli dèi, affrontando quest'emergenza, accolsero costernati l'ultimatum del gigante. Durante le loro consultazioni, Heimdal propose che Thor si camuffasse come Freya in abito nuziale, in modo che egli stesso potesse recuperare quello che era di sua proprietà. Le divinità riunite respingono le sue futili poteste e Thor, riluttante, si sottomette all'umiliazione di essere vestito di lino finissimo e, indossando due pietre rotonde sul petto, si reca alla sala di Trym, accompagnato da Loki abbigliato come una damigella d'onore.
Durante i festeggiamenti nuziali il gigante è inorridito dal portentoso appetito e dalla sete della sposa. Solo l'arguzia di Loki salva la situazione, perché egli spiega che Freya ha digiunato a lungo in attesa di questo lieto evento. Quando Trym si curvò a baciare la sua sposa e, sollevando il velo, affrontò lo sguardo fulminante del dio del tuono, per l'impressione barcollò all'indietro lungo tutta la sala. Loki intervenne ancora con una spiegazione che per fortuna soddisfece il gigante (che evidentemente era piuttosto stupido.)
Trym ordinò che fosse portato il Mjölnir e deposto sul grembo della sposa per consacrare il matrimonio. E fu così che la potenza di Thor venne restituita al dio dopo il cattivo uso nella sfera della materia fatto da una razza non ancora risvegliata alle proprie responsabilità come umanità. Qui non è fuori luogo rilevare che la nostra epoca edonistica apparentemente non è la prima a fare cattivo uso del potere creativo e distruttivo. La creatività simbolizzata dal martello di Thor — il potere di mettere in movimento vortici d'azione per contenere la vita e organizzare le forme che gli dèi devono occupare — può ovviamente essere applicata a molti livelli d'esistenza. La nostra terra fornisce esempi analoghi: dalla proliferazione dei cristalli minerali attraverso i molti dispositivi che le piante hanno per disseminare spore e semi, agli accoppiamenti stagionali degli animali, alla sessualità umana, ogni fase di sviluppo apre alla creatività più opportunità di quella precedente. Nelle nostre creazioni noi umani non siamo limitati al mondo fisico; godiamo di una maggiore libertà creativa rispetto a qualsiasi fase precedente di progresso: la nostra intelligenza versatile e l'intuizione esclusivamente umana sono porta aperte per i mondi della scienza e dell'arte, per le gamme d'ispirazione e di ideali filosofici e spirituali non disponibili ai "nani nella corte di Dvalin." Questo ci colloca in una posizione di responsabilità per il governo della nostra terra e dei regni al di sotto di quello umano che seguono la nostra direzione.
Andrebbe ricordato che la storia teosofica registra che, fin dall'epoca in cui il potere creativo venne alla terra dal regno degli dèi, il pianeta è stato sottoposto a una materialità più grossolana di quella che prevaleva quando il martello di Thor fu rubato, e a quel tempo era paragonabile alla nostra condizione attuale. Fin da allora siamo discesi ancora ulteriormente e poi abbiamo cominciato a risalire. Al punto mediano della sua vita, gli atomi più pesanti della terra cominciarono a irradiarsi attraverso la loro sostanza, cioè cominciò la radioattività. Questo accadde milioni di anni or sono, sebbene sia stato scoperto solo recentemente. Il pianeta continuerebbe a raffinare la sua materia (con intervalli di consolidazione che dovrebbero diventare progressivamente più brevi) fino ad esaurirsi. Secondo la cronologia Brahmanica e teosofica, abbiamo passato il nadir, il punto in cui cominciammo a fare i primi passi ancora una volta verso la crescita spirituale. Il racconto di Völund narra come l'umanità più materiale vi era immersa, l'ora più buia del nostro pianeta.(Vedi Capitolo 21: Völundskvädet: Il Discorso di Völund)
Era incollerito Thor quando si svegliò e si accorse che aveva perduto il suo martello. Si stropicciò la barba e si strappò i capelli. Il Figlio della Terra brancolò su di lui e le prime parole furono:
THOR: Ascoltami, Loki. Nessuno sa quello che devo dirti,
Né in terra né in cielo: il martello è stato rubato all'Áse.
Thor e Loki andarono alla corte della bella Freya, e le sue prime parole furono:
THOR: Prestami, o Freya, il tuo travestimento piumato
Affinché possa ritrovare il mio martello.
FREYA: Ti darei il mio aspetto anche se fosse d'oro.
Te lo darei anche se fosse d'argento.
Loki volò, le piume frullavano; egli lasciò la corte degli Aesir ed entrò nel mondo del Gigante dove Trym, il principe thurso,[74] sedeva sull'alto seggio intrecciando i collari D'oro per i suoi cani e attorcigliando le criniere dei cavalli.
TRYM: Come va con gli Aesir? Come va con gli elfi?
Perché sei venuto nel mondo del gigante?
LOKI: Con gli Aesir va male. Hai rubato tu il martello di Lorride?[75]
TRYM: Ho nascosto il martello di Lorride a otto giorni di viaggio da qui, sotto la terra; nessun uomo lo ritroverà a meno che mi porti in sposa Freya.
Loki volò via, le ali frullavano; lasciò il mondo del gigante e si recò alla corte degli Aesir; lì Thor lo incontrò in mezzo alla corte, e le sue prime parole furono:
THOR: Hai portato a termine il tuo incarico e il tuo impegno?
Che messaggio mi porti da lontano?
Seduto, chi parla spesso divaga; sdraiato, può mentire.
LOKI: Ho tenuto fede al mio impegno e al mio compito:
Trym, il principe thurso, possiede il tuo martello.
Nessun uomo lo ritroverà se non porta Freya in sposa al gigante.
Cercarono Freya, e subito Thor pronunciò queste parole:
THOR: Freya, indossa l'abito nuziale. Noi due andremo nel mondo del gigante.
Freya era incollerita. S'infuriò con una rabbia tale, che tutte le sale degli Aesir furono scosse. Il gioiello-Brisinga andò in pezzi.
FREYA: Sarei veramente una pazza se venissi con te nel mondo del gigante.
Tutti gli dèi e le dee si riunirono in concilio; i potenti Aesir si consultarono su come Recuperare il martello di Lorride. Soggiunse allora Heimdal, il più canuto degli Aesir, il saggio veggente come lo sono tutti i Vaner:
HEIMDAL: Thor si vesta con l'abito nuziale
E indossi il gioiello-Brisinga. Si metta addosso un mazzo di chiavi tintinnanti,
Una veste femminile lunga fino alle ginocchia, pietre rotonde sul petto,
E un lino nuziale sul capo!
THOR: Gli Aesir potrebbero dire che sono poco virile
Se mi faccio adornare con un lino nuziale.
LOKI, FIGLIO DI LÖFÖ:[76] Tranquillizzati, Thor! Che parole!
Presto i giganti invaderanno Ásgárd se non recuperi il tuo martello.
Rivestirono Thor con l'abito nuziale e con il grande gioiello-Brisinga;
Dalla cinta pendevano le chiavi, e una gonna scendeva fino alle ginocchia;
Sul petto: due pietre rotonde. Velarono il suo capo con un lino prezioso.
Il figlio di Löfö soggiunse:
LOKI: Verrò come tua damigella d'onore.
Viaggeremo io e te per il mondo del gigante.
Disse il re thurso:
TRYM: Alzatevi, giganti. Spolverate le panchine.
Costoro mi portano Freya in sposa, la figlia di Njörd, da Noatun!
Portatemi le vacche dai corni d'oro e i buoi tutti neri
Per compiacere il gigante; ho in abbondanza tesori e gemme preziose,
Manca solo Freya.
Verso sera arrivarono gli ospiti; ai giganti fu servita birra. L'uomo di Sif[77] mangiò da Solo un intero bue, otto salmoni, e tutte le leccornie che s'intendono per le donne; E tracannò tre bariletti di birra.
TRYM: Avete mai visto una sposa con un appetito simile?
Non ho mai visto una sposa con dei morsi più taglienti,
O una fanciulla tracannare tanto idromele!
Tra loro Loki sedette furbescamente, ribattendo alle parole del gigante.
LOKI: Freya non ha mangiato niente per otto giorni,
Tanto era desiderosa di venire nel mondo del gigante.
Trym si curvò sollevando il velo della sposa per baciarla; barcollò all'indietro per tutta la sala.
TRYM: Perché Freya ha uno sguardo così feroce?
I suoi occhi ardono come il fuoco.
Tra loro Loki sedette furbescamente, ribattendo alle parole del gigante:
LOKI: Freya non ha dormito per otto notti intere,
Tanto era desiderosa di venire nel mondo del gigante.
Entrò la sorella del gigante per chiedere un dono nuziale. Supplicò:
LA SORELLA DI TRYM: Dammi gli anelli di oro rosso dalle tue dita
Se vuoi conquistare il mio amore e il mio favore.
TRYM: Porta il martello per consacrare la sposa.
Deponi il Mjölnir sul grembo della sposa;
Unisci le nostre braccia con il nastro nuziale.
Allora il cuore di Lorride gli sorrise nel petto quando egli sentì la dura impugnatura del martello. Per prima cosa, uccise Trym, il re thurso, poi azzoppò tutti i suoi parenti. Azzoppò la vecchia sorella del gigante che aveva osato chiedere un dono nuziale: ricevette colpi, non anelli, martellate invece di gemme.
Così ancora una volta il martello ritornò a Odino.
NOTE DELL'AUTRICE
Tanto, tanto tempo fa, la razza umana non aveva ancora acquisito le capacità che ci oggi distinguono dalle bestie: i poteri del linguaggio, del pensiero astratto, dell'abilità artistica, della creatività e dell'empatia. Questo è il racconto del nostro risveglio dall'umanità rudimentale, iniziando il processo di allenamento, di raffinamento, e di perfezionamento dello strumento umano — qualcosa che continua ancora oggi.
Rig[78] è un raggio di Heimdal, "L'Áse canuto," un'influenza solare. Simbolicamente, egli è alleato con Tyr, il dio degli inizi, e con la costellazione dell'Ariete. Il Discorso narra di come la discesa di quest'influenza divina nell'umanità primordiale ebbe luogo in tre fasi. L'umanità era ancora ottusa, mancando del potere mentale, e vegetava senza meta, andando alla deriva con infinita lentezza lungo il sentiero evolutivo, senza incentivo o desiderio di crescita, quando gli dèi compassionevoli guardarono indietro e videro la loro situazione critica. E così "s'incamminò lungo i verdi sentieri il potente, maturo, saggio Áse, il coraggioso, errante Rig." Discese tra gli uomini per aiutarli a risvegliare il loro ásmegir, un dio potenziale.
Il primo tentativo non ebbe successo: la porta della dimora umana, un miserabile tugurio, era chiusa (2). Alla seconda discesa, il dio trovò l'uomo in un confortevole casolare, la cui porta era socchiusa (13) — parzialmente accogliente; la terza discesa trovò l'uomo che abitava in una casa la cui "porta era aperta" (23): queste forme umane erano idonee a ricevere l'influsso divino della mente autocosciente.
Da quel momento in poi, la razza umana divenne auto-consapevole, capace di stabilire il suo destino. Con il pensiero venne la libertà, e con la scelta venne la responsabilità. Ora l'essere umano era responsabile dei suoi pensieri e azioni a livello morale e intellettuale, come pure semplicemente fisico, come prima.
È notevole che la progenie del dio nella terza dimora venne istruita dal suo stesso padre divino, ricevette le rune della saggezza, e ottenne con successo l'appellativo di "Rig." Questa razza diede vita alle umanità successive; Re, che rappresenta l'umanità più giovane, è avvisato da un corvo di perseguire obiettivi più virili che cacciare uccelli: egli avrebbe dovuto "cavalcare un cavallo, fendere con la spada, e abbattere il nemico." — simboli per imparare a controllare la natura umana, afferrare la spada della volontà, e uccidere il nemico del progresso umano — l'egoismo. L'avvertimento poteva essere una premonizione della perversione delle divine dotazioni della razza seguente. Il racconto di Rig è spesso citato per avvalorare il sistema delle caste che esiste in molte società, sia apertamente che in sottofondo. Comunque possa essere, implica anche una maggiore importanza. Dobbiamo tenere in mente la struttura dei miti, che possono dischiudere profondamente strati di significato al limite della nostra comprensione individuale. Se consideriamo l'evoluzione innanzitutto come un espandersi della coscienza, con forme e personalità complete, vediamo la compassione divina nella discesa di Rig, il nostro genitore divino, che venne a fornirci le qualità specificamente umane che, dopo molti meandri nel corso delle nostre vite, porterà la perfezione della nostra specie.
Gli uomini dicono che nei tempi primordiali venne uno degli Aesir di nome Heimdal e cavalcò lungo la riva del mare, arrivando a un casolare e presentandosi come Rig. Da questa storia deriva questo Discorso.
1. Cominciò a camminare a grandi passi lungo i verdi sentieri
Il forte, maturo, saggio Áse,
Il potente, coraggioso vagabondo Rig.
2. Continuò in mezzo alla strada
E arrivò a una capanna la cui porta era chiusa.
Entrò. C'era del fuoco per terra,
al centro sedeva una coppia dai capelli grigi,
Áe e Edda[79] con un vecchio fazzoletto sul capo.
3. Rig sapeva come consigliarli,
Sedette egli stesso sulla panca centrale
In mezzo a loro due, nella sala.
4. Edda gli servì un cibo semplice,
Una pagnotta, dura e secca, di grano grezzo;
Poi portò più cibo in tavola,
Una ciotola era stata messa sul bordo della tavola,
Con una zuppa di vitello cotto a fuoco lento,
il meglio della cucina.
5. Rig sapeva come consigliarli,
Allora si alzò e si preparò per riposare;
Si mise a giacere in mezzo al letto
Tra loro due ai lati della sala.
6. Tre notti dimorò insieme a loro,
Poi si allontanò per la strada principale.
Nove mesi passarono.
7. Edda partorì un figlio. Fu lavato con abbondante acqua.
Aveva un colorito scuro e fu chiamato Thrall.
Le dita erano grosse, la faccia sgradevole,
La sua schiena era piegata, i talloni erano lunghi.
8. La sua pelle era screpolata, le mani erano ruvide,
Con nocche nodose e unghie spezzate.
9. Crebbe e si sviluppò, esercitò la sua forza
Per intrecciare i giunchi, preparare i pesi,
e per trasportare ogni giorno la legna.
10. Venne al casolare una ragazza vagabonda
Con le piante dei piedi piene di cicatrici,
Le braccia bruciate dal sole
E il naso ricurvo verso il basso.
Si chiamava Tir.
11. Sedette in mezzo alla panca;
Con lei sedette il figlio di casa:
Bisbigliavano e ridacchiavano,
In quei giorni onerosi
Thrall e Tir prepararono un letto.
12. Contenti, andarono ad abitare insieme e generarono bambini . . .
[Qui seguono i nomi dei dodici figli e delle dieci figlie.]
Disposero delle fattorie, fertilizzavano i campi,
Allevavano suini, portavano le capre al pascolo,
Vangavano la torba.
Da loro due è discesa la razza degli schiavi.
13. Rig camminava a grandi passi in mezzo alla strada,
Arrivò a un casolare dove la porta era socchiusa;
Vi entrò, c'era un fuoco a terra, gli abitanti erano seduti ai loro lavori.
14. Afve e Amma[80] erano i padroni di casa.
L'uomo stava tagliando un tronco d'albero per un telaio,
Aveva una barba ben curata e i capelli pettinati all'ingiù,
E una camicia aderente. In un angolo si trovava una cassa.
15. La moglie stava filando a una ruota rumorosa,
Allargò le braccia e fece una trama,
Aveva un fazzoletto intorno ai capelli,
Una sciarpa sul petto, con delle spille
Appuntate sulla schiena.
16. Rig sapeva come consigliarli,
Sedette in mezzo a loro due. . . .
[Qui manca una parte del Discorso.]
17. Rig sapeva come consigliarli,
Si alzò dal tavolo, si preparò per andare a letto;
Giacque al centro del letto con loro due su entrambi i lati.
18. Tre notti egli rimase,
Poi si allontanò in mezzo alla strada;
Nove mesi passarono.
19. Ad Amma nacque un figlio,
Fu lavato con abbondante acqua
E chiamato Karl;[81] il ragazzo fu fasciato,
Bello e roseo, con occhi sfavillanti.
20. Crebbe e si sviluppò; addomesticò i buoi, costruì aratri,
Case di legno e fienili capienti,
Carretti artigianali, e guidava l'aratro.
21. Alla casa fu portata una sposa con chiavi tintinnanti
Su una gonna di pelle di capretto, e fu data in moglie a Karl.
Alert era il suo nome, era adornata da un velo.
Costruirono insieme, unirono i loro beni,
Edificarono una casa e costruirono il loro letto.
22. Vivevano contenti. . . .
[Sono nominati i loro figli: dodici ragazzi e dieci ragazze.]
23. Quindi Rig s'incamminò lungo la strada,
Arrivò a un palazzo con la porta rivolta a sud,
E la porta era aperta, un anello al paletto.
24. Entrò. Il pavimento era cosparso, stavano seduti,
Scambiandosi occhiate amichevoli, Fader e Moder,[82]
Intrecciando le loro dita.
25. L'uomo intesseva delle stringhe, piegava
Un arco di legno d'olmo e ci metteva delle piume
Mentre la moglie stampava con dedizione
Il lino e inamidava le maniche per coprire le sue braccia.
26. Indossava un alto copricapo, una gemma sul petto,
Una blusa ornata di blu e infine una gonna;
Le sopracciglia erano luminose, il seno più leggero,
La sua gola più bianca della neve sfavillante.
27. Rig sapeva come consigliarli.
Sedette al centro della panca
In mezzo a loro due, nella sala.
28. Moder sedette a tavola con il vestito ricamato,
Portò sottili fette di frumento bianco.
Mise sul tavolo i piatti d'argento battuto
Pieni di contorni:
Pesce e maiale, selvaggina fritta,
Vino in una caraffa, tazze costose.
Bevvero e furono contenti sino alla fine della giornata.
29. Rig sapeva come consigliarli,
Si alzò e si preparò per andare a letto.
Giacque al centro del letto con loro due su entrambi i lati.
30. Rimase con loro per tre notti;
S'incamminò lungo la strada.
Nove mesi passarono.
31. Moder partorì un figlio. Fu fasciato nella seta,
Bagnato d'acqua e chiamato Jarl.[83]
Aveva bei capelli,
le sue guance erano rosate.
I suoi occhi scintillavano come quelli di un giovane serpente.
32. Jarl cresceva sul pavimento di quella sala.
Presto roteò lo scudo, intrecciò le corde, tese l'arco,
Intagliò le frecce, montò a cavallo, brandì la spada,
E nuotò tra le onde.
33. Dai boschi che nascondono venne l'errante Rig,
Venne camminando a grandi passi.
Gli insegnò le rune, gli diede il proprio nome,
E lo chiamò figlio.
Gli lasciò in eredità i suoi beni, i terreni agricoli,
Terreni agricoli e antiche città.
34. Il possente Jarl cavalcò tra i fitti boschi,
Sulle montagne incappucciate di neve, Fino a un palazzo lontano;
Scagliò la sua lancia, strinse lo scudo,
Spronò il cavallo, tagliò con la spada,
Si eccitò in battaglia, sui campi insanguinati,
Scegliendo di cadere, egli stesso vinse la terra.
35. Solo, egli governò su diciotto fattorie,
spostò le merci e donò a tutti
Gemme, pietre preziose, agili cavalli,
Condivise i suoi anelli, e tagliò l'oro rosso.[84]
36. I messaggeri uscirono sulle strade umide,
Arrivarono al palazzo dove viveva Härse.
Egli aveva una ragazza dalle dita morbide,
Dalla carnagione bianca,
Di mente nobile, di nome Ärna.[85]
37. La convinsero e la rimandarono a casa sua.
Indossò il lino nuziale e sposò Jarl.
Insieme costruirono e furono felici,
Incrementarono la loro razza
E si godettero la vecchiaia.
38. [Qui seguono i nomi dei loro figli.]
Kon era il più giovane.
Lì crebbero i figli di Jarl, addomesticarono i cavalli,
Fabbricarono scudi arcuati,
Intagliarono frecce e agitarono le lance.
39. Ma Kon, il giovane, conobbe le rune,
Le rune eterne e le rune senza tempo.
Potente era lui nel salvare gli uomini,
Mitigando le spade e calmando i mari.
40. Imparò il canto degli uccelli,
A spegnere le fiamme,
A lenire le pene e a guarire dai dolori,
Aveva la forza e la visione lungimirante di otto uomini.
41. Jarl disputò con Rig sulle rune,Compì gesta e riuscì al meglio.
Ottenne quello che era il suo destino:
Essere chiamato Rig e conoscere le rune.
42. Cavalcò, il giovane Kon,
Attraverso paludi e boschi,
Lasciando che un dardo volante tramortisse un uccello.
Così un giorno cantò un corvo su un ramoscello:
43. "Perché giovane Kon uccidi gli uccelli?"
Dovresti cavalcare un destriero,
Fendere con la spada e abbattere i nemici.
44. "Altri re hanno palazzi costosi e fattorie migliori
Di quelle che tu possiedi;
Guidano bene una chiatta, hanno il bordo della spada insanguinato,
E infliggono ferite."
NOTE DELL'AUTRICE
Qui c'è un esempio in cui la malizia di Loki mette in moto una serie di eventi estremamente connessi al corso dell'evoluzione umana. Su istigazione di Odino, ancora una volta nel suo ruolo di destino, karma, Loki l'ingannatore s'impadronisce della preziosa "gemma di fuoco" di Freya — l'intelligenza umana. Abbiamo visto che Freya rappresenta la facoltà superiore e spirituale dell'intelligenza ed è, come divinità planetaria di Venere, la protettrice e patrona del regno intelligente di suo fratello Frey, la razza umana del pianeta terra.
Quando Freya affronta Odino e gli chiede della gemma, il dio impone una condizione che è profondamente significativa: Freya deve provocare una battaglia tra i due re più importanti del mondo, che non deve risolversi con la vittoria dell'uno o dell'altro ma con l'uccisione di entrambi "da parte di un uomo cristiano." Naturalmente questa frase riflette l'atteggiamento di un'epoca in cui i militanti missionari cristiani diffondevano i vangeli del Principe della Pace nelle terre del nord Europa e dell'Islanda, Comunque, la croce è l'eterna opposizione tra le forze della luce e quelle delle tenebre: non può esserci alcuna esistenza e di sicuro nessun progresso senza la tensione tra le coppie degli opposti, che denota la vita. È un concetto filosofico significativo che passa quasi inosservato, perduto nella leggerezza degli inganni di Loki. In un senso più lungimirante, diventa evidente che la battaglia di Freya continua per tutta la durata dell'esistenza, alleviata di volta in volta quando un altro cuore umano è sollecitato a sconfiggere le armate che sono in opposizione in se stesso, per ottenere, e dare, la pace che sopravanza la comprensione. Questo deve aggiungere lustro alla preziosa gemma di Freya.
Si dice che Loki scoprì che Freya aveva ottenuto la gemma dai nani. Egli lo raccontò a Odino. Odino allora richiese che Loki avrebbe dovuto portargli il gioiello. Loki obiettò che questo non si poteva fare per il motivo che nessuno poteva entrare nella casa di Freya contro la sua volontà. Odino gli disse di partire e di ritornare solo quando avesse ottenuto il gioiello. Loki sgattaiolò via protestando ad alta voce. Andò a casa di Freya e la trovò chiusa. Fuori faceva molto freddo e ben presto egli si congelò. Allora si trasformò in una mosca e ronzò intorno a tutte le serrature cercando una crepa ma non potette trovare da nessuna parte un buco abbastanza grande da entrarvi. Infine, nell'asse del tetto, sotto le travi, trovò un buco tale, che poteva passarci solo un ago. Attraverso questo buco, entrò. Una volta dentro, si guardò intorno per capire se qualcuno fosse sveglio ma vide che tutti dormivano. Entrò nel letto di Freya e scoprì che lei aveva il gioiello intorno al collo, ma che la serratura era chiusa dall'interno. Loki si trasformò in una pulce, saltò sulla sua guancia e la punse, dopo di che lei si svegliò, si rigirò, e si riaddormentò di nuovo. Abbandonando il suo aspetto di pulce, Loki prese il gioiello, aprì la porta, andò via, e diede il gioiello a Odino.
Quando al mattino Freya si risvegliò e vide che tutte le porte erano aperte senza essere state forzate, e che il prezioso gioiello era scomparso, fu certa di sapere cosa fosse accaduto. Andò nella sala, da Re Odino, proprio come si trovava, e gli disse che aveva fatto male a permettere che il gioiello le fosse rubato. Odino disse che, come lei una volta aveva ricevuto questo gioiello, così non l'avrebbe riavuto mai più; "a meno che," egli aggiunse, "tu non possa indurre due re, i più grandi del mondo, a battersi reciprocamente a condizione che entrambi combattessero, vivi o morti, finché qualche Cristiano fosse così coraggioso e possedesse tanta fortuna, da osare di affrontare entrambi questi uomini e ucciderli. Solo allora avrà fine la loro sventura, quando lo stesso eroe li avrà liberati dal bisogno e dalla sofferenza dei loro pericolosi sentieri."
Freya fu d'accordo e le fu restituito il gioiello.
NOTE DELL'AUTRICE
Sebbene i mulini di Dio macinano lentamente, tuttavia macinano molto finemente. — Longfellow[87]
Qui abbiamo incluso due miti che sembrano alludere alla quarta umanità (Atlantiana) sul nostro globo. Entrambi sono il soggetto di numerose saghe. Una è la Canzone di Grotte, il mulino magico, in quanto si applica a un ciclo terrestre, sebbene, come abbiamo visto, abbia anche un'applicazione più universale. L'altro racconto è quello di Völund, il fabbro. Questo racconto narra come, nella quarta grande era, l'anima dell'umanità — Völund — fu resa schiava dal male — Re Nidud — l'era più materiale nell'evoluzione della terra e dell'umanità.
Questi eventi nella storia dell'umanità ebbero luogo qualche milione di anni fa, secondo la cronologia della teosofia, nel periodo in cui la razza umana aveva fatto i massimi progressi materiali, sorpassando, in capacità fisiche e tecnologia, persino la nostra attuale epoca. Ma era un prodigio a senso unico, perché l'uomo aveva già dimenticato i valori spirituali che erano stati dati alla razza in tempi primordiali quando le influenze divine s'incorporavano tra le prime umanità e insegnavano e guidavano la nostra infanzia umana.
Tra i miti che possiamo far discendere dalla tradizione della saggezza dell'antichità, i racconti del mulino magico sono forse i più universalmente conosciuti, i più consistenti e, in determinati particolari, i più misteriosi. Non è mai stato spiegato in maniera soddisfacente perché le popolazioni di ogni continente nei tempi antichi evidenziarono particolarmente le proprietà magiche del mulino: lo dotarono non solo della sua accettata capacità di macinare farina ma si credeva che macinasse ogni possibile sostanza per gli dèi.
Per questi motivi, non era un comune attrezzo dell'uomo. Era uno strumento delle forze divine che non solo forniva cibo ma anche salute, ricchezza e sale, felicità, pace, e prosperità — della mente come pure del corpo; macinava i continenti sulla terra e i mondi morenti su scala cosmica, ed espelleva la sostanza omogenea con la quale potevano essere formati i nuovi mondi. Nel Kalevala finlandese, il fabbro celeste, dopo parecchi fallimenti al principio del tempo forgiò il mulino Sampo, e il suo lavoro di distruzione e creazione va avanti per tutto il tempo in cui i mondi muoiono e rinascono. Il popolo Maya dell'America Centrale ancora oggi compie i riti del mulino sacro, sull'eco di antiche leggende perdute. Nell'Edda, il suo nome, Grotte, significa crescita, ed è semanticamente connesso con l'evoluzione.
Il misterioso mulino di tutte le tradizioni sacre è rappresentato in molte fiabe come uno strumento notevole che produceva ogni cosa, le facoltà e proprietà degli esseri, come pure della materia. Era formato dagli agenti divini come la manifestazione della vita e del suo sostentamento. Ed era anche il suo distruttore.
In una storia dell'Edda, due gigantesse sono costrette a fare dei turni per macinare ricchezze e piacevolezze per Re Frode (il cui nome significa prosperità) durante gli eoni primordiali di pace e gioia conosciuti come l'età dell'oro. Lavoravano ininterrottamente per produrre infinite delizie per il piacere del re. Con il passare del tempo nel monarca s'accresce l'avidità per più oro e per piaceri sempre maggiori, per cui concede alle ragazze pochissimo tempo per riposare, come accade al gallo per cantare o al cuculo per richiamare. Così egli prepara la sua rovina. Inesorabilmente, le infaticabili gigantesse mettono in atto una poderosa vendetta. Il loro canto incessante, accompagnato dal cigolio delle mole di pietra, macinano un esercito che, sotto il comando del re del mare Mysing invade e conquista le terre di Frode.
Re Mysing prende con sé il mulino che produce, e nel tempo cade vittima dell'avidità poiché il mulino magico soddisfa i suoi bisogni: il suo continente è sommerso dalle acque — il classico racconto del diluvio che è narrato in tutto il mondo.
Come nella narrazione biblica e in altri racconti mitologici, il re, o il personaggio protagonista, rappresenta una nazione o una razza di gente in un indeterminato periodo di tempo, dandoci in forma di capsula la storia delle ere. Il diluvio, così comune e al tempo stesso controverso, è raffigurato in ogni tradizione mondiale, perché è un'esperienza comune a tutta l'umanità. I miti raccontano sotto forma di storia la periodica sommersione ed emersione di massicci di terre continentali — sia come immediati eventi catastrofici, sia come la prolungata erosione e la lenta emersione che conosciamo. Se l'improvviso diluvio che viene raccontato rappresenta un avvenimento unico o che si ripete periodicamente, indubbiamente ha fatto un'impressione sufficientemente profonda sulla coscienza umana, da giustificare il fatto che è parte dell'eredità delle scritture di ogni popolo sul globo.
Alla luce della scienza di oggi il mulino divino rappresenta un qualcosa ancora più universale e significativo di un espediente per descrivere la sismologia terrestre. Nella sua versatilità, nel fatto che è usato per produrre ogni tipo di cosa — non solo materia fisica ma anche altre sostanze — vediamo una chiave del suo carattere come uno strumento della creazione. A questo riguardo, ricorda strettamente il martello di Thor, Mjölnir (che significa "mugnaio"). Mjölnir macina i mondi del gigante, e riduce la materia all'omogeneità. È anche l'agente della creazione: abbiamo visto che Thor e il suo martello sono presenti ai matrimoni per garantire la generazione e la riproduzione.
La possibilità di un buco nero astronomico raffigurato come il mulino degli dèi è allettante, perché in ogni avanzamento della scienza astrofisica riguardante questi affascinanti fenomeni ci sembra di essere più vicini alla descrizione del mitologico mulino. Come il gorgo che ha risucchiato il mondo di Re Mysing nell'occhio della macina di pietra, così il vortice che circonda un buco nero in rotazione trascina tutta la materia nella portata del suo insaziabile campo gravitazionale nell'orizzonte degli eventi, dove sparisce dall'universo percettibile. Inoltre, si ritiene che i misteriosi quasar, che emettono quantità apparentemente impossibili di radiazioni a tutte le lunghezze d'onda, dagli infrarossi ai raggi X, coesistano con i buchi neri nei centri delle galassie. È degno di nota che nelle Lettere dei Mahatma (p. 47 ed. or.) che furono pubblicate mezzo secolo prima che i buchi neri fossero ipotizzati — la sostanza dei mondi morti era definita "macinata nell'officina della natura."
Questi mulini divini si applicano su scala cosmica. Come per il Grotte terrestre, il mulino della crescita o evoluzione, le cui ruote massicce sono girate da gigantesse delle ere terrestri, produce il risultato di qualsiasi cosa macinata che è fornita dal corrente "re" o razza umana. Non può fare altro. Così ogni civiltà o onda di vita delle caratteristiche proprietà deve portarne le conseguenze. È detto che durante i primi tempi di pace e abbondanza, un anello d'oro giace per ere, senza che nessuno lo reclami, su un affollato incrocio. Quando sparì, l'età dell'oro era finita. Le succedette una nuova era — Re Mysing — che a sua volta fu sopraffatto dal diluvio quando le sue terre furono sommerse dalle onde, un evento che potrebbe riferirsi alla sommersione del cosiddetto continente Atlantiano e delle sue civiltà. Negli annali teosofici, marcavano il punto mediano della vita del nostro pianeta, l'età più materiale di tutte — la mezzanotte dell'umanità.
È significativo che fosse mezzanotte quando le gigantesse chiesero a Re Mysing se avesse abbastanza sale. Fu un momento decisivo: continuare la creazione della materia, la tendenza verso il basso dell'era passata, o girare la corrente spirituale verso la crescita spirituale. La scelta del re provocò il suo inevitabile risultato: il diluvio sommerse le sue navi e trascinò verso la fine il ciclo del suo regno. La quarta era aveva provocato la propria distruzione con l'inondazione — un evento che offrì all'umanità di elevarsi ancora una volta verso la sorgente divina da cui era originariamente discesa.
Sköld era il figlio di Odino. Aveva un figlio chiamato Fridleif (amante della pace), il cui figlio si chiamava Frode (prosperità).
Durante il periodo in cui Frode era re, il mondo era pieno di pace ed armonia. Nessun uomo avrebbe fatto del male a un altro; non c'erano né ladri né briganti. Per epoche un anello d'oro fu lasciato palesemente su un incrocio, e nessuno lo toccò. Re Frode aveva due schiave, due gigantesse che si chiamavano Fenja e Menja. Erano grosse e forti, abili nel mettere in moto il pesante mulino che nessuno riusciva a muovere. Questo mulino possedeva la proprietà di essere capace di produrre qualsiasi cosa gli fosse richiesta. Il suo nome era Grotte.
Re Frode aveva portato le gigantesse al mulino e aveva ordinato di macinare a suo vantaggio l'oro, la pace, e la fortuna. Non concedeva loro più riposo di quanto se ne prendesse il cuculo per modulare il suo canto. Si racconta che le due poderose gigantesse cantassero la Canzone del Mulino e che, prima di finire il canto, alternandosi alla macina di pietra, avevano macinato un esercito contro Frode, cosicché di notte venne un re del mare, che uccise Frode e s'impadronì di tutti i suoi beni. Questo segnò la fine della Pace di Frode.
Il conquistatore, Re Mysing, portò con sé la macina e le ragazze del mulino. Ordinò loro di macinare il sale. A mezzanotte esse gli chiesero se avesse abbastanza sale, ma egli ordinò di continuare. Macinarono ancora, finché, poco dopo le sue navi affondarono. Si formò un gorgo nel mare, in cui le acque si riversarono nell'occhio del mulino. L'oceano fa le sue schiume quando il mulino gira, ed è per questo che il mare è salato.
1. Sono ora giunte a palazzo le due veggenti
Fenja e Menja;
Sono da Frode, il figlio di Fridleif,
Le possenti fanciulle catturate come schiave.
2. Furono legate al mulino
Per mettere in moto la grigia macina;
Egli non dava loro né riposo né pace,
Con l'orecchio sempre teso al cigolio del mulino.
3. La loro canzone era un grido lamentoso
Che rompeva il silenzio:
"Riduciamo i materiali, alleggeriamo le macine!"
Ma egli voleva che macinassero sempre di più.
4. Esse cantavano quando facevano ruotare e girare la macina,
Mentre la maggior parte degli uomini dormiva:
Allora, con voce tonante, Menja, la fanciulla dalla mente forte
Che era di turno al mulino, disse:
5. "Le merci maciniamo, Frode, maciniamo la fortuna,
Piatti colmi di ricchezze sul mulino delle delizie;
Egli siederà sull'oro, dormirà sulle piume,
E sarà sveglio a volontà.
6. "Qui nessuno danneggerà un altro, né sarà preda della malizia,
Né porterà alla rovina,
Né taglierà con la spada affilata, anche se fosse obbligato
A rovinare suo fratello!"
7. Le mani erano inattive, a riposo; la macina ferma;
Allora il re espose le sue vecchie lamentele:
"Non dormirete più del gallo quand'è in silenzio,
Non riposerete più delle parole che dico!"
8. "Frode, tu non fosti completamente saggio,
O amico dell'uomo,
Quando ci portasti qui in schiavitù;
Ci hai scelto per la nostra forza e il nostro aspetto,
Senza tener conto a quale razza apparteniamo.
9. "Duro era Rungner, duro era suo padre;
Tjasse era più grande di loro due;
Ide e Örner, i sovrani della nostra razza, fratelli
Dei giganti della montagna; questi sono i nostri antenati.
10. "Grotte non sarebbe giunto dalla grigia montagna,
Dal roccioso sottosuolo della terra,
Né la fanciulla della montagna starebbe ora a macinare
Se qualcuno conoscesse la sua stirpe.
11. "Nove inverni durò il tempo dei nostri giochi,
Sotto la terra maturò il nostro potere;
Abbiamo sempre compiuto grandi opere;
Abbiamo smosso anche le montagne.
12. "Dai campi dei giganti abbiamo divelto i massi;
Così la terra tremò, sprofondò sconquassandosi;
Da lì rotolammo la pietra sibilante,
La pesante lastra, da far prendere agli uomini.
13. "Nella terra del lungimirante Svijtiod,
Noi due ci unimmo al popolo;
Cacciammo gli orsi, spaccammo gli scudi,
Marciammo attraverso le grigie armate.
14. "Rovesciammo un principe, ne sostenemmo un altro,
Il buon Gothorm aiutammo con le sue orde;
Non ci fu pace fino alla conquista di Knue;
Lì fummo prese e catturate.
15. "Questa fu la nostra esperienza nei primi tempi,
Eravamo ben conosciute tra i guerrieri;
Allora trafiggevamo gli eroi con lance affilate,
Ferendoli e abbrustolendoli con il fuoco.
16. "Ora siamo giunte alla tua casa, o re,
In schiavitù, senza che nessuno avesse pietà di noi;
Il pietrisco lacera i nostri piedi, il gelo ghiaccia i nostri corpi
Quando facciamo girare il mulino che placa le guerre.
17. "Le mani resteranno inattive; la macina si fermerà;
Macinare è stato il compito di tutta la mia vita.
Ma la mano non può stare ferma finché Frode non vede
Che tutto è stato ben macinato.
18. "Le mani sosterranno dure impugnature,
Armi insanguinate. Svegliati, Frode!
Svegliati, Frode, se vuoi ascoltare le nostre canzoni
E i nostri racconti di tanto tempo fa.
19. "Vedo il fuoco che a oriente brucia la fortezza;
Convoca i messaggeri, rafforza i fari!
Un'orda di guerrieri invaderà questo posto
E brucerà la dimora del Bludlung.[88]
20. "Tu non conserverai il trono di Leidre,
Né i tuoi anelli di oro rosso né le tue macine di ricchezze;
Stringi più forte la presa, sorella,!
Non saremo riscaldate dal sangue della balena!
21. "Sicuramente mia sorella, la figlia di mio padre,
Macina con forza,
Perché ella vide molti uomini andare incontro alla morte;
I grandi sostegni del mulino,
Anche se puntellati nel ferro,
Cadono a pezzi — e ancora noi maciniamo.
22. "E ancora noi maciniamo! Possa il figlio di Yrsa,
Discendente di Halfdan, abbattere Frode;
Così potrà essere chiamato figlio
E anche fratello di lei.
Lo sappiamo entrambe."
23. Le fanciulle allora macinarono con maggior vigore,
Erano giovani, erano invase dall'ira del gigante;
Le travi tremarono, l'asta si chinò,
Con assordante fragore il macigno cadde a pezzi.
24. Così collassò il primo mondo.
E la sposa del gigante della montagna cantò:
"Abbiamo macinato per te, Frode, perché fummo costrette.
Alla macina noi donne resteremo fino all'ultimo!"
NOTE DELL'AUTRICE
Quella di Völund è una cronaca della degradazione dell'anima della quarta umanità. I tre fratelli e le loro mogli Valchirie rappresentano le prime tre epoche della quarta umanità. Il più anziano era Egil, l'innocente, i cui figli divennero servi di Thor. Il secondo si chiamava Slagfinn, il cacciatore; il terzo, che nel racconto diede il seme della quarta grande età, era Völund, il re elfo — l'anima dell'umanità durante quella fase. Potrebbe esserci un'analogia con i cicli minori che hanno a che fare con tipi diversi di culture: primo, Egil, l'innocente — la fase primitiva; segue la fase del cacciatore-raccoglitore, e la terza: l'esperto in tecnologia. Queste prime razze erano sotto la guida divina delle loro Valchirie, che servivano direttamente sotto la protezione divina di Odino: l'anima spirituale, la radiosità della sorgente divina della coscienza. Essi si allontanarono dal contatto con le loro spose umane, come narra questo racconto.
Völund è un fabbro, specializzato nell'uso dei metalli. È catturato, azzoppato e imprigionato da Re Nidud (nid: male, slealtà) ed è costretto a forgiare tesori per il re. Segretamente egli forgia anche la spada magica (la volontà spirituale) che troviamo in tanti racconti di eroi, e il meraviglioso anello (del rinnovamento ciclico) che riproduce se stesso — analogo a quello creato dai nani per Odino. Durante il suo lavoro forzato, Völund escogita una terribile vendetta e al momento giusto se ne presenta l'opportunità. Seduce la figlia di Nidud e uccide i suoi due figli, che in una versione, durante un banchetto, egli offre al re che non sospetta di niente. Questo cannibalismo del re si riferisce a un periodo, perché il Tempo divora tutti i suoi figli: tutto ciò che il tempo genera alla fine ha un termine. Vi è un parallelo con i miti greci, in cui Crono (che rappresenta anche il tempo) divora i suoi figli. In questa versione, Völund vende al sovrano i crani dei suoi due figli, ricoperti d'argento.
A quel punto Völund fugge su un "carro alato," creato da lui stesso, portando con sé la spada magica e l'anello, le qualità della determinazione di crescere e le opportunità sempre ricorrenti di rinnovamento; con questi inestimabili tesori della nostra razza umana "sorridendo, Völund si alzò in aria; Nidud, soffrendo, era rimasto dov'era seduto" (38). Völund è anche chiamato "Rungner (boato) della lama piumata." Anche questo suggerisce che l'aviazione era conosciuta e usata dalla razza che Völund rappresenta. (Anche altre tradizioni registrano che individui umani selezionati scamparono alla sommersione del quarto continente che, come abbiamo rilevato, è stato generalmente chiamato Atlantide, alcuni fuggendo su macchine volanti,[89] e stabilendosi sulle terre emerse dove essi generarono le razze che appartengono alla nostra attuale quinta umanità.) Il malvagio re che fu abbandonato era evidentemente un periodo in cui dominava la tecnologia, mentre i valori spirituali mancavano quasi completamente.
Nidud era il nome di un re in Svitjod; aveva due figli e una figlia di nome Bödvild. C'erano tre fratelli, i figli del re finlandese; uno era Slagfinn, un altro Egil, e il terzo Völund. Cacciavano sugli sci. Vennero nella Valle del Lupo e si costruirono delle case; lì c'è acqua, il Mare del Lupo.
Al principio trovarono tre donne sulla riva, che filavano il lino, e oltre ad esse c'erano i loro costumi da cigno, poiché erano Valchirie. Due di loro erano figlie di Re Lödver (Njörd), cioè Ladgun-Candido Cigno, ed Hervör-Che Tutto Sa, mentre la terza, Ölrun, era figlia di Kjar di Valland. I tre fratelli presero casa insieme a loro. Egil si mise con Ölrun, Slagfinn con Candido Cigno, e Völund con Colei che Tutto Conosce.[90]
Per sette anni vissero insieme; poi le donne volarono via in cerca di battaglie, e non fecero ritorno. Egil corse sugli sci per trovare Ölrun, Slagfinn cercò Candido Cigno, ma Völund si fermò nelle Valli del Lupo. Egli era, secondo la leggenda, l'artigiano più abile che gli uomini di re Nidud avessero catturato, come ci racconta questo canto.
1. Le fanciulle volarono a sud attraverso i fitti boschi,
Colei che Tutto Sa, la giovane, per adempiere al suo destino;
Discesero per riposare su un lembo di mare.
Questi spiriti del sud che filavano il prezioso lino.
2. Egil ne prese una in moglie, l'amabile fanciulla
Dal bel petto carnoso; Slagfinn prese in moglie Candido Cigno,
Che aveva le ali del cigno; ma la terza sorella
Si strinse al bianco collo di Völund.
3. Per sette anni rimasero, ma all'ottavo
Esse furono preda di un forte desiderio, e al nono
La necessità le separò; le fanciulle sospiravano per i fitti boschi;
Colei che Tutto Sa, la giovane, doveva adempiere al suo destino.
4. Tornarono dalla caccia i saggi cacciatori;
Slagfinn ed Egil trovarono le loro stanze vuote,
Cercarono dappertutto: Egil sciò ad oriente in cerca di Ölrun,
Slagfinn andò a sud per cercare Candido Cigno.
5. Völund attese da solo nella Valle del Lupo,
Martellava per forgiare l'oro splendente di rosso,
Lasciando che ogni anello formasse un cerchio divino
Fino al polso,
Aspettando il ritorno della sua sposa dai sopraccigli lucenti.
6. Allora Nidud, re dei Njar, apprese che
Völund attendeva da solo nella Valle del Lupo;
Di notte vennero degli uomini corazzati;
I loro scudi risplendevano luminosi sotto la falce lunare.
7. Arrivati alla capanna scesero dalle selle
E, entrando, percossero tutta la sala.
Videro gli anelli infilati su nastri e piccole canne,
Settecento, tutti di proprietà del fabbro.
8. Li presero, se li infilarono,
Tranne uno, che tralasciarono.
Dalla caccia tornò, sospettoso, Völund,
Dopo aver vagato a lungo.
9. Andò subito a rosolare la carne dell'orso,
Alta ardeva la legna d'abete di bosco
Seccata dal vento, davanti a Völund.
10. Il sovrano degli elfi sedette sulla pelle dell'orso
Mancava un anello. Pensò che l'avesse preso
La figlia di Lödver, pensava che
Colei Che Tutto Sa fosse ritornata.
11. A lungo se ne stette così seduto, finché
Si addormentò. Si risvegliò per il dolore:
Le sue mani erano appesantite, incatenate da duri ceppi,
E anche i piedi erano bloccati dai ceppi.
12. VÖLUND: "Chi sono quegli uomini
Che hanno incatenato il domatore dei venti,
Che mi hanno legato?
13. Ora fu chiamato Nidud, il re dei Njar:
"Come hai fatto, Völund, saggio elfo,
A trovare il nostro oro prezioso nella Valle del Lupo?
Non c'era oro sulla strada di Grane;
La nostra terra è lontana dal filone aurifero della montagna."
14. VÖLUND: "Ricordo che avevamo un tesoro più grande,
Quando eravamo tutti insieme a casa.
Ladgun ed Hervör, figlie di Lödver, e Ölrun,
Figlia di Kjar.
15. "Lei entrò e percorse tutta la sala,
Camminò ancora a grandi passi e tranquillamente disse:
Ora il male verrà dai boschi."
Re Nidud diede a sua figlia Bödvil l'anello che era stato preso dalla catena nella sala di Völund; ma lui stesso prese per sé la spada di Völund. La regina disse:
16. "Vedi come egli digrigna nel vedere la spada
E l'anello messo da Bödvil.
I suoi occhi lampeggiano come occhi di serpente.
Taglia la forza del suo tendine e porta Völund
Nella rada delle barche."
Questo fu fatto, ed egli fu azzoppato e portato nel Savarstad (rada). Lì egli forgiò tesori per il re. Nessuno osava avvicinarsi a lui, tranne il re.
17. VÖLUND: "Nel palazzo di Nidud splende la spada
Che ho temperato al meglio che potessi,
E che ho levigato con tutta mia abilità.
18. "La mia spada fiammeggiante è stata portata lontano,
E mai più ritornerà nell'officina di Völund.
Ora Böldvil indossa l'anello della mia sposa
Fatto con l'oro più rosso, e io non posso farci niente."
19. Così egli sedeva, senza mai dormire, battendo con il suo martello,
Forgiando con sveltezza, tramando il tradimento verso Nidud.
Due ragazzi vennero di corsa, sbirciando dalla porta:
I due figli di Nidud che stavano a Savarstad.
20. Andarono verso la cassa, chiesero la chiave,
Le loro intenzioni erano evidenti.
Quando guardarono dentro, trovarono
Gioielli in abbondanza, l'oro più puro, e pietre preziose.
21. VÖLUND: "Ritornate da soli, voi due, ritornate domani
E vi darò l'oro scintillante!
Ma non dite niente a nessun uomo o donna del palazzo,
Non dite a nessuno che mi avete visto."
22. Di buon mattino, dissero, fratello a fratello,
Ciascuno all'altro: "Andiamo dal fabbro!"
Si avvicinarono alla cassa, chiesero la chiave,
Le loro intenzioni erano evidenti
Quando vi guardarono dentro.
23. Egli recise le loro teste e buttò i loro arti nell'acqua;
Ma i pallidi crani sotto i capelli
Li ricoprì d'argento e li vendette a Nidud.
24. Le pietre preziose ricavate dalle orbite
Le mandò all'astuta moglie di Nidud;
E dai denti dei due ragazzi
Forgiò una collana per Bödvild.
25. Bödvild venne ad elogiare l'anello
Lo portò da Völund quando questo si ruppe.
E non osò dirlo a nessun altro.
26. VÖLUND: "Riparerò con l'oro il punto rotto,
In modo che a tuo padre sembrerà più bello,
E soprattutto a tua madre, e ugualmente a te!"
27. Völund le portò un bicchiere della migliore birra,
E presto lei si addormentò sulla sedia.
28. "Ora ho vendicato tutto il danno subito,
Tranne uno, il peggiore di tutti.
29. "Va bene," sussurrò Völund,
"Sto ancora in piedi,
Anche se gli uomini di Nidud li hanno
Privati della loro efficienza."
30. Sorridendo, Völund si alzò;
Piangendo, Bödvild lasciò l'isola;
Piena di paura per il suo seduttore
E per la collera di suo padre.
31. La sospettosa moglie di Nidud
Uscì, ed entrò nell'enorme sala
Dove, nella corte, suo marito sedeva a riposare:
"Svegliati, Nidud, campione dei Njar."
32. NIDUD: "Mi sveglio sempre privo di gioia,
Perché i miei figli sono morti.
Fredda è la mia testa, freddo il tuo consiglio;
Voglio consultarmi con Völund."
33. "Dimmi, Völund, saggio elfo,
Che è successo ai miei figli?"
34. VÖLUND: " Prima giurami
Sullo scafo della nave, sul bordo dello scudo,
Sul cuore del cavallo, sull'elsa della spada,
Che tu non arrechi alcun dolore alla donna di Völund,
Né che tu sia la rovina di questa mia sposa;
Se io ho una donna che tu conosci
O che abbia un bambino qui in questa sala.
35. "Vai nella fucina che tu stesso hai creato
Troverai i mantici infangati di sangue;
Lì ho reciso le teste dei ragazzi
E buttati sott'acqua i loro corpi.
36. "I pallidi crani nascosti sotto i capelli
Ho ricoperto d'argento e li ho mandati a te, Nidud;
Gli occhi ingioiellati dalle loro orbite
Ho mandato alla tua astuta moglie.
37. "E dai denti dei due ragazzi ho cesellato
Gemme pendenti e le ho mandate a Bödvild;
Ora Bödvild, l'unica figlia che avete
È gravida di un bambino:"
38. NIDUD: Non ci sono parole che potrebbero
Addolorarmi come le tue,
Né potrei augurarmi qualcosa di peggio, Völund.
Non c'è un uomo così scaltro da poterti disarcionare,
Nessuno è tanto abile da poterti abbattere,
Perché tu voli nei cieli."
39. Sorridendo, Völund si sollevò nell'aria,
Mentre Nidud se ne stava seduto afflitto.
40. NIDUD: "Alzati, Tackrád, il migliore degli schiavi,
Ordina a Bödvild dai sopraccigli lucenti
Di recarsi da suo padre per parlare con lui.
41. "È vero, Bödvild, quello che ha detto:
Che tu e Völund vi siete incontrati sull'isola?"
42. BÖDVILD: "È vero ciò che Völund ti ha detto,
Nidud, che io ero insieme a lui sull'isola
Per un breve momento di colpa.
Non potevo oppormi.
Non potevo resistere a lui."
NOTE DELL'AUTRICE
Gli Aesir e gli Ásynjor (divinità) erano in assemblea nell'inviolabile, spaziosa sala illuminata di oro lucente, per banchettare con la birra preparata nel calderone di Hymer da Åger. Thor era assente, "sulle vie dell'oriente" e Loki non era stato invitato. A questo punto dell'evoluzione, quando la birra era già fermentata, Loki, la mente umana, era diventato orgoglioso ed egoista, refrattario ai suggerimenti dell'anima spirituale, e quindi per lui non c'era posto nella sala del banchetto degli dèi. Gli elfi, comunque, erano presenti: le facoltà più raffinate delle anime umane, che avevano unito la loro essenza, il loro ásmegir (il dio potenziale), con il Sé divino, e quindi potevano entrare nei recinti sacri.
Loki riuscì ad evitare il sorvegliante Fimafeng (dalle dita agili), e andò nella sala chiedendo di partecipare al banchetto. Ricordò a Odino la loro parentela, chiamando se stesso Lopt (l'alta intelligenza umana che aspira). All'ordine di Odino, Vidar allora cedette il suo posto a Loki e gli servì la birra, ma prima di bere Loki brindò a tuti gli dèi dimenticando Brage (l'intuizione, l'ispirazione bardica). Accusò quella nobile virtù (Brage) di codardia e, quando Brage gli offrì dei braccialetti d'oro (che erano usati come moneta di scambio) e anche il suo cavallo e la sua spada, per riportare la pace in quel santo luogo, Loki rifiutò ancora di tacere. Idun si alzò per difendere Brage, per cui divenne il bersaglio delle pronte invettive di Loki, e presto ciascun Áse e Ásynja, alzandosi per difendere un altro (mai se stesso), ricevette gli insulti del rinnegato. A lungo Frigga intervenne. Tentò di calmare la collera dell'assemblea, ordinando agli dèi di dimenticare le follie della loro gioventù e di rimproverarsi reciprocamente scappatelle dimenticate da lungo tempo, dopo di che Loki si rivolse ancora a lei, accusando la madre degli dèi d'infedeltà. Questo provocò una risposta tagliente da parte di Freya, la quale ricordò a Loki che "Frigg conosce il destino di ogni essere, anche se lei stessa non dice niente." Arrivando sulla scena, anche Thor si mise ad altercare con Loki, che, quando fu minacciato di essere triturato dal Mjölnir, il polverizzatore, finalmente la smise e se ne andò.
Alla prima lettura, il banchetto degli dèi sembra una sequela inutile di insulti ma, a un esame più attento, rappresenta il modo in cui un intelletto materialistico e non ispirato guarda alla natura, e in particolare come una mente così pragmatica considera i poteri qui rappresentati come dèi nelle storie mitologiche. Gli insulti di Loki vanno interpretati come il linguaggio di una pescivendola di Billingsgate. Egli vede nelle azioni dei poteri universali solo il riflesso della sua mente limitata e delle sue percezioni distorte. Puntualizzata in questo senso, la metafora diventa del tutto chiara. Infatti, le accuse di Loki all'infedeltà e immoralità sono esattamente ripetute oggi in numerosi libri di mitologia, dove l'adulterio e l'incesto tra le deità sono presi alla lettera e come valore nominale. Ma quando gli dèi e le dee sono, più logicamente, visti come campi di forza sovrapposti, che s'intensificano o si attenuano, e che interagiscono fisicamente l'uno con l'altro — gravitazionalmente e in altri modi attraverso lo spettro elettromagnetico — i loro effetti combinati possono ben accordarsi con quanto narrano i racconti mitologici. Quando, inoltre, le loro varie sfere d'influenza sono impiegate per includere le interazioni divine e spirituali, il loro significato entra nel regno della scienza sacra.
La mente è duale. Discendente da antenati giganti, Loki è anche uno degli Aesir e il loro assiduo compagno, aiutante di campo, e interprete quando essi viaggiano nei mondi giganti. Le sue burle sono, apparentemente, una ricca fonte di divertimento ma, poiché cerchiamo di comprendere il suo posto nell'evoluzione degli esseri, vediamo subito le insidie in cui solo Loki, non ispirato da Brage, ci può trascinare. Alleato all'ispirazione poetica (Brage), la mente pratica inferiore (Loki) diventa elevata (Lopt), la salvezza dell'umanità, e fornisce l'idromele al dio interiore. Quando è solo, egli si estranea dal cuore dell'Essere; incurante dell'intuizione, inveisce contro gli dèi, contro la legge universale, contro la giustizia, l'amore e la compassione. La nostra civiltà ne è una raffigurazione perché, sebbene la maggior parte degli esseri umani siano ben disposti e inclini all'azione compassionevole, spesso l'astuzia è valutata più della virtù, e le abilità fisiche più della saggezza. Se le qualità più delicate mancassero completamente, il nostro mondo sarebbe un vero inferno, perché una tecnologia non sostenuta dall'etica porta al disastro (letteralmente significa che essa ci separa dalle stelle). Il progresso umano è meglio promosso non dalla mente sola ma da un'alleanza di mente e cuore.
Poiché gli Aesir nei loro festini partecipano al profitto della vita appena passata, gli elfi restano tra loro. Essi sono anime che hanno aspirato a unirsi alle divinità, lasciando "fuori" quella parte della mente — Loki — che cerca suoi fini personali e separati. Ma gli elfi dormenti non sono ancora coscienti nella sfera degli dèi e non possono avere alcuna parte attiva nelle feste; la loro consapevolezza non è adeguata a godere di questi reami. Sono il progresso del bene delle anime, sognando i loro sogni celesti nelle sale superiori di Hel, aspettando lo stimolo ad incarnarsi ancora una volta come uomini e donne.
C'è anche un'altra spiegazione per gli elfi dormenti. Nelle tradizioni sacre ciascuno dei regni della natura ha, a sua volta, il proprio apice in qualsiasi altro mondo; gli altri flussi di vita appartenenti a quel mondo sono allora relativamente inattivi. La nostra terra, se la osserviamo, attualmente concentra le sue forze di vita nella sfera umana. I rappresentanti minerali e vegetali, sebbene presenti, sono per la maggior parte in letargo. Si dice che quando il regno minerale è attivo, le eruzioni vulcaniche prevalgono in maniera tremenda e, quando la vegetazione è nel suo massimo rigoglio, le piante non sono delicatamente radicate ma si muovono liberamente sulla terra. Quando la prossima successiva onda di vita che segue quella umana arriverà sul nostro pianeta, i nostri "dormiranno" nel regno inferiore degli dèi che allora saranno gli evolutori predominanti del globo, "qualificando la birra" della vita.
Äger, chiamato anche Gymer, ha preparato da bere per gli Aesir dopo aver ricevuto il grande calderone, com'è stato detto.[92] A questo banchetto vennero Odino e Frigg, sua moglie. Thor non venne, perché era in cammino verso l'oriente ma Siff, sua moglie, era presente. Anche Brage e sua moglie Idun. Anche Tyr; egli aveva una sola mano, perché il lupo Fenris gli aveva strappato l'altra mano mentre era incatenato. C'erano Njörd e sua moglie Skade, Frey e Freya, e Vidar, il figlio di Odino. C'era anche Loki, e pure i servi di Frey, Byggvert e Beyla. C'era un esercito di Aesir ed elfi.
Äger aveva due servi, Fimafeng,[93] e Elder. Invece del fuoco, era l'oro lucente a emanare la luce, la birra si faceva da sola, e il luogo era inviolabile e spazioso.
Quelli presenti lodarono l'eccellenza dei servi di Äger; Loki non poteva sopportare queste lodi, così uccise Fimafeng; dopo di che gli Aesir impugnarono i loro scudi, gridarono contro Loki, lo esiliarono nella foresta, e ripresero a bere. Loki ritornò indietro e incontrò Elder che era fuori. Disse:
LOKI: Dimmi, Elder, prima di fare un altro passo:
Di che parlavano i figli degli dèi trionfanti?
ELDER: Giudicavano le loro armi e onoravano le loro battaglie,
I figli degli dèi trionfanti.
LOKI: Andrò nella sala di Äger per vedere questo banchetto di bevute.
Provocherò disprezzo e collera nei figli degli Aesir
E così mescolerò la discordia nell'idromele.
ELDER: Sappi che, se tu entri nella sala di Äger
Per vedere questo banchetto di bevute
E riempirai di disprezzo e ingiurie gli dèi gentili,
Essi potranno rivolgerti altrettante invettive.
LOKI: E tu sai, Elder, che se noi due riceveremo altrettante invettive,
La mia lingua sarà più forbita della tua.
Quindi Loki entrò nella sala. Nel vederlo, tutti rimasero in silenzio.
LOKI. Assetato è venuto da lontano Lopt in questa sala
Per pregare che qualcuno degli Aesir mi dia un sorso di buon idromele.
Perché rimanete in silenzio, cupi dèi?
Non avete niente da dire?
Sia che mi mostrate una sedia o che mi mandate via.
BRAGE: Gli Aesir non ti daranno mai una sedia alla tavola di questo banchetto,
Perché essi ben sanno il tipo di persona con cui scelgono di fare baldoria.
LOKI: Ricorda, Odino, che in passato noi due
Abbiamo mescolato il nostro sangue,
E tu allora dicesti che non avresti mai bevuto birra
Se non fosse stata servita ad entrambi.
ODINO; Alzati, Vidar, e permetti che il padre del lupo abbia una sedia nell'assemblea,
Affinché Loki non possa coprirci di disprezzo nella sala di Äger.
Vidar si alzò e cedette il posto a Loki. Prima di bere, Loki si rivolse agli Aesir:
LOKI: Salute a voi Aesir, salute a voi Ásynjor, salute a tutti i santi dèi,
tranne a colui che siede sulla panca in fondo — Brage!
BRAGE: Il mio cavallo e la mia spada ti porgo di mia volontà,
Anche un anello ti dono,
A patto che tu non ripaghi gli Aesir con l'invidia e faccia incollerire gli dèi.
LOKI: Che tu non possa mai essere derubato del cavallo e dell'anello, Brage!
Di tutti gli Aesir e dèi tu sei il più codardo.
BRAGE: Se fossi fuori invece che dentro la sala di Äger,
Ti stringerei la mano. Servirebbe proprio alle tue bugie.
LOKI: Tu sei coraggioso quando te ne stai seduto,
Brage, un ornamento della panca!
Vai e combatti se vuoi. Un uomo coraggioso non esita.
IDUN: Ti prego, Brage, per i tuoi bambini e per i figli che desideri,
Non molestare Loki con questi tuoi rimproveri, qui nella sala di Äger.
LOKI: Stai zitta, Idun. Penso che tu sia, fra tutte le donne,
La più ninfomane,
Perché le tue braccia abbaglianti
Hanno prodotto la rovina di tuo fratello.
IDUN: Io non stuzzicherò Loki con delle accuse, qui nella sala di Äger.
Voglio piuttosto calmare Brage che è in difficoltà.
Non voglio che voi due siate spinti a combattere dalla vostra furia.
GEFION: [94] Perché voi, due Aesir, dovreste usare parole così taglienti?
Lopt non sa come egli diverta e allieti gli dèi.
LOKI: Stai zitta, Gefion, non dimentichiamo
Come tu ti sia fatta sedurre
Dal candido giovane che ti diede la gemma
E che tu hai legato alle tue braccia.
ODINO: Tu sei pazzo, Loki, sei fuori di senno,
Stai incollerendo Gefion, perché lei conosce
Tutti i destini delle ere, come me.
LOKI: Taci, Odino, tu non hai mai saputo
Come scegliere giustamente tra i guerrieri;
Spesso hai dato la vittoria a quelli
Che non l'avrebbero meritata, i peggiori in assoluto.
ODINO: E se ho dato la vittoria ai peggiori, a quelli
Che non l'avrebbero meritata, tu hai passato otto inverni
Nell'inferno, una vacca da mungere, usato come una donna,
E hai generato figli, progenie del male.
E questo lo racconto per dirti che sei un miserabile.
LOKI: Si dice che sulla terra tu abbia usato la veggenza,
Che hai truffato la saggezza della sibilla,
E che hai girato il mondo camuffandoti da stregone.
FRIGG: Non dovreste parlare di quello che avete fatto
Quand'eravate adolescenti, quello che voi, due Aesir,
Avete praticato in passato. La gente dimentica i vecchi rancori.
LOKI: Tranquilla, Frigg, sei la donna di Fjörgyn
E hai sempre cercato amoreggiamenti, come quando tu,
La donna di Vidrer, hai stretto sia Vile che Vi al tuo seno.
FRIGG: Se io avessi un figlio come Balder,
Qui nella sala di Äger, tu non sfuggiresti ai figli degli Aesir
Senza essere violentemente picchiato.
LOKI: Bene, Frigg, vuoi che ti dica di più
Delle mie dannose rune? Farò in modo che non vedrai più
Balder cavalcare verso le sale.
FREYA: Tu sei fuori di senno, Loki,
A esporre le tue cattive intenzioni:
Frigg, lo so, conosce il destino di ogni essere,
Sebbene ella stessa non dica niente.
LOKI: Taci, Freya, ti conosco bene. Non sei senza difetti;
Tutti gli Aesir e gli elfi che sono qui dentro
Ti hanno trattata da puttana.
FREYA: La tua lingua dice il falso e credo che in futuro
Ti arrecherà male e danni. Hai fatto incollerire gli Aesir e
Le Ásynjor. Con vergogna ripercorrerai la strada verso casa.
LOKI: Zitta, Freya, sei una strega malvagia; quando
Gli dèi gentili ti trovarono che facevi incantesimi
Con tuo fratello, allora tu sbuffasti malamente.
NJÖRD: Importa poco se la donna abbracci un marito o un amante,
Ma è un miracolo che l'ermafrodito degli Aesir
Possa entrare qui, poiché egli ha generato figli.[95]
LOKI: Taci, Njörd. Quando da qui fosti mandato verso est
Come ostaggio degli dèi, le serve di Hymer
Ti usavano come un pitale pisciandoti in bocca.
NJÖRD: Ho la consolazione che quando fui mandato nell'est
Come ostaggio degli dèi, generai un figlio che nessuno odia,
Un valoroso difensore degli Aesir.[96]
LOKI: Tieni a freno la tua lingua, Njörd; non resterà più un segreto
Che questo figlio lo hai generato con tua sorella.
C'era da aspettarselo.
TYR: Frey è il migliore di tutti i fieri Aesir:
Per questo motivo nessuna moglie o amante di un uomo
Si lamenta. Egli scioglie tutti i nodi.
LOKI Stai zitto, Tyr, tu non hai messo pace tra due uomini;
Parliamo della tua mano destra. Fenrer te l'ha strappata.
TYR: Ho perduto la mia mano, e tu la tua buona stella.
Il danno è brutto per entrambi noi. Il lupo non è migliore
Quando è incatenato sino alla fine delle ere.
LOKI: Taci, Tyr. A tua moglie è successo di partorire
un figlio da me; tu non hai mai ricevuto niente,
Nemmeno una piccola ricompensa
per il disonore, povero pazzo.
FREY: Vedo il lupo che giace alla bocca del fiume
Finché i governanti del regno saranno spodestati.
Con lui anche tu sarai messo in catene
Se ora non la smetti, pettegolo.
LOKI: Con l'oro hai ottenuto la figlia di Gymer,
E per questo vendesti la tua spada;
Ma quando i figli di Muspell cavalcheranno nel Bosco Scuro,
Come farai a combattere, allora?
BYGGVER: Se avessi il nobile casato di Ingumar-Frey
E una tale dimora benedetta,
Ti stritolerei più finemente di una zucchina,
Tu, uccello del malaugurio, e ti spezzerei le gambe.
LOKI: Che moccioso è questo che ruba il cibo,
Che annusa le briciole? Tu spettegoli all'orecchio di Frey
E tiri acqua al tuo mulino.
BYGGVER: Byggver mi chiamo e sono stimato intelligente
Tra gli dèi e gli uomini; sono privilegiato
Nel bere buona birra con i figli di Ropt.
LOKI: Stai zitto, Byggver, tu non potrai mai sceglierti
Abbastanza cibo tra gli uomini; e ti sei nascosto
Nel fienile quando gli uomini sono venuti alle mani.
HEIMDAL: Sei ubriaco, Loki, e non hai più dignità;
Perché non la smetti, Loki? Gli eccessi
Fanno in modo che sia il giovane che il vecchio
Perdano il controllo della loro lingua.
LOKI: Smettila, Heimdal. Nel mattino dei tempi
Tu fosti mal predestinato
a essere sempre infangato sulla schiena,
Sei solo un guardiano per conto degli dèi.
SKADE: Tu sei pazzo, Loki, ma non giocare a lungo
Scodinzolando perché, legato con le viscere del tuo freddo figlio,
A una roccia tagliente
Gli dèi incolleriti ti incateneranno.
LOKI: Se a una roccia tagliente gli dèì incolleriti m'incateneranno
Con le viscere del mio freddo figlio,
Io fui sia il primo che l'ultimo nella battaglia
Quando Tjasse[97] perse la sua vita.
SKADE: Se fosti il primo e l'ultimo
Nella battaglia in cui Tjasse perse la vita,
Allora dai miei santuari, dai miei sacri boschetti,
Otterrai scarsi suggerimenti.
LOKI: Più gentili furono le tue parole al figlio di Löfö
Quando ti concedesti a me nel tuo letto;
Queste cose devono essere dette
Se dobbiamo narrare tutte le nostre magagne.
Beyla/Sif arrivò portando il boccale con l'idromele per Loki.
SIF: Salute a te, Loki, prendi questa coppa con il succoso idromele.
Io sola, tra i figli degli Aesir, posso essere esentata dagli insulti.
Loki prese il corno di birra e bevve.
LOKI: In verità, saresti la sola, se fossi così fedele e premurosa
Con il tuo sposo, ma io conosco chi ha giaciuto
Nel letto di Lorride, ed è il furbo Loki.
BEYLA: Le montagne si scuotono; credo che Lorride
Stia arrivando qui dalla sua casa: egli metterà a tacere
Il diffamatore, che sia un dio o un uomo.
LOKE: Stai zitta, Beyla, tu sei la donna di Biggver, sei malvagia,
Tra i figli degli Aesir non c'è mai stata un'insolente
Seccatrice come te, sporca mungitrice.
Thor entrò e disse:
THOR: Calmati, miserabile disgraziato,
Ti toglierò la parola con il Mjölnir, il mio martello di fuoco;
Ti staccherò la testa dal collo, così perderai la tua vita.
LOKI: Ora è venuto il figlio della Terra.
Perché sei così turbolento, Thor?
Non puoi vantarti di combattere il lupo
Che divora per intero il padre della Vittoria.
THOR: Zitto, miserabile disgraziato,
La forza del mio martello Mjölnir
Ti toglierà la parola. Ti scaglierò in alto
Nello spazio d'oriente in modo che nessuno possa più rivederti.
LOKI: Dei tuoi viaggi in oriente
Tu non ne hai mai parlato davanti agli uomini
Perché ti sei rannicchiato
Nel pollice del guanto del gigante, guerriero.[98]
Allora non sembravi dissimile da Thor.
THOR: Stai zitto, miserabile disgraziato,
La forza del mio martello Mjölnir
Ti toglierà la parola; con questa mia mano destra
Io ti abbatterò con l'uccisore di Rungner,
Affinché tutte le tue ossa si spezzino.
LOKI: Intendo vivere ancora a lungo, da vecchio, anche se tu
Mi minacci col martello; ti sembreranno terribilmente stretti
I nodi che fece Skyrmir,
Che tutte le tue ossa si spezzeranno, sebbene tu sia venuto
Affamato, forte e vigoroso.
THOR: Zitto, miserabile disgraziato, la forza del mio martello Mjölnir
Ti toglierà la parola; l'uccisore di Rungner ti porterà a Hel,
Sotto le porte della morte.
LOKI: Ho cantato per gli Aesir e per i figli degli Aesir
Qualsiasi cosa io volessi, ma solo per te me ne vado,
Perché so che alla fine tu, Thor, mi colpirai col martello.
Hai preparato la birra, Äger, ma non farai più alcun banchetto,
Possa bruciare tutto quello che hai con te,
E che il fuoco arroventi la tua schiena.
Dopo di ciò, Loki si camuffò da salmone nel fiume Frananger, dove gli Aesir lo catturarono. Fu legato con le viscere di suo figlio Nare. Narfi [l'altro] suo figlio, diventò un lupo. Skade mise una vipera velenosa sopra Loki. Sygin, la moglie di Loki, siede tenendo una ciotola in cui cade il veleno, e quando lei va a svuotare la ciotola, il veleno sgocciola su Loki. Egli si contorce dal dolore in modo tale che la terra si sconquassa. Questi sono i terremoti.
NOTE DELL'AUTRICE
Allvis ( il sapiente o colui che tutto conosce) è un nano che desidera sposare la figlia di Thor. Dubitando che il nano sia degno di quest'unione, Thor tuttavia gli concede l'opportunità di sottoporsi e assoggettarsi a un esame intensivo che riguarda le attitudini e la visione che caratterizzano i diversi gradi degli esseri che compongono il mondo. Allvis risponde in maniera soddisfacente a tutte le domande, ma Thor continua a interrogarlo fino all'alba, quando lo colpiscono i primi raggi del sole nascente, ed egli ritorna di pietra o, in qualche versione, si fonde nella montagna dalla quale era emerso.
Molte fiabe hanno questa sorpresa finale, in cui un nano o un troll ritorna di pietra quando affronta l'albeggiare. Qui si presentano parecchie possibili interpretazioni. Una è che le forze appartenenti al lato notturno della natura, non avendo niente a che fare con i problemi del giorno, si ritirano dall'attività quando ritorna la luce. Allvis, comunque, trasmette qualcosa in più di questa tesi. Egli è un nano erudito che si permette di chiedere un matrimonio con la figlia del dio che è il sostenitore della vita: come natura umana egli è ben informato ma non illuminato; sta cercando l'immortalità sulla base della sua considerevole conoscenza, ma la sua natura "nanesca" è ancora immatura e, se non è ispirato e ricettivo alla radiosità solare, non può ottenere la desiderata unione con la divinità. Quando il neofito affronta l'essenza solare, l'elemento nanesco, inadatto a mescolarsi con essa, "ritorna di pietra."
Molte mitologie, inclusa quella biblica, usano la pietra o la roccia per simboleggiare la lettera morta della regione dogmatica. Questo è esemplificato da Mosè che fa scaturire acqua vivente dalla roccia — che spiega gli insegnamenti all'interno del rituale; e, in seguito, il Cristianesimo ritornò alla "pietra" (petra o Pietro) come il fondamento della sua chiesa.
Questo Discorso è probabilmente suscettibile anche di altre interpretazioni ugualmente valide; rivela i diversi punti di vista che caratterizzano la coscienza nelle varie fasi di consapevolezza e comprensione — dal semplice punto di vista materiale dei giganti, attraverso i vari gradi di percezioni dei nani e degli elfi, fino alla visione della natura controllata dagli dèi.
1. ALLVIS: Le panche sono adornate.
Ora una sposa andrà nella sua casa
Con grande fretta, sembra.
Nessun riposo ci sarà nella casa.
2. THOR: Che vigliacco è questo?
Perché è così pallido in volto?
Hai dormito con i morti la notte scorsa?
Mi sembra che in te ci sia qualcosa di simile alla razza dei thursi.
Tu non sei nato per avere una sposa.
3. ALLVIS: Il Sapiente mi chiamano. Vivo sottoterra
E la mia città è sotto la pietra.
Il guerriero del carro[99] sono venuto a cercare.
Che nessuno ritiri la parola data!
4. THOR: Io invece la ritiro, perché sono suo padre,
E ho il sacrosanto diritto di decidere.
Non ero a casa quando lei fu promessa.
Io solo, tra gli dèi, combino matrimoni.
5. ALLVIS: Chi è questo compagno che dice di
Avere il dominio su quella donna bella e benedetta?
In pochi conoscono i tuoi precisi tiri dell'arco.
Chi ti ha portato gli anelli d'oro?
6. THOR: Vingthor[100] io sono. Ho molto viaggiato
E sono il figlio del Gran Barbuto.[101]
Non avrai la fanciulla contro la mia volontà
Né la sua fedeltà.
7. ALLVIS: Tuttavia al più presto avrò la tua promessa,
E riceverò la sua fedeltà. Preferisco non rinunciare
Alla fanciulla bianca come la neve.
8. THOR: Il suo amore non ti sarà negato,
Saggio ospite, se, di ogni mondo, mi racconterai
Tutto quello che desidero conoscere.
9. ALLVIS: Mettimi alla prova, Vingthor,
In tutto quello che vuoi chiedere, per vedere
Se io, il nano, sono attendibile!
Ho viaggiato in tutti i nove mondi
E da ciascuno ho imparato qualcosa.[102]
10. THOR: Dimmi, o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti regni:
Qual è quella terra assegnata ai figli delle ere in ogni mondo?
11. ALLVIS: Gli uomini la [103]chiamano Terra, ma gli Aesir
La chiamano Humus; i Van la chiamano Percorsi.
I giganti la chiamano Sempreverde,
Gli elfi: Crescita.
Chi aspira la chiama Origine.
12. THOR: Dimmi, o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Cos'è il cielo, alto a cupola, nominato in ciascun mondo?
13. Gli uomini lo chiamano cielo, gli dèi: difesa,
Il creatore dei venti: dimora superiore,
Gli elfi lo chiamano: il tetto armonioso,
E i nani lo chiamano la sala grondante.
14. THOR: Dimmi allora, o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Qual' è la luna che i popoli vedono in ogni mondo?
15. ALLVIS: Per gli uomini è la luna
Ma per gli dèi è la decrescente
Che gira la ruota nella dimora di Hel.
I giganti dicono: quella che affretta,
I nani la chiamano lucentezza;
Gli elfi: il conteggio del tempo.
16. THOR: Dimmi, o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Qual è il sole che i popoli vedono in ogni mondo?
17. ALLVIS: Gli uomini lo chiamano sole
Ma gli dèi lo chiamano il giocattolo di Dvalin:
I giganti lo chiamano il sempre splendente,
Gli elfi lo definiscono la bella ruota,
Per i figli degli Aesir è il tutto trasparente.
18. THOR. Dimmi, allora, o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Come sono chiamate in ogni mondo
Le nuvole che s'inzuppano d'acqua?
19. ALLVIS: Gli uomini le chiamano nuvole,
I Van le chiamano fiume del vento:
I giganti: le previsioni del tempo,
Gli elfi le chiamano preannuncio di tempeste,
Il popolo di Hel: l'elmetto che nasconde.
20. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Qual è in ogni mondo,
Il vento che viaggia così lontano?
21. ALLVIS; Per gli uomini è il vento,
Per gli dèi è la ventola,
Per gli dèi supremi (Vaner) è il nitrito;
Per i giganti è l'urlatore;
Per gli elfi è il creatore dei frastuoni,
E nella casa di Hel è quello che crea i vortici.
22. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Cos'è quella calma che un giorno verrà
E si stabilirà su ogni mondo?
23. ALLVIS: Per gli uomini è calma, per gli dèi è la legge,
I Vaner dicono: è la fine-del vento;
I giganti dicono che è soffocante, gli elfi:
Il sonno di un giorno,
I giganti la chiamano la fine dell'essere.
24. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Cos'è, in ciascun mondo, il mare su cui si naviga?
25. ALLVIS: Per gli uomini è il mare,
Per gli dèi è l'occhio dell'imbuto,
Per i saggi Vaner è l'onda;
Per i giganti è la dimora di Eel,
Per gli elfi è il rappresentante della legge,
Per i nani è il mare profondo.
26. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Qual è, in ogni mondo, il nome del fuoco che arde per tutti?
27. ALLVIS: Per gli uomini è il fuoco,
Per gli Aesir è la scintilla che illumina,
Per i Vaner è il carro;
I giganti lo chiamano l'ingordo,
Per i nani è l'incendio,
Nella casa di Hel è il veloce.
28. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Cos'è, in ciascun mondo, quella foresta che,
Facendo ombra, cresce?
29. ALLVIS: Per gli uomini è la foresta,
Ma per gli dèi è la terra-uomo,
Per Hel è l'alga laminaria,
Per i giganti è il combustibile,
Per gli elfi: i rametti del fiore,
I Vaner dicono che è la canna del salice.
30. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Com'è chiamata in ciascun mondo
La notte, figlia delle tenebre?
31. ALLVIS: Gli uomini la chiamano notte,
Gli dèi: oscurità,
Gli dèi supremi la chiamano la camuffatrice;
I giganti dicono: non luminosa,
Gli elfi: gioia del sonno,
I nani la chiamano: colei che avvolge il sogno.
32. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Cos'è, in ciascun mondo,
Il raccolto seminato dai figli dai figli delle ere?
33. ALLVIS: Gli uomini lo chiamano grano,
Gli dèi: ciò che non è ancora maturato,
I Vaner lo chiamano crescita,
I giganti: cibo, gli elfi dicono che è
Il rappresentante della legge,
Nella dimora di Hel è una testa pesante.
34. THOR: Dimmi allora o Sapiente,
Poiché tu conosci i destini di tutti i regni:
Qual è, in ciascun mondo, quella birra che i figli degli eoni bevono?
35. ALLVIS: Per gli uomini è birra chiara,
Ma per gli Aesir è birra,
Per i Vaner un sorso di potere;
Per i giganti è la legge pura,
È idromele nella dimora di Hel,
Per i figli di Suttung è la bevanda dei banchetti.
36. THOR: In un cuore d'uomo non ho mai visto
Tanta saggezza. Io ti ho ingannato
Con un sotterfugio fino all'alba, nano,
E tu sei ancora sveglio.
Ora il sole risplende nella sala.
NOTE DELL'AUTRICE
Grogaldern
I due Discorsi che seguono sono connessi tra loro e sarebbe sbagliato separarli. Il primo elenca le qualità necessarie che devono essere acquisite da un candidato all'iniziazione, mentre il secondo si riferisce alla stessa prova finale. Insieme, narrano la storia di Svipdag, e del suo "Apparire come Giorno."
Od[104] (uomo) è inviato dalla sua matrigna Skade a portare a termine un incarico impossibile: trovare e ottenere accoglienza nella sala di Menglad ("colei che gode di un gioiello," un nome di Freya, che possedeva il Brisingamen, l'umanità.) Skade è la sorella, moglie, e anche una figlia di Njörd (il tempo). Fu lei a sospendere il serpente velenoso sulla faccia di Loki quando fu confinato nel mondo sotterraneo.
Per affrontare tutte le insormontabili difficoltà di questa richiesta, Od invoca la madre morta, che si chiama Groa (crescita). Ella risorge dai morti per cantargli nove incantesimi protettivi. Raffigurata come una sibilla, Groa simbolizza il passato dell'eroe, i suoi primi sé che hanno modellato il suo carattere e l'hanno fatto diventare com'è ora. Se le vite di preparazione gli hanno portato le qualità di cui necessita per aver successo, egli dovrà essere attrezzato per la grande prova da affrontare.
Gli "incantesimi protettivi" sono, naturalmente, le forze e le virtù alle quali Od ha aspirato. Primo fra questi è l'affrancamento da ogni pressione esterna; il secondo è l'autocontrollo; il terzo è l'immunità dalle potenti correnti che scaturiscono verso i regni della morte (dell'anima); il quarto è il potere di far diventare suoi amici i nemici, di trasmutare gli atteggiamenti negativi in attributi utili e positivi; il quinto è la spada magica che infrangerà ogni legame, tutte le debolezze limitanti che da ora l'eroe deve superare. Sono i legami personali che fuorviano l'anima dai suoi alti propositi. Il sesto, l'anima gli fornisce l'aiuto degli elementi naturali, anche di quel "mare," il più temibile che gli uomini conoscano" (11) — la luce astrale con le sue funeste illusioni; settimo, egli ottiene l'immunità dal "gelo dell'alta montagna" (12) — l'agghiacciante paura che afferra l'anima quando deve affrontare vette sconosciute di mondi più puri. L'ottavo è il potere di passare indenne tra le ombre dei morti.
Da tutto questo, un'interpretazione teosofica mostra chiaramente che l'avventura intrapresa da Od è un'iniziazione in uno stato elevato di consapevolezza spirituale. Una simile iniziazione richiede prima una discesa nelle regioni sottostanti al mondo fisico. Ciascun grande Istruttore dell'umanità deve "scendere all'inferno" per dare aiuto ai gradi inferiori degli esseri e sentire e comprendere la loro condizione, pur dimostrando la sua integrità e non lasciandosi influenzare dalle esalazioni nocive di questi mondi.
Al nono incantesimo la sibilla comanda: "Se dovessi discutere con un gigante armato di lancia, possa tu avere abbondanza di parole e di linguaggio saggio!" (14).
I nove incantesimi indicano anche le qualità che sono state sviluppate, o che avrebbero dovuto esserlo, da ciascun essere umano che ha attraversato i nove mondi che abbiamo sperimentato in questo ciclo. Certo è che sono una dotazione necessaria a qualsiasi anima per diventare veramente illuminata.
Fjölsvinn Ordskifte
In questo Discorso troviamo Od che cerca di essere ammesso alla sala di Menglad, il cui nome sappiamo che è una metafora poetica di Freya. Il guardiano al cancello della sala di Menglad si chiama Fjölsvinn (il vero saggio) e non è altro che Odino, che rappresenta il dio interiore dell'uomo e gli ierofanti. Egli respinge il viaggiatore, chiamandolo "gigante" e "lupo," ma Od insiste per entrare nella sala dorata. Quando è richiesto il suo nome, risponde:
"Vento Freddo è il mio nome, Primavera Fredda era mio padre. Il suo sovrano era Gelo" (6).
Allora Od chiede di chi sia questa sala e apprende che, in verità, è di Menglad, "nata da sua madre e dal figlio dell'incantatore del Sonno" (7).
Qui comincia il racconto della Bellezza Sognante. In Svezia lei è Törnrosa (spina di rosa), la rosa punta dalla spina del sonno: è l'anima spirituale dell'uomo, la bellezza non risvegliata che è lo scopo della vita umana. L'incantatore del sonno è, in un certo senso, identificato con Njörd, come Tempo, e anche con Primavera fredda, una remota età dell'innocenza. Il ricercatore e il ricercato discendono quindi dalla stessa sorgente divina, perché sono l 'anima umana e il suo dio interiore. Lo scopo dell'individuo è di ottenere questa riunione con l'universale dopo aver realizzato la sua auto-consapevolezza mediante l'evoluzione in tutti i regni della materia: con Menglad-Freya — il sé superiore dell'uomo, la sua intelligenza spirituale — per diventare uno con la divinità che sta aspettando il suo campione umano.
Camuffato da Vento Freddo, Od pone delle domande al guardiano al cancello, e Odino, il Vero Saggio, risponde: gli dice il nome e le funzioni del cancello che impegna in un vincolo ogni pellegrino che sollevi il chiavistello; gli dice della corte fatta con gli arti del gigante di fango — la sostanza da cui furono prodotte le prime forme di uomini, che furono rigettate dagli dèi come veicoli inadatti, e che furono sostituite da una creazione successiva. Il suo compito è di respingere tutti quelli che vengono. I due feroci cani da guardia, secondo il Vero Saggio, hanno undici orologi per controllare questa vita prima del suo termine.
Quando Vento Freddo chiede il nome dell'albero i cui rami si stratificano su tutta la terra, gli è risposto che è Mimameid, l'Albero della Conoscenza, "che non è mai abbattuto dal fuoco o dal ferro" (20), e il cui frutto aiuta a rivelare ciò che è nascosto dentro. Da non confondersi con l'Albero della Vita, il suo nome lo lega al "gigante saggio" Mimer, proprietario della fonte della saggezza che si ottiene attraverso l'esistenza nella materia. Anche nel Genesi biblico gli alberi della vita e della conoscenza sono del tutto distinti. È chiaro che la "caduta" dall'innocenza era parte inevitabile del processo evolutivo. L'uomo deve lasciare lo stato della fanciullezza ed entrare in quelli che l'Edda definisce i "mondi della vittoria," per potersi meritare, consapevolmente e autocoscientemente, il suo accesso finale all'Albero della Vita. Qui l'anima umana o elfo, Od, deve ottenere, mediante i propri sforzi auto-determinati, lo stato della divinità che lo rende capace di unirsi al suo hamingja (l'essenza immortale). Vedremo ora come, attraverso una certa familiarità con l'Albero della Conoscenza, sia necessario per l'iniziando umano ottenere quest'unione.
Vento Freddo chiede dell'uccello d'oro che sta sui rami più alti di Mimameid, e gli è risposto che è l'uccello che ha larghe ali. L'eroe deve conquistarlo, ma per farlo, deve scendere nel mondo sotterraneo e ottenere lì la magica pozione fermentata da Lopt (alto: aspirazione), l'aspetto ispirato di Loki, la mente guidata dal suo hamingja. La bevanda fermentata, fatta dai rimorsi negli inferni inferiori, è tenuta in un tubo di ferro massiccio, sigillato da nove forti lucchetti. Deve essere sottratta alla sua custode, la temuta strega Sinmara che, come la Ceridwen gallese, sorveglia il calderone. La bevanda fermentata, come la mistica bevanda di soma presumibilmente data in Oriente agli iniziandi, aiuta ad allargare la coscienza ai terribili inferni dell'anima, che il candidato deve attraversare con successo — "pene senza fine" concentrate "in un solo grande dolore" (23) dall'uccello che ha larghe ali.
Ma qui c'è un paradosso: per ottenere da Sinmara la pozione magica che renderà raggiungibile l'uccello che ha larghe ali tra i rami più alti dell'Albero della Conoscenza, l'eroe deve portarle una piuma luminosa di quell'uccello d'oro!
Il candidato che cerca la saggezza degli dèi deve quindi raggiungere le altezze spirituali per discendere nelle regioni più basse e ritornare indenne; solo dopo il suo riuscito ritorno dalla discesa all'inferno può reclamare la sua sposa — ottenere l'unione con l'essenza immortale di se stesso, il cuore universale del suo essere, e conquistare le prospettive della coscienza illimitata — per questo mondo o un ramo dell'Albero della Vita.
Vi è qui una storia nella storia, come spesso accade nei miti. Od, che sta al cancello che conduce alla rivelazione finale, nel suo scambio con il guardiano dell'ingresso, che è il suo iniziatore, la sua guida ed esaminatore, riceve un'informazione che chiaramente è rivolta all'uditore o al lettore: una descrizione dei tipi d'esperienza e illuminazione della mente e dell'anima ai quali deve sottomettersi chi aspira ad entrare nella sala chiamata Calma, "sospesa sulla punta di una lancia, della quale il popolo dell'antichità sapeva solo qualche diceria" (31) — (quando non c'era ancora nessuno che potesse riceverla?)
A lungo Vento Freddo si è rivelato come Svipdag, il radioso — "Che Appare come Giorno." Ora egli chiama se stesso figlio del Sole splendente, "riversato sulle vie di Vento Freddo" (46). I Misteri Egiziani si riferiscono all'iniziato risorto come a un "figlio del sole," per la radiosità visibile intorno a lui. Questa è l'origine dell'ushṇiṣa, cioè l'alone sopra o intorno alla testa dei Bodhisattva, dei Cristi e dei santi, nell'arte antica medievale. Svipdag, l'iniziato che ha avuto successo, rappresenta uno di questi rari individui perfetti nella storia dell'umanità. "Riversati sulle vie di Vento Freddo" siamo tutti noi, ogni monade, ogni scintilla del fuoco divino, emersi da esso all'inizio del tempo e discesi nelle sfere della vita; destinati, alla fine del ciclo, a riunirci con il nostro genitore divino, ciascuna monade della coscienza porta con sé l'incremento dell'esperienza acquisita attraverso tutta la sua esistenza.
La fine di questo Discorso rivela l'Edda come una trasmissione dell'unica teosofia universale che si esprime attraverso le tradizioni sacre come il Buddhismo, il Cristianesimo, ed altre, attraverso tutta la storia. Il racconto di Svipdag si riferisce al vero scopo della vita — che nell'iniziazione è accelerato — un qualcosa che è stato consistentemente trascurato dai moderni mitologhi. È il vero punto cruciale dell'avventura dell'eroe, il suo progresso altruistico, il successo, e la riunione coronante con il suo hamingja. Quando Menglad lo accoglie come benvenuto, dicendo che lo ha aspettato a lungo sulla montagna sacra, lui risponde: "Entrambi l'abbiamo desiderato. Io ho sospirato a lungo di te, e tu d'incontrarmi. Ora abbiamo riparato perché noi due insieme ci divideremo il lavoro degli anni e delle ere" (48).
Queste poche parole sono tra le più importanti in tutte le mitologie esistenti: l'eroe unito al suo sé spirituale — non trionfante nella sua gloria o contento di riposare eternamente nella pace celestiale — s'impegna ad aiutare il suo sé superiore per compiere, da quel momento, "il lavoro degli anni e delle ere." Questo verso finale colloca i miti norreni tra le scritture più nobili del mondo, quelle che ingiungono il sacrificio divino con cui l'aspirante mira a servire l'umanità e a ottenere la pace universale solo per rinunciarvi personalmente a beneficio di tutti gli esseri. Questo è l'ideale delle scuole di occultismo genuino attraverso le ere e la motivazione di tutti i salvatori del mondo.
1. FIGLIO [OD]: Svegliati, Groa, nobile donna.
Ti invoco alle soglie della morte.
Non ricordi che mi hai ordinato di venire sulla tua tomba?
2. MADRE [GROA]: Quale fato ha colpito il mio unico figlio,
Per quale male sei nato, figlio mio,
Che tu chiami tua madre dai morti,
Dove lei è andata dipartendosi dal mondo degli uomini?
3. FIGLIO: Un malefico inganno mi ha teso l'astuta donna che
Ha sposato mio padre; lei mi ha mandato
Dove nessuno può andare — a cercare Menglad.
4. MADRE: Lungo è il viaggio, lontane sono le strade:
Lontano arrivano le passioni;
Se riuscirai nella tua impresa,
Anche Skuld[105] sarà contento.
5. FIGLIO: Cantami gli incantesimi che sono efficaci,
Aiuta tuo figlio, Madre! Andrò smarrito
E senza aiuto sulle larghe strade.
Mi sento troppo giovane per il matrimonio.
6. MADRE: Per prima ti canto la canzone della fortuna
Che Rane cantò a Rind:
Scuoti tutti i mali dalle tue spalle e orienta i tuoi passi.
7. Un secondo incantesimo ti canto:
Quando tu vaghi restio sulle strade: le frecce di Urd[106]
Ti proteggano sempre se ti accorgi dei pericoli.
8. Un terzo incantesimo ti canto:
Se i torrenti possenti
Minacciano di sommergerti, si affretteranno verso la dimora di Hel,
E per te abbasseranno il loro livello.
9. Ti canto il quarto incantesimo: se i nemici si appostano
Armati sulle strade degli uomini,
Che le loro menti possano cambiare atteggiamento verso te,
E la loro collera si trasformi in amicizia.
10. Ti canto il quinto incantesimo: se le catene
Ti stringono polsi e caviglie, una spada risuonerà
Su di te, che scioglierà i ceppi dei polsi
E delle caviglie, e le catene cadranno dai tuoi piedi.
11. Ti canto il sesto incantesimo: se ti trovi su un mare,
Il più temibile che gli uomini conoscano,
La stirpe del vento e il frastuono delle onde
Ti aiuteranno nel tuo viaggio.
12. Ti canto il settimo incantesimo: se ti congeli per il freddo
Su un'alta montagna, il gelo della morte risparmierà
La tua carne e il tuo corpo conserverà la sua vitalità.
L'ottavo incantesimo ti canto: se sui sentieri ne13. bbiosi
Sarai sorpreso dalla notte, nessun male ti verrà
Dall'ombra di una donna cristiana.
14. Il nono incantesimo ti canto:
Se tu dovessi discutere con un gigante armato di lancia,
Possa tu avere abbondanza di parole e di linguaggio saggio!
15. Non viaggiare su strade dove avverti il pericolo.
Allora nessun ostacolo ti sarà d'intralcio.
Sono stata su una roccia fissata alla porta
Mentre ti cantavo questi incantesimi.
16. Abbi cura delle parole di tua madre, figlio! Portale con te.
Che vivano per sempre nel tuo cuore. Tutto quello che è buono
Tu raccoglierai sempre, se obbedirai alle mie parole.
1. Fuori dalla corte egli vide avanzare un gigante verso la fortezza:
"Chi è quel miserabile che sta davanti alla corte
E gira intorno alle fiamme purificatrici?
"Chi cerchi, di chi segui le tracce?
Che cosa vuoi sapere, solitario?
"Ritorna indietro sui sentieri bagnati.
Qui non troverai difensori, sei inerme."
2. VIANDANTE: Chi sei, miserabile, che stai alla porta
E non dai il benvenuto al viandante?
Fai solo discorsi scortesi. Tornatene a casa!
3. GUARDIANO: Sono Fjölsvinn, il Vero Saggio, questo è il mio nome.
Conosco abbastanza ma non sono prodigo di cibo.
In questa casa non entrerai mai. Ritrova la tua strada, lupo!
4. VIANDANTE: Nessuno s'allontana dalla delizia
Dei suoi occhi, quando è attratto da qualche dolce visione.
Le corti sembrano luccicare intorno alla sala dorata.
Qui mi piacerebbe abitare.
5. IL VERO SAGGIO: Dimmi qual è il tuo casato di nascita
E da quali antenati discendi.
6. VIANDANTE: Vento Freddo è il mio nome, Primavera Fredda
Era mio padre. Il suo sovrano era Gelo.
Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Chi governa qui ed esercita il potere su queste terre
E su queste sontuose sale?
7. IL VERO SAGGIO: Menglad è il suo nome, nata da sua madre
E dal figlio dell'incantatore del sonno. Governa qui ed esercita
Il potere su queste terre e su queste sontuose sale.
8. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qual è quella porta che nemmeno gli dèi
Ne hanno una più ingannevole?
9. IL VERO SAGGIO: Rumorosa è il suo nome e fu creata dai tre figli
Del Frangisole. Come una catena, avviluppa ogni viandante
Che la sblocca e la apre.
10. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qual' è quella corte che nemmeno gli dèi ne hanno
Una più pericolosa?
11. IL VERO SAGGIO: 'Quella che respinge gli estranei' è il suo nome.
L'ho fatta io con il corpo del gigante di fango;
Così l'ho fatta io, che starà sempre in piedi
Finché gli uomini vivono.
12. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Quali sono quei mastini che non ne ho visti altri più feroci?
13. IL VERO SAGGIO: Uno si chiama Grif, l'altro Gere, se vuoi saperlo.
Undici orologi essi hanno da controllare
Prima che il regno dei Sovrani sia preso.
14. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere
Può un uomo entrare mentre queste bestie dormono?
15. IL VERO SAGGIO: Sono stati incaricati di dormire alternativamente
Perché sono stati addestrare a controllare gli orologi.
Uno dorme di notte, l'altro di giorno. Nessuno entra qui.
16. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qui c'è cibo da poter dare loro ed entrare mentre mangiano?
17. IL VERO SAGGIO: Due bistecche si trovano lì tra i
Compagni dell'uccello che ha larghe ali, se proprio devi saperlo.
Quello è il solo cibo che un uomo può dare loro
Ed entrare mentre essi mangiano.
18. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Quale albero estende qui i suoi rami sulla terra?
19. IL VERO SAGGIO: Mimameid è l'albero e nessun uomo sa
Da quali radici è cresciuto;
Quale male possa abbatterlo solo pochi possono indovinarlo.
Non è danneggiato né dal fuoco né dal ferro.
20. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Cos'è che estinguerà il glorioso albero
Che né fuoco né ferro possono danneggiare?
21. IL VERO SAGGIO: Quando il suo frutto sarà bruciato sul fuoco
Dalla megera rimbambita, allora verrà fuori
Ciò che dovrebbe restare dentro. Allora l'albero marcirà tra gli uomini.
22. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qual è il gallo che sta in alto sull'albero,
Tutto risplendente d'oro?
23. IL VERO SAGGIO: Si chiama l'uccello che ha larghe ali,
Che splendendo si posa alto sulla cima di Mimameid.
Egli accumula in un solo grande dolore le pene infinite
Dal fuoco di Sinmara.
24. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
C'è un'arma per mezzo della quale
L'uccello che ha larghe ali può essere portato nella casa di Hel?
25. IL VERO SAGGIO: Lavaten è il suo nome. Fu forgiata con il rimorso da Lopt
Vicino all'ingresso dell'abisso.
Nel tino di ferro, sorvegliata da Sinmara
E bloccata da nove serrature.
26. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero sSggio, devo chiedere e voglio sapere:
Può ancora venire l'uomo che cerca di prendere quella leva magica?
IL VERO SAGGIO: Può ancora ritornare chi cerca di prend27. ere la magica leva,
Se porta quello che pochi possono portare alla donna-guaritrice
Della fruttifera terra.
28. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Vi è qualcosa di costoso che un uomo possegga
Per compiacere la vecchia donna?
29. IL VERO SAGGIO: La scintillante punta dell'ala con la sua penna
Presa dall'uccello che ha larghe ali tu puoi portare
Come dono a Sinmara prima che lei si degni di darti l'arma.
30. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qual è quella sala che è fortificata dai fuochi purificatori?
IL VERO SAGGIO: Calma è il suo nome, ed è in31. equilibrio,
Sospesa sulla punta di una lancia,
Della quale il popolo dell'antichità sapeva solo qualche diceria.
32. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Chi tra i figli degli dèì costruì la sala che ho intravisto attraverso il cancello?
33. IL VERO SAGGIO: Une e Ire, Bare e Ore, Varr e Vägadrasil, Dore, Ure, e Delling;
Anche l'astuto elfo Loki.
34. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Qual'è quella montagna dove si deve trovare
La sposa nascosta nei sogni?
35. IL VERO SAGGIO: Montagna Sacra è il suo nome,
un rifugio fin dall'antichità per i malati e i feriti.
36. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Chi sono le fanciulle che siedono sulle ginocchia di Menglad,
Tutte insieme, in armonia?
37. IL VERO SAGGIO: Una è Rifugio, un'altra è Superstite, una terza è Custode;
La quarta è Luminosa, la quinta è Gentile,
Poi ci sono Tenera, Pace,
Compassione, e la Signora della Clemenza.[107]
38. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Salvano chi sacrifica a loro, se lo ritengono necessario?
39. IL VERO SAGGIO: Salvano saggiamente coloro che sacrificano
In un luogo santo: non c'è un male crudele dell'uomo
Che esse non possano guarire.
40. VENTO FREDDO: Dimmi, o Vero Saggio, devo chiedere e voglio sapere:
Lì c'è un uomo che possa dormire tra le braccia
Dell'amabile Menglad?
41. IL VERO SAGGIO: Non vi è nessun uomo che possa dormire
Tra le braccia dell'amabile Menglad,
Solo Spivdag; a lui è fedele la fanciulla luminosa come il sole.
42. VENTO FREDDO: Spalanca i cancelli! Davanti a te vedi Svipdag!
Ancora è incerto se Menglad deciderà di prendermi
Per la sua gioia.
43. IL VERO SAGGIO A MENGLAD; Ascolta, Menglad. È venuto un uomo.
Vai tu stessa a vedere l'ospite. I cani sono contenti, la casa
Si è aperta. Mi sembra che sia Svipdag.
44. MENGLAD: Se menti dicendomi che l'uomo venuto
Da lontano è Svipdag, i corvi feroci ti strapperanno gli occhi
Dall'alto del patibolo.
45. MENGLAD A SVIPDAG: Da dove sei venuto? Perché ti sei messo in viaggio?
Con quale nome sei conosciuto nella tua casa?
Dal tuo lignaggio e dal tuo nome
Saprò se per un prodigio dovessi diventare tua moglie.
46. SVIPDAG: Mattino Nebbioso è il mio nome.
Sole Splendente è mio padre. Di là
Sono stato gettato via sulle strade sferzate dal vento.
Nessuno può lamentarsi per l'ordine di Urd
Anche se la motivazione è infondata.
47. MENGLAD: Sii il benvenuto! Adesso ho ciò che ho desiderato;
Con un bacio saluto il tuo caro arrivo.
Ti ho aspettato a lungo sulla montagna del sonno.
Ora la mia speranza si è realizzata.
Ancora una volta sei ritornato, uomo, alle mie sale.
48. SVIPDAG: Entrambi l'abbiamo desiderato.
Io ho sospirato a lungo di te, e tu d'incontrarmi.
Ora abbiamo riparato perché noi due insieme ci divideremo
Il lavoro degli anni e delle ere.
NOTE DELL'AUTRICE
Frey, la divinità che s'incorpora nelle molte dimore del cuore, era seduto sul Lidskjalf, da cui scrutava la gigantessa Gerd nella corte di suo padre. Egli si consumava d'amore per lei e voleva chiederla in moglie. L'essere divino non può, comunque, entrare direttamente nei mondi della materia, e quindi Frey inviò il suo scudiero Skirner a corteggiare la fanciulla per conto suo. Skirner si presenta a Gerd così: "non sono un elfo, né un figlio di Ása, né io sono uno dei saggi Vaner" (18). Allora, chi è lui?
Skirner nomina Radiosità, un raggio della divinità, un avatāra che discende in un mondo inferiore per illuminare una razza dell'umanità — una gigantessa. Equipaggiato con il destriero e la spada del dio, Skirner cavalca fino al mondo dei giganti e ottiene di essere ascoltato da Gerd, ma lei rifiuta tutte le sue proposte. Le mele dell'immortalità non la tentano, e nemmeno "l'anello che fu bruciato con il figlio di Odino" (Balder), ma che ne dispensa otto simili ogni nove notti — suo padre, lei dice, ha abbondanza d'oro. Né cambia idea alle minacce di mali in continuazione nel mondo dei giganti, che saranno sempre peggiori. Comunque, quando le è rivelato il suo futuro — l'estinzione per "impotenza, ottusità, e lussuria" — alla fine Gerd acconsente d'incontrarsi con il dio nel sacro e inviolabile boschetto Barre "dove uno viaggia in pace" (39).
Il Discorso di Skirner potrebbe facilmente essere frainteso come una fantasiosa incongruenza se non fosse per una suggestiva qualità che lo mette a confronto con altri racconti relativi all'incarnazione di una divinità nel nostro mondo: una discesa avatārica. Questa, come gli "ostaggi" inviati dai Vaner agli Aesir, è la penetrazione di un raggio divino di una sfera superiore in un mondo inferiore e il suo incorporamento, per generare una nobile influenza da diffondere sull'atmosfera del pensiero di quel mondo. In determinati frangenti la terra ha sperimentato questi eventi, quando un istruttore divino ha assunto una forma umana per insegnare e ispirare l'umanità. Krishna, Lao-tse, Śankarāchārya, quello che la tradizione ha chiamato il Cristo, e altri, sono esempi di simili avatāra. Sono venuti in certi periodi ciclici; nelle parole di Krishna: "Io mi riproduco tra le creature, o figlio di Bhārata, qualora ci sia il declino della virtù e una crescita del vizio e dell'ingiustizia nel mondo; e così io m'incarno di era in era per preservare il giusto, per distruggere il malvagio, e per stabilire la giustizia." Ogni volta che un avatāra s'incorpora tra gli esseri umani, egli batte nuovamente la nota fondamentale della verità, che risuona per un periodo più o meno lungo, a seconda dell'epoca; alla fine comincia un nuovo ciclo, portando una diffusione rinnovata dell'eterno messaggio.
Sotto questa prospettiva, la missione di Skirner appare come un simile evento periodico, che ha luogo in qualche epoca preistorica vagamente ricordata — un'incarnazione divina per illuminare Gerd, progenie di una razza gigante materialistica, suo padre.
Prima della discesa, comunque, devono essere superati certi ostacoli. Il luminoso messaggero dev'essere equipaggiato del destriero per poter attraversare i "fuochi purificatori" che circondano il reame degli dèi; egli dev'essere armato della spada di Frey che impugna egli stesso nel combattere i giganti "se il portatore è intraprendente" (9). Nelle storie raccontate su Frey, la sua spada è relativamente corta: all'incirca novanta centimetri. Chi la impugna deve essere coraggioso nell'avvicinarsi al nemico, e intraprendente nel riuscire a disarmarlo: il portatore dell'arma della volontà spirituale è temerario e anche saggio.
Gerd è evidentemente un'era molto simile alla nostra, un'era di abilità e di ricerche: lei è appagata dalle ricchezze del mondo dei giganti, che sono sue, e non si cura affatto dei doni offerti dal messaggero del dio. Solo quando realizza che le pene infinite che accompagnano l'aggrapparsi alla materia si riverseranno gradualmente sulla sua casa, allora sceglie di incontrarsi con il divino compagno nel boschetto della pace.
Un interessante punto sollevato da questo poema si risolve con la matrigna, Skade, il cui nome significa "ingiuria." Lei è l'amorevole figlia di Njörd, il dio Saturniano del tempo, senza età. Abbiamo visto che fu lei a sospendere il serpente velenoso sul viso di Loki per aggravare la sua sofferenza nei mondi sotterranei; ed è anche l'istigatrice del viaggio di Skirner per domandare a Frey cosa lo stia tormentando. Non è un problema facile da risolvere ma va tenuto in considerazione. È possibile che Skade possa rappresentare l'equivalente norreno del misteriosissimo Nārada della filosofia orientale — il potere che porta un'immediata grande sofferenza ma i cui effetti nel tempo chiariranno il modo per una futura crescita produttiva? Se Skade raffigura un simile agente delle calamità naturali per portare avanti l'evoluzione, rimane una questione discutibile.
Frey, figlio di Njörd, un giorno era seduto sul Piano della Compassione e scrutava tutti i mondi; guardò nel reame dei giganti e lì vide una bella fanciulla che usciva dalla sala di suo padre verso i quartieri delle donne. Da quel momento gli venne l'angoscia. Skirner era lo scudiero di Njörd. La moglie di Njörd, Skade, lo mandò a conversare con Frey.
1. SKADE: Fatti avanti, Skirner,
Vai a chiedere un colloquio a mio figlio
E domandagli chi è
Che rende infelice quel saggio.
2. SKIRNER: Posso aspettarmi parole piene di collera
Se chiedo a tuo figlio chi è colei che desidera sposare.
3. Dimmi, Frey, principe tra gli dèi:
Perché te ne stai seduto da solo
Nella tua enorme sala.
Giorno dopo giorno, o mio signore?
4. FREY: Come posso rivelare a te,
Compagno della mia giovinezza,
La grande pena del mio cuore?
Anche se il sole splende
Beneficamente ogni giorno,
Tuttavia non splende sul mio desiderio.
5. SKIRNER. Sicuramente il tuo desiderio
Non è talmente elevato da potermelo raccontare;
Nei tempi antichi fummo giovani insieme;
Noi dobbiamo aver fiducia reciproca!
6. FREY: Nelle corti di Gymer ho visto passeggiare
Una fanciulla che mi piace;
Le sue braccia erano talmente luminose
Da riflettere tutti i cieli e i mari;
7. La fanciulla mi è più cara
Della nostra amichevole infanzia;
Ma degli Aesir e degli elfi
Nessuno desidera ch'io mi unisca a lei.
8. SKIRNER: Portami il cavallo che al crepuscolo
Mi può condurre oltre i protettivi fuochi purificanti;
Portami anche la spada che combatte da sé
Nelle battaglie contro i giganti.
9. FREY: Ti porto il destriero che al crepuscolo
Può condurti oltre i protettivi fuochi purificanti;
E anche la spada che combatte da sola
Se il guerriero è intraprendente.
10. SKIRNER AL CAVALLO:
Fuori è buio; dobbiamo viaggiare oltre
Le umide montagne, vicino ai thursi;
O ci salveremo entrambi o entrambi
saremo catturati dal rapace gigante.
Skirner cavalcò nel mondo dei giganti, verso le corti di Gymer; lì, feroci corvi erano legati alla porta del cortile che circondava la sala di Gerd. Egli si avvicinò a un uomo seduto su una collinetta.
11. SKIRNER: Dimmi, mandriano che siedi sulla collinetta
E sorvegli tutte le strade,
Come posso ottenere un colloquio con la fanciulla
Ed evitare i feroci corvi?
12. MANDRIANO: Sei condannato a morte o sei già morto,
Tu che sei così alto sul tuo cavallo!
Io sarò duro con te che vuoi ottenere un colloquio
Con la virtuosa figlia di Gymer.
13. SKIRNER: Ci sono cose migliori da fare
Che metterci a litigare,
Quando io voglio avanzare.
Ho solo un giorno d'età
E tutto il mio destino è previsto.
14. GERD ALLA SUA SERVA:
Sento un frastuono roborante,
La terra trema, e le corti di Gymer si scuotono.
15. SERVA: Qui c'è un uomo che
È smontato da cavallo,
Lasciando che il suo cavallo bruchi l'erba.
16. GERD: Digli di entrare nella nostra sala
E di bere lo splendido idromele!
Tuttavia ho il presentimento
Che dall'esterno stia arrivando la rovina di mio fratello.
17. Chi sei, un elfo, o uno dei figli di Ása,
O dei saggi Vaner?
Sei venuto da solo oltre i fuochi alimentati
Dalla quercia per vedere la nostra sala?
18. SKIRNER: Non sono né un elfo né uno dei figli di
Ása, e non sono nemmeno uno dei saggi Vaner:
Ma sono venuto da solo oltre i fuochi alimentati
Dalla quercia per vedere la tua sala.
19. Undici mele d'oro devo darti,
Gerd, per comprare la nostra pace
E perché tu non sia indifferente a Frey.
20. GERD: Non prenderò undici mele
Per avere un uomo:
Frey ed io non possiamo costruire
Insieme le nostre vite.
21. SKIRNER: Allora ti offro l'anello
Che fu bruciato insieme al giovane figlio di Odino,
Ma che ogni nove notti ne dispensa altri otto simili.
22. GERD: Non m'interessa l'anello
Che fu bruciato insieme al giovane figlio di Odino,
Perché non è l'oro che mi manca
Nelle corti di Gymer.
23. SKIRNER: La vedi questa spada,
Flessibile, adornata di rune, che impugno nella mia mano?
Ti staccherò la testa dal collo se rifiuti!
24. GERD: Con la forza non mi costringerai
Mai a prendere un uomo;
Ma so che se tu e Gymer v'incontrerete in battaglia,
Sarà un combattimento vigoroso.
25. SKINNER: Vedi questa spada flessibile,
Adornata di rune?
Con questa cadrà l'antico gigante;
Tuo padre è stato condannato a morte.
26. Ti punisco con una spada magica,
Perché ti devo piegare al mio desiderio;
Andrai dove i figli degli uomini
Non ti vedranno mai più.
27. Tu starai sul tumulo dell'aquila
E fisserai il tuo sguardo sulla dimora di Hel;
Avrai disgusto del cibo
Più di quanto gli uomini ne abbiano del serpente lucente.
28. Sarai un mostro sulla strada; Rimner ti terrà d'occhio;
Il tuo aspetto confonderà tutti;
Sarai più conosciuta del guardiano degli dèi,
Poiché tu avidamente guarderai
Con aria intontita al cancello.
29. Il vuoto, il lamento, la compulsione, l'impazienza,
Le tue lacrime aumenteranno in angoscia;
Siediti mentre io farò su di te incantesimi
Di maledizioni amare,
Di doppia lussuria e disgusto.
30. Sarai ossessionata dalla mattina alla notte
Nelle corti dei giganti;
Passeggerai ogni giorno nella sala dei giganti di brina,
Indifesa e zoppa,
Per te sarà una gioia piangere e soffrire con le lacrime.
31. Con un thurso dalle tre teste tu camminerai,
O resterai senza un uomo o un compagno;
La lussuria ti brucerà, il desiderio ti lacererà,
Sarai come il cardo che cresce sotto le grondaie.
32. Sono venuto nei boschi,
Nei cespugli dell'umido salice,
A prendere la verga magica.
La verga magica l'ho presa.
33. Odino è in collera con te,
Brage è in collera con te,
Frey ti odierà col cuore,
Fanciulla malvagia,
hai provocato l'ira degli dèi
In una questione così importante.
34. Ascoltatemi, titani,
Ascoltatemi, giganti di brina
Figli di Suttung,[108] e anche voi, Aesir:
Ascoltate come io la maledico,
Come le impedirò di avere piacere con un uomo.
35. Rimgrimner è il gigante che ti fotterà
Dietro i cancelli della morte;
Lì tra le radici degli alberi gli schiavi
Ti daranno da bere l'acida urina delle capre;
Non avrai mai una bevanda migliore, fanciulla,
Sia per tuo desiderio sia per tuo comando.
36. "Gigante," tre caratteri di rune per te inciderò:
Impotenza, incoscienza, lussuria.
Poi cancellerò quello che ho scritto,
Se sarà necessario.
37. GERD: Salute a te, giovane, meglio che ora ti porga
La coppa della festa colma di idromele invecchiato!
Non avrei mai pensato di desiderare il bel figlio di Vana.
38. SKIRNER: Vorrei sapere tutto prima di
Prendere a cavallo la strada del ritorno:
Quando tu sarai alla Ting,
Giurerai la tua fedeltà al figlio di Njörd?
39. Barre è il boschetto dove si viaggia in pace,
Come ben sappiamo noi due.
Tra nove notti Gerd giurerà la sua fedeltà
Al figlio di Njörd.
Skirner cavalcò verso casa. Frey stava all'esterno, lo salutò e chiese notizie.
40. FREY: Dimmi, Skirner, prima che tu tolga
La sella al destriero e faccia un solo passo:
Com'è andata la faccenda nel mondo dei giganti?
Sé andata secondo i nostri voleri?
41. SKIRNER: Barre è il boschetto dove si viaggia in pace,
Tra nove notti Gerd giurerà la sua fedeltà
Al figlio di Njörd.
42. FREY: Lunga è una notte,
Due sono ancora più lunghe;
Come farò ad arginare il desiderio per tre notti?
Spesso un mese mi è sembrato più breve.
NOTE DELL'AUTRICE
Questa storia spesso raccontata è nota in molte versioni. Balder, il dio sole, era assalito da sogni inquietanti che preoccupavano gli Aesir. Quando Odino apprese che la Dimora di Hel, dea della morte, si stava preparando ad accogliere suo figlio, la consorte di Odino, Frigga, madre degli dèi, disse che pretendeva da tutte le creature il giuramento di non fare del male a Balder. E tutti diedero gioiosamente l'impegno che lei aveva chiesto, e sembrava che il pericolo si fosse allontanato. Solo una cosa era stata trascurata: il vischio, troppo leggero e fragile per costituire una minaccia.
Loki s'accorse di questa disattenzione, strappò la pianticella, ne fece un dardo e andò dove gli dèi si divertivano scagliando armi contro Balder, che se ne stava a ridere, invulnerabile, perché le armi rimbalzavano e cadevano innocuamente a terra. Solo il gemello di Balder, Höder, il dio cieco, se ne stava da parte. Loki si avvicinò chiedendogli se gli fosse piaciuto partecipare al gioco e si offrì di guidare la mira in modo che anche lui potesse partecipare a quel passatempo. Ma il dardo che Loki mise sull'arco di Höder era il fatidico rametto di vischio, che trafisse il cuore del dio sole, e Balder immediatamente andò nella Dimora di Hel.
Camuffato da Hermod (il coraggio divino), Odino si mise in viaggio per supplicare la regina dei morti a rinunciare al dio sole. Lei era d'accordo, a una condizione: che tutti gli esseri, senza eccezione alcuna, dovevano piangere per lui. Frigga riprese a piangere incessantemente, e tutti piansero per l'amato Áse. Quando sembrava che ogni cosa andasse per il meglio, Frigga incontrò una vecchia megera — Loki travestito — che si rifiutò di piangere. Fu decisivo: Balder doveva rimanere nella Dimora di Hel.
Il dio sole fu messo sulla pira del suo vascello; la sua amorevole moglie Nanna (la luna) morì di crepacuore e fu messa accanto a lui. Prima che il vascello in fiamme andasse alla deriva, si dice che Odino si sia chinato sussurrando qualcosa all'orecchio del figlio.[109]
Vi sono molte chiavi che si adattano a questa storia: il dio sole muore ogni anno al solstizio d'inverno, e rinasce, come suo successore vendicando la morte del padre, pur "avendo una sola notte d'età." Dopo di che nasce un nuovo anno con il sole che ritorna. La festa del "sole invitto" era celebrata in tutte le terre a nord dell'equatore nella stagione sacra, e successivamente diventò il Natale. È il tempo della "nascita immacolata," quando il sé divino nasce vittorioso nell'aspirante iniziato nei Misteri. La nascita di Cristo era segnata in quella data per identificarlo come uno degli iniziati.
Un'altra interpretazione riferisce il racconto della fine dell'età solare o età dell'oro. Ai tempi della giovinezza dell'umanità, nella mente appena risvegliata dell'uomo prevaleva l'innocenza. Era un'età di pace e serenità, di obbedienza istintiva alle leggi della natura, nel periodo in cui l'influenza degli dèi governava le vite delle creature. Quando la nascente intelligenza umana cominciò a provare il suo potere, la volontà di scelta e il libero arbitrio portarono a inevitabili errori, ed entrò in gioco la legge della responsabilità morale; insieme alle forze dell'ignoranza e delle tenebre, rappresentate da Höder, il dio cieco, furono le cause che portarono alla fine di quest'esistenza mite e vegetativa. Ugualmente, nel racconto biblico, Adamo ed Eva furono cacciati dall'Eden dopo aver assaggiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, perché erano diventati come gli dèi (elohim), responsabili della loro evoluzione. La mente umana doveva essere libera di scegliere il suo corso; l'automatico andare alla deriva dell'innocenza simile a quella dei bambini non era più l'anima umana, che ora doveva cominciare a dirigere volutamente e intelligentemente il suo progresso verso la perfezione e manifestare in maniera sempre più completa la propria divinità.
Lo stimolo evolutivo dell'intelligenza in azione — Loki, travestito da vecchia megera — si rifiutò di rimpiangere la fine dell'età dell'oro, poiché doveva succedergli il vero lavoro della crescita interiore dell'uomo. Incatenato nel mondo sotterraneo, Loki deve soffrire le sue pene fino alla conclusione del ciclo. La bella Skade, l'aspetto contrario di Njörd, l'età Saturniana, sospende un serpente sul volto di Loki, e il suo veleno gocciola incessantemente sul titano incatenato, aumentando il suo tormento, mentre la sua devota moglie Sigyn rimane al suo fianco, raccogliendo il veleno in una coppa. Quando lei deve andare a svuotare la coppa, Loki si contorce negli spasmi, e la terra trema.
È una triste riflessione che nella maggior parte delle scritture, se non in tutte, la forzata espulsione dell'uomo dall'innocenza dell'infanzia nell'età adulta e nella responsabilità, sia considerata un male. Forse è stata vista così perché, come umanità, siamo stati riluttanti a diventare adulti. Anche ora, vi sono molti che preferirebbero lasciare le loro mancanze alla porta di qualche divinità, vera o fittizia, e sono risentiti per avere qualche peso da sopportare, sebbene un po' di introspezione e di riflessione dovrebbero convincerci che, per adempiere pienamente a un destino più grande, dobbiamo lasciarci alle spalle l'infanzia e intraprendere una partecipazione determinata alle funzioni dell'universo. Così Loki è costretto a stare nelle profondità della materia e soffrire fino al culmine del ciclo. La sua sofferenza aumenta per il veleno prodotto dal serpente della conoscenza, proprio come quella di Prometeo è aggravata dall'avvoltoio che gli rode il fegato. Entrambe le sofferenze rappresentano il cattivo uso del dono divino della mente. Il sacrificio degli illuminatori terminerà solo quando il travaglio umano si sarà completamente esaurito, quando Fenris, la progenie di Loki, sarà libero e divorerà il sole alla fine della vita, e Vale continuerà il lavoro del dio sole a un livello maggiore d'esistenza. Allora, forse, conosceremo ciò che Odino sussurrò all'orecchio di Balder.
1. Tutti gli Aesir, dèi e dee,
Si riunirono in assemblea alla Ting;
Le poderose potenze dovevano deliberare
Perché Balder fosse assalito da sogni terribili.
2. Molto leggero era il sonno del dio sole,
Il riposo e il ristoro sembravano scomparsi dal suo sonno;
Ai giganti fu chiesto un responso profetico
Su come questa forza influenzasse la sua creazione.
3. I dadi gettati mostrarono che il figlio più caro
Della stirpe di Ull[111] era condannato a morire;
L'angoscia s'impadronì di Frigga, di Svafner,[112]
E degli altri sovrani. Furono tutti d'accordo su un piano.
4. Fu inviato a tutti i regni del Creato l'ordine
Di giurare che Balder fosse risparmiato;
E tutti giurarono che nessuno gli avrebbe fatto del male.
Frigga ricevette gli accordi e le promesse:
5. Ma il Padre di Tutto temeva un esito incerto:
Percepiva che gli hamingja si tenevano lontani;
Convocò gli Aesir, chiedendo una decisione.
A lungo fu discusso durante questa riunione.
6. Si alzò Odino, il padre degli eoni,
Sellò Sleipnir, il suo destriero dalle otto teste;
Quindi cavalcò prendendo la strada verso Niflhel,
E lì incontrò il mastino che chiama dalla cava.
7. La bestia era insanguinata sul costato e sul petto,
Abbaiò a lungo contro il padre delle rune;
Odino continuò a cavalcare; fragorosi tuonarono i campi
Quando lui si fermò all'alta sala di Hel.
8. Odino cavalcò verso est davanti alla porta,
Dove sapeva che c'era la tomba della sibilla.
Le rune della morte egli cantò alla profetica fanciulla
Finché, costretta a salire, lei parlò dai morti.
9. "Chi tra gli uomini, a me sconosciuto,
Mi costringe pesantemente a ritornare?
Fui ricoperta dalla neve, sferzata dalla pioggia,
Bagnata dalla rugiada. Da lungo tempo sono morta.
10. ODINO: Mi chiamo il Pellegrino e sono figlio
Di colui che è abituato alla morte:
Parlami dalla dimora dei morti
Come io ti parlo dalla Vita:
Per chi sono le panche adorne di anelli
E il letto ricoperto d'oro?
11. SIBILLA: L'idromele è pronto, poiché l'ha fermentato Balder,
Il prezioso sorso protetto da uno scudo,
La stirpe degli Aesir ansiosamente attende.
Sono stata costretta a dirlo. Ora posso tacere.
12. ODIN: No, sibilla, continua a parlare.
Ti farò domande finché non saprò tutto.
Voglio conoscere di più:
Chi provocherà la morte di Balder
E priverà il figlio di Odino della sua giovinezza?
13. SIBILLA: Höder[113] manderà quaggiù
Il tuo amabile figlio, che troverà in lui
La sua rovina. E priverà il figlio di Odino della sua giovinezza.
Sono stata costretta a dirlo. Ora tacerò.
14. ODINO: No, sibilla, continua a parlare.
Ti farò domande finché non saprò tutto.
Voglio conoscere di più:
Chi lo vendicherà colpendolo duramente,
Chi porterà l'assassino di Balder sulla pira?
15. SIBILLA: Rind[114] porta Vale[115] nelle sale settentrionali.
Ma pur avendo una sola notte d'età
Il figlio di Odino combatterà.
Egli non si laverà le mani, né si pettinerà
Prima di aver portato sulla pira
L'assassino di Balder.
Sono stata costretta a dirlo. Ora tacerò.
16. ODINO: No, sibilla, continua a parlare.
Ti farò domande finché non saprò tutto.
Voglio conoscere di più:
Chi sono le fanciulle che allora piangeranno
E lanceranno nei cieli i loro fazzoletti?
17. SIBILLA: Non sei un pellegrino tu,
Come pensava la sibilla. Tu sei Odino, il padre degli eoni.
18. ODINO: E tu non sei una sibilla,
Non sei una saggia veggente.
Tu sei la madre di tre thursi.
19. SIBILLA: Ritorna a casa con il tuo destriero, Odino,
E riposa la tua mente!
Nessuno ritornerà così vicino a me
Finché Loki sarà liberato dalle catene,
E le forze, che tutto dissolvono, verranno a Ragnarök.[116]
NOTE DELL'AUTRICE
Questo Poema indica le conseguenze che seguono la morte di un pianeta. È stato omesso da molte traduzioni, perché gli studiosi, guidati dall'eminente Siophus Bugge, hanno preferito ignorarlo, essendo del tutto incomprensibile. È un Poema di grande bellezza, con un forte richiamo mistico, perché il lettore percepisce tutto il vuoto non detto, sognante, quasi inimmaginabile, tra i periodi di vita quando l'anima planetaria è immersa nell'immobilità che segue la morte. Ogni regno della natura è tenuto in una sospensione senza respiro, statica, inconsapevole, non vivente, che attende gli impulsi elettrizzanti di una nuova alba. Solo il padre di tutto è attivo. In tutta l'Edda non vi è un brano di musica più intenso di questa calma dell'impulso di vita, lasciando ogni gruppo di esseri fisso nel suo stato caratteristico di consapevolezza per il lungo riposo fino al ritorno degli dèi.
Odino ha due corvi, Hugin e Munin (mente e memoria), "che ogni giorno volano sui campi di battaglia della terra"[117] e di notte ritornano al Padre di Tutto. Qui vediamo ancora una citazione dell'ansia degli dèi per Hugin, per paura che non torni, e in questa citazione troviamo una ragione convincente. La mente implica una scelta: gli esseri che possiedono questa facoltà, che hanno raggiunto la funzione dell'intelligenza e della libera volontà, proprie dell'umanità sulla terra, devono affrontare le opzioni che queste presentano. Essi possono, se scelgono così, unirsi totalmente con il lato materiale della natura, i giganti, e in casi estremi recidono il loro contatto con il dio interiore, per cui il proprio contributo caratteristico al proposito cosmico è perduto, e l'anima rinuncia alla sua opportunità di diventare immortale. Oppure possono gradualmente fondersi nella sorgente divina della loro esistenza. La scelta critica non è fatta tutta in una sola volta; è l'effetto cumulativo di innumerevoli piccole scelte fatte attraverso i vari stadi di progresso della vita. Nel corso naturale di crescita, l'anima unisce ogni ulteriore esperienza con la sua sorgente divina, e così a poco a poco s'immerge in essa.
È per questo che alla fine di un "giorno" di vita, Hugin ritorna a Odino, portandogli notizie del mondo manifestato e riunendosi alla divinità da cui originariamente ebbe vita. Il suo compagno Munin è il contenitore di tutti gli eventi registrati fin dall'inizio del tempo. È sul rapporto di Munin che sono costruite tutte le conquiste, perché la memoria rimane eternamente come il fondamento della futura consapevolezza.
Andrebbe rilevato che entrambi gli uccelli si riferiscono non solo alla coscienza umana ma alle corrispondenti proprietà come si manifestano in maniera differente e in vari gradi attraverso la natura. Un pianeta, simile a quello che Idun personifica, possiede le caratteristiche alle quali hanno contribuito tutti i suoi componenti, dalle coscienze elementali attraverso la condizione rudimentale di minerali, la maggiore sensibilità delle piante, la nascente consapevolezza delle vite animali, e l'autocoscienza delle anime umane; include anche il grandioso stato degli uomini e delle donne perfetti, come pure i regni di vita superiori a quello umano. Ogni coscienza che si risveglia a qualsiasi stadio procede attraverso la vita per raggiungere uno scopo e una cognizione più elevati, modificando sempre la sua malleabile e crescente consapevolezza e comprensione, ma è nella fase umana che noi siamo per la prima volta capaci di distinguere questo processo.
Alla fine della sua vita, l'anima planetaria, Idun, è assediata alla fonte di Urd dagli dèi ansiosi che cercano d'imparare da lei la crescita della vita passata e di bere l'idromele che lei può fornire. Applicando le chiavi teosofiche appare probabile che suo padre Ivalde rappresenti il mondo precedente, la catena dei globi lunari dei quali la nostra terra è il successore. Idun, sua figlia, è "la più vecchia della prole più giovane di Ivalde," per cui appartiene alla nostra terra, ed è la progenie del corrispondente globo della precedente catena lunare. Comunque, non la sua parte più fisica, che era Nanna, il corpo che per noi non è più visibile. Nanna morì prima che nascesse la nostra terra, prima che fosse costruita con i materiali che avevano composto la sua forma scartata. Lei raffigura i costituenti inferiori del pianeta, e così alla morte s'immerge nell'incoscienza, punta dalla spina del sonno, "figlio dell'incantatore del sonno." Questa è la vera spina che portò l'oblio alla Bellezza Dormente (in un'altra interpretazione dello stesso racconto), il cui lungo sonno era finito con il bacio della vita. La spina paralizzante nasce sulle onde ghiacciate, dal gigante di brina (22) i cui seguaci cominciano caratteristicamente a morire ad ogni mezzanotte, uccisi dall'aurora che si avvicina.
Come ci racconta il poema, l'afflitta Idun non ha molto da offrire al banchetto degli Aesir. Comunque, i versi finali di questo poema ci portano la nascita di una nuova vita: quando le streghe e i giganti della notte si rifugiano nelle loro tane "sotto le radici estreme dell'albero di frassino" (25), gli dèi riappaiono e irrompe un nuovo mondo di vita trionfante, con una nuova speranza, annunciato dal "possente suonatore di chiarina sulle montagne del cielo." (26).
1. Il Padre di Tutto agisce, gli elfi distinguono,
I Vaner conoscono, le norne indicano la via.
I troll nutrono, gli eoni danno la nascita,
I thursi aspettano, le Valchirie bramano.
2. Gli Aesir erano assaliti da oscuri presentimenti,
I veggenti interpretavano male le rune
Della fanciulla fertile.[118]
L'idromele di Urd lei custodiva
Ma non poteva difenderlo
Dalla prepotenza del grande esercito.
3. Hugin si alza verso l'alto per cercarla .
Gli Aesir sono in ansia se lui tarda a tornare;
I sogni del desiderio di vita[119] diventano sofferenza;
Sogni confusi sovrastano i morti.
4. I nani accrescono il loro torpore;
I poteri dei nani diminuiscono;
I mondi s'immergono nel Vuoto di Ginnung;[120]
Alvis, il sapiente, abbatte spesso gli esseri,
E poi ricompone quelli caduti.
5. Non stanno più in piedi la terra o il sole;
Il fiume della distruzione non sta più in alto;
Nascosta profondamente nella fonte di Mimer
Giace tutta la saggezza. Sai ancora qualcos'altro?
6. Dimora nelle conche la fanciulla che conosce,[121]
Caduta giù da Yggdrasil, il frassino:
Gli elfi l'hanno chiamata Idun; lei è la più vecchia
Della prole più giovane di Ivalde.
7. Infelice ella sembrava nella sua sventura,
Prigioniera sotto l'albero supremo.
Non gradiva stare con la figlia della Notte,
Abituata ad avere i mondi come sua dimora.
8. Gli dèi della vittoria videro il dolore di Nanna;[122]
La mandarono nella dimora di Hel, travestita da lupo;
Indossò questo travestimento e cambiò la sua indole;
Confusa dall'illusione, l'apparenza alterata.
9. Odino scelse il guardiano di Bäfrast[123]
Per chiedere all'afflitta vedova del sole morto
Tutto quello che lei sapeva del fato del mondo.
Brage e Lopt ne riportarono la testimonianza.[124]
10. Incantesimi essi cantarono, cavalcando sulle onde,
Il sovrano e i potenti, ai confini del mondo.
Odino, ascoltando Lidskjaf,[125] lascia che essi
Viaggino in ogni parte del mondo.
11. Il saggio Heimdal chiese se Nanna, colei che
Fornisce l'idromele, conoscesse l'origine, l'età,
E la fine delle stirpi degli dèi e dei suoi compagni,
Il cielo, il vuoto, e la terra.
12. Lei non avrebbe detto niente,
Non una parola avrebbe pronunciato
In risposta a loro due che volevano sapere,
Né voleva discutere con loro;
Le lacrime cadevano veloci dagli scudi del suo cervello;
Il suo potere era intorpidito, esaurito, disfatto.
13. Piena di dolore Jorun apparve[126] davanti agli dèi,
Incapace di parlare;
Più loro chiedevano, meno lei diceva;
Tutte le loro parole scaturivano inutilmente.
14. Il primo a investigare fu Heimdal, il guardiano
Del corno del padre degli eserciti;
Portò con se Loki, quello nato da Nal,
Mentre Brage, il bardo, stava a guardia.
15. I guerrieri di Odino raggiunsero il padiglione del vino,
Portati lì dai figli del passato;
Vi entrarono gli eroi di Ygg per salutare gli Aesir,
E parteciparono al banchetto dell'idromele.
16. Augurarono a Hangatyr[127] benessere e gioia,
E di poter sempre bere la sua birra;
I bevitori erano felici di godersi il boccale,
Impazienti di festeggiare con il Sempre Giovane.
17. Invitati da Odino a sedere sulle panche,
I sovrani insieme mangiano e sono sazi di Särimner;[128]
Con il mestolo di Nikar[129] Skögul serve ai tavoli
L'idromele nei corni della memoria.
18. Al banchetto gli dèi chiesero con insistenza di Heimdal,
E le dee chiesero di Loki.
Per tutto il giorno, finché venne buio,
Gli dèi cercarono la saggezza e la profezia della veggente.
19. Pensavano a torto che la faccenda si fosse risolta,
E in maniera lodevole.
Era necessaria l'astuzia per ricavare una risposta
Dalla furba strega.
20. Quando fu buio, Odino parlò. Tutti lo ascoltarono:
"La notte sarà usata per portare consiglio;
Chiunque può, da domani
Troverà la soluzione per il bene degli Aesir.
21. Al margine del giro della montagna intorno alla terra invernale
La progenie di Fenris, esausta, cadde.
Gli dèi abbandonarono il banchetto, salutando Ropt[130]
E Frigg, alla partenza del destriero della notte.
22. Appena fuori dal tiro, fuori dalle onde gelate,
Viene la spina del sonno al gigante di brina,
I cui seguaci sono uccisi nel bel Midgárd
Ogni notte, a mezzanotte in punto.
23. Allora il potere svanisce. Le mani cadono intorpidite.
Un deliquio assale l'Áse dalla bianca spada;[131]
L'incoscienza regna sul respiro di mezzanotte;
Il pensiero abbandona gli esseri stanchi.
24. Ma il figlio dell'Alba sprona il suo destriero
Allegramente bardato con gemme preziose.
Sulla Casa dell'uomo fluisce lo splendore
Che si diffonde dalla criniera del destriero;
Egli estrae dal carro il giocattolo di Dvalin.[132]
25. Alla porta del cavallo settentrionale della terra che nutre,
Sotto le radici estreme del nobile albero del frassino,
I giganti e le streghe si rifugiarono nelle loro tane,
Spettri e nani, e i neri elfi.
26. Gli dèi si alzarono. Forte risplendeva il sole.
Verso nord a Niflheim la notte si allontanò;
Heimdal ancora una volta spuntò su Bäfrast,
Il possente suonatore di chiarina sulle montagne del cielo.
Il lettore che è arrivato alla conclusione di quest'opera avrà notato una mancanza di raffigurazioni di dèi e giganti, che di solito abbelliscono i libri sulla mitologia: i miti norreni in genere giocano su Odino con un solo occhio, con un cappello floscio, e un Thor nerboruto che brandisce un primitivo martello di pietra. Tutti gli abbellimenti di quel genere sono stati omessi perché immagini del genere hanno dato ai miti più discredito di qualsiasi altra cosa. Invece, è stato fatto uno sforzo di spersonalizzare i poteri e le sostanze naturali dell'universo, in un tentativo di ribaltare l'usuale tendenza a vedere le divinità mitiche in forma umana e dotare la materia di qualità che essa non possiede. Il primo è un'indegnità alla quale nessun potere planetario o stellare dovrebbe essere sottoposto; il secondo annette alla sostanza inerte proprietà che non hanno nulla a che fare con la sua natura.
Avendo trattato una piccola parte dell'Edda di Saemundar, con brevi escursioni in altre fonti, ora dovremmo avere una ragionevole familiarità con il metodo usato dai bardi per tramandare la scienza degli dèi. Attraverso la peculiare magia dei miti, noi stessi ci ritroviamo ad aver appreso l'origine, l'età, e la fine delle cose, poiché siamo, ciascuno di noi, Odino che chiede. I problemi da affrontare, quando sono riportati alla loro forma più basilare, sono proprio le stesse domande fatte dallo spirito dell'esistenza quando è appeso, sospeso dai mondi superiori, all'Albero della Vita: l'Odino inferiore consacrato all'Odino superiore nell'albero, mentre egli cerca le profondità delle rune della saggezza, sollevandole con il canto — suono, movimento, attività.
Nella Völuspá e nel Grimnismál ci viene data un visione della cosmogonia, un panorama dei mondi viventi che ritornano in attività dopo un riposo cosmico; vediamo gli dèi che siedono ai loro troni di giudizio, riuniti per tenere consiglio e determinare la disposizione degli esseri celesti negli scomparti e nelle case dell'Alberto della Vita. Impariamo pure le nostre origini umane e il lignaggio: che discendiamo dai poteri cosmici creativi, composti dagli elementi universali che ci forniscono le proprietà appartenenti alla nostra specie.
Altri Discorsi si riferiscono più in particolare al nostro globo e alle sue umanità che si sono succedute l'una dopo l'altra. Troviamo una successione di giganti e gigantesse, razze umane che manifestano caratteristiche diverse e affrontano nuove esperienze per nutrire la coscienza eterna. Lo spirito umano attraversa i ripiani e le case dell'universale Albero della Vita, in cerca di esperienza, proprio come noi ospitiamo miriadi di mondi atomici sui vari livelli della nostra natura, mentre il nostro elfo, il nostro ego, agisce per volere del suo hamingja divino e permette contemporaneamente a se stesso di essere sviato dalle insistenze della natura nanesca in noi. Al tempo stesso, i nostri organismi corporei, insieme ai minerali e ad altri regni, aiutano a costruire i globi del nostro universo, proprio come le vite atomiche in noi forniscono i corpi che ci appartengono nel mondo che attualmente abitiamo.
I miti sono eminentemente razionali. Non vi sono domande straordinarie sulla credibilità: i sistemi si collegano, i ramoscelli sui rami dell'Albero della Vita sono essi stessi alberi della vita che ramificano all'interno del sistema più grande. Per tutto il tempo, gli dèi, le potenze benefiche, sono al comando dei propri domini; non interferendo negli affari umani, né essendo soggetti alle lusinghe e ai capricci umani, essi sono mondi intelligenti, rigorosamente inavvicinabili da noi, e tuttavia sono un prospetto realistico del nostro futuro. Noi, come bambini piccoli in un mondo di adulti, siamo appena all'altezza dei ginocchi della loro maestosità e vediamo solo il minimo elementare dei loro attributi.
I mondi sono mostrati che vivono e muoiono, e rivivono, e ancora una volta muoiono. Dopo ciascuna vita planetaria gli dèi cercano d'imparare dallo "spirito fecondo" ciò che era stato ottenuto nella sua sfera di dovere. All'interno del regno umano anche noi entriamo nel nostro globo d'azione, conquistiamo qualche sorso d'idromele per deliziare il nostro dio interiore, e usciamo in altri mondi: mondi che hanno una diversa composizione, una diversa sostanzialità, altri campi d'esperienza di cui è partecipe la coscienza evolvente. Lo scoiattolo della consapevolezza ha libero accesso a tutti i numerosi livelli del suo Albero della Vita, e ciò che appartiene a un mondo non ha un'identica applicazione in un altro, sebbene abbiamo delle affinità con tutti. Viviamo e impariamo in essi, ciascuna parte della nostra natura ha la propria base abitativa.
Fin da quando la mente e la volontà della primitiva umanità fu accelerata a pensare e a scegliere i loro — i nostri — primi passi come esseri umani, furono guidate dalle "potenze benefiche" antropomorfizzate come Rig, i nostri sentieri hanno attraversato molte paludi e sabbie mobili dove la luce interiore si era offuscata, ma anche vette di grande ispirazione. La mente umana, essendo parte integrante della mente di un universo intelligente, non può separarsene, né contenere qualcosa che manca nell'universo, la cui globalità forma una parte che deve costituire una porzione completa di esso. I miti ci assicurano che, quando il nostro stancante viaggio attraverso le valli della materia che scopriamo in prima persona sarà completato, riacquisiremo la nostra divinità e assumeremo un ruolo cosciente e responsabile nel governo del mondo, poiché dento di noi c'è un legame potente e innegabile con le intelligenze luminose che governano i sistemi planetari e solari; sono le gerarchie la cui essenza pervade il loro dominio, proprio come un essere umano permea con la coscienza tutte le vite che pullulano nella sua anima e nel suo corpo. E, salvo a perdere il contatto con la sorgente della nostra ispirazione, il mondo di pensiero che abitiamo è pregno dei segnali dai quali potremmo trarre profitto.
Mai in tutte le nostre avventure la luce dell'ispirazione è stata completamente mancante; sono sempre esistiti gli ideali mitologici, per cui, quelli che cercano la verità coscienziosamente possono trovare la risposta in ogni epoca. Perciò le leggende e le allegorie del mondo durano ancora. Quando la necessità interiore e l'amore altruistico sono d'incitamento, possono diventare più pienamente conosciuti; altre volte restano nascosti nei loro travestimenti di racconti epici e fiabe. Se studiati, riaffermano valori e virtù eterne, e ci insegnano come vivere: perché, come essi chiaramente mostrano, il nostro compito come regno umano è di trasmutare la sostanza grossolana del nostro mondo di giganti nei tesori più duraturi della coscienza — il sostentamento che nutre gli dèi — in noi e nei sistemi dei mondi.
Al tempo stesso, i miti c'insegnano a conoscere la verità e a valutarla: non come dei dati conservati nella memoria di un computer, ma la sfera crescente della verità che ci permette una visione sempre più libera e che apre alla nostra comprensione i mondi interni di un kosmo vivente. Quest'assicurazione delle nostre origini divine e del destino universale ci fornisce una base per discernere ciò che è sempre valido: non una semplice serie codificata di virtù (che, come ognuno sa, possono diventare vizi se applicate male) ma un fondamento solido del carattere, una direzione interiore del cercatore che punta al vero in ogni situazione.
Le interpretazioni qui offerte sono lontane dall'essere esaurienti, presentando semplicemente uno schema di qualcuno dei temi principali della filosofia teosofica riconoscibile in alcuni dei Discorsi e delle storie dell'Edda. Né ogni simbolo è stato messo in rilievo, né ogni teoria è stata spiegata; molti colpiranno il lettore senza che siano stati puntualizzati. Altri passaggi sono troppo oscuri per essere prontamente letti e, piuttosto che confondere o, possibilmente, fuorviare il lettore, sono stati affidati all'intuizione di discernerli personalmente. Si ritiene che con le chiavi generali proposte per il simbolismo, una mente meditante e percettiva possa trovare i successivi livelli di comprensione, non solo dei miti norreni, ma anche dei miti di altri popoli. Ciò che è stato passato sotto esame è anche incompleto, essendo solo una piccola misura del materiale disponibile nell'Edda. Se questi frammenti della saggezza runica possono incoraggiare altri a intraprendere uno studio più completo di questi antichi annali, allora saranno serviti allo scopo. C'è un vero bisogno, nel nostro mondo di oggi, di ripristinare il rispetto spirituale e la ragione nello sforzo umano, prima di immergerci ulteriormente in un universo privo di significato. Gli antichi dèi non sono morti, tutt'altro. Essi proseguono nel loro compito di mantenere la continuità dei mondi, il loro armonioso funzionamento, assicurando l'equilibrio degli elementi della natura, e conservando a tutti i livelli la delicata efficienza nel nostro ambiente fisico, che lascia stupefatto il naturalista. L'artefice della natura è l'uomo. I regni che stanno dietro di noi dipendono in larga misura da noi e soffrono moltissimo per i nostri errori, mentre i regni che ci precedono sulla scala dell'esistenza, sebbene non siano influenzati dalle nostre follie, tuttavia sono privati della nostra collaborazione quando agiamo in misura inferiore rispetto al meglio dell'umanità.
È necessario acquisire la consapevolezza del prossimo passo nel nostro viaggio. Od, l'anima umana, deve guadagnarsi quel ponte celeste alla fine del suo travaglio attraverso le valli della materia sferzate dal vento freddo, aiutata dai talenti e dalle qualità conferitele da sua madre, il passato. Solo quando, preparati e pieni di volontà, possiamo adempiere al nostro destino umano e, come Svipdag unito a Menglad, il nostro hamingja, partecipare alle opere degli anni e delle ere.
Aesir (ay-seer) [dèi] Divinità attive. Vedi Áse.
Äger (ay-gear) [un titano o gigante] Spazio: il fabbricante dell'idromele per gli dèi.
Agnar (ang-nar) Nome delle prime due umanità; una fu istruita da Grimner (Odino).
Alf (alv) [tramite] Elfo, anima.
Allvis (al-veece) [all, tutto + vis, saggio] Un nano: un sapiente della terra che corteggia la figlia di Thor.
Andrimner (and, aria + rimmer, calcolo, calendario] Uno degli orsi che nutrono i falchi dell'Uno.
Áse (aw-seh) [ás, la trave del tetto di una casa] Un dio attivo. Vedi anche Aesir (pl.), Ásynia (f.), Ásynjor (f. pl.)
Ásgárd (aws-gawrd) [ás, dio + gard, corte] La Dimora degli Aesir.
Askungen (ask-ung-en) [ask, cenere + unge, bambina] La bambina della cenere: Cenerentola.
Ásmegir (aws-may-gir) [dio potenziale] Un dio potenziale: l'anima umana.
Ásynja (aw-sin-ya) [una dea, f. di Áse] Una divinità attiva.
Ásynjor (aw-sin-yore) [pl. di Ásynja, f. di Aesir] Una Dea.
Audhumla (a-ood-hum-la) [la vacca mitologica] Simbolo di fertilità.
Balder (bahl-der) Un Áse: il dio sole.
Bärgälmer, Bergelmir (bare-yell-meer) [un titano] Il frutto di una durata di tempo universale.
Barre (bar-reh) [barr, un ago di pino] Il boschetto sacro della pace. Snorri definisce il frassino come se avesse barr, non avendo mai visto un albero. In Islanda infatti non ce ne sono.
Bele, (bay-leh) La rovina di Bele: la spada di Frey.
Bifrost, Bäfrast, Bilrast (bee-frost, bayv-rast, beel-rast) Il ponte dell'arcobaleno tra uomini e dèi.
Bilskirner (beel-sheer-ner) [lampeggiante, splendente] un ripiano di Valhalla.
Bleknäbb (blayk-neb) [becco pallido] L'Aquila, il gigante Räsvalg.
Bödvild (beud-vild) La figlia dei Re Nidud.
Brage, Bragi (brah-geh) Un Áse: ispirazione poetica, saggezza.
Brimer (bree-mer) [la spuma del mare] Un aspetto di Äger. Vedi Ymer.
Brinsingamen (bree-sing-a-mayn) [brising, fuoco + men, gioiello] La gemma di Freya, l'intelligenza umana.
Brock, un nano: il regno minerale.
Budlung (bood-lung) Un re (poetico.)
Bur (boo-r) [nascita?] Spazio, la prima emanazione di Buri.
Buri (boo-ree) Spazio congelato, non manifestato, astratto. Tradizionalmente, Re Buri o Bore, personifica l'inverno.
Byleist (bee-layst) [fuoco selvaggio] L'aspetto distruttivo di Loki, la mente.
Draupnir (drawp-neer) [gocciolante] L'anello magico di Odino: il proliferare dei cicli.
Dvalin (dvah-leen) [in coma] L'anima umana non risvegliata, il giocattolo di Dvalin, il disco solare.
Edda [Nonna] La matrice della saggezza umana.
Egil (ay-gil) Un'umanità primitiva, l'età dell'innocenza.
Eldrimner [eld, fuoco + rimner, calcolo, calendario] Uno degli orsi che nutrono i falchi dell'Uno.
Elfo ["canale"] L'anima umana tra lo spirito e il nano nell'uomo.
Eli-vágor ( ay-lee-waw-goor) [onde ghiacciate] Fiumi freddi di materia.
Elohim (ello-heeems) [Dèi, pl. Ebraico] La divinità come aggregato di molte forze infinite.
Falco, il, dell'Uno, il guerriero di Odino; uno che ha conquistato se stesso.
Fenja (fen, acqua] Una delle gigantesse che fanno girare il mulino magico Grotte.
Fenris, Fenrier, figlio di Loki, il licantropo che divorerà il sole.
Fimbultyr (fim-bul-teer) [fimbul, possente, grande + tyr, dio] La divinità suprema, il dio della saggezza segreta.
Fjölsvinn (fyeul-svinn) [fjöl, molto + svinn, saggio] Odino come istruttore e iniziatore.
Flyting (Inglese dialettale) Disputa in versi, abuso personale.
Fohat [Tib.] Radiazione elettromagnetica.
Forsete (for-set-eh) Un Áse: giustizia, karma.
Freke (fray-keh) [ingordigia] Uno dei cani lupo di Odino.
Frey (fray) Un Áse: spirito planetario della terra; valore.
Freya (fray-a) Un'Ásynja: lo spirito planetario di Venere, protettrice dell'umanità.
Frigga [AS frigu, amore] Un' Ásynja: la consorte di Odino.
Frode (froo-deh) [frodr, saggio] Un re leggendario.
Frodefrid (froo-deh-freed) ][frod, saggio + frid, pace] L'età della pace e della saggezza: l'età dell'oro.
Gagnrád (gang-n-rawd) [gagn, retribuito + rad, consiglio] Odino in Vaftrudnismál.
Galder (ahl-der) Incantesimo.
Gángläre (gong-lay-re) [gang, errante + lare, apprendista] Re Gylfe che cerca la saggezza.
Garm. Il segugio che sorveglia il cancello di Hel, la regina della morte.
Geirröd (gay-reud) [geir, lancia + rod, rossa] Un'umanità primitiva.
Gerd (yayrd) Una gigantessa, sposa di Frey.
Gere (yay-reh) [ingordigia] Uno dei cani lupo di Odino.
Gigante, Gigantessa. La materia vivificata dalla divinità.
Gigante di Brina. L'era della non-vita tra le vite attive di un cosmo.
Gimle (gim-leh) [dimora divina] Un piano superiore d'esistenza.
Ginnnungagap (yinn-ung-a-gahp) [ginn, il vuoto + unge, progenie + gap, l'abisso] Il mistero del Non-essere.
Gladsheim (glahd-haym) [casa felice] Una località di Valhalla.
Grimner [camuffato] Odino come insegnante del più giovane Agnar.
Groa (groo-a) [crescita] Una sibilla: il passato evolutivo che porta il presente.
Grotte (grott-eh) Il mulino magico del cambiamento, creazione, distruzione: l'evoluzione.
Gudasaga (goo-dah-sah-ga) [gud, dio + saga, sortilegio] Un racconto divino trasmesso oralmente, un incantesimo di dio o vangelo.
Gullveig (gull-wayg) [guld, oro + veig, bevanda o sete] L'anelito dell'anima per la saggezza.
Gunnlöd (gun-leud) La gigantessa che servì l'idromele a Odino sulla montagna.
Gylfe (yil-veh) Un re leggendario che cercava la saggezza.
Gymer (yi-mayr) Un gigante, padre di Gerd.
Hamingja (ha-ming-ya) [fortuna] spirito guardiano.
Hávamál (haw-va-maw) [har, alto + mal, linguaggio] La Legge dell'Eccelso.
Heid (hayd) [heidr, cielo luminoso] Una vala o sibilla: la memoria del passato della natura.
Heidrun (hayd-run) [heidr, calore o onore] La capra che mordicchia la corteccia dell'Albero della Vita.
Heimdal (haym-dahl) [heim, casa + dal, conca] "l'Áse più canuto." Il guardiano celeste di Bifrost.
Hel (hayl) [morte] La figlia di Loki, sovrano del regno dei morti. È rappresentata come mezza blu e mezza bianca.
Hel, di (La strada di Hel) Il sentiero dalla nascita alla morte.
Hermod (hayr-mood) [herr, ospite + modr, collera, stato d'animo] Un Áse: un figlio di Odino.
Höder (heu-der) [hod, massacro] Un Áse: il dio cieco delle tenebre e dell'ignoranza.
Höner (heu-ner) Un componente della trinità creatrice; il principio acquoso.
Hugin (hoog-in) [hug, mente] Uno dei due corvi di Odino.
Hvergälmer (vayr-yell-mer) [hverr, calderone] La sorgente dei fiumi di vite. Nasce in Niflheim e irriga una radice dell'Albero della Vita.
Hymer (hee-mer) Il primo titano di un ciclo di vita. Vedi Rymer.
Idromele, la Bevanda degli dèi: l'esperienza della vita.
Idun (ee-dun) Un'Ásynia: "lo spirito fecondante" che nutre gli dèi con le mele dell'immortalità; l'anima della terra. È la moglie di Brage, l'ispirazione poetica.
Ifing (ee-ving) [ef, o if, dubbio] Il fiume che separa gli uomini dagli dèi.
Iörmungandr (yer-mung-andr) [jormun, immense + andr, respiro] Una progenie di Loki: il serpente Midgárd. (Potrebbe essere l'equatore, il piano dell'eclittica, o la Via Lattea)
Ivalde (ee-vahl-deh) Un gigante: il precedente reincorporamento della terra.
Järnsaxa (yern-sax-ah) [jarn, ferro + sax, una spada corta]Un'epoca: madre di Magne, il figlio di Thor. Sulla terra l'Età del Ferro, nello spazio una delle nove madri di Heimdal.
Kenning (metafora poetica) Un appellativo descrittivo usato al posto di un nome.
Kvasir (kvah-seer) Un ostaggio dato agli Aesir dai Vaner, e cui sangue è la poesia epica.
Lá e Laeti (legge, lay-tee) Discendenza genetica e carattere o aspetto distintivo.
Lidskjälf (leed-shelv) [hlid, allinearsi, o lid, soffrire + skjalf, compartimento) Il piano dell'aiuto o compassione.
Lif e Lifthrasir (leev, leev-trah-seer) [vita e sopravvivenza] I principi immortali.
Lin (leen) Frigga, la consorte di Odino.
Loddfáfner (lodd-faw-ner) Un nano: un'anima umana che impara.
Lodur (loo-dur) Un componente della trinità creatrice; il principio igneo.
Lofar (loo-vahr) [lof, mano o lode] Il membro più alto del regno animale.
Logi (loo-gee) [log, fiamma] Fuoco selvaggio, la mente non ispirata.
Lokabrenna [brenna, rovente] Un nome di Sirio.
Lokasenna [senna, beffa] La Disputa di Loki.
Loki [lokka, allettare, logi, luce] Un Áse della stirpe dei giganti: illuminatore, la mente duale.
Lopt [elevato] La mente che aspira.
Lorride (lor-ree-deh) Thor come potere elettrico sulla terra.
Magne (mang-neh) [potere della devozione: gravitazione?] Uno dei figli di Thor nello spazio cosmico.
Menglad [men, gioiello + glad, felice] Freya, il cui gioiello è l'umanità.
Menja (men-yah) [il gioiello men] Una delle due gigantesse che fanno girare il mulino Grotte.
Midgárd (mid-gawrd) [mid, intermedia + gard, corte] Il nostro pianeta fisico.
Mimameid (mee-mah-mayd) [ mima, di Mimer + meid, albero] L'albero di Mimer, che possiede la fonte dell'esperienza.
Mimer (mee-er) [il cielo a nove strati] Un gigante, che possiede la fonte della saggezza da cui Odino beve ogni giorno: la materia.
Mjölnir (myeul-neer) [mugnaio] Il martello di Thor della creazione e della distruzione.
Mjötudr (myeut-oodr) [mjot, misura + udr, estenuante] L'Albero della Vita nella sua fase morente.
Mjötvidr (myeut-veedr) [ mjot, misura + vid, crescente]L'Albero della Vita nella sua fase crescente.
Mode (moo-deh) [collera religiosa: radiazione?] Uno dei figli di Thor nello spazio cosmico.
Mundilföre (mun-dill-feu-reh) [simile al perno + fore, viaggiare, muoversi] Un gigante, fratello del sole e della luna: la "leva" o "l'asse" che fa girare le ruote nello spazio.
Munin (moo-nin) [mente, amore, memoria] Uno dei due falchi di Odino.
Muspellsheim (muss-pells-haym) [muspell, fuoco + heim, casa] Un principio cosmico.
Mysing (mee-sing) Un re marino che conquistò Frode.
Nagelfar (nahg-el-fahr) [nagel, unghia + far, viaggio] la nave della morte, costruita con le unghie dei morti.
Nanna, l'anima della luna, che morì di dolore quando fu ucciso suo marito Balder. Predecessore di Idun.
Nidhögg (need-heugg) [nid, sotto + hog, che rosicchia] Il serpente che indebolisce Yggdrasil.
Nidud (nee-dud) [nid, sotto, male] un re leggendario: l'età più materiale della terra.
Niflheim (nee-vel-haym) [nifl, nuvola, nebulosa + heim, casa] Un principio cosmico. Vedi Muspellsheim.
Niflhel (nee-vel-hayl) [nifl, nebbia + hel, morte] L'estinzione della materia.
Niflungar (nee-vel-ung-ahr) [nifl, nebbia + ungar, figli] Una primordiale razza umana che era ancora informe, nebulosa.
Nikar (nee-kahr) [che rimestola] Odino come apportatore di sfortuna.
Njörd (nyeurd) Un dio Vana: il reggente di Saturno, padre di Frey e Freya.
Norne [norn, fato, sorte] Le tessitrici del destino degli dèi, dei mondi e degli uomini.
Od, Odr (ood-ood-r) [odr, arguzia, intelligenza] L'anima umana superiore, spiritualmente ispirata.
Od, di (La donna di Od) (Freya). L'hamingja o sé superiore dell'uomo.
Odino [odr, intelligenza, saggezza] Il padre di tutto: il principio divino in tutti i livelli di vita universale. Coscienza.
Odraerir (ood-reur-er) [od, saggezza + raerir, bachicoltore] Ispiratore della saggezza divina.
Ofner (ohv-ner) [colui che apre] Odino all'inizio di un ciclo.
Okolner (oo-kol-ner) [disgelo] Le "acque" dello spazio.
Örgälmer (eur-yell-mer) [ör, originale] La prima vibrazione: il big bang. Vedi Ymer.
Ragnarök (rang-na-reuk) [ragna, governanti + rök, terra] Quando le divinità sovrane si ritirano nelle loro terre; la fine di un periodo di vita mondiale.
Ratatosk (rah-tah-tosk) [rate, viaggio + tosk, zanna] Lo scoiattolo nell'Albero della Vita.
Rate (rah-teh) [un trapano] Forava la materia per Odino.
Rig (reeg) [discesa, coinvolgimento] Il risveglio divino della mente umana.
Rimgrimner [rim, bordo + grimner, maschera] Un thurso, un gigante: freddo, materia assoluta.
Rind (fa rima con peccato) La terra in inverno, in letargo.
Rödung (reud-ung) [röd, rosso + ung, bambino] Il padre delle prime razze Agnar e Geirröd nel Grimnismál.
Ropt, Roptatyr (rop-tah-teer) [ropt, diffamato + tyr, dio] Odino come apportatore di travagli all'anima; l'iniziatore, lo ierofante.
Röskva (reuss-kvah) [vigore] Figlia di Egil e serva di Thor.
Rune, la saggezza acquisita vivendo.
Rymer (ree-mer) Un gigante: la fine di un ciclo di vita. Vedi Hymer.
Saga, un'istruzione detta o recitata sotto forma di un racconto.
Särimner (say-rim-ner) [sar, mare + rimner, calcolo, calendario] Uno degli orsi che nutrono i falchi di Odino.
Sejd (sayd) Profezia.
Sif (seev) [sif, affinità, la santità del matrimonio] Un'Ásynja: la moglie di Thor. La sua chioma d'oro è il raccolto.
Sigyn (seeg-in) La moglie di Loki.
Sindre (sin-dreh) [le scorie] Un nano: il regno vegetale.
Sinmara (sin-mah-r) La strega che sorveglia il calderone della materia, l'esperienza nel mondo sotterraneo.
Skade (skah-deh) Sorella e moglie di Njörd, figlia del gigante Tjasse.
Skald: bardo.
Skaldemjöd (skal-deh-myeud) [skald, poeta — mjöd, idromele] Ispirazione.
Skidbladnir (sheed-blahd-neer) [skid, lama + blad, foglia] La nave creata dai nani per Frey. Il pianeta terra.
Skirner (sheer-ner) [radiosità] Il raggio del dio Frey, un portavoce per il mondo dei giganti.
Sleipnir (slayp-neer) [scorrimento] Il destriero a otto zampe di Odino.
Surt [fuoco] Il distruttore dei mondi; skenning, una metafora poetica anche per la bevanda di Sinmara.
Suttung, Un gigante, detentore dell'idromele divino della saggezza e della poesia.
Svadilfare (sbvah-dil-fahreh) [svad, scivoloso + fare, viaggio] Un mitologico destriero padre di Sleipnir dalle otto zampe, di Odino.
Svafner (svahv-ner) [colui che chiude] Odino alla fine di un ciclo.
Svipdag (sveep-dahg) [svip, bagliore + dag, giorno] L'iniziando che ha avuto successo.
Svitjod (sveet-yod) [il freddo, il grande] Svedese.
Tavole Le stelle e i pianeti dove banchettano gli Aesir.
Thor [thorr, thonor, thur, il tuono, il consacratore, il potere genuino] Un Áse: il dio del potere, della vita, forza, e del pianeta Giove. Chiamato anche Trudgälmer, Vior, Lorride, in applicazioni differenti.
Thurso [ottuso, stupido] Il gigante della materia, non ispirato.
Ting, La Cosa [ articoli costosi, inventario] Assemblea.
Tjalfe (chal-veh) [velocità] Figlio di Egil e servo di Thor.
Tjasse (chass-eh) Un gigante: un primordiale periodo di vita.
Tjodvitner (chod-veet-ner) [tjod, cavezza + vitner, testimone] Fenris, il lupo che pesca per le anime degli uomini.
Tomte (tom-teh) [tom, vuoto] Il folletto della natura, servizievole.
Troll, spirito della natura, malizioso.
Trudgälmer (trood-yell-mer) Il Thor cosmico.
Trym (trim) [clamore, battaglia] Un gigante: il nostro pianeta fisico, la terra.
Tund [esca] Un fiume: il tempo.
Tyr (teer) [Áse, dio] Un potere divino, anche il reggente di Marte. Tyr sacrificò la sua mano per aiutare a legare Fenris.
Ull, un Áse: il dio di un mondo altamente spirituale, non manifestato.
Vāc o Vāch (vahch) [Sanscrito: voce, linguaggio] Il primo suono per gli hindu. Vedi anche Audhumla.
Vatfrudnir (vahv-trood-ner) [vaf, avvolgere + thrudr, forte] Il tessitore delle grandi reti (dell'illusione).
Vägtam (vayg-tahm) [vag, via + tam, abituato] Pellegrino.
Vala, völva (vah-la, veul-va) [sibilla, veggente] L'indelebile memoria della vita cosmica.
Valchirie [val, scelta o uccidere + kyrja, il selettore] Gli agenti di Odino.
Vale (vah-leh) Un figlio di Odino.
Valhalla [val, scelta o uccidere + hall, sala] La sala di Odino dove i falchi dell'Uno festeggiano.
Van, Vanagod, Vanagiant (vahn-a) Gli dèi superiori agli Aesir; le divinità immanifestate e i corrispondenti giganti.
Ve, Vi (vay, vee) [soggezione] Il prototipo cosmico di Höner.
Vidar (veee-dhar) Un figlio di Odino, successore di Balder.
Vidofner (veed-awv-ner) [larghe ali] Il gallo in cima all'Albero della Vita.
Vigridsslätten (vee-grids-slett-en) viga, consacrare + slatt, pianura] Il campo di battaglia della vita.
Vile (vee-leh) [volontà] Il prototipo cosmico di Lodur.
Vingner, Vingthor [Thor alato] Appellativo di Thor.
Vior (vee-or) Thor come forza vitale negli esseri.
Völsungar (veul-s-ungar) [volsi, fallo + ungr, bambini] La prima umanità bisessuata.
Völund (veu-lund) Nome di un mitico Fabbro e abile artigiano. L'anima della quarta umanità.
Völuspá (veu-luss-paw) [vala, sibilla + spá, profetizzare] Il principale Discorso dell'Edda Maggiore.
Yggdrasil (ig-dra-seel) [il destriero di Odino, il patibolo di Odino. ] L'Albero della Vita.
Ymer (ee-mer) [il gigante di brina] Örgalmer.
FONTI DEI DISCORSI:
Le versioni svedesi di Godecke and Sander sono prese dalle fonti citate sopra e anche da:
OPERE GENERALI:
[1] Plurale di saga, una tradizione trasmessa oralmente, come il Sanscrito smṛti e ṡruti, rispettivamente insegnamenti "ricordati" e "uditi."
[2] I numeri in parentesi si riferiscono solo ai versi dei Discorsi citati nel titolo di questo capitolo.
[3] Famiglie, generazioni di individui imparentati.
[4] I nomi in corsivo non sono tradotti: alcuni potrebbero essere "sillabe senza senso," altri potrebbero riferirsi alla fauna o alla flora sconosciuta, o forse estinta.
[5] "Sete dell'oro." Capitolo 3, paragrafo 'Loki.'
[6] Questa ricorrente frase criptica è tradotta verbatim.
[7] Il serpente che indebolisce le radici di Yggdrasil.
[8] Il serpente del mondo: l'equatore, l'eclittica, o la Via Lattea.
[9] "Palebeak": l'aquila Räsvälg.
[10] "Nailfarer," la nave dei morti, costruita con le unghie degli uomini deceduti.
[11] "Fuoco selvaggio": il lato opposto di Loki.
[12] Frigga, la sposa di Odino.
[13] La spada di Frey.
[14] Yggdrasil, l'Albero della Vita.
[15] Yggdrasil.
[16] Il "dio della saggezza segreta."
[17] Un piano superiore d'esistenza, la dimora della nuova terra e del nuovo sole.
[18] Dall'Edda Minore.
[19] Emily Post (1872–1960) era un'autrice Americana famosa per I suoi scritti sul galateo. — n. d. t.
[20] Il boccale era spesso un corno di vacca o di montone, e lo si faceva scorrere intorno al tavolo da un commensale all'altro. Questo corno non poteva essere posato finché era colmo.
[21] Ting, o Thing, l'assemblea direttiva — il parlamento — alla quale tutti devono partecipare.
[22] Walrus?
[23] La figlia di Billing: la terra ricoperta di bianca neve, chiamata anche Rind.
[24] Böltorn è apparentemente il Trudgälmer, il sostenitore della forza della vita, di un precedente ciclo di vita. Bestla è sorella di Bärgälmer, moglie di Bur, ed è la controparte femminile dei semi karmici della vita precedente e dell'impulso iniziale di quella attuale. Odraerir è la fonte di Mimer, sorgente della saggezza cercata dagli déi in manifestazione.
[25] Colui che dorme.
[26] Il morto.
[27] Colui che tutto conosce.
[28] Un ciclo di tempo.
[29] Vaftrudnir, colui che intesse le reti dell'illusione.
[30] Consiglio retribuito.
[31] Scaltro.
[32] Il resto del verso manca nel Codex Regius.
[33] Il resto del verso manca nel Codex Regius.
[34] Onde ghiacciate.
[35]Il Mulino: distruttore e creatore della materia.
[36] O il ricercatore-parente.
[37] Thor
[38] Mjölnir, il Martello di Thor.
[39] Balder.
[40] Un racconto dell'Edda Minore.
[41] Tyr, "l'essere animato" quindi "dio," è riferito specificamente a Marte, che è strettamente legato con l'Ariete dello zodiaco, e con Heimdal, come pure con l'impulso energizzante di Thor. Come tale, egli simbolizza la volontà e il desiderio. Qui vediamo ancora la progressione dai giganti agli dèi, perché Hymer, un gigante, rappresenta un genitore o una condizione passata di Tyr, un dio.
[42] Vior, come abbiamo visto, è Thor nel suo potere di forza della vita, la vitalità di qualsiasi organismo.
[43] Gli Aesir.
[44] Thor.
[45] Tyr.
[46] Thor, come vitalità.
[47] Hymer.
[48] Thor.
[49] Iörmungandr, il serpente Midgárd.
[50] Fenris.
[51] Thor.
[52] L'imbarcazione.
[54] Thor.
[55] Letteralmente, "tre facce."
[56] Vedi nota 7. Lidskjälf può avere altri significati ma il più probabile sembrerebbe essere "il piano della compassione."
[57] Fulla e Bil sono nomi che indicano le fasi della luna.
[58] Letteralmente: "incappucciato": camuffato.
[59] Dio dell'Essere.
[60] Inverno, un mondo "freddo" o informe.
[61] I "cinghiali" che nutrono gli dèi: aria, acqua e fuoco.
[62] Il "Fiume di fuoco," il fossato intorno a Valhalla.
[63] Tjodvitner — il licantropo, Ferer o Fenris, figlio di Loki, che pesca per gli uomini, per cui Tjodvitner è la razza umana.
[64] 540 x 800 = 432.000, il ciclo nominato nei Purāna, che è usato sul modello della tetraktys pitagorica per formare i cicli maggiori, multipli di questo. "L'età dell'oro" è la più lunga dei quattro "yuga" o 1.728.000 anni che è 4 x 432.000: "il più lungo di questi è quello di mio figlio," Balder, o l'età dell'oro.
[65] Da Hvergälmer scorrono tutti i fiumi di vite che abitano o animano i regni della natura.
[66] I nomi in corsivo non sono tradotti.
[67] I nomi sono simbolici e descrittivi. I destrieri degli dèi tradotti sono: Contento (di Frey), Dorato (di Brage), Smaltato (di Njörd), Fiume che scorre (di Ull), Cima d'oro (di Forsete), Sensazioni (di Tyr), Ostaggio (di Balder), Zoccolo Vuoto (di Höder), Cima d'oro (di Heimdal), e Piede di luce (di Höner).
[68] Il "fresco" che protegge i pianeti da quelle lunghezze d'onda delle radiazioni solari che li distruggerebbero, è un mito comune a quelli di altre parti del mondo; anche i "cani del sole" nel verso 39, un fenomeno ottico che si vede alle latitudini nordiche come un doppio riflesso sull'orizzonte quando il sole sorge o tramonta.
[69] Il testimone rosso — i cieli rossi all'alba e al tramonto, che testimoniano un mistero.
[70] Bifrost, il ponte dell'arcobaleno.
[71] I nomi di Odino indicano i diversi travestimenti e funzioni: Cappuccio o Maschera, L'Apprendista errante (vedi L'Apoteosi di Gylfe, dove il nome è quello adottato dal postulante), il Devastatore, il Portatore d'elmo, ecc.
[72] Il mito in cui Odino come Kjalar guidava una slitta è stato perduto e restano solo riferimenti indiretti.
[73] Freya possiede un mantello di piume di falco che le permette di volare fra i mondi. — n. d. t.
[74] Il gigante della materia non ispirata.
[75] Thor.
[76] "Isola frondosa": la terra.
[77] Thor
[78] Rig significa una "discesa" o un "coinvolgimento."
[79] Il grande nonno e la grande nonna.
[80] Nonno e nonna.
[81] Uomo.
[82] Madre e Padre.
[83] Earl.
[84] Ai tempi dei Vichinghi gli anelli d'oro a spirale usati intorno al braccio superiore servivano come denaro, un pezzo d'anello da braccio era tagliato qualora fosse stato necessario.
[85] Aspirazione.
[86] Da Sörla Tháttr, un racconto popolare. L'Islandese tháttr, come il Sanscrito sütra, significa un filo di una corda.
[87] Henry Wadsworth Longfellow (1807 –1882) — uno scrittore e poeta statunitense. — n. d. t.
[88] Il Re.
[89] Il vimāna Sanscrito, il "carro celeste" menzionato nel Rig-Veda, nell'Atharva-veda, e nel Mahābhārata. È stato anche tradotto come il "carro degli dèi."
[90] Che sa tutto, la scienza.
[91] "Disputa in forma di versi (Dizionario di Webster).
[92] Il Discorso di Hymer.
[93] Quello sveglio.
[94] Gefiorn è un aspetto lunare di Freya.
[95] In un'era passata Loki s'incarnò come una giumenta, e con lo stallone Svadilfare (svadil, un luogo scivoloso + fara, viaggio, quindi un disastro) generò Sleipnir (colui che scivola), il destriero dalle otto gambe di Odino.
[96] Frey.
[97] Il padre di Skade.
[98] Vedi 'Thor e Loki in Jotunheim.'
[99] Thor.
[100] Vedi Glossario di E-Brita Titchenell: Thor Alato.
[101] Odino.
[102] Questo verso manca nel Codex Regius.
[103] Nel Codex Regius troviamo invece: elfi.
[104] Od deriva da Odr, la mente spirituale, e sta per l'uomo evoluto. Ugualmente, il termine Inglese man (uomo) deriva da dal Sanscrito manas, che significa anche l'intelligenza superiore, da man, riflettere, pensare.
[105] Il Futuro.
[106] Il Passato.
[107] Lif, Lifthrasir, Tjordvarta, Bjärt, Blid, Blod, Frid, Eir, e Orboda.
[108] Il Fuoco.
[109] Vedi Capitolo 13: Vaftrudnismal (Il Poema dell'Illusione).
[110] Vägtam (vagabondo, abituato alla strada): pellegrino.
[111] Balder, il dio sole.
[112] Svafner: Colui che Chiude (colui che porta il sonno): Odino.
[113] Il dio cieco delle tenebre e dell'ignoranza.
[114] La terra del freddo inverno.
[115] Vale, figlio di Odino.
[116] La fine di un mondo.
[117] Vedi Capitolo 16: Grimnismál.
[118] L'equivalente planetario di Bärgalmer, il "gigante fertile."
[119] Quella che i buddhisti chiamano tanhā, la sete di vita, che caratterizza gli elementi inferiori che sono attratti nella materia.
[120] Ginnungagap: Il Vuoto Insondabile.
[121] A Idun, l'anima del pianeta morto, gli dèi chiedono che fornisca un aumento della coscienza.
[122] Nanna: gli elementi più bassi del pianeta morto, che, quando l'anima si è allontanata, si trasformano nel materiale illusorio che sarà nuovamente usato nelle future forme.
[123] Heimdal: "l'Áse dalla bianca spada."
[124] L''intuizione e la mente che aspira.
[125] Il Piano della Compassione.
[126] La futura terra, Idun rinata.
[127] Il dio appeso: Odino,, il grande sacrificio. Vedi Capitolo 12, Hávamál.
[128] Uno degli orsi che nutrivano i falchi dell'Uno: Andrimner, aria; Eldrimner, fuoco; Sarimner, acqua; gli elementi dell'esperienza terrena.
[129] Il Mescolatore: Odino come sfortuna. Skögul è una Valchiria che serve gli dèi e i corvi dell'Uno che si sono uniti al loro dio interiore.
[130] Il diffamato: Odino come ierofante.
[131] Heimdal, guardiano degli dèi sul ponte dell'arcobaleno, che suona Il corno al Ragnarök.
[132] Il giocattolo di Dvalin è il disco solare.