Probabilmente non c'è una singola dottrina della Tradizione Esoterica che lanci un appello così immediato come fa l'idea dell'esistenza attuale nel mondo dei grandi saggi o veggenti. La maggior parte delle menti intuisce che devono esserci nel mondo esseri umani di capacità spirituali di gran lunga più elevate e di un potere intellettuale più sviluppato rispetto al corso ordinario degli uomini. Chi ascolta queste cose per la prima volta rivolge immediatamente il pensiero a quelle luminose figure come Gautama il Buddha, l'avatāra siriano Gesù, Apollonio di Tiana, Lao-tse, Kṛishṇa, Śaṅkarāchārya, ecc., e per molti la prima reazione è: se questi grandi personaggi sono già esistiti nel mondo, perché non dovrebbero esistere ancora?
Chi sono questi personaggi luminosi che, pur nati in una o in un'altra razza, effettivamente non appartengono ad alcun gruppo umano razziale ma sono i figli dell'umanità? Essi sono stati le guide e i guardiani dell'umanità nelle ere passate e oggi sono i leader e gli ispiratori alquanto sconosciuti della razza umana; e sono loro che hanno fondato tutte le grandi religioni, filosofie e scienze del mondo. Come nelle ere passate, formano una fratellanza nei cui ranghi sono reclutati di epoca in epoca i propri discepoli o chela più nobili, quando questi ultimi, mediante l'allenamento e la crescita interiore, diventano idonei ad entrare nella Fratellanza.
Nella teosofia moderna questi grandi uomini sono chiamati i fratelli maggiori, i maestri e, forse più frequentemente, mahātma, dal termine sanscrito che significa i "grandi sé," che almeno filosoficamente li descrive adeguatamente.
È un enorme conforto, come pure uno stimolo spirituale ed intellettuale, sapere che l'umanità non è lasciata ad errare ciecamente lungo i sentieri della vita senza una guida ed un insegnamento. Essendo l'universo formato da gerarchie di coscienze incorporate, da quelle divine fino a quelle fisiche, questi grandi saggi sono visti semplicemente come gli immancabili rappresentanti delle opere della saggezza logoica universale che permea tutto e in ogni luogo. Inoltre, il fatto che questi mahātma siano uomini che hanno ottenuto il loro stato altamente spirituale ed intellettuale a causa della loro crescita interiore, è una sorgente perenne d'ispirazione per i comuni esseri umani, perché vediamo subito che ciò che essi hanno ottenuto, chiunque segua il sentiero ha precisamente le stesse possibilità di raggiungere la meta sublime della condizione di mahātma. È seguendo fedelmente questo meraviglioso sentiero, senza scoraggiarsi per i molti errori che sono inevitabili, e con indomito coraggio che niente può intimidire, che gli uomini diventano nel tempo grandi veggenti o mahātma. Quindi essi sono dèi? Spiriti cosmici? No. Essi sono uomini che sono diventati "un tutt'uno" con la loro natura spirituale.
Questi saggi a volte sono chiamati il Muro Guardiano, perché formano, di fatto, un muro vivente, spirituale ed intellettuale, di protezione intorno all'umanità, aiutando gli uomini contro qualunque male che gli stessi uomini sono incapaci, a causa dell'ignoranza, di scongiurare o neutralizzare. Ma questa protezione è sempre in stretto accordo con il karma dominante dell'umanità, contro cui nemmeno i grandi saggi possono agire più di quanto possano fare contro una qualsiasi legge della natura. In assoluta fedeltà essi sono i servitori della madre spirituale nelle sue funzioni spirituali e causali. E in questo modo aiutano gli uomini, li ispirano e li proteggono quando è possibile, per quanto la loro profonda conoscenza della catena karmica di causa ed effetto in cui l'umanità è intrappolata permetta loro di fare. È così che servono l'umanità sulla quale stanno come fratelli maggiori e guide.
"Cuore Diamantino" è un termine tecnico dei Misteri arcaici, spesso usato quando si parla di questi mahātma, ed ha il suo significato particolare e simbolico che si riferisce alla loro coscienza cristallina che riflette tutto nel mondo: riflettendo la miseria del mondo, ricevendo e riflettendo l'appello umano di aiuto, riflettendo con eguale chiarezza l'albeggiante splendore buddhico nel cuore di ogni anima umana che lotta sulla terra; tuttavia, duro come il diamante, così è il richiamo della personalità, e innanzitutto della natura personale dei mahātma — perché sono uomini, hanno la loro natura personale anche se per essi è uno strumento volitivo ed obbediente, e non, come per la maggior parte di noi, un padrone dominante e crudele.
Sono fratelli, grandi uomini di cuore, e quindi hanno più o meno sentimenti come li hanno tutti gli uomini, con una profonda comprensione di cosa siano le mancanze umane, e quindi hanno cuori umani mossi a compassione. Conoscono anche il bisogno, quando si presenta l'occasione, della mano forte e decisa; conoscono il valore di dare un consiglio fraterno che può sembrare severo per il cuore personale ed egoista di chi il mahātma sta cercando di aiutare.
I maestri esistono in diversi gradi di progresso e potere sulla scala gerarchica, ma come una corporazione di fratellanza occupano la fase inferiore di quella gerarchia spirituale superiore delle intelligenze, che comincia con l'uomo — con i mahātma — e termina con gli dèi solari. In verità, questa gerarchia è coestensiva con l'universo galattico e si estende veramente per sempre oltre di esso.
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Una volta era un'usanza cinese dividere l'esercito umano in tre classi: uomini inferiori, uomini comuni, e uomini superiori. Gli uomini superiori sono gli istruttori del mondo, che furono talmente grandi, che sulle loro vite si accumularono leggende di molti tipi, a volte narrando che gli spiriti o angeli celesti o gli dèi inferiori (le leggende variano a seconda della razza in cui apparvero questi grandi uomini) annunciavano prodigiosamente il loro concepimento o la loro nascita sulla terra; o che i cigni cantavano una dolce melodia che proclamava l'avvento dell'essere divino; a volte si diceva che tutta la natura aveva tremato di gioia alla loro venuta, mentre la stessa grande madre degli uomini, la possente terra, si era commossa con l'intensità del suo sentimento sotto forma di terremoti. Durante la loro vita si diceva pure che erano stati tentati dalle forze del male, e che avevano vinto queste tentazioni; ma in tutti i casi essi passavano la loro esistenza sulla terra in opere di benevolenza, insegnando ai propri simili una dottrina sublime e, in vista del loro passaggio nei mondi interiori, allenavano i discepoli a succedergli nel diffondere in giro la buona novella data al mondo ancora una volta.
Le leggende ci raccontano anche di come a volte essi "resuscitassero i morti," convertissero i criminali, guarissero i malati, confortassero gli afflitti e gli affranti, e fermassero la mano della vendetta e della ferocia; ed infine, come si allontanassero da questa vita in diversi modi "miracolosi," in alcuni casi anche il sole era spogliato della sua luce, e le tenebre cadevano sulla terra, oppure c'era un potente terremoto.
Per quanto interessanti possano essere queste leggende, il più delle volte sono dannose, perché distraggono dal pensiero degli insegnamenti essenziali di questi grandi esseri. Inoltre, è giusto osservare per inciso che probabilmente la maggior parte di questi racconti leggendari, se non tutti, contengono alla base qualche fatto naturale male interpretato, e quindi distorto, qualche memoria tradizionale fraintesa o quasi dimenticata di eventi che furono deformati da menti successive su un'accurata parvenza di realtà. Ma a parte ciò, l'unico vero valore che queste leggende hanno, tenendo conto dell'immensa impressione che questi grandi esseri hanno fatto sulle menti delle generazioni successive, sta nella testimonianza che le leggende supportano la loro elevata statura spirituale.
In nessun modo qui si sostiene la realtà dei miracoli, né che i vari miti leggendari costruiti sulle vite di questi grandi saggi debbano essere compresi come eventi storici. Non ci sono miracoli, né ce n'è mai stato qualcuno, se con questo termine intendiamo l'azione di prodigi contrari alla legge naturale, o per mezzo della temporanea sospensione di una qualsiasi di queste leggi dell'universo. D'altra parte, vi è certamente un gran numero di misteri e di forze della natura finora completamente sconosciuti: forze e misteri che nondimeno nelle ere passate erano noti alla Fratellanza, e che oggi sono, ugualmente con una relativa totalità, conosciuti ai mahātma e ai maestri.
Lo spirito dell'uomo può operare prodigi sulla materia fisica perché è identica, e quindi all'unisono, con l'universo spirituale; e per questo la volontà illuminata ed allenata dell'uomo può lavorare sulla natura sia internamente che esternamente, e spingerla all'azione in direzioni prestabilite. Anche un uomo comune opera prodigi, e lo fa quotidianamente. Richiamate la sua attenzione a qualcuna delle cose che avvengono intorno a lui. Andate al muro della vostra stanza e premete un bottone. Subito l'appartamento è inondato di luce! Parlate al microfono e la vostra voce è immediatamente udita a una distanza di migliaia di chilometri. Ma in tutto questo non c'è alcun miracolo. È l'uso intelligente delle forze e delle sostanze dell'universo da parte degli uomini che hanno trovato come farlo; su un piano più ampio ed elevato, questo è ciò che precisamente fece Gesù il Cristo, ciò che fecero Gautama il Buddha e molti altri, ai quali sono ascritti i miracoli.
Prendiamo il caso di Apollonio di Tiana che, secondo la testimonianza delle masse dei suoi tempi, operò ugualmente miracoli; facendo apparentemente risorgere i morti, comparendo davanti alla corte dell'imperatore a Roma e lo stesso pomeriggio comparendo a Pozzuoli a tre giorni di viaggio da Roma. Quest'ultimo "prodigio" era semplicemente la proiezione in forma corporea del māyāvi-rūpa umano, una forma pensiero temporaneamente creata dall'adepto. Secondo la vita di Apollonio di Tiana, scritta come autentici annali da Flavio Filostrato all'incirca nel terzo secolo d. C., Apollonio nacque verso il 4 a. C., ed era quindi contemporaneo di Gesù, se accettiamo la cronologia cristiana. In realtà, vi sono molte cose nella Vita di Apollonio di Filostrato che corrispondono singolarmente e molto stranamente ad eventi simili riferiti a Gesù.
In tutte le parti del mondo ci sono stati racconti popolari inerenti al fatto che un saggio possa estendere la sua vita ad un periodo più lungo rispetto a quello dell'umanità comune. Ma questo non è un miracolo. È semplicemente l'applicazione pratica di una più ampia conoscenza della realtà naturale che, combinata alla saggezza applicata al vivere, rende il saggio capace di allungare il termine della sua vita, e di farlo a volontà; ma ci si potrebbe chiedere se la maggior parte di questi grandi uomini si siano mai preoccupati di vivere nello stesso corpo per un insolito numero di anni. Ricordando che possono a volontà entrare in un veicolo umano nuovo e giovane se lo ritengono appropriato e far proseguire il lavoro che hanno sottomano, non ci sarebbe alcuna ragione perché debbano rimanere in un solo corpo che è diventato carico di anni.
In verità, viene il momento, nell'evoluzione di un uomo superiore, in cui egli raggiunge un punto tale di forza spirituale e potere di volontà attiva, da diventare capace di controllare in qualche misura le forze della natura, per cui può, entro alcuni limiti ben definiti, evitare il momento della dissoluzione fisica, ottenendo così forse tre volte la normale lunghezza di vita in un solo corpo.
Poco importa ad un mahātma o ad un saggio quale sia la semplice età del suo corpo, per il motivo che, nell'esercizio assoluto dei suoi poteri, egli lavora veramente nel centro focale autocosciente del suo flusso di coscienza attraverso un corpo māyāvi, che risponde sempre istantaneamente ai comandi del suo spirito. Con il termine "corpo māyāvi" o "corpo illusorio," di certo non dobbiamo intendere che il corpo non esiste; esiste. Qui si fa riferimento non al māyāvi-rūpa, tecnicamente parlando, ma alla totale subordinazione del veicolo fisico al centro focale autocosciente della costituzione fisica, in modo che lo stesso corpo fisico, pur avendo tutta l'apparenza e gli attributi dei corpi fisici ordinari, tuttavia è un corpo fisico di un tipo inusuale, a motivo delle insolite correnti spirituali e psichiche che lo permeano, e che agiscono quindi sugli atomi dai quali è composto. Questo fa in modo che anche il corpo fisico del mahātma sia un qualcosa di diverso da quello ordinario, e così non è quello che sembra essere, e quindi è chiamato in un certo senso māyāvi-rūpa o corpo illusorio. Il soggetto non è facile da descrivere.
Inoltre, mentre il corpo di un simile grande uomo è un corpo di carne, tuttavia ogni normale corpo fisico può vivere così a lungo solo quando la sua sorgente di inerente prāna o vitalità è inesausta. I maestri, comunque, possono mantenere lo stesso "corpo" con metodi occulti per più di un centinaio di anni, o forse anche per trecento anni. Comunque, questa capacità di mantenere un corpo fisico vivo e in buona salute oltre quello che sarebbe stato il suo normale lasso di tempo è, relativamente parlando, una cosa senza molta importanza ed è probabile che veramente pochi di loro si preoccupano di farlo. Una delle ragioni è che a loro non piace il dispendio della forza che scaturisce dalla natura interna, che richiede di mantenere un corpo molto vecchio in buone condizioni. Essi hanno il potere di gran lunga maggiore e superiore di lasciare a volontà un corpo consumato e di entrare in un altro veicolo fisico, fresco e vigoroso, secondo natura, che richiede incomparabilmente meno dispendio di energia psico-vitale a mantenerlo bene e in forma; e quindi, assumendo corpo dopo corpo, essi portano avanti con una scarsa interruzione nella coscienza individuale il sublime lavoro al quale le loro vite sono totalmente consacrate.
Quest'assunzione di vari corpi fisici a volontà degli adepti si riferisce naturalmente solo a quei casi in cui i mahātma scelgono questo metodo di un'esistenza individuale ininterrotta sul piano terreno. Vi è un altro e più grande metodo di continuare la loro esistenza individuale, ed è di rimanere nei regni astrali della terra come nirmāṇakāya. Un nirmāṇakāya è uno che è un uomo completo che possiede tutte le porzioni della sua costituzione in unità e forma attiva, tranne il corpo fisico e la sua forza vitale con il linga-śarīra. Come nirmāṇakāya un adepto può vivere era dopo era nella totale pienezza di tutti i suoi poteri e in intima connessione, se lo desidera e ce n'è bisogno, con tutti gli affari della vita terrena. Lui e quelli con lui nella stessa condizione di essere, vivono perpetuamente come "poteri" spirituali ed intellettuali invisibili e tuttavia perpetuamente attivi negli affari del mondo, stimolando continuamente individui che sono pronti o preparati a ricevere questo stimolo spirituale e intellettuale. Essi sono quindi, nella condizione di nirmāṇakāya, membri in quel Muro Guardiano che circonda l'umanità di era in era, proteggendola contro i pericoli cosmici di cui l'umanità in genere non ne sa niente, né ha coscienza della loro esistenza, ma che sono davvero reali. Essi lavorano allo stesso modo come i protettori e gli ispiratori di ogni nobile causa o movimento il cui lavoro, a loro giudizio, avrà effetto sul beneficio comune di tutti.
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Il cristiano Agostino descrive un miracolo come qualcosa "contro la Natura, così come noi conosciamo la Natura" ma Tommaso d'Aquino, uno dei grandi teologi della Chiesa Latina, va al limite dell'asserzione dell'ortodossia cristiana nella sua affermazione che i miracoli sono avvenimenti "oltre la Natura," e "al di sopra e contro la Natura." Queste ultime idee hanno prevalso quasi universalmente nel Cristianesimo fin dal secondo o terzo secolo, ed erano credi "ortodossi" dei più eminenti teologi cristiani come pure della laicità. Ma le idee dei teologi cristiani, che più o meno aderiscono ancora alla teoria del funzionamento del miracolo, negli ultimi tempi sono suppergiù ritornati ai punti di vista sostenuti dai primi scrittori cristiani che credevano ad Agostino.
Gli scienziati e i pensatori filosofici oggi respingono la possibilità dei miracoli, e sono convinti che la natura contenga un vasto campo di poteri non ancora spiegati perché sconosciuti. Occasionalmente, gli scienziati e i pensatori filosofici di circa un secolo fa avevano punti di vista che sotto certi aspetti si avvicinavano a questa posizione. Questi erano il biologo Bonnet, il filosofo e botanico Haller, il matematico Euler, tutti di nazionalità svizzera, e il professore e teologo tedesco Schmidt. Tali supposti "miracoli devono essere già inerenti alla Natura. I germi miracolosi esistono sempre accanto ad altri germi in una sorta di guaina, come molle nascoste nell'ingranaggio di una macchina, ed emergono alla luce quando è giunto il loro tempo." Questo bizzarro modo di parlare mostra come questi pensatori subissero grandemente l'influenza del pensiero teologico cristiano, ma lasciandolo da parte ci si rende conto che vi è una certa dose di verità nell'idea espressa: che i "miracoli" siano semplicemente l'espressione di forze o potenze sconosciute nella natura stessa. Quest'idea si avvicina strettamente ai punti di vista di mistici come Jérôme Cardan e Paracelso, che insegnavano un mondo invisibile, o una serie di questi mondi, che esistono nella sfera esteriore: "Accanto o dietro il mondo visibile, c'è un mondo interno e ideale, che attraversa in particolare i punti sacri" quando le condizioni sono idonee perché accadano questi eventi. (System of Christian Doctrine, di I. A. Dorner, 2: 155-6)
Un altro dei primi Padri della Chiesa, Crisostomo, insegnava che "i miracoli sono buoni solo ad eccitare menti fiacche e volgari; che gli uomini sensati non hanno opportunità di sperimentarli; e che frequentemente trasmettono qualche spiacevole sospetto."
Infine, una condanna veramente interessante dell'intero business dei miracoli si trova nella letteratura giudaica nel Talmud:
Quel giorno, il Rabbino Eliezer ben Orcanaz rispose a tutte le varie domande che gli erano state fatte; ma poiché i suoi argomenti erano stati giudicati inferiori alle sue pretese, i dottori della Legge che erano presenti si rifiutarono di accettare le sue risposte e condannarono le sue conclusioni: Allora R. Eliezer disse loro: "Il mio insegnamento è vero, e quest'albero di carruba qui vi dimostrerà quanto siano vere le mie conclusioni." Obbedendo al comando di R. Eliezer, l'albero di carruba spuntò fuori dal terreno e si trapiantò a cento cubiti di distanza. Ma i Rabbini scossero la testa e dissero: "L'albero di carruba non è affatto una prova." "Cosa?" disse R. Elizier "Voi resistete ad una prova così persuasiva del mio potere? Allora che questo rigagnolo scorra all'indietro, e così proverà la verità della mia dottrina!" Immediatamente il rigagnolo, obbedendo al comando di R. Eliezer, si mise a scorrere all'indietro verso la sua sorgente. Ma i Rabbini continuavano a scuotere la testa e dissero: "Questo rigagnolo non è affatto una prova." "Cosa?" disse R. Elizier "Non riuscite a capire il potere che io uso, e ancora non credete alla dottrina che insegno?" I Rabbini scossero di nuovo la testa ed osservarono: "I Rabbini devono comprendere prima di credere." "Crederete a ciò che dico" rispose allora R. Eliezer " Se i muri di questa casa di studio cadranno giù al mio ordine?" Allora i muri dell'edificio, obbedendogli, cominciarono a cadere, quando il Rabbino Joshua esclamò: "Con quale diritto questi muri interferiscono con la nostra discussione?" I muri allora smisero di cadere, in onore del Rabbino Joshua, ma non si rimisero in posizione verticale in onore al Rabbino Elizier.
Sarcasticamente, il Talmud osserva che essi devono ancora imparare.
Allora R. Elizier, in un impeto di collera, gridò: "Ora, per confondervi, poiché siete voi che mi costringete a farlo, che sia udita una voce dal cielo!" Immediatamente fu udita risuonare alta nell'aria Bath-Qōl, la voce dal cielo, dicendo: "Sebbene siate così numerosi, cosa siete voi in confronto a R. Elizier? Cosa sono le vostre opinioni, tutte degne, in confronto con la sua? Una volta che ha parlato, la sua opinione dovrebbe essere accettata." Allora il Rabbino Joshua si alzò e disse: "È scritto: 'la Legge non è in cielo, è sulle vostre labbra e nel vostro cuore.' (Deut. 30:12–30:16) Ed è ugualmente a vostra ragione, perché è scritto: "Vi ho lasciato la libertà di scegliere tra la vita e la morte, tra il bene e il male, e questo è tutto nella vostra coscienza, perché voi amate il Signore e obbedite alla sua voce, che è la voce con cui egli parla dentro di voi, e troverete felicità e verità. (Deut. 30:15–30: 19). Perché, dunque, R. Eliezer porta in discussione un albero di carruba, un rigagnolo, un muro, e una voce, per ricomporre queste differenze e risolvere tali questioni? Inoltre, qual è l'inevitabile conclusione da trarre dai loro atteggiamenti, se non che coloro i quali hanno studiato le leggi della Natura hanno frainteso tutte le possibilità delle azioni della Natura, il ché significa che da ora in poi dobbiamo ammettere che in determinate circostanze un albero di carruba può sradicarsi e trasferirsi a cento cubiti di distanza; che in determinate condizioni un rigagnolo può scorrere all'indietro verso la sua sorgente; che in certe circostanze i muri obbediscano ai comandi come fa il ferro con la calamita; e che in alcune circostanze le voci dal cielo insegnino le dottrine? Di conseguenza, quale possibile connessione c'è tra i fatti della storia naturale osservati in questo modo, da un lato, e gli insegnamenti del Rabbino Eliezer? Quale connessione, io dico, c'è tra le radici di un albero di carruba, un rigagnolo, le pietre dei muri, le voci dal cielo, da un lato, e la logica, dall'altro? Senza dubbio questi prodigi sono straordinari e ci hanno riempiti di stupore; ma meravigliarci delle cose non vuol dire rispondere alle domande; e quello che chiediamo sono argomenti veri, non fenomeni. Perciò, quando il Rabbino Elizer avrà provato che gli alberi di carruba, i rigagnoli, i muri, ed ugualmente le voci sconosciute, possano fornirci una ragione dei loro strani movimenti, di uguale valore alla sublime ragione che l'Eterno mette in noi perché la usiamo come nostra Guida nell'esercizio della nostra libera volontà, allora, e solo allora, useremo queste testimonianze e valuteremo il loro numero e il valore di queste asserzioni. . . .
"No, Rabbino Elizer, è inutile che tu ti adoperi a indirizzare ai nostri sensi fisici la tua prova su questi argomenti; i nostri sensi possono ingannarci; e se affermano ciò che la nostra ragione nega, e che la nostra coscienza rifiuta, dovremmo respingere l'evidenza dei nostri sensi ingannevoli e fragili, e ascoltare solo la ragione illuminata dalla nostra coscienza."
— Baba Mezia 59b, libera traduzione (in Francese) di Hyppolite Rodrigues, Midraschim et Fabliaux, Larousse et Cie., Parigi 1880, capitolo 7
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Poche parole di avvertimento riguardo al modo in cui i grandi esseri debbano essere compresi. Non sono dèi né spiriti cosmici, né spiriti disincarnati di uomini che sono morti, ma sono, in verità, uomini come tutti gli altri, solo in misura più grande; nati come tutti gli uomini nascono, ed essi stessi i discepoli di altri ancora più grandi di loro. Non sono "creatori di miracoli" in nessun senso del termine, né lavorano in qualche modo contrario alle leggi della natura ma pari passo con lei, e così partecipano all'immenso lavoro cosmico in cui tutte le stesse gerarchie della luce sono occupate.
Nessun studioso della storia umana dubita dell'esistenza di almeno qualche membro della Grande Fratellanza, qualsiasi cosa egli possa pensare alle leggende che hanno quasi nascosto la vera natura di questi grandi uomini superiori. Uomini simili, come Gautama il Buddha, Lao-tse, l'avātara Gesù, Apollonio di Tiana ed altri, sono conosciuti a chiunque, perlomeno di nome. Anche in Grecia vengono in mente i nomi di cinque individui chiamati leggendari. Sappiamo solo che così grande fu la loro influenza che persino al tempo di Platone, quando anche allora i loro nomi erano leggendari, essi cambiarono l'intero pensiero religioso e filosofico del mondo greco, e i loro insegnamenti formarono la base della più brillante civiltà che fosse mai esistita in tempi storici. I loro nomi erano Oleno, Orfeo, Musèo, Panfo e Filammone — in verità, un glorioso gruppo.
Poiché la nostra razza umana si muove più velocemente in avanti, questi personaggi devono riapparire più frequentemente. Né le grandi figure del futuro devono essere sempre diverse da quelle del passato, perché gli stessi individui si reincarnano sulla terra e ad intervalli frequenti; in aggiunta, i ranghi della Fratellanza aumentano di numero quando i discepoli o i chela dei vari ranghi dei mahātma evolvono all'altezza dei loro attuali insegnanti. Una grande verità naturale è incarnata in questo fatto perché ciò che accade a uno può accadere a qualsiasi uomo se egli adempie alle proprie condizioni. Non vi sono limiti insormontabili che delimitano la crescita evolutiva delle anime né ci sono barriere in natura oltre le quali essi non possano passare.
I grandi pensatori e poeti della razza umana in tutte le epoche hanno intuitivamente percepito questi fatti, che lo spirito librante di uomini intuitivi ha incorporato nel linguaggio; e si potrebbe dire che tutti erano più o meno sotto l'ispirazione e la guida diretta o indiretta, nelle loro opere di "rivelazione," di uno o dell'altro dei membri della Fratellanza. Perle di saggezza si possono trovare quasi dappertutto, perché i maestri non hanno riguardo delle persone ma cercano ed incoraggiano non solo il genio spirituale ed intellettuale come tale, ma più particolarmente la spiritualità nascente degli uomini, ovunque si scoprano questi raggi dello splendore buddhico.
Come esempio troviamo, tra la scuola Trascendalista della Nuova Inghilterra alcuni grandi uomini a modo loro, come Emerson e anche Thoreau, che avevano molte ispirazioni e presagi della verità. Emerson, nei suoi "Frammenti sulla Natura e sulla Vita," canta:
Dalle forze elevate a quelle ancora più elevate
La scala del potere s'innalza verso l'alto
Gli eroi sui loro cavalli,
Gli dèi sulle loro sfere.
E ancora:
La vasta Eternità
Raramente rigetta i suoi schemi,
Ed un eone concede
Ciascuna qualità e parte
Del multiforme cuore dalle numerose camere.
Sono tempo, spazio, e le coscienze interconnesse, a produrre gli esseri e le cose che sono; e un eone, l'eone cosmico, permette a molte cose di cadere dal suo seno procreativo — il "cuore," come dice veramente Emerson, che qui significa il centro invisibile o il nucleo delle cose cosmiche. In verità, la monade spirituale ha molte camere, piene delle inquietanti memorie delle sue ex esistenze.
La Grande Fratellanza non è un'istituzione arbitraria né un'organizzazione artificiosa che i maestri stessi hanno portato nel mondo in ere diverse, ma questa Fratellanza è solo un collegamento in un'immensa catena cosmica di esseri che gli antichi greci chiamavano la Catena d'Oro di Hermes o la Catena Hermetica, e che la Filosofia Esoterica chiama la Gerarchia della Luce o della Compassione. In altre parole, i maestri sono collegamenti — cioè, la loro Grande Catena forma un collegamento — in questa Catena d'Oro di Hermes, e quindi vediamo che la loro posizione e il loro lavoro sono una parte naturale della struttura cosmica. Proprio come al di sotto dell'uomo vi sono famiglie di esseri che esistono su livelli diversi della scala della vita, così vi sono altri esseri più grandi degli uomini su livelli di sviluppo evolutivo più avanzati di quelli dove ora si trova l'uomo. Se poniamo l'uomo come l'entità più alta conosciuta sulla terra, troviamo che quando viaggiamo all'indietro lungo la scala discendente, la nostra attenzione è attratta dalle unità o composti più individuali e particolari.
È stato detto che in una foresta non ci sono due foglie esattamente uguali; se lo fossero, non sarebbero due foglie, ma la stessa foglia. Con quanta più forza si può applicare questa riflessione nei riguardi di un essere altamente individualizzato come l'uomo! Le cose viventi della natura seguono un'indiscutibile tendenza ad avanzare verso l'individualità e lontano dal perfetto comunismo delle forme inferiori della vita animale, e dalla semplice coesione delle rocce. Ma questo è prendere in esame il soggetto semplicemente dal lato materiale. Quando studiamo le funzioni e gli attributi psichici, mentali, e spirituali della specie umana, fra molte altre cose non osservabili nelle forme inferiori di esistenza, notiamo la "lotta" per riconciliare il dovere con il desiderio, il giusto con il potente, la conoscenza e il potere con la giustizia astratta e concreta.
In effetti, questa lotta è più o meno puramente immaginaria per quanto riguarda le leggi e i processi intrinsechi alla natura, in quanto l'intero campo di questa lotta, nel caso dell'uomo, è piuttosto l'incessante sforzo umano di crescere, perché in parte, a causa della complessità della costituzione umana, fa sembrare l'uomo in guerra con se stesso. Così lo sforzo è nell'individuo in sé, e solo in grado esiguo tali lotte lungo queste linee di abbattimento delle barriere che impediscono la crescita, nascono dalle relazioni dell'uomo con la sfera di circostanze o natura — o, in verità, con i suoi simili, nonostante l'apparente lotta dell'uomo con i suoi simili, che sembra essere troppo evidente attraverso tutto il corso della storia umana conosciuta. Qui il significato è che la diversità di interessi che sorgono nei rapporti umani è largamente immaginaria ed artificiosa, e in nessun senso reale nasce da un inerente conflitto spirituale o biologico tra uomo e uomo.
Se solo gli uomini realizzassero che i loro interessi sono fondamentalmente comuni e che ogni uomo è meglio servito quando egli stesso serve gli interessi dei suoi simili, allora il cosiddetto conflitto tra uomo e uomo cesserebbe automaticamente, e avremmo un paradiso sulla terra, se confrontato con gli orribili conflitti sociali che nella nostra epoca di egoismo materialistico affliggono tutti noi. Questi antagonismi, lotte e conflitti tra uomo e uomo non sono basati sulla natura né nelle circostanze ambientali, ma nella follia e nell'egoismo dell'uomo. Qui ci riferiamo alla vecchia dannata teoria dei nostri recenti antenati che l'uomo sia nato in ostilità con i suoi simili, e che l'evoluzione è ottenuta tramite la conflittualità, e che la "sopravvivenza del più adatto" è portata avanti dal predominio del forte sul giusto. Oggi ogni uomo pensante comincia a realizzare che tutto questo è assolutamente falso, non è affatto una "legge" della natura ma è una deduzione superficiale che nasce dalla cattiva interpretazione non solo della natura stessa ma della costituzione dell'uomo e degli attributi caratterizzanti.
La cosiddetta lotta è semplicemente l'elaborazione di molti fattori nella costituzione dell'individuo, che spesso, ahimè, lavorano in conflitto con se stessi. Quindi la lotta o conflitto è nella mente dell'uomo; e poiché tutti gli uomini hanno questo conflitto, perché tutti gli uomini sono evolutivamente non sviluppati, allora immaginano che la lotta o conflitto esista in natura, fuori da loro stessi — come se gli uomini stessi non fossero parti inseparabili della natura!
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La crescita, o meglio, il dispiegamento progressivo dell'individualità o degli esseri individualizzati, quando ascendiamo sulla scala della vita, è percettibile anche qui sulla terra. La coesione relativamente perfetta delle rocce passa lentamente nella crescita dell'individualità che diventa debolmente percettibile nel comunismo del regno superiore delle piante; e quando lasciamo il regno delle piante e seguiamo il quadro evolutivo quando ascende al regno delle bestie, notiamo che la tendenza verso l'individualizzazione cresce rapidamente. Quando raggiungiamo il regno umano, che nella Filosofia Esoterica è considerato un regno completamente distinto per via degli attributi tipicamente umani che contraddistinguono l'uomo nettamente al di fuori delle bestie, troviamo che la tendenza all'individualizzazione sfocia nell'apparizione di individui caratteristicamente distinti.
Durante questa naturale ascesa sulla scala dell'evoluzione non è perduta nessuna cosa di valore nei regni superiori che contenevano i regni inferiori, ma qualsiasi cosa abbia un valore nei regni inferiori è trasformata in valori più grandi nel regno umano, più il possesso da parte degli esseri umani di nuove e preziose qualità e facoltà che sono sicuramente latenti nei regni inferiori ma non ancora manifestate.
La tendenza evolutiva nell'uomo, che crescerà più forte e più percettiva con il trascorrere di ogni secolo, è di unirsi ai suoi simili. Tutti i fondamenti della morale autentica riposano su questa tendenza, che nella costituzione umana è essa stessa un'espressione della legge dell'armonia inerente alla natura universale.
Le differenze tra gli esseri che occupano i vari gradini della bilancia evolutiva mostrano, tra le altre cose, l'emergere costante ma ancora lento nell'attività funzionale negli individui, di qualità ed attributi sempre più nobili. Tuttavia, confrontando stadio dopo stadio, quanto sono enormi le differenze che separano il superiore dall'inferiore, l'uomo dalla pietra, o l'uomo dal pesce! Vediamo dappertutto intorno a noi — nelle vite, negli istinti e negli impulsi delle cose e degli esseri più umili, il movimento delle stesse forze che nel nostro petto si muovono all'azione e ci spingono all'attività: amore, affetti, paura, passione, simpatia, memorie, odio, e molte di più di questo genere. Ancora, per quanto riguarda la nostra Madre Terra, l'uomo si erge supremamente su tutto quello che è al di sotto. Ma se egli volge gli occhi nella direzione opposta, è sottilmente cosciente che davanti a lui devono esistere esseri di gran lunga superiori.
A meno che non asseriamo che la specie umana sia il prodotto evolutivo più alto che la natura abbia potuto produrre attraverso tutte le eternità passate, siamo obbligati ad ammettere che questi esseri superiori agli uomini esistono, sia che li conosciamo oppure no; e che, se tali esseri superiori all'uomo non esistono, allora la scala graduata al di sotto dell'uomo, mostrando una crescita costante che evidenzia gli sforzi della natura verso l'alto, diventerebbe un'anomalia.
Seguendo allora gli insegnamenti dei grandi saggi e veggenti di tutte le ere passate, siamo capaci di dividere la scala graduata in sette (o dieci) fasi di sviluppo evolutivo:
a. Primo Regno Elementale: | Di tipo etereo ed altamente fluido, con corpuscoli o unità monadiche relativamente non manifestate e non individualizzate, che possiedono una comune esistenza vitale. |
b. Secondo Regno Elementale: | Separazione in gocce di entità quasi particolarizzate che tuttavia non sono ancora tenute unite da un identico flusso vitale. |
c. Terzo Regno Elementale: | Gli esseri sono ancora più altamente particolarizzati, sebbene ancora uniti insieme da una comune esistenza vitale organica, nella quale agiscono. |
1. Il Regno Minerale: | Corpuscoli o particolari quasi individualizzati, che funzionano in un'unità organica. Semplice unità come un corpo. |
2. Il Regno Vegetale: | Semplice comunismo. La pressione verso l'individualizzazione s'incrementa. |
3. Il Regno Animale: | Gli albori di unità distinte individualizzate. |
4. Il Regno Umano: | La fioritura dell'individualità. Gli albori di una coscienza comune o generalizzata. |
5: I Grandi Esseri: | L'individualità pienamente sviluppata. La realizzazione autocosciente di una generale e sottostante coscienza unificante. |
6: Esseri quasi Divini o Dèi Inferiori: |
L'individualità perfezionata che emerge, senza diminuire, nella sottostante coscienza generalizzata. L'alba della coscienza cosmica. |
7. Gli Dèi: | L'emergere nella realizzazione cosciente della coscienza cosmica, senza perdere una perfezionata individualità impersonale. |
Questa tavola è naturalmente approssimativa, è tuttavia accurata per quanto è possibile. La mente si ferma stupita nel contemplare in questa gerarchia le gamme delle entità coscienti, quasi coscienti, e autocoscienti. In verità, sarebbe un'inesplicabile anomalia in natura se l'uomo fosse la fase della coscienza più elevata che il cosmo sia stato capace di produrre finora attraverso tutta l'eternità. Siamo propensi a realizzare che la differenza essenziale tra l'uomo e gli esseri al di sotto di lui stia nella mente autocosciente dell'uomo, che è il vincolo particolare che ci lega ai regni superiori dell'essere cosmico — il ponte sul quale la coscienza passa avanti e indietro tra la materia e lo spirito. Studiando gli esseri inferiori, realizziamo che anch'essi hanno una mente del loro tipo, centri di coscienza, non ancora una coscienza riflessa come ce ha l'uomo.
Qui nell'uomo vi è dunque l'unione di un altro e più elevato piano dell'essere con questo piano dell'essere. Da un lato, il piano sensitivo e psicologico e, dall'altro, quello intellettuale e spirituale, hanno effettuato un'unione, e il prodotto è — l'uomo con sette principi. Il cielo e la terra si sono baciati, come dicevano pittorescamente gli antichi, e la loro progenie è la razza umana.
Nessuno può essere così cieco da non vedere il golfo apparentemente invalicabile che separa la mente autocosciente dell'uomo dalla mente direttamente sensitiva delle creature inferiori. L'uomo può veramente essere definito un dio custodito in un tabernacolo — la struttura psico-materiale della sua natura inferiore.
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La lezione più nobile che possiamo trarre da tutto questo è quella dell'unità fondamentale, degli interessi inseparabili, e dei naturali vincoli indissolubili che ci uniscono a tutto ciò che esiste. Nessuno di noi può avanzare o seguire il nostro pellegrinaggio da solo. Portiamo con noi, confinati in tutte le parti della nostra costituzione, innumerevoli eserciti di esseri inferiori, perché collettivamente e individualmente siamo tutti aggregati di inferiori, proprio come la razza umana è unita da vincoli infrangibili con i nostri superiori spirituali del cosmo. Dobbiamo andare avanti tutti insieme, e abbiamo cominciato a fare così attraverso tutto il tempo passato, e in futuro progrediremo unitamente come un vasto fiume cosmico di vite.
Così è che i grandi saggi o maestri formano uno stadio o grado sulla scala evolutiva proprio al di sopra degli uomini che hanno uno sviluppo ordinario. Vi sono ancora esseri più grandi sulla bilancia della vita, che sono gli istruttori dei grandi saggi e che sono uomini più altamente evoluti rispetto a quanto lo siano gli stessi saggi. Ancora superiori a questi ci sono anche altri più evoluti, che possono appropriatamente essere chiamati gli dèi umani; sono i sorveglianti della natura e i governanti del nostro pianeta terra. Al di sopra e oltre a questi dèi umani vive, o meglio, è quello che tecnicamente nella Filosofia Esoterica è chiamato il "Guardiano Silenzioso" del nostro globo, che quindi è il suo gerarca spirituale.
Questo Essere Meraviglioso, questo Guardiano Silenzioso, appartiene alla classe dei superiori spirituali chiamati dhyāny-buddha. Interconnessi all'essere vitale e alla coscienza di questo dhyāni-buddha, vi sono innumerevoli raggi che emanano da lui in una radiosità infinita. Questi raggi-figli, emanando dall'essere vitale e dalla coscienza, cioè dal cuore essenziale di questo Essere Meraviglioso, vi sono gli Ego umani, e questo stesso Essere Meraviglioso è chiamato il Banyan Umano Sempre Vivente, perché egli emana da se stesso rami o viticci dello spirito, che arrivano fino in giù, nella fabbrica sostanziale dell'universo in cui egli vive, per mettere radici; e poiché procedono dalla coscienza di vita dell'Essere Meraviglioso, essi stessi diventano alberi di banyan suoi figli, crescendo a loro volta, e al momento debito, attraverso le ere cicliche, raggiungono la suprema spiritualità, e allora anch'essi inviano nuovi viticci come raggi, che si radicano nella fabbrica sostanziale dell'universo, costruendo così nuovi tronchi — e quindi il meraviglioso e mistico Albero della Vita cresce nel tempo e nello spazio.
Il Banyan Umano Sempre Vivente è l'hyparxsis, l'apice, della gerarchia degli adepti della nostra catena planetaria, gerarchia che all'inizio fu formata durante la quarta ronda sul nostro globo terrestre, poco prima del periodo mediano della terza razza radice. Questo era il periodo karmico per l'apparizione di questa gerarchia, perché allora l'umanità infantile cominciava a diventare autocosciente, e attraverso il crescente sviluppo diventava pronta a ricevere e a comprendere la luce spirituale ed intellettuale.
Ed ora un mistero: ogni iniziato che raggiunge l'iniziazione e la supera con successo deriva dall'essenza del cuore dell'Essere Meraviglioso, il dhyāni-buddha di questa quarta ronda. Le iniziazioni durante la quinta ronda su qualsiasi globo della nostra catena planetaria avranno il loro essere causale nelle attività del dhyāni-buddha della quinta ronda; e quelli che saranno sottoposti alle difficoltà e alle prove di quel futuro ciclo iniziatico saranno sotto la supervisione del dhyāni-buddha della quinta ronda e saranno connessi a lui, esattamente come il dhyāni-buddha dell'attuale quarta ronda ricopre lo stesso ruolo relativo e compie le stesse funzioni relative con gli iniziandi in questa quarta ronda. Similmente, la sesta e la settima ronda, per quanto riguarda le iniziazioni, saranno connesse in modo identico ai rispettivi dhyāni-buddha di ciascuna ronda.
Infatti ci sono molti di questi Esseri Meravigliosi, molti Guardiani Silenziosi, come una scala mistica di grandiosità spirituale ed intellettuale. Questi stessi Esseri Meravigliosi sono i banyan generati da un banyan ancora più grande, che è il cuore invisibile del sistema solare, l'hyparxsis divina del Padre Sole. Il Banyan Spirituale Sempre Vivente che discese nella terza era da una "regione elevata," come dice H. P. Blavatsky nella Dottrina Segreta (1: 207), è un grande essere spirituale che è il capo sulla terra della Fratellanza degli adepti.
Si potrebbe dire che questo Essere Meraviglioso venne sul nostro piano della terra come un "visitatore," vivendo qui, in quello che per lui era l'inferno del proprio piano superiore, dimorando per un certo periodo sulla terra tra l'umanità primitiva, innanzitutto come l'istruttore più grande, primordiale e spirituale, e come guida dell'allora razza umana; e da lui si formò originariamente la Fratellanza dei mahātma, Fratellanza cui egli presiede ancora, un essere, egli stesso Uno e tuttavia molti in funzione ed essenza.
I Misteri riguardanti le diverse monadi nella costituzione dell'uomo sono estremamente reconditi, e in quasi tutte le antiche letterature si è prestata molta attenzione alla porzione intermedia dell'uomo, piuttosto che agli altri centri monadici o punti focali della coscienza che fanno di lui l'entità completa settenaria (o decupla) che è. Nel Cristianesimo si è prestata ben poca attenzione alle complessità dell'essere dell'uomo, e tutti i teologi cristiani sembravano soddisfatti a considerare l'essere umano come composto da tre elementi basilari: spirito, anima, e corpo. Anche qui, fin dai primi tempi del Cristianesimo, ha regnato una certa confusione riguardo alla distinzione tra lo "spirito" e "l'anima" dell'uomo; e sembra che la maggior parte dei teologi abbiano usato questi termini come sinonimi.
Ma sembrerebbe esserci qualche dubbio sul fatto che, immediatamente dopo la scomparsa dell'avatāra Gesù e per un indeterminato periodo di anni, nelle menti degli scrittori cristiani fosse chiara la distinzione tra "spirito" e "anima." Lo "spirito," nei primi anni dell'era cristiana, era considerato piuttosto come una cosa divina: "una progenie di dio"; "l'anima" era frequentemente chiamata psiche, un termine greco da cui deriva la moderna "psicologia." Inoltre, anche nel Nuovo Testamento si parla di un "corpo naturale," di un "corpo psichico," e di un "corpo spirituale." È degno di nota che anche il Nuovo Testamento definisca la psiche come "demoniaca" o "malvagia"; non che la psiche fosse la forma caratteristica di diavoli o demoni ma, al confronto con lo spirito nel più intimo di ogni essere umano, la psiche o "l'anima" era così imperfetta da essere definita "demoniaca."
Questa distinzione tra spirito ed anima è stata universalmente prevalente nel pensiero filosofico e religioso dell'umanità, e i grandi saggi hanno sempre insegnato che l'uomo individuale, proprio perché è una parte integrante dell'universo, di conseguenza copia nella sua costituzione precisamente ciò che Madre Natura, la sua genitrice, contiene ed è essa stessa. Essi insegnavano che l'universo, il macrocosmo, e l'uomo, il microcosmo, sono esseri compositi consistenti di un veicolo fisico esteriore chiamato il corpo, e di poteri e facoltà interiori, i cui rispettivi veicoli interni attraverso i quali si esprimono, nel caso dell'uomo, formano la Catena d'Oro, dal divino attraverso la parte dell'anima fino ai veicoli astrali e fisici. La parte dell'anima è la parte intermedia della natura dell'uomo, spesso chiamata "anima umana," che corrisponde a quella che nell'universo è la "Superanima" — adottando un termine di Emerson.
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I sette princìpi di cui è composto l'uomo sono di solito enumerati nella teosofia moderna come segue:
La Monade Divina
1. Ātman, il sé essenziale: |
la pura coscienza di per sé. Il principio o elemento o facoltà essenziale o radicale in noi che ci dà (e in verità ad ogni cosa o entità vivente) la nostra conoscenza o la coscienza senziente della pura Esseità: Questo non è l'Ego.[1] |
2. Buddhi: | la facoltà o l'organo spirituale che si manifesta come intuito, intelletto, giudizio, discernimento, ecc. È l'inseparabile velo o rivestimento dell'ātman. |
3. Manas: | è il centro o l'organo della coscienza dell'ego nell'uomo (e in qualsiasi altra entità quasi autocosciente); ed è quindi la sede o la causa produttiva dell' "Io sono Io." |
4. Kāma: | l'organo o sede degli impulsi psico-elettrici, desideri, aspirazioni, considerati nel loro aspetto energizzante e, di conseguenza, la forza elementale o dirigente nella costituzione umana. Poiché ciascuno dei sette principi è in se stesso settenario, vi è un kāma spirituale come pure un kāma grossolanamente emotivo, con tutte le fasi intermedie. |
5. Prāṇa: | o Vita; più precisamente, il velo elettro-magnetico o il "campo elettrico" che si manifesta nell'individuo umano come vitalità. |
6. Liṅga-śarīra: | il corpo astrale o corpo modello, leggermente più etereo del corpo fisico; la struttura astrale intorno alla quale è costruito il corpo fisico, atomo per atomo, e da cui si sviluppa man mano che cresce. |
7. Sthūla-śarīra: | il corpo fisico. Strettamente parlando, non è veramente un "principio" o una sostanza elementale assoluta, ma funziona come il comune "vettore" di tutta la costituzione intima dell'essere umano durante qualsiasi periodo di vita sulla terra. |
Poiché l'uomo è un microcosmo, questi sette principi o elementi si potrebbero applicare all'universo stesso. La sola obiezione a quest'applicazione è che questi sette principi sono stati limitati, da tempo immemorabile, alla costituzione delle entità microcosmiche come l'uomo. Inoltre, questo elenco settenario deve essere costruito per definire la costituzione dell'uomo come un essere composto da Elementi o Principi, piuttosto che come nodi o punti focali delle differenti coscienze monadiche.
Il seguente elenco fornisce i principi dell'universo con i termini tratti dalle varie scuole antiche di pensiero:
Parabrahman-Mūlaprakriti
Amūlamūla (La Radice senza Radici)
L'Illimitato
'Ēin Sōf ("senza limiti")
L'Infinitudine dello Spazio e del Tempo
1. Paramātman, Brahman-Pradhāna, la Monade Cosmica: | La Monas Monadum di Pitagora e degli antichi filosofi. Il supremo Sé monadico di qualsiasi gerarchia cosmica. La radice dalla quale scaturiscono in ordine seriale discendente tutti gli altri sei principi o elementi dell'universo, ciascuno evolvendo o dispiegandosi da quello precedente. Il Primo Logos, Immanifestato. |
2. Alaya. Ādi-Buddhi o Mahā-Buddhi o Buddhi Cosmico. Ākāśa o Pradhāna. La Radice o l'Essenza di Mahat, l'Aether Cosmico: | La sede o l'origine dell'anima cosmica; la sorgente di tutto l'ordine intelligente, la regolarità e le "leggi" nell'universo o gerarchia. Il Secondo Logos, quasi manifestato. |
3. Mahat o Mente Cosmica, Anima Mundi, Intelligenza, Coscienza: | La sorgente o il centro di tutte le individualità monadiche nella gerarchia; intelligenza individualizzata, mente, coscienza, in contrasto con l'universale, come nel n. 2 sopra. Il Terzo Logos, cosiddetto Creativo. Il Purusha-Prakriti manifestato. |
4. Kāma Cosmico: | Il "Desiderio" del Rig-veda, Desiderio che è compassione pura, impersonale ed universale; la sorgente delle impellenti energie cosmiche dell'universo, che coinvolgono i suoi impulsi elettrici intelligentemente viventi. La matrice di fohat, considerato anche come il movente e la forza, o le forze, intelligentemente guidate dell'universo gerarchico. |
5. Jīva Cosmico o Vitalità Cosmica: | Il campo cosmico psico-elettro-magnetico; l'origine e la sorgente della vitalità cosmica che permea tutti gli esseri e le cose nella gerarchia, e da cui tutti questi individui derivano i loro rispettivi prāṇa. |
6. La Luce Astrale, l'Etere Cosmico: | L'aspetto più basso funzionante dell'Anima Mundi del n. 2 sopra. Per la gerarchia cosmica è ciò che il liṅga-śarīra è per il corpo umano.[2] |
7. Sthula- śarīra: | L'universo fisico — il guscio o corpo esterno dei sei principi-elementi più eterei. |
Tutti questi Elementi o Principi sia dell'uomo che dell'universo devono essere compresi rigorosamente e compenetrati reciprocamente. É solo per convenienza che le diverse voci nella lista sono collocate l'una sull'altra, e questo l'abbiamo fatto solo per suggerire il grado crescente di eterealità, dal più basso a quello più alto.
Inoltre, cominciando da quello più elevato o più spirituale, ciascun principio o elemento scaturisce dal suo principio immediatamente superiore. Così il n. 1 evolve o emana il n. 2, che così possiede non solo le proprie caratteristiche individuali o svabhāva, ma contiene anche qualcosa dello svabhāva, cioè le caratteristiche, del suo genitore: similmente, il n. 3 è emanato dal n. 2, e contiene quindi nella sua crescente complessità e differenziazione non solo la propria individualità o svabhāva ma anche i rispettivi svabhāva del n. 1 e del n. 2; e così, scorrendo tutto l'elenco, fino al n. 7, che è il "vettore" differenziato o il "manifestatore" di tutti gli altri sei. Va anche notato che più il superiore s'indebolisce progressivamente, più a lungo procede il processo verso il basso nelle sfere materiali.
Ciascuno di questi vari gradi, da quello più elevato al fisico, è esso stesso settenario (o decuplo). In altre parole, ognuno di questi centri della coscienza o nodi o centri focali dell'uomo ha la sua caratteristica svabhāvica, che lo distingue dalle caratteristiche svabhāviche di tutti gli altri.
Usando i sette colori dello spettro solare come immagine illustrativa, possiamo dire che ciascuna di tali monadi della costituzione dell'essere umano ha il suo colore predominante, sebbene contenga al tempo stesso tutti gli altri colori dello spettro pneumatologico-psicologico. Manas, ad esempio, comprende tutti i sette colori dell'intera costituzione umana, ma il suo colore caratterizzante è manas-manas, o manas di per sé. Anche kāma comprende ugualmente tutti i sette colori o forze: ha il suo ātman, il suo buddhi, il suo manas, e tutti gli altri, ma la sua caratteristica svābhāvica o essenziale è kāma-kāma. È per questo motivo che l'ātman, la sorgente ultima dell'essere dell'uomo, è capace di emanare da se stesso tutti i principi-elementi diversamente "colorati."
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L'uomo, dunque, è costruito di elementi tratti dal deposito cosmico. Ma da un altro punto di vista possiamo considerare l'uomo come un qualcosa di diverso da un semplice "fascio di energie cosmiche." Infatti, egli è una serie di centri della coscienza o monadi. Vi è, ad esempio, una monade divina, una monade spirituale, e una monade intellettuale o agnishvātta; vi è anche una monade psichica, che è l'uomo come egli è attualmente, una monade-animale; ed anche la triade inferiore — prāṇa, liṅga-śarīra, e sthūla-śarīra — incarna ciò che potremmo chiamare una monade astrale-fisica.
Una semplice illustrazione può rendere più chiara quest'idea. Il sole emette raggi di molti tipi. Uno di questi raggi, nella nostra analogia, entra in una stanza al buio che possiamo chiamare il mondo materiale, dove appare come un bagliore di luce. Facciamo passare questa luce attraverso un prisma e otteniamo i sette raggi prismatici, ciascuno dei quali è effettivamente una luce del proprio colore; ma i sette si uniscono per formare la costituzione del fascio di luce solare. Ciascuno di questi raggi prismatici ha la sua origine nella propria monade solare; come nella costituzione umana ci sono le varie monadi che lavorano tutte insieme, così i sette raggi prismatici lavorano insieme per creare il fascio di luce solare. L'origine di questo fascio di luce è il dio interiore o la divinità solare che manda da sé le sette monadi-figlie o i sette raggi prismatici. Diciamo che uno di questi sette raggi del fascio di luce è il più elevato, l'efflusso della sua monade divina. Un altro è il raggio che scaturisce dalla sua monade spirituale; e ancora un altro è il raggio proveniente dalla sua monade intellettuale; e così via fino al punto più basso della scala.
Qui allora vediamo che noi abbiamo sette monadi che si combinano per formare su questo piano un essere manifestato e tutte queste sette monadi nascono dal cuore della loro comune monade genitrice, o il dio interiore del fascio di luce. Ma il "cuore" di ognuna di queste monadi-figlie è esso stesso sul proprio piano una divinità e, quindi, una monade genitrice. Come Jacob Boehme, che H. P. Blavatsky ha chiamato "un beniamino dei Nirmāṇakāya," dice:
Il Libro in cui giacciono tutti i misteri è l'uomo stesso; egli è il libro dell'Essere di tutti gli esseri, e vediamo che è ad immagine della Divinità. Il grande Arcanum giace in lui, la cui rivelazione appartiene solo allo Spirito Divino. — Epistola Nona, 3
Così anche l'umile calzolaio di Görlitz, che visse alla fine del sedicesimo secolo, insegnò che l'uomo non è che la replica in piccolo del macrocosmo.
Non dobbiamo immaginare che i sette principi siano una cosa, e le monadi qualcosa di diverso, che lavorano attraverso i sette principi. Da un punto di vista noi studiamo la "stoffa" dalla quale è costruito l'universo (e quindi dell'uomo); da un altro punto di vista fissiamo la nostra attenzione sull'universo (o l'uomo) come un vasto aggregato di individui. Non solo i sette principi sono la "stoffa" dell'universo, ma la parte superiore di ciascuna stoffa è il suo lato della coscienza, mentre la parte inferiore è il lato del corpo attraverso il quale la propria coscienza si esprime. Ed è per questo che ogni monade, ogni centro di coscienza, è settenaria: ciascuna ha il suo ātman, buddhi, manas — in fondo alla scala. Sthūla-śarīra, ad esempio, non significa necessariamente il corpo fisico; significa corpo sostanziale, corpo grossolano, di qualsiasi piano: fisico, spirituale o divino.
Ogni punto dell'infinito è un centro della coscienza, quindi ogni punto dell'infinito è una monade, costruita da sette stoffe, i sette principi-elementi dell'universo.
Vediamo ora come la classificazione della costituzione umana nei sette principi o sette centri monadici corrisponde alla divisione in tre parti, che per noi è più familiare:
Diade Superiore: |
Ātman Buddhi |
{Spirito: |
Il Sé essenziale o spirituale, che è la radice perpetua della costituzione dell'uomo, dura in un'attività incessante sul proprio piano attraverso l'intero periodo del mahāmanvantara galattico. La monade divino-spirituale, incondizionatamente immortale per la durata galattica; la sorgente da cui scaturiscono in gradi seriali tutte le porzioni inferiori della costituzione umana. |
Diade Intermedia: |
Manas Kāma |
{Anima: |
La sede dell'ego umano, che è duale: composto innanzitutto dalla porzione superiore che aspira verso l'alto e che, in essenza, è l'ego reincorporante; e secondo, da una porzione inferiore, attratta verso il basso nei regni dell'esistenza materiale, che è l'ordinario ego umano. Brevemente, dopo la morte, l'ego reincarnante è attratto verso la diade superiore; e la porzione inferiore si disgrega ed è mortale. |
Triade Inferiore: |
Prāṇa Liṅga-śarīra Sthūla-śarīra |
{il Corpo: |
Completamente mortale; non nei suoi atomi di vita ma come veicolo triadico delle forze e sostanze vitale-astrali e fisiche. |
Si noterà che la diade superiore è la sede dell'individualità spirituale caratteristica, individualità caratteristica che è lo svabhāva di un essere. Il suo periodo di vita dura quanto il mahāmanvantara dell'universo galattico, tuttavia ciò non implica la sua estinzione finale. Quando la stessa galassia avrà raggiunto il suo termine finale di attività manvantarica, allora s'immergerà nel suo pralaya galattico, portandosi tutto quello che è contenuto in se stessa, dèi, monadi, ed atomi, che sono trascinati via dall'esistenza semplicemente manifestata o differenziata, come foglie secche nei venti autunnali — e ciascuno di essi riapparirà quando il pralaya galattico avrà raggiunto il suo termine e causerà allora un nuovo ciclo di manifestazione galattica, ma su un piano in qualche modo più elevato.
Notiamo che la diade intermedia è la sede dell'ordinaria coscienza umana, che è un essere duale, composto di una parte che aspira alla spiritualità, comunemente chiamata l'ego reincarnante o il manas superiore; e una parte inferiore che è pesantemente carica di caratteristiche psico-magnetiche emotive, psichiche, ed astrali, e quindi fortemente attratte verso le cose materiali. Ecco perché questa parte inferiore è il nodo o centro focale della coscienza che si esprime come l'ordinario ego umano — incondizionatamente mortale, perché in lui non c'è nessuna caratteristica veramente spirituale, capace di elevarsi con l'aspirazione verso l'unione con la parte superiore. Proprio qui vediamo il motivo per cui i grandi insegnanti esortano ad elevare la sede dell'autocoscienza dell'uomo fuori dal comune piano umano nella parte più spirituale della diade intermedia, cosicché possa diventare parte della struttura dell'ego reincorporante, e ottenere quindi la sua relativa "immortalità." È in questo che vengono fatti i primi passi verso la maestria, mediante l'autocontrollo, l'autoconquista, e simili esercizi morali. Il mahātma è colui che, attraverso un numero di vite, è riuscito ad elevare "l'anima" inferiore per diventare "tutt'uno" con la sua natura spirituale. Quando ciò è ottenuto, egli diventa un uomo spirituale sulla terra; e, nel suo più ampio completamento, un dio-uomo. Allora può passare a volontà di corpo in corpo, e continuare senza interruzioni il suo grande lavoro come membro della Fratellanza.
Riguardo ai tre elementi che formano la triade inferiore, sono incondizionatamente mortali, considerati come un aggregato; sebbene i rispettivi elementi-seme di ciascuno, essendo tratti dalle riserve cosmiche, siano essi stessi considerati come principi cosmici, immortali di per sé — almeno nella loro essenza spirituale. Anche lo sthūla-śarīra, la gerarchia cosmica fisica del corpo umano, è composto da elementi cosmici, a loro volta formati da entità atomiche che, per quanto soggette individualmente a mutamenti e reincorporamenti straordinariamente rapidi, tuttavia come entità durano di più rispetto al corpo fisico aggregato che essi si adoperano a formare temporaneamente.
Può essere interessante dire che ciascuno dei centri monadici o punti focali della coscienza nell'uomo ha il suo organo corrispondente nel corpo fisico, e ciascuno di questi organi funziona nei limiti delle sue possibilità, secondo le caratteristiche o l'attività del tipo della sua causa interiore ed invisibile. Così il cuore, il cervello, il fegato, la milza, ecc., è ciascuno l'espressione sul piano fisico di un corrispondente centro della coscienza nella costituzione invisibile dell'uomo settenario.
La stella luminosa irradiante nel diagramma è il legame divino-spirituale con il cosmo e si può considerare la "radice" formata dai tre principi o elementi spirituali, che in un senso difficilmente si può dire che siano al di sopra dell'ātman, ma sono l'origine più gloriosa dell'ātman, qui rappresentato dal simbolo di una "stella" o luce radiante, che contiene nel suo nucleo un triangolo punteggiato che suggerisce la sua radice triadica divino-spirituale.
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In Occidente, la vera psicologia è praticamente un territorio sconosciuto di conoscenza, sebbene negli ultimi cinquanta o centanni la "psicologia" sia virtualmente diventata una bestemmia. Peccato che in tutto questo la psicologia occidentale sia poco più di un'investigazione delle parti inferiori della mente e delle emozioni umane, e verte comunemente su quelli che potremmo chiamare gli aspetti superiori della fisiologia. Così come sembra, tutte le parti superiori della costituzione umana sembrano essere viste come sottoprodotti della psiche umana, e quindi poco reali. Ma l'esatto contrario di questo è il fatto che le qualità e le funzioni intellettuali superiori sono la base sostanziale, la radice dell'uomo, ed è il loro debole riflesso nel cervello e nel sistema nervoso, dopo il loro passaggio attraverso la psiche della costituzione umana, a produrre stranamente vari fenomeni che l'uomo mostra — specialmente quando il corpo è più o meno malato o funziona imperfettamente.
È piuttosto assurdo che siano le costituzioni debilitate ad essere prese come campioni su cui basare gli studi inerenti alla psiche umana. La verità che concerne la psiche umana dovrebbe essere ricercata nell'individuo normale perché si possa trovare una tale regola.
Dopotutto, cos'è la psiche umana? Gli antichi Stoici greci e latini la spiegavano riferendosi, almeno tacitamente, ad una delle prime dottrine dei Misteri della Grecia, nel senso che l'anima umana — chiamata psiche, dalla radice greca psūcō, "crescere congelata" — era così chiamata perché, diventando subordinata alle attrazioni più basse, la parte inferiore dell' "anima" umana s'immergeva nelle profondità della materia fredda, e quindi perdeva il suo intrinseco fuoco spirituale. Il suo errare nei regni inferiori della materia la portava sempre più lontana, almeno per delle ere, dal Fuoco Centrale che palpita attraverso il cosmo.
Ed è così che questo velo psicologico intermedio della coscienza offusca la nostra visione umana. Comunque, in proporzione, se riusciamo ad andare dentro e oltre questo velo, più elevato e penetrante cresce il nostro potere intellettuale, più intensa diventa la nostra visione spirituale, più immediata la nostra intuizione, e più nobili sono gli impulsi del cuore che scaturiscono in simpatia ed amore per tutto ciò che esiste.
Quindi, se raggruppiamo tutti gli attributi e qualità della natura intermedia inferiore dell'uomo sotto il termine psiche, dovremmo parimenti raggruppare tutti gli attributi e qualità più nobili dell'uomo sotto qualche termine ugualmente significativo, e forse non se ne potrebbe trovare uno migliore se ci rivolgiamo al Greco da cui deriva la parola psicologia, e che descrive la sede di queste funzioni superiori della costituzione umana sotto il termine pneumatologia. Uno di questi giorni i nostri scienziati capiranno che l'Occidente è soltanto la riapertura dei campi d'investigazione concernenti l'uomo, la sua natura e le sue caratteristiche, che sono una storia molto vecchia in altre parti del mondo, come in India, ad esempio, dove l'intera costituzione dell'uomo è stata studiata da tempi immemorabili.
Come un noto teosofo, William Kingsland, l'esprime nel suo lavoro The Great Pyramid in Fact and in Theory:
La natura essenziale dell'uomo, com'è stato insegnato in tutte le ere, è che egli è uno con quell'UNICO PRINCIPIO Radice Assoluta che È l'Universo. In altre parole, egli è radicalmente un essere spirituale, anche se, nel passare di molte ere, la grande massa dell'umanità ha perduto non solo la coscienza della realizzazione di questa unità spirituale, ma anche la conoscenza che è sempre esistita. — II: 123-4
Questa grandiosa realtà spirituale è alla base di ogni sistema, sia religioso che filosofico, del mondo antico; e i sistemi filosofici e religiosi delle civiltà europee, antiche e moderne, sono meritevoli esattamente in proporzione a quanto evidenziano questa che è la più grande delle verità spirituali.
Se il movimento spirituale non fece altro che ristabilire in Occidente la coscienza di una comune origine per tutti gli uomini, allora meriterebbe l'elogio e la gratitudine della razza umana.
Così abbiamo davanti a noi la raffigurazione della costituzione umana come un'entità tripla; primo, un principio superiore di inimmaginabile splendore, la fioritura di lunghe ere evolutive; secondo, la parte intermedia, anch'essa il prodotto di ere d'evoluzione, ma ancor imperfetta, e quindi ancora più o meno soggetta al ruolo interagente delle varie forze che risiedono nella sostanza eterea che circonda la terra; terzo, l'elemento vitale-astrale-fisico. Tuttavia, anche questa triade, sebbene puramente mortale come struttura composta, è essa stessa l'emanazione del suo centro monadico, il più basso nella costituzione umana.
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Secondo l'antica leggenda e storia, per l'anima umana non è solo una possibilità ma un fatto reale subire temporaneamente una dislocazione parziale dal veicolo vitale-astrale-fisico. La diade superiore naturalmente rimane a controllare relativamente la parte intermedia che sta temporaneamente appartata dalla triade inferiore; il corpo è lasciato ancora vitalizzato, con tutte le parvenze di un normale essere umano, ricevendo ancora, ma in grado minore, il flusso dell'individualità spirituale-intellettuale che scaturisce dalle due diadi superiori.
L'uomo fisico vive; e per come gli occhi fisici lo vedono, è, sotto tutti gli aspetti, esattamente quello che era prima. L'uomo pensa ancora, svolge il suo lavoro, e percorre tutti i sentieri abitudinari dell'attività personale; ma in realtà egli è, per il tempo che dura, menomato spiritualmente e psicologicamente. Comunque, se questa dislocazione è completa, può portare alla dissoluzione e alla morte della triade inferiore.
La quasi "assenza" o "dislocazione" temporanea dell'apparato psicologico di un uomo dal resto della sua costituzione è così comune, che accade a chiunque.
Il caso più comune in cui avviene è quello del sonno. Durante il sonno l'uomo personale è assente; in altre parole, non si manifesta attraverso il cervello fisico e, in effetti, è questa dislocazione temporanea dell'ordinaria natura umana intermedia ad essere la causa ultima del sonno stesso. Il corpo dorme perché l'uomo personale non è più lì.
Un altro caso è quello della trance, un termine che spesso è travisato dagli scrittori popolari dei cosiddetti fenomeni psichici anormali. Gli annali della medicina mostrano che le trance sono comuni agli esseri umani come le more di stagione. Un uomo è in una sorta di trance quando è mentalmente assente, poiché la sua mente non è più "lì." Un uomo è ancora in una trance minore quando si dimentica delle circostanze che lo circondano, oppure quando è "assorto."
Un uomo è in trance anche quando ha insensatamente permesso a se stesso di diventare la vittima delle pratiche di qualche ipnotista; e chiunque abbia visto uomini e donne sotto uno stato di ipnosi comprenderà quanto questa pratica sia pericolosa e sbagliata.
La ragione di una tale condizione è in tutti i casi dovuta al fatto che l'apparato psico-mentale dell'essere umano è stato automaticamente o forzatamente dislocato dalla sua sede normale; e vi rimane solo il corpo umano vitalizzato, con il suo imperfetto funzionamento delle cellule cerebrali e dell'apparato nervoso, come sono stati impressi durante la vita dagli attributi caratteristici dell'individuo.
Un altro caso di dislocazione o "assenza" della natura intermedia è quello che include i vari gradi della demenza. Un uomo è demente perché la sua natura intermedia è "assente," sia parzialmente che in maniera relativamente completa; o nei casi di pazzia violenta, è stata dislocata in misura relativamente assoluta.
Abbiamo discusso di certe condizioni anomali o subnormali della natura intermedia; e sarebbe bene discutere ora degli stati anomali della natura intermedia, che non sono anomali nel senso che sono inferiori alla norma ma superiori ad essa, o supernormali. Mentre i casi subnormali sono tutti causati dall'inattività della natura spirituale, i casi supernormali sono causati dall'intensificarsi delle attività della diade superiore — o, che significa la stessa cosa, i casi supernormali sono quelli in cui la natura spirituale è in un grado più o meno predominante nell'essere umano.
Nei casi di attività supernormale della diade superiore la parte intermedia o mentale-psicologica dell'essere umano è, sul suo piano, altamente sviluppata in corrispondenza, perché è diventata trasparente ad un veicolo predisposto del flusso della coscienza spirituale-divina che scaturisce attraverso di esso dall'anima spirituale, la parte attivamente individuale dell'essenza monadica. Così la monade nell'uomo è dominante, e non è ostacolata nelle sue funzioni dalla positività e dalla forza del carattere della parte intermedia, né è assorbita dalla non-individualità dell'entità-anima poiché il flusso divino-spirituale della coscienza monadica scorre attraverso di essa nella coscienza personale dell'essere umano. In verità, ha luogo l'esatto contrario, perché la natura intermedia è fortemente diventata un tutt'uno con il flusso dell'essenza monadica, da produrre quindi quel meraviglioso fenomeno della razza umana, un uomo più o meno in unione intima con il dio in lui.
Una delle realtà più comuni della vita è l'influenza che una mente esercita su un'altra, perché l'apparato psicologico umano è estremamente aperto alla suggestione e, in casi estremi, al controllo esterno. Ora, invece di quest'influenza esterna che controlla l'apparato psicologico dell'uomo, rimpiazziamo quest'influenza con il flusso trascendente e spirituale della coscienza, che scaturisce dal sé spirituale, la divinità interiore dell'uomo. Qui abbiamo ciò che l'intero processo evolutivo sta mette in funzione per effettuare l'unione dell'individuo umano con il suo dio interiore. Questi semidèi o uomini-dèi sono i pionieri spirituali ed intellettuali di quello che tutta l'umanità è destinata a diventare nelle remote ere future.
Quando questa ricettività autocosciente della natura dell'anima diventa virtualmente perfetta, allora gli uomini possono dire: "Ecco, un Buddha incarnato!" "Ecco, un Cristo incarnato!" Un simile semidio è stato veritieramente descritto in tutte le epoche come una divinità incarnata, in virtù del raggio del logos cosmico che opera in relativa purezza e forza attraverso di lui, e che esprime quindi la volontà divina e la coscienza. Essendo diventato un tutt'uno con la divinità interiore, per quanto riguarda il nostro universo solare, si può dire che un simile grande individuo sia dotato dell'onniscienza, perché la sua coscienza spazia a volontà sui campi universali. Essi sono dhyān chohan incarnati, considerati come raggi monadici spirituali ed intellettuali. Naturalmente, anche questi differiscono tra loro riguardo alla crescita evolutiva, poiché alcuni sono più progrediti degli altri.
Questi grandi esseri sono necessariamente pochi e distanti tra loro; e i misteri che appartengono loro sono strani e meravigliosi. Nel Nuovo Testamento è descritto l'episodio dell'Orto di Getsemani, dove Gesù è raffigurato mentre dice ai suoi discepoli:
"L'anima mia è triste fino alla morte, rimanete qui e vegliate." E inoltratosi un poco, si prostrò per terra e disse: "Padre, tutto ti è possibile, allontana da me questo calice, però non quello che voglio io, ma quello che tu vuoi." — Marco, 14: 34-6
Bisogna vedere in questo esempio bisogna vedere la vera e disponibile rassegnazione della volontà personale umana alla volontà della dominante divinità spirituale interiore; e dobbiamo soltanto rivolgerci alla storia di molti dei grandi insegnanti del mondo per realizzare che, quali che fossero le loro storie individuali come le abbiamo ricevute, la stessa condizione di una sottomissione completamente volontaria dell'individuo umano ai comandi del dio interiore si trova anche nelle loro vite.
Questo dimostra l'eccezionale condizione psicologica dello sviluppo spirituale che i grandi esseri hanno raggiunto, rendendoli assolutamente degni mediatori della divinità interiore. In verità, la monade spirituale nella costituzione di ogni uomo è il "Padre" o genitore di tutti gli esseri. Ed è per questo che i grandi esseri non solo sono i veicoli umani, ma al tempo stesso ciascuno di essi è l'espressione umana del suo dio interiore. È vero che ogni essere umano è una divinità incarnata, ma soltanto in pochissimi questo dio interiore individuale è capace di esprimersi.
È stato detto che la natura umana, anche dei grandi esseri, a volte sente l'immenso fardello del loro ruolo nel lavoro cosmico. Questa natura umana, per quanto evoluta, tuttavia, spiritualmente parlando, è inferiore al sé spirituale monadico, e quindi ha bisogno di riposo e di una tregua occasionale.
Il caso di Gesù,[3] chiamato il Cristo, è esattamente simile, per quanto riguarda il suo mistero psicologico, a quello che ha luogo nei casi di altri grandi esseri che si sottopongono alle terribili prove di qualche alta iniziazione. Probabilmente non c'è mai stata nella storia del mondo un insediamento di qualsiasi grande movimento spirituale, che non abbia al tempo stesso coinvolto la totale dedizione dell'iniziatore o messaggero — una dedizione, comunque, che in tutti i casi è stata gioiosa, perché i messaggeri hanno sempre saputo che cosa fosse il loro lavoro, almeno a grandi linee, ed hanno sempre saputo anche quanto sublime e bella sia la partecipazione a questo lavoro.
Ora dovrebbe essere chiaro quello che s'intendeva per una separazione temporanea o "assenza" della parte psicologica della costituzione umana quando ha luogo con il consenso e la partecipazione volontaria dell'individuo: un'azione che si svolge affinché le dominanti energie noetiche spirituali e divine del sé superiore possano scaturire temporaneamente verso l'esterno nella coscienza del normale essere umano non colorate dalla parte intermedia dell'uomo, dal suo centro egoico di coscienza. Quando ha luogo questo meraviglioso processo, allora l'uomo, per il tempo che dura, è unito al suo sé superiore, e diventa il veicolo fisico per trasmettere gli insegnamenti e i precetti riguardanti i più grandi misteri della natura e le verità spirituali più sublimi.
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Gli esseri umani sono divisibili in tre classi generali in cui la natura intermedia o psicologica è più o meno trasparente alla luce interiore. La prima classe comprende la vasta maggioranza dell'umanità; quelli nella seconda classe sono molto pochi; e quelli nella terza classe sono estremamente pochi ed appaiono nella razza umana solo in periodi ciclici di tempo. Enumeriamoli come segue: I. Gli uomini e le donne ordinari in cui la natura psicologica è moderatamente permeabile alla luce e al potere del dio interiore; II. I messaggeri e i discepoli dei saggi, e i saggi stessi, in cui essa è permeabile in larga misura; III. Gli avatāra, nei quali la luce interiore è totalmente permeabile;
Classe I: poiché la parte intermedia dell'uomo è soltanto parzialmente evoluta e quindi solo moderatamente permeabile alla luce soprannaturale della monade spirituale, ne consegue che è soggetta a molteplici disturbi come pure a varie distorsioni della funzione che temporaneamente intercettano il flusso della coscienza spirituale che emana dal sé interiore essenziale.
Di solito ci si riferisce alla coscienza o alla voce della coscienza come ad una guida infallibile, e quindi c'è veramente molta verità in questa ricognizione intuitiva del ruolo che la coscienza ricopre nella vita umana. Ma la voce della coscienza non può essere considerata una guida infallibile e completamente sicura, perché, anche se questa "voce" emana originariamente dalla monade spirituale ed è quindi un'espressione della saggezza di ciò che in noi è più elevato, può funzionare solo passando attraverso i densi veli dell'imperfetto veicolo psicologico dell'uomo, per cui è il suo sussurro spirituale spesso non riesce a raggiungerci. Più precisamente, la coscienza è realmente la saggezza e la conoscenza accumulate che abbiamo raggiunto in tutte le vite passate, e quindi, pur emanando dalla sua sorgente spirituale, ovviamente non è del tutto infallibile. Ma è una guida sufficiente e sicura da seguire per l'uomo, nella misura in cui l'uomo è capace di ascoltare i suoi suggerimenti ammonitori.
Se la nostra natura intermedia fosse pienamente evoluta, e se noi e i nostri rivestimenti della coscienza fossimo permeabili ai raggi del sole spirituale in noi, allora non vi sarebbe alcuna diminuzione di quella luce supernaturale, e la nostra coscienza sarebbe una guida veramente infallibile. I Grandi Esseri sono diventati tali esseri umani relativamente perfetti, e di conseguenza godono di una comunione più o meno costante con la divinità interiore; ciascuno di essi conosce il suo dio interiore e quindi la voce interna è sempre chiara ed inconfondibile e quindi una guida sicura.
Platone discute questo soggetto nel Fedro:
Non abbiamo già detto tempo fa che l'anima, quando usa il corpo come uno strumento per percepire: che quando usa il senso della vista o dell'udito o, in verità, uno degli altri sensi — perché quando diciamo che percepiamo attraverso il corpo intendiamo che percepiamo attraverso i sensi — non abbiamo detto, ripeto, che l'anima è allora naturalmente attirata dalle attrazioni corporee nel mondo del cambiamento, dalle scene mutevoli, e che quindi è vagante ed è confusa, e che il mondo gira intorno a lei, e che lei allora è sotto l'influenza dei sensi, come un ubriaco?
Molto vero, Socrate.
Tuttavia, quando l'anima ritorna in se stessa riflette chiaramente; e allora passa naturalmente nel mondo della purezza, e in quelli dell' immortalità e della permanenza, che sono tutta la propria natura; e con questi essa vive per sempre quando è se stessa e non è attratta lontano o ostacolata; e quindi cessa i suoi vagabondaggi; ed essendo in sintonia con l'Immutabile è lei stessa immutabile: Non è questo stato dell'anima chiamato Saggezza?
Questo è ben detto, Socrate, ed è molto vero. — Fedro, 79
La voce della coscienza è di solito considerata un ammonimento morale ma ciò è sbagliato e deriva solo dal fatto che gli uomini sono più abituati a guardare alla direttiva etica piuttosto che all'ispirazione o alla direttiva intuitiva che viene dall'interno. La verità è che ciò che è comunemente chiamato genio o ispirazione o intuizione deriva dall'unica sorgente spirituale del sé superiore, da cui scaturisce anche la coscienza. Un genio è uno che attraverso un fortunato destino karmico è capace di percepire (di solito inconsapevolmente) l'immensa riserva della saggezza immagazzinata in vite precedenti, che sgorga nella sua mente-cervello come impulsi o, in molti casi, come un flusso di percezioni intuitive e pensieri ispirati.
Come Einstein l'ha riformulato:
Credo nell'intuizione e nell'ispirazione. . . . A volte sento con certezza di essere nel giusto pur non conoscendone la ragione . . . Strettamente parlando, è un fattore reale nella ricerca scientifica. — Cosmic Religion (1931) p. 97
Quando i nostri scienziati riconosceranno autocoscientemente la fonte d'ispirazione ed intuizione dentro ciascuno di loro, allora cominceranno ad attingere a questa sorgente infallibile di saggezza e guida nel loro lavoro; e dal loro girovagare nei campi della speculazione e spesso del dubbio diventeranno in verità proprio degli Illuminati.
Quando l'uomo impara a subordinare la sua natura psicologica alla luce proveniente dall'alto, allora egli sarà veramente ispirato. C'è anche da considerare l'onnipresente stimolo inerente al dio dentro di noi nei suoi tentativi di guidarci lungo i tortuosi sentieri della vita, per elevare il suo "sé inferiore," l'individuo umano, verso un compimento finale dell'unità autocosciente con se stesso. Quando il dio interiore propende così dalle sue altezze e tocca il suo fratello, la mente inferiore, allora trasmette istantaneamente dal dio un fuoco spirituale-elettrico nell'essere che è così divinamente toccato. Quando questo accade, l'individuo ha finalmente raggiunto il Sentiero, perché egli ha ritrovato se stesso. Sono i grandi saggi e veggenti della razza umana che attraverso le ere insegnano ai loro simili ad intraprendere il sentiero — tranquillo, piccolo, quieto, senza fine — che è il sentiero verso gli stessi dèi.
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Classe II: è quella dei messaggeri e dei discepoli avanzati dei saggi e, nei suoi livelli più elevati, gli stessi mahātma. Questa classe di uomini e donne sta in una condizione completamente diversa dalla Classe I in cui la dislocazione dell'apparato psicologico è per lo più involontario. In questa seconda classe "l'assenza" o la separazione dell'apparato psicologico è un fenomeno raro; quando accade è del tutto volontario, ed ha luogo solo quando l'individuo aspira a qualche nobile scopo per il benessere di tutta l'umanità.
Attraverso l'allenamento e l'iniziazione la volontà spirituale e la coscienza di questi individui funzionano liberamente, e quindi possono controllare l'apparato psicologico mettendolo da parte temporaneamente, in modo che il flusso della coscienza che scaturisce dalla monade spirituale possa passare direttamente e senza intermediario nell'ordinaria coscienza umana. La sua coscienza è, per il tempo che dura, di una portata ed onniscienza universale — almeno per quanto riguarda il nostro sistema solare. I buddhisti definiscono questa condizione come quella del "Buddha interiore"; i mistici cristiani come quella del "Cristo immanente"; i filosofi hindu parlano di essa come lo "splendore del Brahman nel cuore."
Qui c'è da rilevare una sottile questione psicologica. La qualità svābhāvica o individualità egoica della natura intermedia in ciascun caso dei rappresentanti superiori di questa Classe II non è completamente soppressa.
In realtà qui vi sono coinvolte due cose distinte. Abbiamo, innanzitutto, dei casi in cui la natura intermedia degli esseri altamente evoluti o mahātma può essere messa da parte per un periodo, anche per l'intera incarnazione, e sempre allo scopo di manifestare sulla terra un potere puramente divino non colorato dall'intermediazione umana; ma anche qui perché il potere divino possa agire direttamente sulla mente-cervello dell'individuo umano, il divario esistente tra i due è riempito da un apparato psicologico o natura intermedia di un buddha. Questo è il caso di un avatāra, tecnicamente parlando.
Secondariamente, vi sono dei casi di individui altamente evoluti la cui intera costituzione è stata allineata spiritualmente e il cui apparato psicologico intermedio funziona in completo coordinamento con il flusso spirituale che scaturisce in esso dall'alto. Questi sono i buddha e i bodhisattva e le classi superiori dei mahātma. Sono, in altre parole, gli esseri umani più altamente evolutivi, che ad un certo momento appaiono sulla terra, e nei quali non c'è alcuna dislocazione o allontanamento dell'apparato psicologico, perché quest'ultimo, attraverso l'evoluzione, è diventato del tutto coordinato con il dio interiore. Essi sono i pionieri di quella che diventerà l'intera razza umana quando sarà passata dalla semplice umanità allo stato di dhyāni chohan.
Il lettore dovrebbe cercare di tenere bene in mente queste due sottoclassi della Classe II. I buddha evolvono verso lo splendore, gli avatāra sono "creati."
Allo studente comune tutto questo sembra essere molto strano e vago, soltanto perché egli sa ben poco su questi meravigliosi misteri della pneumatologia come pure della vera psicologia dell'antica saggezza. Tutti i seguaci o discepoli di ogni insegnante del mondo hanno detto che egli è stato illuminato, per cui hanno tramandato che il suo viso e il suo corpo risplendevano; e in verità gli antichi greci hanno detto in un linguaggio velato che queste apparizioni erano realtà conosciute, e che questa gloria circondante era notata specialmente durante e dopo l'iniziazione.
Di solito, quest'illuminazione veniva dall'identificazione, anche se temporanea, della natura intermedia dell'uomo con il proprio sé spirituale; ma a volte, e questi sono casi estremamente rari, relativamente parlando, succedeva perché un grande ed elevato essere umano (appartenente alla Classe II) diventava il canale della manifestazione temporanea di un potere celeste, quando l'uomo si riempiva dello splendore di una divinità superilluminante.
Per rendere un po' più chiaro il soggetto, i primi casi sono quelli in cui il neofito si riveste temporaneamente dell'efflusso spirituale, intellettuale e vitale, proveniente dal dio in lui, e questo si realizza nei gradi superiori dell'iniziazione; mentre gli ultimi casi, di una rarità relativamente estrema, sono quelli in cui l'individuo che occupa uno dei gradi più alti della Classe II rinuncia, per il periodo che può durare, a diventare il veicolo umano completamente volontario, per portare un'influenza divina nel mondo e compiervi un lavoro divino.
Il segreto sta nella natura dell'anima, altrimenti chiamata l'apparato intermedio o psicologico. Con le dovute riserve fatte per i casi degli avatāra, tutti gli altri esempi a cui si è alluso sono resi possibili dalla completa riconciliazione o coordinamento con la monade spirituale dell'anima umana sempre attiva ed impulsiva, che si esprime come apparato psicologico. Questo è un organo che, comunque possa essere utile negli affari quotidiani, è, per le sue attività febbrili ed inquiete, il più grosso ostacolo alla ricezione delle acquietanti e raffinanti influenze spirituali che scaturiscono dalla natura spirituale. Di conseguenza, sicuramente l'idea non è che la natura psicologica abbandoni, sia pure temporaneamente, la costituzione, perché quest'azione scaturirebbe in un semplice sonno profondo o una trance profonda; al contrario, il significato è che questa natura psicologica è allenata ad essere completamente tranquilla, trasparente come un laghetto di montagna, ricevendo e riflettendo i raggi del sole d'oro. Infatti, la condizione non è diversa, in linea di principio, da quella che s'instaura, sia pure in grado minore, in un individuo quando si sente pronto a ricevere una nuova ed illuminante idea.
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Classe III: è quella degli avatāra. La grande differenza che distingue gli avatāra dagli individui della Classe II, come pure da quelli della Classe I, sta in questo: nei casi degli avatāra, non vi è alcun veicolo personale intermedio o psicologico karmicamente naturale che è il proprio perché viene da precedenti vite terrene; in verità, la loro parte intermedia che forma il legame psicologico tra lo spirito e il corpo fisico vitale-astrale, proviene loro da altrove. In altre parole, gli avatāra sono individui umani, ciascuno che incarna un raggio divino, che non hanno avuto incarnazioni passate né le avranno in futuro nella vita terrena. Sono esseri dai poteri straordinariamente spirituali, intellettuali e psichici, la cui apparizione tra gli uomini è unica; e questo è così perché essi non sono il reincorporamento di un'anima umana come lo sono tutti gli altri esseri umani. Infatti, sebbene siano uomini perché agiscono attraverso un corpo umano portato in esistenza nel modo usuale, possiedono, o meglio, non sono "un'anima umana" propria come individui, ma sono "creati" da uno sforzo supremo di magia bianca divina. La loro apparizione, o meglio, la loro attività tra gli uomini è per manifestare il proposito di portare in attività la speciale influenza di un raggio divino nella storia umana. Per ottenere tutto ciò, l'apparato psicologico è temporaneamente "prestato" alla produzione per fornire il necessario veicolo intermedio o "vettore" tra il corpo fisico-astrale-vitale e il raggio della divinità in attesa.
La parola avatāra è un composto sanscrito e può tradursi come "oltrepassare," che significa passare nei piani inferiori di un raggio celeste, che è la stessa cosa, di un complesso individualizzato di forza-sostanza spirituale — un essere divino o celeste — per adombrare ed illuminare un veicolo umano che, durante il tempo di quest'unione tra "cielo e terra," della divinità con la materia non possiede karmicamente alcun vincolo collegante psicologico tra il raggio spirituale e il corpo fisico; in altre parole, non è un'anima umana nata in quel corpo e karmicamente destinata ad essere il maestro interiore di quel corpo.
Il legame psicologico o umano nell'avatāra è fornito dall'entrata volontaria nel bambino non ancora nato (e più tardi seguirà l'adombramento del potere celeste) del principio psicologico di colui che possiede lo stato della buddhità, che completa così la costituzione dell'avatāra. Tutto questo è un mistero, nell'antico senso greco del termine, più grande anche dei misteri che appartengono a qualsiasi individuo della Classe II.
Potrebbe essere interessante nominare qualche figura avatārica nella storia conosciuta, che permetterà al lettore di regolarsi sulla rispettiva posizione tenuta da ciascuna gerarchia avatārica. Śankarāchārya dell'India può essere preso come esempio del caso di un vero avatāra. Visse qualche generazione dopo la scomparsa di Gautama il Buddha. Śankarāchārya era nato nell'India meridionale, e dalla prima infanzia fino al giorno della sua morte egli manifestò una capacità trascendente di rigore spirituale ed intellettuale. Fu uno dei più famosi riformatori della filosofia ortodossa indiana, e il fondatore della Scuola Advaita del Vedānta, che anche ai nostri giorni è la più ampiamente accettata scuola di Induismo — e forse anche la più spirituale.
Tralasciando tutte le questioni della leggenda o del mito, i fatti principali concernenti la natura umana di un avatāra e la sua entrata nella sfera della storia umana, possono essere riassunti come segue: (a) l'avatāra è composto di tre parti, ciascuna con una distinta derivazione ma unita per formare l'essere avatārico. Vi è, primo, la parte spirituale-divina; secondo, la natura dell' "anima" presa in prestito; terzo, un veicolo umano astrale-vitale-fisico karmicamente puro; (b) l'avatāra è una produzione effettuata in certi periodi ciclici nella storia umana con l'apposito proposito di introdurre un'influenza diretta e senza ostacoli negli affari umani; (b) l'avatāra non ha karma; di conseguenza non è una produzione karmica nel senso di una reincarnazione di un ego reincorporante, e quindi, come individuo, non ha avuto alcun passato e non avrà alcun futuro. La parte spirituale-divina che crea la "discesa" divina non ha, naturalmente, nessun karma umano, perché questo raggio non è di origine umana, e quindi non vi è alcun karma razziale o individuale che lo attragga nella sfera umana. L'apparizione di un avatāra è, tuttavia, governata dal karma di carattere cosmico — o meglio, forse, del carattere di un mondo, "mondo" com'è usato qui significa questo globo della nostra catena planetaria.
Un altro esempio di un avatāra è quello di Gesù e, come tutti quelli della sua classe, egli non aveva alcun karma semplicemente umano tranne, forse, nel senso davvero minore in cui il corpo fisico può avere i suoi attributi fisici, che erano di breve durata. La Filosofia Esoterica ci mostra che la parte psicologica o "prestata" dell'avatāra Gesù era quasi certamente la stessa entità che aveva fornito la parte umana intermedia del precedente avatāra, Śankarāchārya; ed inoltre, questa stessa entità intermedia che era stata prestata in entrambi i casi è fatta risalire direttamente a Gautama il Buddha. Un esame critico dell'insegnamento sia di Śankarāchārya che di Gesù rivelerà segni di un'identità intellettuale in questi due avatāra. Indubbiamente ciascuno aveva la propria missione avatārica da svolgere, e ciascuno lo fece grandiosamente. Pur essendoci delle differenze, sono i punti di forte somiglianza, l'identica atmosfera intellettuale in entrambi i casi, ad essere suggestivi.
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Ci sono anche quelli che potremmo chiamare "avatāra minori." Possono essere esemplificati da coloro che in teosofia sono chiamati messaggeri, cioè individui selezionati dalla Grande Fratellanza per andare nel mondo come rappresentanti di questa Fratellanza allo scopo di svolgere determinati lavori tra gli uomini. Questi avatāra minori sono appropriatamente chiamati così per il fatto che l'apparato psicologico o psicomentale che appartiene a questi individui a volte è volontariamente allenato a mettersi da parte per permettere che il suo posto naturale sia preso dalla volontà e dall'intelligenza proiettate di uno dei grandi insegnanti, che in questo modo, per il tempo che dura, diventa l' "apparato psicologico che lavora nella costituzione altrimenti normale di un tale messaggero. Sono "minori" perché è solo l'apparato psicologico di un tale messaggero ad essere identico a quelli del vero avatāra; tuttavia, essi non condividono mai un carattere avatārico, in considerazione del fatto che l'apparato psicologico che agisce attraverso il messaggero a volte non è il suo, ma in queste occasioni è, per così dire, la "voce" o la "mente" dell'insegnante. Diversamente, la costituzione del messaggero non è influenzata ed è composta della monade interiore spirituale e della parte astrale-vitale-fisica, ed entrambe queste funzioni sono comuni. È precisamente perché il messaggero, in queste occasioni di "ispirazione" interiore da parte del suo insegnante, diventa pieno del sacro fuoco spirituale di una grande anima, cosicché il messaggero è, de facto, del tipo di un avatāra.
Per fare un esempio della questione, prendiamo il caso del principale fondatore della Società Teosofica, H. P. Blavatsky. Ordinariamente, lei era se stessa, in ogni senso del termine, e nel pieno possesso di tutti i suoi poteri e facoltà della sua normale costituzione, che era altamente allenata. Ma a volte, la mente di gran lunga più grande del suo maestro agiva attraverso di lei, impressionando la sua mente-cervello — e allora lei parlava come una profetessa, come l'antico oracolo a Delfi; e c'erano volte in cui, a causa del suo allenamento, poteva unire, con uno sforzo supremo della volontà, la sua natura psicomentale al raggio interiore proveniente dalla propria monade spirituale, e il risultato era simile ma non identico all'altro caso di "ispirazione" menzionato precedentemente. La stessa H. P. Blavatsky faceva comunemente una distinzione tra queste due parti di sé, come ad esempio, tra quella che chiamava "H. P. B." e quella che chiamava "H. P. Blavatsky."
Inoltre, per formare quello che lei definiva il "telegrafo astrale," una certa porzione della sua costituzione intermedia, fin dall'inizio del suo lavoro pubblico, e anche prima, "risiedeva" separata dalla struttura locale della sua costituzione, essendo questa porzione effettivamente con i maestri e attentamente protetta da loro contro danni o contatti esterni. Molte persone si meravigliavano di quelle che chiamavano le contraddizioni del suo carattere, che certamente esistevano, ma dovute largamente a questo fatto.
Il caso di H. P. Blavatsky illustra ugualmente la netta distinzione che si fa nella Filosofia Esoterica tra un semplice medium (uno strumento impotente di forze astrali erranti) e un mediatore, un intermediario autocosciente tra la Fratellanza e la massa dell'umanità.
Un mediatore o trasmettitore è quindi un essere umano altamente evoluto e allenato in maniera speciale, ed è un mondo separato dal medium che è un essere umano con un apparato psicologico più o meno dislocato, di solito la vittima inconsapevole di quasi tutte le correnti astrali di energia che possano fluire verso di lui.
In nessun senso i mediatori o messaggeri soffrono per la psicologizzazione o servile sottomissione alla volontà di qualche altro, perché entrambe renderebbero l'individuo completamente inadatto ad essere un mediatore. Quello che la Fratellanza desidera sopra qualsiasi altra cosa è il rafforzamento degli elementi superiori nella costituzione di tutti gli uomini. Ciò è particolarmente applicabile ai mediatori o messaggeri di tutti gli uomini che la stessa Fratellanza sceglie per svolgere il loro lavoro di epoca in epoca nel mondo.
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Nella Kaṭha-Upanishad c'è un vivido passaggio che descrive il sé spirituale come il cuore delle cose, e specialmente così nell'uomo:
L'intelligente Sé non nasce; e non muore. Non è generato da nessuna cosa. Questo Antico dei Giorni è non-nato, eterno, permanente; non è ucciso quando il corpo è ucciso.
Se l'assassino pensa che è lui ad uccidere, o se l'uomo ucciso pensa che è lui quello ucciso, nessuno dei due comprende correttamente. Il Sé non uccide né è ucciso.
Il Sé, il più piccolo del più piccolo, e il più grande del più grande, è nascosto nei cuori di tutte le creature viventi. L'uomo che è libero dai desideri vede la maestà del Sé attraverso la tranquillità della mente e dei sensi.
Un tale uomo, sebbene sia seduto, tuttavia va lontano; sebbene sia sdraiato, egli viaggia lontano dove vuole . . .
Il Saggio che conosce il Sé come incorporeo in tutti i corpi, e immutabile attraverso le cose che mutano, come il più grande di tutti, e onnipotente, diviene libero dal dolore.
Il Sé non può essere raggiunto dallo studio delle sacre scritture né dal puro pensiero né dal molto sapere. Colui che il Sé sceglie come proprio, da lui il Sé è conosciuto. Il Sé lo sceglie come proprio: — I.2.18-23
Qui l'idea è che l'uomo che immerge la sua personale egoità nel sé universale o paramātman, è cosciente dell' "immortalità" anche quando vive, poiché è diventato tutt'uno con la coscienza universale in natura. Ancora, la stessa Upanishad:
Esso, il Sé, l'Individuo degli individui, che è pienamente sveglio mentre noi dormiamo creando una dopo l'altra un'amabile visione, che in verità è la Luce, che è il Brahma, che solo è chiamato Immortale. Tutti i mondi sono contenuti in Esso, e oltre di esso non vi è un oltre. È l'Universo Invisibile. — II.5.8
Qui l'idea è che questo sé cosmico non solo è la sorgente immortale del nostro essere più intimo, ma l'essenza della nostra coscienza spirituale. Da esso noi proveniamo; attraverso l'eternità siamo come sue parti individuali inseparabili. Questo sé universale dimora nel cuore di ogni uomo e donna e sussurra: "IO SONO"; ciò che ci impedisce di comprendere è la natura psicologica intermedia, l'ego umano, che dice, non "IO SONO" ma "IO SONO IO." Appena quest'amabile voce è percepita, l'individuo perde la coscienza spirituale dell'universalità, e la scambia in senso personale, limitato, egoico; e quando questo accade per tutti noi, il risultato è il conflitto degli interessi umani piuttosto che il riconoscimento della comune ipseità spirituale.
Ma da questo non bisogna supporre che la coscienza dell' "Io sono Io" sia portata in esistenza per poi finire come una cosa indegna; tale concetto del lavoro evolutivo sarebbe mostruoso. Vi è un destino sublime che attende questo ego umano se esso compie il suo corso evolutivo con successo, vale a dire che esso stesso deve unirsi con l'interiorità universale. L'elaborazione delle propensioni materiali che sono in noi è realmente un percorso d'esperienza o crescita nel potere spirituale, a condizione che le propensioni materiali non siano annientate ma rivolte verso l'alto, e che le loro energie siano trasmutate in spirito invece che a ritroso nell'identificazione con la materia.
La natura dell'uomo è portata in esistenza dalla monade spirituale, proprio come l'universo su tutti i suoi piani, visibili ed invisibili, è il dispiegamento evolutivo di ciò che emana dal suo vertice pneumatologico o gerarchia cosmica. L'insegnamento degli Stoici riguardo ad un tale dispiegamento emanativo dell'universo dalla divina monade cosmica è praticamente identico all'insegnamento della Filosofia Esoterica. Il punto principale di questo insegnamento è che si ritiene che la divina monade cosmica, come sorgente o radice dell'universo, contenga in sé, come semi germinali latenti o principi-elementi, i piani gerarchici e le famiglie delle entità che durante il corso della costruzione dell'universo scaturiranno da essa. Inoltre, ogni fase susseguente del dispiegamento emanativo contiene in sé il proprio svabhāva come la propria sostanza-energia dominante, e contiene non solo gli efflussi provenienti dal piano precedente ma anche i semi germinali della propria discendenza.
Così, dalla divina monade cosmica emana per prima la monade cosmica spirituale, che incarna non solo la sua particolare caratteristica dell'individualità, ma ugualmente il flusso della sua genitrice, la divina monade cosmica; poi, dalla monade spirituale cosmica scaturisce la monade intellettuale cosmica o mahat, che contiene in sé non solo il proprio svabhāva ma anche le due caratteristiche che fluiscono in essa dalla sua genitrice, la monade spirituale cosmica, e dal suo 'nonno,' la divina monade cosmica, e ugualmente vi sono in essa i semi germinali delle rimanenti quattro gerarchie che emanano da essa in un regolare ordine periodico, costruendo così la struttura visibile ed invisibile della vasta entità cosmica.
Questo diagramma schematico può forse rendere in qualche modo più chiaro questo soggetto a coloro le cui menti sono aiutate dalle immagini:
A | (A | b, | c, | d, | e, | f, | g | ) |
B | (a1, | B1, | c1, | d 1, | e1, | f 1, | g1 | ) |
C | (a2, | b2, | C2, | d 2, | e2, | f 2, | g2 | ) |
D | (a3, | b3, | c3, | D3, | e3, | f 3, | g3 | ) |
E | (a4, | b4, | c4, | d4, | E4, | f 4, | g4 | ) |
F | (a5, | b5, | c5, | d5, | e5, | F5, | g5 | ) |
G | (a6, | b6, | c6, | d6, | e6, | f 6, | G6 | ) |
Le lettere maiuscole in grassetto rappresentano i sette principi-elementi dell'universo, o, considerando la costituzione gerarchica dell'entità, queste lettere maiuscole rappresentano i differenti punti focali o nodi della coscienza — oppure i differenti centri monadici. Successivamente, nei righi delle lettere che seguono ciascuna delle lettere maiuscole, lo svabhāva di ogni fase evolutiva è segnato da una maiuscola più piccola, che mostra l'identità dello svabhāva di questa fase con la sua sorgente originaria; le lettere in corsivo rappresentano i semi germinali delle gerarchie successive che giacciono latenti nella genitrice, e che decrescono regolarmente fino a raggiungere G, il piano fisico, tutte le latenti essenze germinali allora sono più o meno state portate in manifestazione. I numeri in apice sono semplicemente aggiunti come aiuto, e non per significare "poteri" in senso matematico.
Ora, l'idea di questa "processione cosmica dalla divinità" non significa che il piano cosmico più basso, G, sia superiore al piano divino A, semplicemente perché il piano fisico G è l'espressione rivelata e finale della gerarchia, perché questo concetto sarebbe assurdo. Il diagramma ci suggerisce solo che il piano fisico è il vettore comune di tutti gli elementi e principi della gerarchia cosmica che l'ha preceduta.
Uno dei punti più importanti di questo insegnamento di evoluzione emanativa è che ogni piano in discesa è esso stesso settenario, e quindi una copia nel piccolo dell'universo settuplo o, detto altrimenti, è nella sua natura settenaria uno specchio della natura settenaria della monade divina dalla quale discende.
Per applicare quest'insegnamento al caso dell'uomo, ciascuno dei principi-elementi nell'uomo, o equivalentemente, ciascuna delle sue monadi differenti è essa stessa settenaria anche se è un derivato della monade divina nell'uomo — la monade ātmica. Perciò, come illustrazione, il manas nell'uomo è settenario e può essere rappresentato come segue:
Manas — (ātman-manas, buddhi-manas, manas-manas, kāma-manas, prāṇa-manas, liṅga-śarīra-manas, sthūla-śarīra-manas)
Quindi, il progresso evolutivo e il dispiegamento emanativo della monade nelle sue peregrinazioni attraverso spazio e tempo consiste di due fasi distinte: (a) il dispiegamento dall'interno verso l'esterno attraverso metà del periodo del manvantara cosmico dell'universo manifestato, essendo ogni grado o stadio verso il basso lo scaturire del suo immediato superiore; e (b) di un ordine o processo inverso durante l'ultima metà del periodo di tempo cosmico, durante il quale ogni cosa è di nuovo raccolta o involuta, in modo che le sfere materiali che erano il dispiegamento finale durante la prima parte del periodo di tempo cosmico sono le prime ad essere ripiegate su se stesse nel processo inverso.
È la coscienza inferiore dell'uomo che deve essa stessa collegarsi, prima con la sua monade spirituale, e poi alla fine del manvantara cosmico congiungersi nuovamente con la coscienza universale; ma ere prima di questo completamento finale in ogni singolo manvantara cosmico, vi saranno eserciti di esseri, una volta uomini, che attraverso l'elevazione della natura intermedia nell'unione con la natura spirituale diventeranno dhyān chohan incarnati, e nella misura in cui otterranno questa riunione cosciente con il sé cosmico, così allo stesso grado la vita universale coprirà il suo ruolo attraverso di loro, tanto quanto l'atmosfera della nostra terra è permeata di tutta l'elettricità cosmica.
Come è ottenuto questo lavoro di riunione con il dio interiore? Bernardo di Chiaravalle, un mistico medievale, pone la questione in questo modo:
Perdere te stesso, per così dire, come se tu stesso non fossi, e non avere nessuna coscienza di te stesso — per svuotarti quasi del nulla — questo è il modo divino di vivere. . . . Ottenere ciò è diventare il Divino: Dio. — De diligendo Deo (Amando Dio), x, 27-28
In verità, se potessimo "svuotare" questi piccoli nostri sé, ed entrare nell'autocoscienza della spiritualità impersonale, allora saremmo veramente simili agli dèi che camminano sulla terra, perché allora saremmo diventati specchi trasparenti attraverso i quali l'intima luce divina potrebbe agire palesemente. L'oblio di sé significa unirsi sempre di più progressivamente alla vita-coscienza universale. Significa liberarsi dei gusci delle nostre restrizioni personali, vivendo nell'impersonale, e concedendo all'amore cosmico nei nostri cuori di passare liberamente verso i nostri compagni, in verità, verso tutto quello che è. L'auto-ricerca significa costrizione, limitazione, quindi piccolezza; significa costruire intorno a noi i veli eterici dell'individualità inferiore; poiché l'oblio di sé porta un servizio sempre maggiore all'umanità, è quindi il vero sentiero, alla fine del quale si trova la riunione con il proprio dio interiore individuale.
Spesso ci si chiede se la pratica della concentrazione e della meditazione sia utile alla vittoria del sé più grande. Naturalmente la risposta è che è utile, ma dovrebbe essere quel tipo di meditazione che è l'oblio di sé ed enfaticamente non una concentrazione sul sé; dovrebbe essere una concentrazione della mente e del cuore per diventare un solo punto nel pensiero, premendo verso l'alto attraverso tutti i veli personalizzati per raggiungere la divinità.
La concentrazione nella meditazione non richiede sostegni esterni né artificiali di qualche tipo; perché, a dispetto di ciò che può dire il praticante delle forme inferiori di yoga che oggi sono così popolari, tutti questi aiuti esteriori sono più di detrimento che d'aiuto, per la semplice ragione che essi distraggono l'attenzione da se stessi verso l'esterno, e così tendono realmente a far fallire lo scopo in vista.
La vera meditazione non può mai essere praticata con successo dall'uomo congenitamente egoista, o dal semplice ricercatore di poteri personali, perché in lui manca proprio la base della meditazione spirituale, ed egli parte da un fondamento completamente erroneo di sforzo. Molti possono dire che è troppo difficile per l'uomo comune intraprendere la meditazione con qualche speranza di successo, ma una tale idea è del tutto sbagliata, e nasce soltanto dal desiderio di ottenere, con un singolo cambiamento, ciò che è raggiungibile solo come il frutto di uno sforzo prolungato e arduo. Come qualsiasi altra cosa per cui valga la pena, richiede uno sforzo, ma ogni singolo sforzo fatto, se rinnovato con costanza, costruisce un accumulo di forza spirituale, rendendo la vera pratica della meditazione sempre più efficiente con il passare del tempo. Roma non fu costruita in un giorno né il mahātma è il prodotto di una sola vita.
Quindi dovremmo cercare di coltivare l'impersonalità, che non significa indifferenza al mondo e al suo pesante fardello di dolore, ma significa un'indifferenza crescente ai piccoli desideri e alle brame, per diventare un potere sempre più forte nell'atmosfera del mondo, allo scopo di elevare i modelli umani.
Un uomo può meditare dappertutto, e in qualsiasi momento; se è sulla sua poltrona o sta camminando per le strade di una città, egli può con la pratica astrarre la sua mente verso le cose dello spirito, e tuttavia vivere pienamente, in autocoscienza, le cose intorno a lui. Queste sono le prime fasi della concentrazione nella meditazione. Le fasi successive, comunque, sono caratterizzate dalle loro regole, e quando l'allievo ha fatto progressi in queste fasi, allora riterrà necessario per le ore in cui medita cercare un luogo tranquillo, dove può, almeno qualche volta, entrare in un'intima comunione con il suo dio interiore, che nelle sue forme più elevate lo fa diventare virtualmente una divinità incarnata. Ma queste fasi finali possono essere ottenute solo dagli uomini superiori.
Bernardo di Chiaravalle dice ancora:
Come una tenue goccia d'acqua versata in una grande quantità di vino sembra perdersi completamente ed assumere sia il gusto che il colore del vino; come il ferro riscaldato fino a divenire incandescente perde il suo aspetto e arde come il fuoco; o come l'aria trasfusa con la luce solare si trasforma nello stesso splendore in modo che non sembra più che sia illuminata ma che sia diventata una vera luce; così tutti i sentimenti semplicemente umani verso l'Essere Santo dovrebbero dissolversi in un modo ineffabile, e totalmente trasfusi nella Volontà divina. Come potrebbe Dio essere in tutto se qualcosa di umano rimane negli uomini? In verità, la base sostanziale rimarrà, ma elevata in un'altra forma, in un altro splendore, in un altro potere. — Ibid., X.28
L'uomo comune ha tanta paura di se stesso e tuttavia al tempo stesso ha tanta paura di perdersi, che la sua paura contraddittoria diventa terrore; di conseguenza, è a caccia di distrazioni dappertutto. Qualsiasi cosa è meglio, egli pensa, che essere solo, essere se stesso! Se potesse mutare il dolore e le paure della limitata vita personale nella forza e nella saggezza dello spirito in lui, allora raggiungerebbe con ciò l'espansione della coscienza, per cui il personale diventa impersonale, il piccolo diventa il grande e la sua autocoscienza diventa coestesa allo spirito del sistema solare.
Durante i suoi momenti di comunione autocosciente con il suo dio interiore egli verrà a conoscere che non vi sono misteri irrisolvibili, sia dentro che fuori di lui, che non vi sono regni degli universi infinitamente numerosi nello spazio nei quali non si possa entrare e comprenderli, perché in verità nella loro essenza essi sono tutti nell'essere superiore dell'uomo. Si, il dio più potente, egli potrebbe venire sulla terra ed insegnare, ma potrebbe non riuscire a far comprendere un uomo, se l'uomo stesso non avesse il Maestro interiore la cui dimora è il sistema solare.
Quest'affermazione incarna uno dei sublimi misteri del cosmo — vale a dire, come l'egoità spirituale umana sviluppata può riconoscere autocoscientemente la sua unità con l'universalità dello spirito cosmico e tuttavia trattenere la propria individualità. L'individualità non significa enfaticamente "individualismo." L'individualismo è puro egoismo, mentre l'individualità è uno dei nomi dati all'immortale centro spirituale in noi, l'ipseità essenziale della monade che è la sorgente di tutto l'essere dell'uomo.
Quando l' "Io sono Io" diventa la coscienza spirituale dell' "io sono,"che, quando il personale si è esteso per divenire impersonale, è piena autocoscienza della divinità in se stessa — allora, in verità, saremo una razza di buddha o cristi sulla terra. Quando si verifica questo evento divino, allora l'uomo conoscerà, perché egli sarà: la sua comprensione della volontà personale sarà diventata una ricognizione autocosciente dell'universale in lui come il suo Sé.
Cos'è che crea un saggio e veggente? Un saggio e veggente diventa tale perfezionando e rifinendo le guaine interne che avvolgono il sé essenziale. Quando queste guaine, attraverso l'aspirazione, l'allenamento iniziatico, e anche attraverso la vasta riserva d'esperienza ottenuta in molte precedenti vite terrene, sono rese talmente sottili da diventare trasparenti alla radiosità proveniente dal dio interiore, allora la mente-cervello è toccata quasi direttamente dalla luce irradiante, e l'uomo si riempie della saggezza spirituale, e può quindi veramente essere chiamato non solo un saggio per via della sua sapienza, ma un veggente a causa della sua visione. Tali sono i veri grandi istruttori spirituali della razza umana. Naturalmente, vi sono dei gradi per quanto riguarda lo sviluppo interiore dei grandi esseri, e quelli più altamente evoluti sono chiamati i buddha, i "risvegliati" che possono vedere sui piani interni, e quindi sono veggenti.
I buddha sono uomini che sono diventati relativamente perfetti nella serie di vite terrene attraverso le quali sono passati. Sono quindi i prodotti dell'evoluzione, realizzati mediante sforzi elaborati da se stessi. Così un buddha è uno che è si è autocoscientemente unito al proprio dhyāni-buddha interiore o monade spirituale, che in Occidente è definibile con il termine cristo. Di conseguenza, ogni buddha è anche un cristo a causa di quest'unione autocosciente, ma non tutti i cristi sono un buddha. I cristi sono divisibili in due classi: i buddha e gli avatāra. Mentre ogni buddha, cioè ogni mānushya-buddha, è un cristo per la sua assimilazione autocosciente del dhyāni-buddha in lui, ogni cristo non è un buddha perché una classe di questi cristi è formata da avatāra — esseri che non hanno alcun karma passato né avranno alcun karma futuro, perlomeno soltanto in qualche senso misticamente molto cosmico.
Lo stato di buddhità è ottenuto dagli esseri umani in evoluzione, che hanno un karma sia passato che futuro, e che quindi conservano il loro stato di buddhità in futuro, mentre lo stato cristico è una condizione realizzata dall'incorporamento sia temporaneo che permanente di un principio divino-spirituale. I casi permanenti di incorporamento sono quelli dei buddha, i casi temporanei di incorporamento sono quelli degli avatāra, e ciascuno è il risultato di un atto supremo di magia bianca — compiuto per scopi speciali in certi periodi ciclici, per un grande obiettivo spirituale.
Formando un netto contrasto con i veri veggenti spirituali, di volta in volta appaiono nella storia religiosa del mondo individui dal carattere più o meno eccentrico, che possono essere definiti come "visionari." È importante avere almeno qualche conoscenza della natura di questi individui, perché una tale conoscenza fornisce una protezione ai ricercatori seri della verità contro l'imposizione religiosa o mistica, anche se non intenzionale, ma che è il risultato dell'illusione e dell'inganno personale nell'ambito di questi visionari.
Questi visionari sono quasi invariabilmente di temperamento alquanto fanatico, che proclamano con più o meno successo vari tipi di insegnamenti basasti, come sembra abbiano sempre fatto, sulle dottrine di qualche grande religione già costituita. Essi hanno molto successo nel travisare deplorevolmente quella che di solito chiamano una "rivelazione" del significato degli insegnamenti adottati, oppure una "rivelazione" che definiscono di carattere più spirituale rispetto all'insegnamento già costituito, perché appartiene ad un'epoca successiva. Questi innovatori, che non sempre sono impostori perché di frequente s'ingannano genuinamente, di solito affermano di parlare con un'autorità religiosa, in casi più rari i proclami sono ispirati da Dio, o da qualche dignitario "angelico."
Gli individui religiosi semimistici o eccentrici sono molto numerosi nella storia; qualche studioso ponderato della storia delle religioni avrebbe poca difficoltà a riconoscerli o a individuarli per quelli che sono, in quanto essi mancano del tutto delle insignia maiestatis del vero saggio e veggente.
Essi hanno veramente delle "visioni," ma potremmo dire, con un minimo margine d'errore, che le visioni che hanno sono false; e anche quando questi visionari sono sinceri, le loro "visioni" sono le immagini della loro mente che riflettono le fotografie nella luce astrale. Moltitudini di uomini sono stati spesso fuorviati da questi visionari che possono trasmettere solo ciò che le loro immaginazioni — vaganti, deliranti e senza guida — e i loro intelletti non allenati li spingono ad esprimere degli assunti di idee che raramente sono a favore del bene spirituale ed intellettuale dell'umanità.
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Per comprendere meglio tutto ciò, la luce astrale è la responsabile di ogni cosa che sia mai vissuta, vive, o vivrà, sulla terra. Di conseguenza, queste regioni inferiori della luce astrale sono chiamate la galleria di quadri della natura, perché sono state indelebilmente impresse con registrazioni o "fotografie" di qualsiasi cosa è o è mai stata sulla terra o in altre parti nel sistema solare.
Noi siamo immersi nella luce astrale, per così dire, che ondeggia continuamente attraverso le nostre menti come pure attraverso ogni molecola del nostro corpo. Ogni pensiero che passa attraverso il cervello umano, buono, cattivo o indifferente, le fantasie del lunatico, la visione spirituale del veggente, persino il pensiero di ciascun dio — tutto viene per mezzo della luce astrale. La luce astrale è una galleria di quadri attraverso cui le nostre menti errano ininterrottamente e che, quando è stato stabilito un contatto simpatetico, immettono questa registrazione astrale o immagine nel cervello; ed inoltre, quest'immagine astrale o "visione" riceve l'impulso energetico o l'impressione caratteristica fatta dal cervello attraverso il quale passa. E questo non è tutto. Ognuna di queste immagini ritorna nuovamente indietro nella luce astrale, con le sue impressioni o aggiunte fantastiche stampate su di essa dal cervello attraverso il quale è passata, e allora qualche altro cervello umano la prende immediatamente o forse dopo un centinaio di anni e più, e quel nuovo cervello la cambia o le dà un nuovo impulso psichico; e via di questo passo, all'infinito.
Ed è così che la luce astrale nelle sue parti superiori registra i pensieri, le emozioni e gli impulsi più nobili che la razza umana ha avuto come individui mentre i regni inferiori della luce astrale, che sono quasi fisici, sono la particolare galleria di quadri o il deposito di tutte le emanazioni spregevoli ed ignobili, immagini, passioni, impulsi, con cui gli esseri umani di bassa lega e degradati l'hanno riempita.
Il cervello umano non potrebbe mai avere un pensiero, né potrebbe immaginare qualcosa, né l'apparato emotivo potrebbe essere asservito da questi movimenti emotivi, sia passionali che altrimenti, se tutte queste cose non fossero realmente esistenti nella luce astrale da dove sono estratte — per esservi restituite. Non dobbiamo dimenticare, comunque, che la luce astrale è anche il piano intermedio tra il mondo fisico e i mondi spirituali invisibili, ed è quindi, in un certo senso, un canale di comunicazione. Così, i pensieri e le emozioni spirituali balenano anche attraverso la luce astrale ma respingendo quelli che sono diversi da loro stessi; poiché tutti — buoni, cattivi o neutrali, devono passare attraverso la luce astrale prima di raggiungere il cervello umano.
Ogni medium vede nella luce astrale in misura più o meno grande. Il cubismo e il futurismo dell'arte moderna, o le immagini scolpite sulle tombe e sui templi dell'antico Egitto con le loro teste di animali, ed anche l'arte simbolica della Cina, vengono tutti dalla stessa galleria cosmica di quadri. Tutti questi esempi incarnano idee simboliche, tentativi deliberati di suggerire le verità. Di per sé sono pensieri creativi, ma si rivestono di caratteristiche astrali perché attraversano la luce astrale per raggiungere il cervello umano, e quindi diventano ulteriormente modificati.
Quindi, l'interpretazione è un fattore importante da tenere in mente. Un numero di persone può vedere la stessa immagine nella galleria di quadri astrali, ma ciascuno la interpreta con differenti schemi mentali ed emotivi, secondo la propria natura. Qui giace una delle cause principali dell'inaffidabilità sempre presente in quello i semimistici o quasi veggenti o visionari spesso descrivono come "visioni del vero." Essi possono trasportare sul piano fisico solo quelle immagini della luce astrale che accade loro di "vedere" e quindi solo attraverso il veicolo delle proprie rispettive immaginazioni. Il grande pericolo sta nell'errata attribuzione di verità spirituali alle loro visioni astrali, per cui fanno delle connessioni sbagliate con conseguenti interpretazioni sbagliate. Non vi è, dunque, alcuna veggenza genuinamente spirituale su di esse, perché il vero veggente conosce a fondo i pericoli e le distorsioni della luce astrale, e spazia il suo sguardo penetrante nelle regioni dello spirito, dove può prevedere e trasmettere le verità direttamente al cervello in attesa. Il semplice visionario, d'altra parte, immagina, spesso in buona fede, che le cose che egli "vede" siano opera del "mondo spirituale," mentre tutto quello che egli effettivamente sperimenta è un vagabondare del suo apparato psicomentale errante e non allenato attraverso le gallerie di quadri della luce astrali, che sono terribilmente ingannevoli e illusorie.
L'adepto spirituale, comunque, può aggirarsi nella sua coscienza attraverso una qualsiasi delle stanze della galleria di quadri con perfetta sicurezza, e con una visione così chiara, che egli sa precisamente cosa sia quello che vede o percepisce, e quindi non incorre nel pericolo di ingannarsi o di cadere sotto la māyā di tutti questi piani molto illusori della natura. Probabilmente la sola ragione per cui un adepto agisce così sarebbe quella di leggere le registrazioni del passato.
Per quanto riguarda gli esseri umani comuni, si può dire che sono inconsciamente influenzati dalla luce astrale, che scorre attraverso le loro menti e l'apparato emotivo con un flusso incessante. Ad esempio, accade spesso che un uomo che mente deliberatamente agisce così perché in quel momento si trova soggetto a una luce astrale distorta. Ciò non significa che la sua natura morale non esiste, perché questo è assurdo; l'idea è che la natura morale soccombe alla tentazione, mentre dovrebbe reagire con forza contro questo inganno e scacciarlo via, e quindi elevarsi verso i regni superiori. L'uomo che comunemente cede in modo servile ai suoi pensieri ed emozioni è semplicemente uno che non ha rafforzato i suoi istinti e facoltà morali, ed è più o meno assoggettato a queste correnti astrali distorte che possono ad ogni momento fluire attraverso la sua mente.
Così abbiamo visto quanto sia necessario rafforzare il senso morale, appoggiarsi ad esso come una guida di salvezza nella vita; l'uomo che vive così non può essere influenzato dalle basse emanazioni provenienti dalla luce astrale più di quanto i grossi scogli in riva al mare possano essere mossi dalle tempeste invernali. Ma l'uomo debole è una vittima delle sporcizie e delle impurità che fluttuano costantemente intorno alla luce astrale. Un tale individuo non realizza che la sua mente è diventata un semplice trasmettitore di immagini e registrazioni astrali spesso ripugnanti. Così il bugiardo pensa effettivamente di mentire perché è debole e non può liberarsene, ma le bugie sono mere immagini nella luce astrale a cui la sua instabile natura morale risponde simpateticamente.
Si può dire per inciso che le fotografie che pretendono di essere immagini provenienti dal mondo astrale possono essere genuine oppure no; anche se non fossero genuine, il semplice fatto che hanno potuto essere presentate come fotografie "astrali" genuine, prova di per sé che l'offerente è in una corrente della luce astrale che lo spinge ad ingannarsi.
Mentre la lastra fotografica normalmente non registrerà qualcosa che non sia un oggetto materiale, molte cose astrali possono, in determinate condizioni, diventare quasi materiali, più o meno materia condensata come il gas; e se questo "gas" ha un certo colore o forma, anche se l'occhio non può percepirlo, c'è la possibilità che la lastra fotografica possa catturarlo.
Ma nessuna lastra fotografica può mai "catturare" uno spirito, perché è essenzialmente arūpa, cioè senza forma ed immateriale, e quindi è completamente fuori da questo piano fisico. Le vibrazioni dello spirito sono del tutto diverse da quelle della materia fisica, sebbene tutta la materia fisica non sia altro che i sedimenti e la feccia dello spirito. Di conseguenza, ciò che la camera può catturare sarebbe quello che i greci chiamavano eidolon — un'immagine quasi astrale. Così la lastra fotografica che gli astronomi usano per fotografare le profondità dello spazio interstellare catturerà, attraverso l'esposizione di durata più o meno maggiore o minore, solo quello che l'occhio umano non può vedere attraverso il telescopio. Ciò dimostra che le nebulose velatamente translucide sono materiali, anche se molto eteree, ed infatti sono spesso corpi celesti che non appartengono a questo piano ad essere catturati soltanto a causa della combinazione di una lunga esposizione e di un'immensa profondità spaziale o una diffusione di sostanza eterea — un soggetto estremamente difficile da spiegare in poche parole.
Le regioni inferiori della luce astrale s'interpenetrano con la materia fisica più di quanto si supponeva precedentemente che il popolare "etere" della scienza fosse un substrato in cui esisteva tutta la materia fisica. Potremmo avventurarci a predire che "l'etere cosmico" ritornerà nel proprio, e allora sarà forse riconosciuto solo come uno di un gruppo di eteri cosmici di vari gradi ed etereità. I regni inferiori della luce astrale sono quindi la regione che riceve e registra tutte le emanazioni più basse della terra, inclusi quei mali particolari di cui la razza umana è la causa immediata. Queste regioni astrali inferiori, di conseguenza, sono le dimore dei "fantasmi" e degli "spettri" di esseri umani disincarnati che, essendo ascesi fuori da queste regioni inferiori dopo la morte del corpo fisico, hanno tuttavia lasciato dietro i loro eidola astrali o kāmarūpa — le "ombre" degli antichi.
Queste ombre kāmarūpiche, questi eidola del mondo astrale, sono intorno a noi per tutto il tempo. Noi li respiriamo o li respingiamo, a seconda del caso; passiamo attraverso di loro o essi passano attraverso di noi con ogni movimento fatto su entrambi i piani. Queste regioni sono un'atmosfera eterea circondante o astrale, come l'aria della terra; ed è così che queste ombre kāmarūpiche o astrali vagano intorno per tutto il tempo nelle regioni inferiori della luce astrale, attratte qua e là e, tranne che per gli elementari, esse sono soltanto gusci astrali che, se lasciati soli e non attirati da intromissioni psichiche umane, si dissolvono più o meno rapidamente nei loro componenti atomi di vita astrali, e sono sgradevoli proprio come il cadavere umano in decomposizione. Lasciati a loro stessi, non hanno alcun potere di danneggiare qualche essere umano incorporato, tranne che, quando sono attirate da affinità, possono effettivamente essere risucchiati nel corpo astrale di un essere umano e quindi stimolare automaticamente un particolare vizio osceno di cui un tale individuo umano possa essere dipendente. In se stessi, questi kāmarūpa sono semplicemente corpi astrali in decomposizione, temporaneamente tenuti assieme finché arriva la loro dissoluzione, mediante gli elementali — forze della natura. Bisogna ascendere ad un piano cosmico completo per incontrare esseri incorporati che possiedono la forza di volontà e la coscienza che assomigliano a quelle degli uomini incorporati sulla terra; e le regioni intermedie della luce astrale sono semplicemente i sottopiani transitori tra noi e questo piano cosmico superiore, essendo la stessa luce astrale suddivisa in piani, e questi sono suddivisi in ulteriori sottopiani.
Le regioni inferiori della luce astrale sono un marasma perfetto di correnti astrali coinvolte e in movimento, piene di relitti e residui, cioè gli effluvi della terra come pure dei gusci umani abbandonati. Questo marasma confuso può essere raffigurato come una massa di entità astrali che si dimenano e si contorcono andando automaticamente alla deriva in tutte le direzioni, proprio come la polvere e le foglie sono sparpagliate dalle correnti aeree sulla terra. D'altro lato, le regioni superiori della luce astrale sono puro ākāśa, sostanze spirituali. Infatti, le registrazioni ākāśiche danno origine a tutti i regni inferiori del mondo astrale. I regni inferiori sono come un oceano astrale di correnti turbinanti che non possiedono alcuna stabilità.
Ecco perché gli psichici, i sensitivi ed altri visionari, che sono tutti più o meno soggetti alle influenze e alle correnti che emanano dalla luce astrale, sono come creature cieche nelle profondità dell'oceano astrale dove i raggi solari penetrano soltanto debolmente; invece gli esseri umani normali e dalla mente ben salda respingono automaticamente queste emanazioni astrali e vivono più o meno relativamente nella luce solare dei regni intermedi, proprio come gli dèi o i dhyān chohan hanno la loro coscienza localizzata nell'ākāśa.
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Ora, i mahātma possono agire a volontà nella luce astrale, ma la loro coscienza — a meno che non sia deliberatamente diretta verso le regioni inferiori — è nelle regioni ākāśiche del mondo astrale, nelle regioni superiori dell'etere, che è come dire nelle regioni causali dei mondi interiori. Soltanto le menti più nobili ed equilibrate possono orientare la coscienza percettiva nelle onde ingannevoli del mondo astrale e conservare un perfetto equilibrio intellettuale e spirituale, autocontrollo, e padronanza. Il mahātma può intravedere le verità dell'universo nelle regioni ākāśīche della luce astrale o, più precisamente, nella sfera e sul piano dell'Anima Mundi su cui sceglie di dirigere la sua coscienza; e nelle rare occasioni in cui invia la sua coscienza nei regni inferiori della luce astrale, essendo tenacemente forte nella volontà e completamente allenato, egli conosce tutte le ingannevoli illusioni che vi si trovano, e di conseguenza può dare la giusta interpretazione a tutto ciò che vede. Un veggente, più altamente sviluppato è, più avanti nel tempo può vedere, e più profondamente può andare nelle realtà dei mondi invisibili. Così è capace, almeno a certi gradi, di vedere il futuro.
È dalla luce astrale che si diffondono quei fenomeni ed epidemie terrene, tempeste, guerre, danni all'agricoltura, ecc. Hanno tutti le loro origini causali nei movimenti ciclicamente ricorrenti della luce astrale; ma hanno le loro ultime cause finali nelle sfere cosmiche. Il sole e la luna e i sette pianeti sacri sono l'origine e i campi potenti dove sorgono le cause primarie, e queste ultime influenzano ed agiscono attraverso la mediazione o le cause effettuali nate nelle regioni della luce astrale. Ciò non significa che gli esseri umani siano solo vittime irresponsabili della fatalità cosmica, perché questo non è l'insegnamento evidenziato. La stessa famiglia umana, collettivamente, o come individui, provoca queste cause efficienti. Basti dire — stellae agunt non cogunt — "le stelle stimolano ma non costringono," intendendo che ciascun essere umano, poiché possiede a gradi la facoltà divina della libera volontà, può in qualsiasi momento dirigere la propria vita e può, proporzionalmente allo sviluppo del suo intelletto spirituale, elevarsi al di sopra degli impulsi karmici del cosmo provocati dalle influenze dei corpi celesti. Lo spirito divino nell'uomo è incomparabilmente superiore a qualsiasi forza cosmica che possa riversare risultati sulla terra; e mentre un essere umano non può in alcun momento sfuggire alle conseguenze karmiche delle sue azioni e pensieri primari, egli può ad ogni istante della sua vita modificare per il meglio tutte le nuove situazioni in cui possa trovarsi. Così, a poco a poco, seguendo la luce interiore, può costruire un deposito di conseguenze karmiche che, quando lo raggiungeranno nelle ere future arriveranno come angeli di luce e misericordia.
Non è raro che un visionario, a causa della sua vita e degli istinti spirituali estremamente puri, sia capace di entrare in comunione con i regni ākāśici dello spirito; ma anche in questi casi, poiché quasi invariabilmente questi visionari non sono allenati dall'iniziazione, al massimo sono considerati sospetti ed hanno bisogno delle verifiche più rigide con gli insegnamenti dei grandi saggi e veggenti. Un tale mistico non allenato può veramente avere, in rari intervalli, visioni più o meno distorte delle realtà spirituali, ma egli non le comprende, e di conseguenza non può interpretarle appropriatamente.
Prendiamo il caso del quasi mistico svedese Emanuel Swedenborg che, tra le altre cose, affermò che gli abitanti di qualche altro pianeta sono come gli uomini, ed egli "vide" questi abitanti vestiti come i contadini svedesi. Ciò è ovviamente un errore. Quello che egli effettivamente vide erano immagini nella luce astrale, che la sua mente immediatamente riempì di infiorettature. Se Swedenborg fosse vissuto in Russia probabilmente avrebbe vestito i suoi supposti abitanti di altri pianeti con l'abbigliamento di un contadino russo, con grossi stivali, pantaloni larghi e camicia.
La coscienza effettivamente in funzione di questi semimistici è superiore a quella dei semplici medium che, con rare eccezioni, a causa degli impressionanti dislocamenti nel loro apparato psicologico, sono spesso i trastulli degli esseri e delle immagini dei regni inferiori della luce astrale, e abbastanza di frequente questi medium pensano sinceramente di dare "verità spirituali."
Più elevato è lo psichico o visionario nella sua forza mentale e spirituale, più costante egli è nel suo carattere, più vere sono le sue "visioni," sebbene siano sempre confuse e quindi ugualmente travisate. Questi psichici o visionari superiori non sono imbroglioni intenzionali; ma proprio il fatto che a volte essi leggano più o meno in modo veritiero quello che vedono nella luce astrale è, in se stessa, una cosa pericolosa, perché non solo loro ma anche altri scambiano quest'occasionale impatto con la verità come la prova di una regolare e perfetta veggenza; ritenendo che queste occasionali vere visioni siano da verificare, essi useranno questi esempi a sostegno di tutte le altre "visioni" che possono avere.
La visione spirituale viene dal "centro più intimo in tutti noi, dove la verità dimora pienamente," come dice Browning, e i mahātma di tipo superiore sono coloro che possono andare in profondità e prevedere cosa stia arrivando, perché possono mandare la loro coscienza nei regni superiori dell'Anima Mundi e leggervi quello che si sta preparando per essere proiettato o precipitato negli affari umani sulla terra in un futuro vicino o lontano.
Questo non è fatalismo perché, sebbene il destino della terra e di tutti gli esseri su di essa seguono costantemente i sentieri della necessità karmica o nemesi, tuttavia ogni individuo può, in qualsiasi momento, usare la sua libera volontà in direzione di ciò che egli determina di rendere effettivo. L'essere umano, in verità, è una parte autocosciente e volontaria del meccanismo universale — e quindi, poiché tutto quello che è in lui è parte integrante della natura universale, la sua volontà e il suo potere intellettuale lo portano a partecipare attivamente nel lavoro cosmico. Così l'uomo individuale è in qualsiasi momento parzialmente stimolato dal karma dell'universo, e in parte usa la sua libertà di scelta e le sue capacità intellettuali per compiere la sua parte di lavoro cosmico.
In questa connessione generale, tutto quello che i manvantara futuri dovranno manifestare è già prefigurato e modellato nella luce astrale che ora è, che è il risultato della luce astrale che era. Come esempio, la luce astrale della luna[4] produsse la terra e tutto ciò che essa contiene, e la luce astrale dell'attuale catena planetaria della terra produrrà la catena-figlia di questa terra in un remoto futuro.
C'è una quantità di fatti interessanti legati alla luce astrale. Uno, è che più ascendiamo al di sopra della superficie della terra, più tranquilla e costante è la luce astrale. Le sue correnti e vibrazioni diventano progressivamente più agitate e confuse quando si avvicinano al centro della terra, per cui, se un vero veggente volesse raggiungere il centro della terra dovrebbe trovare le correnti astrali che sono in una folle danse macabre.
Un altro fatto interessante è che le grandi città del mondo turbinano a mulinello nella luce astrale; in un altro senso, possono essere chiamate gangli, centri nervosi, nelle regioni inferiori della luce astrale.
Questo è un motivo per cui, da tempo immemorabile, gli eremiti che desiderano luoghi per meditare indisturbati cercano rifugio nelle montagne, dove sono più lontani dalle influenze più disturbanti delle onde condensate della luce astrale, e al tempo stesso respirano anche un'atmosfera fisica più pura.
Anche se i maestri accorreranno dove i loro doveri li richiamano, tuttavia, proprio per lo stesso motivo, è un dato di fatto che gli astronomi vanno nelle parti più alte delle montagne per avere un'atmosfera più libera di quella solita che proviene dalle ondate di calore della superficie terrestre, e le comunità religiose, fin dai tempi più antichi, hanno sempre scelto tra le montagne luoghi tranquilli per le loro sedi; così questi fratelli maggiori selezionano per le loro sedi mistiche alcune parti del globo che sono davvero incontaminate dalle influenze miasmatiche che emanano dalle grandi città e dalle terre densamente abitate dove le stupefacenti influenze astrali e fisiche dell'anima agiscono contro l'allenamento dello sviluppo spirituale.
Vi sono associazioni dei grandi insegnanti in Asia Minore e in Egitto, in America ed altrove; ma si dice che la sede principale dei più grandi di loro si trovi in Tibet.
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I visionari sono di molti tipi, e i nomi che seguono sono suggeriti come i pochi che appartengono alla classe di quelli sinceri: Pico della Mirandola, il Cardinale de Cusa, Copernico, Meister Eckhart, Tauler, Jakob Boehme, Swedenborg, Emerson.
Socrate era un altro visionario di tipo diverso; e potremmo aggiungere che egli subì la pena di morte ad Atene non tanto per gli argomenti promulgati ma, in realtà, perché aveva involontariamente svelato gli insegnamenti dei Misteri greci, che all'epoca era un reato criminale punibile con la morte e, apparentemente, quando il problema fu posto alla sua attenzione, Socrate rifiutò di ubbidire all'ammonizione.
Gli antichi erano molto rigorosi su questo soggetto del tradimento, volontario o inconsapevole, dei segreti delle Scuole Misteriche. Ciò implica un mistero nel mistero e potremmo spiegarlo affermando che prima che avesse luogo la degenerazione delle Scuole Misteriche, la "pena di morte" in origine significava la naturale reazione karmica interiore che avveniva nell'anima del traditore, portando infine alla "morte dell'anima." Negli ultimi tempi, quando le forti convinzioni dei primi periodi avevano dato adito semplicemente a speculazioni religiose e filosofiche, anche se raramente si verificava questa perdita interiore dell'anima, lo stato s'impegnò a punire la divulgazione dei segreti dei Misteri con pene adeguate ai vari gradi di colpevolezza; e anche in tempi più recenti, lo stato abolì pure queste distinzioni e puniva con la pena di morte qualsiasi grado di tradimento dei Misteri, sia che fosse deliberato oppure no.
C'erano, naturalmente, uomini che anche nei tempi degenerati dei Misteri tentarono di mitigare la pena di morte con stratagemmi legali, come, ad esempio, commutando la pena di morte in ostracismo ed esilio nei casi in cui il reato non era né flagrante né causa di quello che era considerato un danno irreparabile all'istituzione dei Misteri, che per epoche era stata una funzione di stato.
Qui c'è la prova principale per cui gli uomini possono riconoscere se uno o l'altro di simili propagandisti o predicatori sia un messaggero che deriva la sua dottrina dalla Grande Fratellanza: sono i suoi insegnamenti quei principi della natura che ogni grande religione e filosofia ha incluso quando all'inizio furono formulati da qualche grande saggio o veggente? La ragione per cui la prova dell'universalità è così convincente e vigorosa è perché l'universalità è un altro modo di affermare che gli insegnamenti divulgati sono strettamente conformi alle cosiddette leggi dell'universo, che ovviamente devono essere stati elaborati in infiniti periodi passati. In verità, ciò che un vero insegnante elargisce è qualcosa che si applica nei suoi punti essenziali non solo sulla terra ma anche su ogni altro pianeta dei nostri regni solari, come pure nei regni della stella polare. Detto con altre parole, la prova dell'universalità è una pietra di paragone così potente semplicemente perché l'universalità non è che un altro nome per la verità universale.
Un'altra prova, anche se meno forte di quella dell'universalità, è la prova della virtù interiore. Ora, virtù, nel senso Latino di "umanità," virtus, e con la distinzione che gli antichi facevano quando parlavano di "virtù" in contrasto con l'etica semplicemente convenzionale o moralità, significa la vera "umanità" spirituale, ed è il marchio distintivo di un vero insegnante. Questa virtù non è una cosa sentimentale ma è una raccolta di qualità spirituali, intellettuali, e anche fisiche che rendono un uomo un vero uomo, ed includono forza di carattere, volontà indomabile, intelligenza acuta, intuizione spirituale — esemplificazioni del fuoco divino che vive in lui e che emana dal suo "cuore:" Quindi, se i componenti degli insegnamenti hanno queste qualità e al tempo stesso insegnano le antiche dottrine fondamentali che si trovano sulla terra e in tutte le ere, allora, con molta probabilità, egli può essere riconosciuto come uno al quale si possano dare credibilità e fiducia.
La virtù è sempre stata cantata nelle grandi letterature del mondo antico come un attributo dell'uomo veramente grande. Come canta Sa'dī, un mistico Sūfī:
L'uomo virtuoso aiuterà sempre e beneficherà colui che gli ha fatto torto. — Bostan, cap. 4
Un altro poeta Sūfī, Hāfiz, scrisse:
Impara dalla conchiglia del lontano Oriente ad amare il tuo nemico,
E riempi di perle la mano che ti arreca dolore;
Libero, come una roccia lontana, dal meschino orgoglio vendicativo,
Fai risplendere di gemme il polso che lacera il tuo fianco:
Osserva, quando il lontano albero ricompensa il campo pietroso
Con il frutto più dolce o con il suo balsamico effluvio,
Come tutta la natura declama ad alta voce: "Gli uomini faranno di meno
che sanare chi percuote, e benedire chi insulta?"
— In The Works of Sir William Jones, 1807, 3: 244
La logica filosofica di questo è che niente viene a noi se non tramite il karma. Se subiamo grandi sofferenze attraverso le azioni di un altro, a nostra volta non possiamo mai sfuggire alla dovuta retribuzione della legge naturale; ma le nostre sofferenze e le nostre offese non potrebbero mai pervenire a noi se non avessimo impiantato i semi degli effetti presenti, come cause nel passato. Quindi l'insegnamento dei grandi esseri, che il modo per ottenere la saggezza e la pace è di liberare il cuore e la mente dalle influenze corrosive dell'odio e della vendetta, e piantare al loro posto i semi della benevolenza e della giustizia per tutti. Un'intuizione di questa grande verità deve giacere nel cuore di ognuno. "Un uomo e Dio," come è affermato che abbia detto il cristiano Sant'Atanasio — altrimenti di non piacevole memoria — "sono una maggioranza contro il mondo." Un tale uomo è la maggioranza perché egli ha con sé le innumerevoli gerarchie spirituali e divine dell'universo, che lavorano con lui e lo riempiono del loro potere. Tutto quello che egli deve fare è di rigettare i bassi desideri personali che lo bloccano, amore e odio, e permettere che i venti dell'eternità soffino attraverso di lui e lo purifichino.
In India si trova questa bella ingiunzione sulla stessa linea generale:
L'uomo virtuoso, anche se nel momento della sua disfatta non intravede alcuna salvezza, dovrebbe ricordare che il suo dovere non è di odiare il suo assassino, ma di perdonarlo, e anche di desiderare di fargli del bene, proprio come il fragrante albero di sandalo, quando è abbattuto, diffonde la sua fragranza proprio sull'ascia che lo sta abbattendo.
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Vi sono quelli a cui questa nobile etica può sembrare troppo elevata per seguirla. Essi sbagliano completamente, perché è tutta questione di convincimento. Lasciate che un uomo tenti soltanto e per lui sarà meraviglioso tutto quello che può realizzare. Ma per quegli individui umani che dubitano della loro capacità, vi sono splendidi insegnamenti etici che sono facilmente comprensibili. Il grande francese Victor Hugo disse: "Di notte accetto il dominio delle torce," sebbene lui sapesse, come tutti gli altri uomini, che in cielo c'è un sole. Ci sono alcune menti umane per le quali il sole è troppo alto e troppo luminoso. Preferiscono il dominio delle torce. Essi amano le luci più piccole, perché sembrano più facili da seguire, che penetrano meno e quindi sono più indulgenti a favorire le scappatelle. Ma un giorno essi usciranno fuori dalle tenebre dove le loro uniche luci sono le torce, fuori dalla caverna di cui scrisse Platone, dove gli uomini vedono soltanto le ombre danzanti sul muro. Cammineranno nella luce del sole, e le torce saranno abbandonate.
L'iniziazione è una via stretta ed angusta, piena di spine e pericolosa, ma è la via più breve, è la via degli stessi istruttori, la via dell'auto-rinuncia al servizio del mondo; la via dell'oblio di se stessi. L'iniziazione è la via mediante la quale può essere fortemente accelerato il processo evolutivo di crescita; ma un uomo deve averne i requisiti; in altre parole, deve essere pronto all'iniziazione prima che possa avventurarsi a tentare di passare attraverso i suoi riti. Tutto ciò implica un auto-allenamento molto serio, che comprende un immenso desiderio della luce, e il possesso di una volontà inflessibile per procedere, che niente può scoraggiare. Significa che un uomo deve diventare tutt'uno con la parte superiore di sé, lasciando che essa agisca attivamente nella sua vita quotidiana, invece di riposare semplicemente, come fa la maggior parte, in uno stato di quiete, spiritualmente addormentato, e permettendo con indifferenza che il lento fiume della natura lo porti con sé sulle sue onde tranquille e sempre in movimento.
Ci sono quindi due vie per la meta: una è sul petto del fiume della vita, facendosi trasportare da esso, forse per ere, e poi farsi afferrare da un piccolo vortice spostandosi forse un po' in avanti; l'altra via è usare la propria intelligenza, volontà ed energia, per costruire il mistico vascello interiore, e questa via è il processo dell'iniziazione; ed essendo egli stesso quel "vascello," può trasportarsi molto più rapidamente attraverso le turbolenti acque della vita. Ecco perché la vera ispirazione e gli istruttori divini sono necessari al discepolo coraggioso.
Qui c'è uno strano paradosso: in questi soggetti mistici niente è dato per niente, poiché questo è del tutto contrario alla legge esoterica, in quanto il discepolo deve diventare egli stesso la via prima che possa percorrerla, solo quando egli stesso dà quel che riceve. L'aiuto e la guida che sono dati hanno quindi l'effetto di risvegliare un vero aiuto interiore e di evocare lo splendore buddhico all'interno del proprio essere, in modo che il proprio sentiero sia illuminato dalla radiosità che irradia dallo stesso pellegrino che avanza.
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Vi sono alcuni dei quali si può dire che hanno raggiunto un grado di luce interiore, e sono così passati attraverso un tipo di auto-iniziazione; ma questo accade senza che loro ne siano consapevoli. Il motivo è che il loro karma passato era fortunato, e i semi dei pensieri passati e le azioni si stanno ora sviluppando in istruttori e guide. Ma anche in questi casi essi vagano più o meno alla cieca in una luce a metà. Se si fossero evoluti di più avrebbero per istinto e per scelta d'azione partecipato al lavoro dei maestri. In verità, pur avendo raggiunto un certo grado di illuminazione interiore spontanea, non sanno che la verità che essi hanno è la Verità, almeno in parte. Sono soli, non hanno l'aiuto che la fratellanza spirituale apporta; e non hanno riconosciuto coscientemente l'istruttore.
Uomini come Jakob Boehme, ad esempio, hanno quasi raggiunto una certa iniziazione, senza che ne siano consapevoli. Il caso di Boehme era di tipo singolare: egli era stato iniziato in altre vite, almeno nei gradi minori, ma era entrato in questa vita in un apparato psicologico karmicamente tormentato, e i nirmāṇakāya, facendo per lui tutto quello che potevano, gli permisero semplicemente di vivere quella vita lavorando al di fuori di quel vecchio karma.
Ciò esemplifica quello che i maestri hanno sempre detto: non è mai giusto ostacolare il lavoro al di fuori del karma; lasciate che esso venga e sia portato a termine. Ciò è infinitamente meglio che ritardarlo, con la conseguenza che esso ritorni in un tempo futuro, quando la sua apparizione sarebbe veramente dolorosa, come nel caso di Jakob Boehme, che altrimenti si sarebbe autocoscientemente elevato verso la meta finale. Nella storia ci sono stati molti individui il cui karma, ad un certo momento, era stato bloccato, come semi di difficoltà che si sarebbero sviluppati in futuro; e questi semi trovarono il loro sbocco di crescita in incarnazioni successive, quando erano molto più difficili da gestire se non fossero stati bloccati precedentemente ma avessero dato allora i loro frutti.
Quindi, se siete afflitti, lasciate coraggiosamente per il vostro bene che le difficoltà vengano fuori ed esauriscano la loro energia. Cercate aiuto, naturalmente; se è una questione di malattia, cercate un buon consiglio medico e approfittatene! Come esseri umani avete diritto a tutto l'aiuto che potete ricevere, e a perfezionare le possibilità di guarigione; ma non ostacolate le difficoltà karmiche con processi psicologici interiori cercando di sopprimerle e di evitarle, perché ognuna delle quali si mette da parte per una futura mietitura di sofferenza e forse di disabilità.
È lo splendore buddhico umano dell'individuo a cui i maestri guardano sempre e tentano di aiutare. I maestri e i loro rappresentanti si trovano in tutte le parti del globo, e i loro inviati sono ugualmente dappertutto, di solito sconosciuti alle masse. Hanno i propri metodi regolari di esaminare, per così dire, tutte le unità individuali dell'umanità. Dovunque vedano sia pure una scintilla dello splendore buddhico, lì lavorano al meglio che possono, incoraggiando quella scintilla in modo che nel tempo diventi una fiamma vivente. Ci sono molti esempi di uomini che in tutte le epoche hanno ricevuto un aiuto sia diretto che indiretto dalla Fratellanza, ma questo aiuto di solito deve essere dato ai suoi destinatari senza che essi lo sappiano. Comunque verrà sicuramente il momento che questi destinatari riconosceranno autocoscientemente e ammetteranno almeno a se stessi i canali di comunicazioni che i maestri aprono tra loro stessi e gli esseri umani che aspirano alla spiritualità.
Gli esempi di "angeli" che hanno ispirato alcuni individui ad azioni elevate e straordinarie sono, nel novantanove per cento dei casi, l'apparizione non di "angeli" ma degli stessi mahātma o dei loro chela. Questi inviati solitamente invisibili della Fratellanza sono sempre forieri di benessere spirituale per l'umanità. A volte appaiono dove il bisogno è grande e quando il karma dell'individuo, o della nazione o della razza, permette che questo possa avvenire. Colui che viene aiutato in questo modo, vedendo che quello che appare è un visitatore fuori dal comune, forse anche una figura luminosa che risplende di luce, può dire, se allevato nel credo cristiano e non conoscendo nient'altro: "mi è apparso un angelo." Giovanna d'Arco fu un noto esempio nella questione di questo tipo di visionario o fantasioso.
A volte, ciò che ha effettivamente luogo è l'apparizione in condizioni molto rare ed insolite, vista da persone in uno stato singolare di coscienza, di certi esseri avanzati di carattere etereo che sono strettamente legati alla razza umana; e se quelli che vedono questi straordinari visitatori li forniscono di ali, di solito è solo l'immaginazione del visionario che agisce. Sebbene queste "apparizioni" siano note nella storia antica, in genere sono considerate dai nostri moderni scettici come semplici visioni non fondate sulla realtà. In verità, sono le apparizioni di esseri di altri piani che, a causa della convergenza di condizioni estremamente rare che coinvolgono sia gli stati spaziali che temporali e dovute a una necessità karmica, "appaiono" a individui come visitatori provenienti da un altro mondo — che in un certo senso è esattamente ciò che essi sono.
In netto contrasto con questi visitatori sono le "apparizioni," più frequenti ma tuttavia rare, di nirmāṇakāya che appartengono alla Fratellanza.
Ancora più sublime dell'aiuto reso agli uomini dai maestri è la realtà vivente e l'ispirazione sempre presente del dio in ciascuno di noi. Tanti uomini sulla terra, tanti dèi nel "cielo." Questa luminosa e fiammeggiante divinità è il legame di ogni individuo umano, non solo con la divinità cosmica o gerarchia ma, attraverso di essa, con la divinità illimitata dell'universo cosmico. Più spesso di quanto non si creda, l'apparizione di "angeli" è connessa ai misteri psicologici inerenti al sé interiore del visionario. Chiunque abbia studiato la psicologia moderna realizzerà che i fenomeni dell'esteriorizzazione a volte fanno in modo che i pensieri dell'osservatore si esteriorizzino. Nella storia vi sono molti esempi di uomini e donne che sono stati semplicemente sollevati fuori da se stessi, e si sono riempiti del sacro fuoco della divinità interiore, e a quel punto hanno agito quasi come dèi umani. È stato "l'angelo" interiore che ha fatto questo — più precisamente, il dio interiore. I martiri, a causa di quella che essi chiamano verità, sono esempi, attraverso le ere, in cui lo spirito si è innalzato supremo al di sopra della carne e delle sue debolezze.
Mentre è assolutamente vero che l'insegnante più elevato e sicuro per ciascun essere umano è il proprio sé superiore, il dio interiore, tuttavia è ugualmente necessario per ogni aspirante avere un insegnante all'inizio del suo percorso sul sentiero, un essere che sia spiritualmente capace di guidare e rendere il discepolo familiare con il proprio dio interiore. È stato dimostrato che il semplice visionario non è capace di stabilire autocoscientemente questa comunione con la sua divinità più intima, perché c'è sempre bisogno di un iniziatore; e poiché all'inizio il visionario da solo non sarebbe capace di stabilire un legame tra la sua mentalità autocosciente e il dio interiore, egli stesso non è un vero insegnante, ed è più idoneo a fuorviare sé e gli altri.
I veri veggenti, i grandi istruttori dell'umanità, sono relativamente guide infallibili perché sono penetrati negli arcani più profondi dello spirito e della materia in due modi, e da allora in poi registrano la loro conoscenza a beneficio della razza umana. Il primo modo è di esaminare le indelebili registrazioni della luce astrale, che contengono il ritratto di tutta l'evoluzione fin dall'alba dei tempi; e il secondo modo è attraverso l'iniziazione suprema, in cui un essere si trova faccia a faccia con il proprio dio interiore, riconosce la dualità che si fonde nell'unità o identità autocosciente, e da allora in poi, in gradi corrispondenti alle capacità risvegliate del maestro che è in sé, diventa un rappresentante relativamente perfetto del dio dentro di lui. La saggezza divina e tutta la conoscenza umana sono una parte della coscienza della divinità interna, che a sua volta è una parte monadica inseparabile e una funzione individualizzata dell'essenza divina della stessa natura; e così, all'iniziazione, la conoscenza è attinta a volontà.
[1] L'ātman è l' "Io sono" o l'essenza del Sé in ciascun individuo; l'ego, invece, l' "Io sono Io," è una facoltà subordinata, essendo il riflesso o il giro della coscienza del sé essenziale su se stesso. L'Ego potrebbe sembrare, ad un primo esame, il superiore ma questa è una comprensione superficiale della realtà, perché senza l' "Io sono," l' "Io sono Io" è non esistente, in quanto l' "Io sono" è eterno e può essere sia un "Io sono Io" che lo riflette oppure no. Per usare un modo di dire, l' "Io sono" è la luce solare o raggio; quando questo è riflesso dalla luna diventa la luce lunare o inferiore.
[2] La luce astrale, come H. P. Blavatsky la denomina nel suo Glossario Teosofico, è "La regione invisibile che circonda il nostro globo, come ogni altro, e che corrisponde al secondo Principio del Cosmo (il terzo principio è la Vita, di cui essa è il veicolo), al Linga śarīra o il Doppio Astrale nell'uomo. Un'Essenza sottile visibile solo all'occhio di un chiaroveggente, ed il più basso tranne uno (la terra), dei Sette Principi Cosmici o Ākāśici."
La luce astrale è il grande deposito come pure il crogiuolo in cui sono ricevute tutte le emanazioni della terra, psichiche, morali, o fisiche, e dopo aver subito lì una miriade di trasformazioni eteree alchemiche sono inviate nuovamente alla Terra (o a qualsiasi altro globo nella gerarchia), producendo così malattie epidemiche, che possono essere fisiche, psichiche o morali. È anche la sede di tutte le emanazioni nefande che la terra irradia. Di conseguenza, nella luce astrale si trovano i gradi inferiori, o fasi, del kāmaloka.
[3] Tutta la storia di Gesù, com' è narrata nella forma dei cosiddetti vangeli canonici, è un vero mito nel senso greco di questo termine; cioè, è un racconto dei Misteri, che descrive non tanto un individuo storico il cui nome era Gesù, anche se in realtà un tale avatāra è vissuto, ma un'esposizione, sotto il mascheramento e la copertura dell'allegoria e del simbolo esoterico, di vari episodi del ciclo iniziatico, come questi episodi erano intesi e seguiti in Asia Minore. Così, i vari eventi e i mitici rituali dei Misteri sono stati collocati intorno alla figura del grande Iniziato Palestinese; ma un simile racconto Misterico, facendo le dovute ed appropriate concessioni per l'allegoria simbolica e i cambi di nomi e gli spostamenti dello scenario, è applicabile a qualsiasi grande istruttore del mondo, come lo era Gesù, intorno al quale questo particolare racconto Misterico della Palestina o Asia Minore fu costruito come una figura tipo. La bella storia dle Nuovo Testamento non è l'unico esempio di una figura umana rivestita di una divinità quasi umana nella storia spirituale del mondo, e di conseguenza Gesù, chiamato il Christos, non è un insegnante del mondo unico e senza precedenti.
[Per un ampliamento del soggetto consultare G. de Purucker: The Story of Jesus (Theosophical University Press online) tradotto in italiano: La Storia di Gesù (Istituto Cintamani online) - n. d. t.]
[4] Qui si potrebbe definire appropriatamente che il termine pitri lunari significa di gran lunga molto più di quanto si supponga generalmente. In senso molto generale significa i "padri lunari" — e quindi ogni cosa che provenga dalla luna: i tre regni degli elementali, minerali, vegetali, animali, umani, dhyān chohan — erano tutti "padri" provenienti dalla luna, gli antenati lunari; sebbene naturalmente in senso strettamente tecnico la frase pitri lunari sia di solito limitata al significato di quelle classi di monadi lunari che divennero i vari gruppi umani e più che umani che sono ora sulla terra.